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83% di benzene in meno non è un bluff - Lettera a Nuovo Dialogo
Al settimanale diocesano Nuovo Dialogo di Taranto
Gentile Direttore,
invio questa lettera per alcune annotazioni relative all'articolo del 24
febbraio 2002. L'articolo in questione è intitolato "Inquinamento: basta
coi bluff - delibere, processi, manifestazioni si sono rivelati inutili" ed
è scritto dall'amico Silvano Trevisani, il quale annota: "Far credere alla
gente che il rifacimento delle cokerie cambierebbe in maniera sostanziale i
livelli di inquinamento sarebbe tradire la buona fede". Come ambientalista
mi sento un po' tirato in ballo. E' vero, vi sono altri reparti dannosi
come il reparto cromatura, ecc. ma un cammino richiede sempre un primo
passo e questo a Taranto ha un nome: cokeria, batterie 3-4-5-6,
dichiaratamente fuori norma. Nel complesso nell'articolo si fanno
interessanti considerazioni. Tuttavia - per quanto dettato da un forte
senso del realismo - non condivido il radicale pessimismo che in fin dei
conti fa pensare che la soluzione stia ai livelli alti della politica e non
nella crescita della coscienza e della mobilitazione popolare. Vorrei
citare il titolo de La Repubblica edizione genovese del 12 febbraio 2002:
"Cornigliano, crolla lo smog - tre giorni senza coke 83% di benzene in meno".
Ricordo che il benzene è un potente cancerogeno che può essere fatale anche
alla prima inalazione.
A Cornigliano (quartiere genovese a ridosso della cokeria, un po' come i
Tamburi) questo era il dato tre giorni dopo che la cokeria era stata
spenta. A Taranto tale riduzione potrebbe attestarsi sul 33% chiudendo 4
batterie su 10. Anche a Genova, come a Taranto, sono intervenuti enti
locali, magistratura e cittadini a difendere il diritto costituzionale alla
salute che nessuno, per quanto ricco e potente sia, può pensare di violare
impunemente. Lì a Genova non si può dire che "delibere, processi,
manifestazioni si sono rivelati inutili".
Infine qualche annotazione anche sull'aspetto occupazionale: "Riva può
tranquillamewnte chiudere le cokerie dimezzando la produzione", si legge
nell'articolo. E' bene far notare che chiudere 4 batterie della cokeria non
significa automaticamente dimezzare la produzione: a Genova continuano a
produrre acciaio anche con le tutte le batterie della cokeria spente.
Comprano il coke. Lì la chiusura della cokeria non ha comportato
licenziamenti. A Taranto Riva ha bisogno di 3000 lavoratori all'anno,
inseriti con contratti di formazione-lavoro. Non potrebbe licenziare 150
lavoratori delle 4 batterie della cokeria senza violare l'articolo 18 dello
Statuto dei Diritti dei Lavoratori. Per di più sono fuoriusciti quasi 4
mila operai dall'Ilva di Taranto molti dei quali usufruendo della legge
sull'amianto. L'Ilva - per quanto subisca gli effetti congiunturali della
recessione - ha oggi più che mai bisogno di compensare questa emorragia di
lavoratori. Non va dimenticato inoltre che la messa in sicurezza degli
impianti spenti e la bonifica richiedono mano d'opera come pure richiede
mano d'opera l'intero stabilimento se venissero imposte le manutenzioni su
cui si risparmia per non impegnare soldi e operai. Ridurre gli straordinari
è un altro modo per compensare gli effetti della chiusura delle batterie
cancerogene della cokeria. Mi spiace essere così schematico ma credo che
non occorra infierire oltre sullo stereotipo "più salute più
licenziamenti". Il ricatto occupazionale a Taranto è un bluff, è anzi il
Bluff con la B maiuscola. I fantomatici licenziamenti "da cokeria" mai sono
avvenuti a Genova dove al cokeria è stata chiusa per intero. E mai
avverranno a Taranto. Se licenziamenti ci saranno saranno il risultato si
equazioni matematiche a più variabili, in cui quelle che pesano di più sono
connesse alla domanda mondiale di acciaio, ai costi delle materie prime,
alla globalizzazione dell'economia, all'andamento delle borse,
all'oscillazione del dollaro, al debito estero del Terzo Mondo,
all'andamento del PIL, alle innovazioni di processo e di prodotto, alle
nuove tecnologie ecc. Sono tutte cose che si studiano all'università ma che
sono rigorosamente celate all'informazione di massa. Occorre costruire una
cultura più articolata ed avanzata: vogliamo essere competitivi con la Cina
o la Polonia nella produzione del coke scegliendo di giocare la nostra
competitività sul terreno del rischio salute? Pensata così, questa
competizione perderemo di sicuro. Se puntiamo invece su altre variabili
forse avremo pensato veramente al futuro e non ad una mortificante e
mortifera sconfitta. La globalizzazione ci spazzerà via se ci
specializzeremo nei mestieri cancerogeni; perché nel terzo mondo si troverà
sempre una città più disperata di Taranto disposta a sacrificarsi con
minori tutele e con paghe minori. Per questo è importante oggi puntare ad
uno sviluppo pulito e di qualità, ora che l'industria pesante non è in
grado di ricattare ma è "debole" dato che ha bisogno di mano d'opera per
rimpiazzare la fuga degli esposti all'amianto. Riva oggi non tratta da
posizioni di forza; pertanto confida in aiuti politici e in una consolidata
tendenza alla rassegnazione dei tarantini. Ma spetta proprio a noi
tarantini decidere se cavie o cittadini. Se rassegnarci a respirare il
benzene dei potenti o se rialzare la testa e rivendicare i nostri diritti.
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink