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farmaci:oltre il lipobay



da boiler.it di venerdi 14 settembre 2001

Oltre il Lipobay…

Si è appena conclusa – pare – l’onda lunga dello scandalo Lypobay, il
farmaco della Bayer ritirato del mercato. Ma i problemi legati alle
medicine, al loro uso e agli effetti collaterali, sono sempre più
all’ordine del giorno. Così come quelli della correttezza dei dottori e
dell’informazione medico-scientifica.
  
I peccati di “Pharma Place”

di Laura Lazzaroni

 UN’ESTATE CALDA, quella appena trascorsa. Addirittura bollente, se si
considera la polemica che tuttora vede protagoniste Bayer e Lipobay, il
farmaco a base di cerivastatina prodotto dalla farmaceutica tedesca per il
controllo del colesterolo. Un pasticcio di non poco conto, stando al
bilancio: ritiro del farmaco e di altri con lo stesso principio attivo,
morti e “feriti”: dato gravissimo, quest’ultimo, e al contempo confuso, per
l’incertezza dei media, la malafede di molti protagonisti, il ritardo con
cui è partita l’azione legale. Va da sé che il caso del Libopay (Baycol per
gli americani: da loro i danni sono stati ancora maggiori) non è l’unico
del genere. Nell’occhio del ciclone sono finiti anche altri prodotti; tra
questi ci sono Vioxx e Celebrex, antidolorifici largamente usati nel
trattamento dell’artrite e appartenenti alla classe dei “cox-2 inibitori”,
più tollerati a livello gastrico di aspirina & Co. In uno studio pubblicato
sul Jama, Journal of American Medical Association, alcuni cardiologi della
Cleveland Clinic hanno ipotizzato un legame tra assunzione dei due farmaci
e aumentato rischio cardiovascolare, soprattutto in pazienti già
predisposti in tal senso. Merck e Pharmacia, produttrici dei due
medicinali, hanno smentito i risultati dello studio, accusandolo di scarso
valore scientifico.
E sotto accusa anche il Viagra. Secondo quanto afferma l’Uppsala Monitoring
Center, un centro svedese per il controllo sui medicinali, infatti, fino a
oggi e in tutto il mondo, sono 616 gli uomini “morti per Viagra”, cioè per
aver assunto in condizioni di rischio il farmaco contro la disfunzione
erettile. La notizia è stata resa pubblica dal ministero della Sanità
tedesco, mentre la Pfizer, produttrice del medicinale, si è limitata a
ribadire che, se l’uso è corretto, il Viagra – al quale finora hanno fatto
ricorso circa 15 milioni di uomini in tutto il mondo – non fa correre alcun
rischio a chi l’assume. A causare le morti, secondo l’azienda, sarebbe
l’utilizzo fuori controllo medico, spesso misto a droghe come l’ecstasy, da
parte di persone che si procurano la famosa pillola blu clandestinamente.
Come che sia, da questa e altre vicende il messaggio che passa al
consumatore è semplice: nessun farmaco è sicuro al cento per cento (una
consapevolezza che, forse, dovremmo già avere) e, quindi, l’imperativo è
informarsi.

Aziende sotto accusa

Così Lipobay, Vioxx, Celebrex e Viagra (quest’ultimo ne aveva poco bisogno)
hanno avuto il loro quarto d’ora di celebrità. E adesso tocca ai “volti
nuovi”, come Rezulin; il farmaco, prodotto dalla Warner Lambert per il
trattamento del diabete, è stato ritirato dal mercato qualche mese fa per
gravi effetti collaterali (in 11 Paesi non è stato mai autorizzato al
commercio). Ora la multinazionale è sotto inchiesta: avrebbe
volontariamente taciuto sui rischi legati alla terapia con il prodotto, tra
cui il coma epatico. E mentre la Warner Lambert dichiara la sua non
colpevolezza, si indaga sulla morte sospetta di una donna. Intanto la
Pfizer, che di recente ha proprio acquisito la Warner Lambert, è stata
incolpata della morte di alcuni bambini nigeriani, arruolati nel 1996 per
la sperimentazione segreta di un nuovo farmaco anti-meningite, Trovan.
Secondo i familiari delle vittime, la Pfizer avrebbe condotto le ricerche
senza il consenso dei partecipanti. L’azienda rigetta le accuse e sostiene
che, in assenza di sperimentazione, i bambini deceduti sarebbero stati
anche più numerosi, a causa dell’epidemia di meningite che colpiva il Paese
in quel periodo. Una dichiarazione che, secondo molti, sa di cinico.

Più di recente, alla sbarra è finito il farmaco Althane A-18: la
statunitense Baxter ne avrebbe ordinato il ritiro dal mercato spagnolo e
francese. All’origine del provvedimento cautelativo, il decesso di dieci
pazienti sottoposti a dialisi con Althane negli ospedali di Madrid e
Valencia. Sotto accusa anche un rimedio per i disturbi gastrici: si tratta
di Prepulsid, prodotto Janssen a base di cisapride. Negli Usa, dov’è
vietato da circa un anno, avrebbe fatto più di 80 vittime. Un elenco che
potrebbe non finire mai: se sono questi i presunti danni legati a singoli
principi attivi, infatti, cosa dobbiamo aspettarci dalle associazioni di
più farmaci?

Secondo i ricercatori dei Centers of Disease Control-Cdc di Atlanta, per
cominciare, sarebbero cinque le vittime di un cocktail a base di Rifampin e
Pyrazinamide, e 16 i casi di danni severi a carico del fegato. La terapia,
comunemente usata per il trattamento della tubercolosi, andrebbe
somministrata sotto stretta vigilanza e soltanto in situazioni specifiche.
Dalla Svezia, inoltre, giungono notizie ancora più allarmanti: secondo uno
studio del 1999 condotto dall’Università di Malmö su 885 farmacie, infatti,
oltre il 13 per cento delle terapie che prevedono l’utilizzo contemporaneo
di due o più farmaci potrebbe provocare gravi effetti collaterali.
Risultato, aumento o diminuzione dell’attività medicinale. E lo stesso si
osserverebbe con alcune associazioni farmaco-alimentari.

Se fosse anche un po’ colpa del paziente?

Ma non tutto è colpa delle industrie farmaceutiche, come dimostra il caso
dell’antidolorifico OxyContin. Dal 1995, anno di introduzione sul mercato
americano, il farmaco avrebbe causato la morte di un centinaio di
individui, senza contare l’elenco di drugstore e farmacie rapinati da
pazienti in crisi d’astinenza (anche per il Viagra si registrano diverse
rapine, ndr). Sbriciolando le compresse di OxyContin, infatti, si ottiene
una polverina che può essere sniffata o iniettata in vena. In questo modo
si aggira il meccanismo di rilascio ritardato del farmaco, garantendosi uno
“sballo” molto simile a quello dell’eroina. Una possibilità che nessuno
poteva prevedere, inclusa, forse, la Purdue Pharma, produttrice del
medicinale. A ogni modo, spetta a quest’ultima correre ai ripari; a tal
scopo sarebbe in arrivo una versione di OxyContin “a prova di abuso”:
merito dell’aggiunta di naloxone (ma si parla anche di naltrexone), un
prodotto già utilizzato per contrastare gli effetti dell’eroina e di altri
oppioidi. Il nuovo ingrediente entrerebbe in azione soltanto nel caso di
assunzione impropria dell’antidolorifico, impedendo l’effetto sballo.

Una colpa di tutti, dunque, quella degli ultimi farma-scandali? Difficile
dirlo, così com’è difficile ignorarne il risultato: un’escalation di
vittime che pare non avere ancora raggiunto l’apice. Ma come spiegarla?
Stiamo forse assistendo a un “effetto grappolo”, a una sfortunata
congiuntura che riunisce nello stesso periodo disgrazie a non finire? Non
crediamo. Più probabile è che, sulla scorta del capofila Lipobay, si sia
scoperchiato un vaso di Pandora che già da tempo era sul punto di esplodere
(molte delle segnalazioni d’ultima ora si riferiscono, in realtà, a casi
vecchi di qualche anno). Piuttosto bisognerebbe interrogarsi sul perché il
caso Lipobay sia esploso proprio ora (segnalazioni di effetti avversi erano
già state inoltrate e ignorate): strane e imperscrutabili sono, a volte, le
leggi dell’informazione. Vorremmo non credere a chi pensa che sia tutta
colpa dell’estate e del vuoto pneumatico di notizie. Certo è che il danno
maggiore, oltre alle vite spente o compromesse, è il clima di sfiducia che
si è venuto a creare.

Chi vorrà sentirsi dire che, per numerosi che siano, i casi denunciati
riguardano soltanto una piccola percentuale di tutti i farmaci in commercio
nel mondo? Chi crederà che, per difendersi da eventi spiacevoli, basti
ancora leggere il foglietto illustrativo o rivolgersi al medico curante?
C’è il dubbio che, in alcuni casi, la prescrizione di un preparato
piuttosto che un altro dipenda dalla “generosità” della farmaceutica
produttrice, piuttosto che dai reali benefici per il paziente. Sarà vero?
In questo senso si è attivata l’American Medical Association-Ama;
obiettivo, emanare linee guida per limitare il flusso di gratifiche e
regali dalle industrie ai medici. Ma ora la stessa Ama sarebbe nell’occhio
del ciclone per avere accettato più di 600 mila dollari, proprio da alcune
multinazionali farmaceutiche; il denaro sarebbe servito per finanziare la
campagna, ma molti sono rimasti spiazzati: Tu quoque? Una notizia
paradossale che, pure, non deve farci perdere la speranza: le idi di Marzo
sono ancora lontane.