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WWF e potere
In tutto il mondo, mentre state leggendo questo,
bambini di altre culture sono rapiti e messi dentro delle scuole contro la loro
volontà e quella della loro tribù. Persone dall'Indonesia fino in Zaire sono rimosse con la forza
dalle loro terre ancestrali per andare a finire in scadenti baraccopoli con un livello sanitario molto
basso e pessimo cibo. Queste persone vogliono stare nelle loro terre, e vivere come hanno sempre fatto:
senza capi e senza civiltà, cacciando e raccogliendo.
Ma la terra su cui vivono contiene minerali preziosi e alberi, gli occhi avidi degli occidentali la vogliono,
e così se la prendono. Una storia familiare? Aggressione da corporazioni? Governi dispotici? Missionari?
Invasori marziani? Si, tutte queste cose (beh, forse non i marziani), ma anche un'altra che potrà sorprendere
molte persone: il World Wide Fund for Nature, o WWF, che è molto attivo in queste invasioni. Dietro al
simpatico e soffice logo col panda c'è un impero maligno che rende al confronto Ghengiskhan una piccola mafia
locale. Il WWF con il suo logo è molto conosciuto.
È stato creato venticinque anni fa. Cacciatori di trofei come il principe Bernhard
d'Olanda, top managers della industria e degli affari e uomini politici, videro che uno dei loro amati
trofei, la tigre, era stata cacciata fino all'orlo dell'estinzione. Questo dilemma per i cacciatori di
trofei, e il bisogno di una buona reputazione come conservatori della natura, portò cento delle più grandi
multinazionali alla decisione di donare un milione di dollari ognuna (sotto allettanti possibilità di
esentarli dalle tasse). Il WWF è nato con questi 100 milioni di dollari, e il principe Bernhard ne divenne
il primo presidente. Adesso succeduto dall'altro cacciatore di trofei, il principe Phillip d'Inghilterra.
Fin dall'inizio del suo operato il WWF ha ricevuto molti apprezzamenti da tutti i governi sulla terra. Agisce
perfino in alcune nazioni come un ministero dell'ambiente di fatto.
E per buoni motivi:
1. Il WWF è in grado di creare una buona immagine ambientalista ai governi;
2. Il WWF aiuta a proteggere aree molto piccole come riserve naturali e quindi da' spazio ad
un'indiscriminata distruzione delle enormi terre rimanenti da parte dell'industria e di arraffatori vari. Il
chiasso che fanno per il taglio "illegale" del legno, è una cortina di fumo per coprire il restante 95%
degli abbattimenti
considerati legali;
3. Il WWF aiuta a sviluppare posti remoti con larghe aree di natura intatta e a prenderne il controllo;
4. Siccome questi posti remoti sono generalmente terre tribali di gente non assimilata, il WWF assiste i
governi nel controllare queste persone e ad assimilarle nella massa;
5. Il WWF promuove una lucrosa industria turistica.
Come risultato di tutto questo, chi ci perde sono le tribù di selvaggi e, anche se può sembrare paradossale
ad un primo sguardo, la natura selvaggia in generale, per via del sacrificio di maggior parte delle terre.
Come sempre chi ci guadagna è il mondo ricco.
L'oppressione delle tribù selvagge da parte dei conservatori della natura non è mai stato un punto di
discussione. I risultati delle attività di conservazione della natura sono sempre stati manipolati per
rendere implicito che i danni fatti alle popolazioni sono ripagati. Delle baraccopoli e la COCA-COLA non
possono sostituire una cultura di tre milioni di anni. Il punto è che in qualunque modo un compenso è
irrilevante,
perché queste persone non sarebbero proprio state dovute per allontanare l'
attenzione dal genocidio condotto da organizzazioni non governative che fingono di supportare i diritti
umani.
In Zaire i pigmei Brawha sono stati buttati fuori dalla loro terra ancestrale per poter stabilire il parco
nazionale di Kahuzi-Biega. Il WWF era coinvolto fino in fondo. Le vittime vivevano inizialmente in maniera
dignitosa, nei loro modi tradizionali, ma adesso sono esposti a problemi come l'alcoolismo, la prostituzione,
la povertà e lo sfruttamento da parte della vicina popolazione Bantu. Allo stesso modo i pigmei Bambuti sono
stati allontanati dal parco nazionale di Maiko grazie alle attività unite del governo e del WWF.
Similmente nell'Africa centrale, il progetto Dzangha-Sangha diretto dal WWF fin dal 1988 e finito con la
distruzione della vita e della dignità dei pigmei Baka e nella perdita della loro terra.
In Ruanda i pigmei Batwa sono stati cacciati dalla Foresta nazionale di Nyundwe nel 1994 per lasciare spazio ad
un progetto di conservazione della natura.
Il WWF era implicato nella creazione di quest'area e come risultato i Batwa del Ruanda hanno perso la loro
terra e il loro ultimo rifugio.
In Kenya il Parco Nazionale di Tsavo Est è stato creato ed è diretto dal WWF sulla terra nativa dei Sanye.
I Sanye sono stati severamente perseguiti come bracconieri nella loro stessa terra.
Il risultato è stata la distruzione dei Sanye come tribù di cacciatori-raccoglitori.
In Namibia i Hai'om Bushmen sono stati forzati ad andarsene dalla loro terra, l'Etosha Pan, che il WWF ha
deciso di chiudere e rendere area di conservazione.
Consultandosi con il WWF il governo del Botswana ha dichiarato al meeting Xane Kotla nel febbraio 1996 che
negli ultimi tremila Bushmen rimasti, con il loro stile di vita tradizionale basato sulla caccia e
raccolta, devono lasciare la loro terra ancestrale e loro vita naturale. Il motivo e che quella terra e
adesso proposta come una nuova riserva di gioco.
Nel Sud Africa gli ultimi 40 Bushmen rimasti sono stati cacciati dalla loro regione che adesso è usata come
Parco Nazionale di Kalahari Gemsbock.
Il WWF era ed e tuttora implicato nel progetto.
Ancor peggio continuano a snobbare le rivendicazioni di terra degli evacuati.
In India i nomadi Gujjar nel Utar Pradesh sono vittime di un progetto di riserva naturale dove il WWF e
coinvolto direttamente. Anche le ultime tribù aborigene, appartenenti alla razza negrito sono vittime di
progetti di Parchi Nazionali nelle montagne Nilgiri dove il WWF è particolarmente attivo.
Nelle Filippine la Fondazione Haribon agisce come partner del WWF e ne riceve un considerevole supporto
finanziario.
Nel 1988 la Fondazione Haribon provò a fare uscire dalla loro terra ricca di foreste i Batak, aborigeni
dell' isola Palawan, per lasciare spazio ad un'estensione del Parco Nazionale Mount Saint Paul. I Batak se
ne sarebbero dovuti andare in un'area denudata e prendere parte al progetto di riforestazione.
Il "Friends of people close to nature" (amici delle popolazioni vicine alla natura) o FPCN, riuscì a fermare
quel piano, ma la Fondazione Haribon continuò, con i fondi del WWF, a far "progredire" i Batak. Questo ha
portato ad una più o meno forzata stabilizzazione da parte dei Batak, precedentemente popolo nomade, e ad una
quasi completa perdita della loro cultura e delle loro tradizioni. L'unione internazionale per la
conservazione della natura, l'organizzazione di cui fa parte il WWF, sta al momento portando avanti uno
studio sull'impatto dei Batak sulla foresta rimanente, noncuranti del fatto che migliaia di filippini si
sono intromessi nella terra ancestrale dei Batak rendendo ogni significativa analisi impossibile.
In Malesia i Mannee, gli ultimissimi aborigeni ancora attaccati al loro stile di vita tradizionale, hanno
perso l'accesso a metà della loro terra naturale nella zona di Banthat per via di un progetto di un Parco
Nazionale in cui è implicato il WWF. La restante porzione di terra è aperta a tagliaboschi, agricoltori e
coloni.
Il WWF aveva in programma di evacuare il popolo Papua dall'area del Parco Nazionale Lorentz nella Papua
occidentale, ora occupata dall'Indonesia.
Il WWF è in combutta con il governo indonesiano e con i distruttivi invasori
americani padroni della miniera di Freeport ed è responsabile dell'uccisione di almeno sette attivisti di OPM
(organizzazione per la Papua libera), uccisi durante il recupero del personale del WWF preso in ostaggio
l'anno scorso. Ancora però il WWF non riconosce gli interessi di OPM e le sue richieste di terra. Ci sono
molti altri casi di piccoli popoli vittime di attività e politiche di "conservazione della natura" da parte del
WWF e dei governi. Come per la maggior parte dei programmi di conservazione, questo e un fronte per
l'espansione corporativa e distruttiva.
Anche in Sardegna i progetti del potere si sono tinti di verde e vanno mano nella mano con gli interessi
degli "ambientalisti" del WWF o di partito.
Dietro la salvaguardia del cervo sardo, della foca monaca e del leccio sardo, in realtà si stanno
concretizzando precise strategie di una miglior gestione del territorio da parte delle multinazionali.
I parchi rappresentano uno strumento utile in questa direzione ai padroni per poter espropriare la terra a
chi in quella terra c'è nato e cresciuto e non ha nessun bisogno di un parco per "proteggere" la natura per
il semplice fatto che gli abitanti sono essi stessi parte della natura e conoscono bene la loro terra, ne
conoscono le risorse e i limiti in cui queste risorse si possono prendere per non alterare
irrimediabilmente il delicato
equilibrio. Chi veramente distrugge la natura e i suoi abitanti sono gli industriali,
i politici tinti di verde, i parchi tecnologici che vedono la Sardegna come un buon campo sperimentale per
i loro interessi militari ed economici.
Sembra che però lo stato non riesca ad insinuare con gran facilità i suoi artigli nella terra sarda, le
promesse di qualche sicuro posto di lavoro non accontentano più nessuno e, intatti, è nata una torte
opposizione al parco del Gennargentu tanto da far arrivare al ministero dell'Interno numerosi SOS da parte di
quei bravi cittadini che rappresentano la legge come il presidente della Regione Sardegna, i sindaci dei
comuni interessati, stanchi di ricevere pallettoni per posta e di sentire sotto casa i botti di fine anno
fuori stagione.
Se il processo della civilizzazione e della globalizzazione riuscirà a sradicare le ultime culture non-
occidentali rimaste, avremo una monocultura umana.
Se è importante la biodiversità, lo è anche la diversità culturale.
Dobbiamo quindi supportare questi ultimi bastioni di speranza per il futuro dell' umanità e allearci nella
loro lotta. C'e' bisogno di persone che si sentano coinvolte. Non per dirgli cosa fare, ne per comprare
magliette o pagare quote, ma per unirsi attivamente alla resistenza dei popoli
selvaggi di tutto il mondo attaccando il cuore del problema proprio qui, nel nostro ricco mondo occidentale.
È da qui che partono progetti di sfruttamento umano e territoriale, ed è sempre qui
che finiscono i prodotti di queste attività.