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Fwd:Il pomodoro della discordia
>From: csoa il molino <molino@cybernet.ch>
>To: caravan99@ecn.org, nobiotech-it@egroups.com
>Subject: [nobiotech-it] Il pomodoro della discordia
>Date: Wed, 08 Mar 2000 00:33:30 +0100
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>
>
>qotidiano "Il Manifesto" settembre 1999
>
>UN'AZIONE ANTITRUST ISPIRATA DA JEREMY RIFKIN STA PER COLPIRE LE GRANDI
>COMPAGNIE DI
>PIANTE E ALIMENTI MODIFICATI GENETICAMENTE
>
>IL POMODORO DELLA DISCORDIA
>
>Le ragioni dell'economia alimentano sempre più la diffidenza nei
>confronti di colture e cibi transgenici mentre le multinazionali
>produttrici si preparano a difendersi nei tribunali di oltre trenta
>paesi
>
>- ANNA MELDOLESI -
>
>Quella degli alimenti e delle colture transgeniche sembrava una marcia
>inarrestabile: varietà agricole resistenti a erbicidi e pesticidi,
>immuni di fronte alle malattie e capaci di sopravvivere alle
>intemperanze del clima. Ma il vento sta girando e questa volta non si
>tratta solo dell'annosa polemica sui potenziali rischi che gli alimenti
>geneticamente modificati potrebbero comportare per la salute dei
>consumatori e per l'ambiente. Le armi migliori nelle mani degli
>oppositori dell'ingegneria genetica in campo agricolo non sembrano più
>le incertezze scientifiche né i ragionamenti politici sulle sue
>ripercussioni sul sud del mondo. A decidere la partita saranno le
>ragioni dell'economia.
>
>I giganti del cibo del futuro infatti sono chiamati ad affrontare la
>crescente diffidenza del mercato e prima della fine dell'anno dovranno
>difendersi nelle aule di tribunale in oltre 30 paesi. Come riferisce il
>Financial Times, sulle grandi compagnie delle sementi e degli alimenti
>modificati sta per abbattersi un'azione legale antitrust senza
>precedenti. Il j'accuse parte da un'iniziativa di Jeremy Rifkin, che
>della lotta ai cibi geneticamente modificati ha fatto una vera crociata
>e dipinge da tempo terribili scenari di
>genetic pollution per l'intero pianeta. La Foundation on Economic Trends
>diretta da Rifkin infatti si è inoltre alleata con l'americana National
>Family Farm Coalition e con piccoli gruppi di agricoltori sparsi tra
>America Latina, Asia, Europa e Nord America. E ha arruolato una schiera
>di avvocati con la clausola "niente vittoria, niente compenso".
>
>Il problema del monopolio del resto è più che reale; secondo le stime
>riportate dal giornale economico inglese il commercio annuale di sementi
>rappresenta un affare da 23 miliardi di dollari e, dopo una serie di
>fusioni e acquisizioni, 10 compagnie coprono ormai il 30% del mercato.
>Se poi si restringe il campo alle piante geneticamente modificate la
>concentrazione appare ancora più massiccia: 5 di queste 10 compagnie
>controllano di fatto l'intero settore, vale a dire Monsanto, Novartis,
>AstraZeneca, Aventis e DuPont. Per di più le politiche a difesa dei
>diritti di proprietà intellettuale messe in atto dalle multinazionali
>sono tutt'altro che permissive: gli agricoltori che acquistano le
>sementi hanno diritto ad utilizzarle per una sola
>stagione e quindi devono rivolgersi ogni anno alle industrie
>produttrici.Se conservano parte del raccolto per piantarlo la stagione
>successiva rischiano di essere perseguiti penalmente. E da tempo si
>paventa l'ingresso sul mercato del cosiddetto gene terminator, che fa in
>modo che le piante geneticamente modificate producano semi sterili,
>buoni soltanto per il consumo ma non certo per la semina. "Già
>all'inizio del nuovo secolo - commenta uno degli avvocati americani
>assunti per l'azione antitrust - una manciata di compagnie deterrà il
>pieno controllo sull'agricoltura di ogni società. Il rischio di
>manipolazione del mercato è evidente".
>
>Le industrie delle sementi naturalmente sono pronte a difendersi senza
>esclusione di colpi e la questione approderà probabilmente anche a
>Seattle nella cornice degli incontri organizzati dalla World Trade
>Organisation per novembre. Ma a nessuno può sfuggire che questo per i
>produttori di GM food e GM crops (ovvero cibo e piante geneticamente
>modificati) è davvero un brutto momento. Azioni legali a parte, a dare i
>mal di testa maggiori è la questione dell'etichettatura dei prodotti
>transgenici: le etichette non solo allontanano i consumatori ma si
>presentano come una spesa aggiuntiva a carico delle compagnie.
>
>Le sementi geneticamente modificate in genere vengono mescolate con
>quelle convenzionali e discriminarle costa caro. Le direttive
>dell'Unione Europea in materia, è vero, non sono state messe in pratica
>in modo particolarmente severo nei vari paesi ma qualcosa sta cambiando
>e si tratta di cambiamenti sostanziali. Lunedì prossimo in Gran Bretagna
>scadono i sei mesi che il governo ha accordato perché ristoranti, pub e
>take-away specifichino sui propri menù se i loro piatti contengono soia
>o mais transgenico. Certo si tratta di un provvedimento di difficile
>attuazione: rilevare la presenza di ingredienti geneticamente modificati
>non è affatto semplice ed è difficile immaginare che le autorità locali,
>che hanno la responsabilità di controllare che il provvedimento venga
>rispettato, corrano da un posto all'altro a prendere campioni di cibo da
>portare in laboratorio. Ma le nuove leggi inglesi hanno già avuto
>effetti di tutto rilievo: la settimana scorsa il Cambridgeshire County
>Council ha annunciato che per evitare le spese di etichettatura dei menù
>scolastici intende mettere in atto un bando totale degli alimenti
>geneticamente modificati. E molte catene di fast-food hanno seguito
>l'esempio optando almeno a parole per un offerta alimentare 100%
>GM-free.
>
>Del resto in Gran Bretagna l'ostilità nei confronti dei prodotti
>alimentari transgenici tocca vette del tutto sconosciute in altri paesi
>e questo provvedimento è una risposta al caso scoppiato lo scorso
>febbraio, quando Arpad Pusztai, ricercatore del Rowett Institute, in
>un'intervista aveva reso noto che i suoi topi nutriti con patate
>transgeniche mostravano gravi problemi di salute.Da allora il cibo
>geneticamente modificato ha tenuto banco sui tabloid inglesi con il nome
>di Frankestein food, le organizzazioni ambientaliste hanno lanciato la
>loro campagna ricordando il coverup governativo sulla questione mucca
>pazza e diversi supermercati hanno ritirato dai banconi i prodotti
>ingegnerizzati. E poco importa che il caso delle patate transgeniche dal
>punto
>di vista scientifico si sia rivelato poco più che una bolla di sapone
>per le vistose pecche nei protocolli sperimentali seguiti da Pusztai.
>
>Il clima anti-GM food è montato a tal punto che le stesse multinazionali
>biotech hanno proposto al governo britannico una moratoria
>sull'immissione di nuovi prodotti transgenici sul mercato promettendo di
>compiere accurate ricerche sulla sicurezza delle proprie coltivazioni.
>Ma né le moratoria prima, né le etichette sui menù ora sembrano
>accontentare i gruppi ecologisti e negli ultimi tempi sono stati
>registrati diversi attacchi alle coltivazioni sperimentali. Tanto che il
>presidente della British Association for the Advancement of Science ha
>avanzato la richiesta che i luoghi dei test vengano tenuti segreti e il
>governo ha minacciato di prendere in considerazione la sua proposta se
>gli atti di "vandalismo" non cesseranno.
>
>Ma anche al di fuori del vecchio continente inizia a soffiare un forte
>vento contro i GM food. La novità più grossa viene dal Giappone che in
>agosto ha annunciato una severa regolamentazione che prevede
>l'obbligatorietà delle etichette su 28 prodotti alimentari che
>contengono soia, mais e patate geneticamente modificati e prevede che
>vengano bollati come "indifferenziati" i prodotti ottenuti dal
>mescolamento di varietà transgeniche e convenzionali. E le ripercussioni
>di questa decisione sono arrivate anche negli Usa. Qui le preoccupazioni
>dei cittadini sono assai meno assillanti che altrove, merito anche della
>Food and Drug
>Administration che gode della massima fiducia da parte degli americani.
>Ma i grattacapi nascono dal problema di come piazzare all'estero
>l'enorme quantità di prodotti geneticamente modificati made in Usa.
>
>Il Giappone infatti era il principale acquirente di mais transgenico e
>lo scorso anno un terzo del raccolto americano destinato
>all'esportazione ha preso proprio la via del Sol Levante. Perciò la
>nuova posizione del governo giapponese non poteva passare inosservata:
>l'American Corn Growers Association ha invitato i propri membri a non
>piantare più mais modificato per la resistenza ai pesticidi. Diversi
>giganti del settore alimentare hanno iniziato a voltare le spalle ai
>prodotti transgenici, chiedendo ai propri fornitori di separare le
>materie prime ingegnerizzate da quelle convenzionali e pagando un premio
>per chi fornisce
>ingredienti GM-free. E persino sulle riviste scientifiche la domanda più
>insistente è questa: supereranno i GM food l'esame del mercato?
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