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rettifica: l'incontro e' il 14 MARZO al WWF



Mi scuso con chi ha ricevuto il messaggio errato

>Mercoledi' 14 febbraio ore 18.30 a Taranto 
>presso la sede del WWF in via Anfiteatro 104 
>	"Inquinamento e lesioni della salute"
>	Incontro con l'avvocato Giovanni Fiorino 

c'e' un ** ERRORE ** DI UN MESE
specifico che l'incontro e' il prossimo 14 MARZO, stessa sede stessa ora!!!

Quindi ci vediamo mercoledi' 14 marzo ore 18.30 a Taranto 
presso la sede del WWF in via Anfiteatro 104 
tema:	"Inquinamento e lesioni della salute"
 	Incontro con l'avvocato Giovanni Fiorino 

Colgo l'occasione per inviare due articoli del Corsera in cui sono
riassunte un po' di cose che stiamo facendo su Taranto.

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Corriere della Sera
venerdi' , 23 febbraio 2001 
 


Le morti all'Ilva, giallo per un rapporto Usl dimenticato 



Nel documento del ' 95: «I fumi uccidono». Oggi in Comune si discute dell'
ordinanza che minaccia la chiusura Rossana Di Bello (Forza Italia): «Non si
baratta più il lavoro con la salute». I sindacati erano a conoscenza dei
pericoli per gli operai, ma non sono mai intervenuti 
 
Vulpio Carlo 


Il primo cittadino ha intimato di adeguare gli impianti, ma l' azienda
respinge le accuse. La magistratura indaga sulle omissioni di controllo.
Raddoppiati in 30 anni i decessi per tumore Le morti all' Ilva, giallo per
un rapporto Usl dimenticato Nel documento del ' 95: «I fumi uccidono». Oggi
in Comune si discute dell' ordinanza che minaccia la chiusura 

DAL NOSTRO INVIATO TARANTO - 

Un biglietto anonimo, lasciato nella buca delle lettere dell' associazione
ecopacifista «Peacelink», per dire graz ie dell' impegno a favore delle
vittime dei fumi letali del centro siderurgico, 25 morti di cancro ai
polmoni in otto anni. E poi un rapporto dell' Usl Taranto/4, datato 8
aprile 1995, dimenticato, o forse scomparso, per tutto questo tempo, ma
riappa rso due giorni fa, come per dar corpo ai sentimenti di riconoscenza
contenuti in quel biglietto. Quindici pagine di descrizioni, grafici,
tabelle. Per spiegare come fumi e polveri dell' Ilva di Taranto, «città
dell' acciaio» tra le più grandi d' Euro pa, uccidevano operai e tecnici e
ammorbavano interi quartieri, come il «Tamburi», ridotti a periferie della
fabbrica. Ma anche quindici pagine di ammonimenti, corredati persino da una
tabella sulle «morti attese», per far capire che se non si correv a subito
ai ripari, quei killer dai nomi complicati, idrocarburi ciclici aromatici e
benzoapirene, avrebbero continuato a uccidere. Non come prima. Ma più di
prima, poiché il rischio aumentava con la durata dell' esposizione. Ma
nessuno ha mosso un d ito. E se non ci fossero state le ordinanze del
sindaco, Rossana Di Bello, che da una decina di giorni impongono all' Ilva
di adeguare gli impianti inquinanti, o di chiudere, forse quella mano
anonima non avrebbe mai trovato il coraggio di far sapere a tutti che le
omissioni possono uccidere come le emissioni di una cokeria siderurgica.
Omissioni di chi sapeva, e persino, ecco la cosa forse più triste, di chi
aveva il ruolo «naturale» di difendere i lavoratori e invece ha taciuto. I
sindacati, t utti - Cgil, Cisl, Uil, Cisnal, Confsal, Cisal -, di quel
rapporto non hanno mai fatto parola. Eppure, è stato protocollato, con
relativo timbro, dalla Camera del Lavoro-Cgil, numero 0651 del 14 aprile '
95, così come dalle segreterie provinciali deg li altri sindacati. Eppure,
riportava cifre dell' altro mondo, come le «punte» di 137 mila nanogrammi
di benzoapirene (il valore soglia per persona è di 1 nanogrammo, cioè un
miliardesimo di grammo) respirati dagli addetti ai coperchi della cokeria (
come l' operaio ritratto dalla foto, scattata clandestinamente, che pulisce
con una scopa ciò che dovrebbe essere ripulito da una macchina). Non è
Taranto, 230 mila abitanti, a «contenere» il siderurgico. Ma gli 11 mila
ettari dell' Ilva, due volte e mezzo la città, a contenere Taranto. Una
convivenza forzata, in nome dell' industrializzazione a tutti i costi, che
metteva d' accordo tutti, perché tutti, anche in buona fede, hanno creduto
al mito del lavoro e della produzione senza limiti, sempre e comunque
«vantaggiosa». Lo riconoscono anche Luciano Mineo e Nello De Gregorio,
consiglieri regionale e comunale Ds, tra quelli che a sinistra hanno sempre
denunciato quest' illusione e che oggi, per l' Ilva, si trovano contro
anche gran parte del loro stesso partito, del sindacato, della sinistra.
«Va detto anche però - sottolinea Mineo -, che gli organi di controllo, su
queste cose, non hanno fatto mai nulla». Le omissioni. Rieccole. Anche su
questo sta indagando il pm Franco Sebastio. Vuol capire, tra le altre cose,
perché per esempio il presidio multizonale di prevenzione, diretto da una
vita dal dottor Nicola Virtù, ha certificato per la prima volta solo a
novembre scorso l' elevatissima emissione di fumi inquinanti che ha
permesso al sindaco Di Bello di emettere le sue ordinanze. Ma vuol capire
anche come mai finora le rilevazioni siano state fatte con un sistema
singolare: non su carta o su disco, ma solo «visivamente», su uno schermo,
che le memorizzava appena per 48 ore, pe r poi cancellarle definitivamente.
Infatti, oggi, non esiste alcuna banca dati dei monitoraggi. «Quando invece
per "misurare" il tasso di benzoapirene - spiega Alessandro Marescotti,
presidente di Peacelink - basterebbe un telefonino wap. Se vogliono ,
glielo forniamo noi questo servizio, gratis». Veramente, bisognerebbe prima
dotare le 292 ciminiere industriali di Taranto (200 sono del siderurgico)
dei sensori adatti. «Lo so, come so che va chiusa anche la Centrale termica
1 dell' Ilva - dice Ro ssana Di Bello -. Ma non possiamo fare tutto in una
volta». All' Ilva, oggi, lavorano 12 mila persone, un terzo con contratti
di formazione, e la paura di perdere posti di lavoro è forte. Il clima è
incandescente, non meno degli altiforni dell' accia io. Tanto che oggi, su
questo tema, si terrà un consiglio comunale monotematico che sarà seguito
anche da stampa e tv straniere. «Mi tremava la mano quando ho dovuto
firmare le ordinanze - confessa il sindaco -. Ma sono convinta di aver
fatto la cosa giusta, perché siamo in una nuova era in cui non si può più
barattare la salute con il lavoro». Un piglio che alla Di Bello, Forza
Italia, ha fatto guadagnare stima e consensi tra gli ambientalisti, a
sinistra (che ha registrato l' ennesima spaccatu ra) e persino tra quei
sindacati che avevano ignorato il rapporto Usl del ' 95. All' Ilva, invece,
Di Bello non dev' essere piaciuta. Tanto che Emilio e Claudio Riva, padre e
figlio, non hanno voluto nemmeno incontrarla. Il gruppo Riva si limita, per
ora, a respingere ogni accusa («Le emissioni sono entro i limiti di
legge»), si dichiara pronto a investire 150 miliardi per il risanamento
della cokeria e si dice pronto a collaborare con i tecnici nominati dal
sindaco. Tempo massimo, 90 giorni. Po i, i progetti di risanamento della
cokeria devono essere consegnati. «L' Ilva deve adeguarsi - afferma il
sindaco -. Altrimenti deve risponderne. Non è giusto prendersela solo con
il carrozziere o l' artigiano non in regola». E per essere più chiara, Di
Bello ha chiesto alla Capitaneria di porto di non autorizzare la gigantesca
idrovora per il raffreddamento degli impianti dell' acciaieria. «Brava», ha
scritto in una lettera aperta il pm di Venezia, Luca Ramacci. «Brava, sì,
ma vediamo se riesce ad andare fino in fondo», sussurrano alleati e
avversari. Il dado però è tratto. D' ora in avanti nulla potrà essere come
prima, in questa città che negli ultimi trent' anni ha visto raddoppiare i
morti per cancro. Carlo Vulpio 



 Corriere della Sera 
 lunedi', 26 febbraio 2001 

Smog e tumori, sull' Ilva di Taranto ora si indaga per strage colposa 


La procura riapre l' inchiesta dopo il rapporto Asl e l' ordinanza del
sindaco sul risanamento degli impianti dell' azienda siderurgica. Il caso
della centralina antinquinamento sabotata Smog e tumori, sull' Ilva di
Taranto ora si indaga per strage colposa 

DAL NOSTRO INVIATO TARANTO Carlo Vulpio

 
Dice la perizia, consegnata ai magistrati, sui fumi e le polveri killer
dell' Ilva che a Taranto, dal '71 al '98, i morti per neoplasie sono
passati da 125 a 244 su 100 mila abitanti (Taranto ne ha 230 mila). Qua si
il doppio. Per neoplasie polmonari, invece, dice sempre la perizia, il
numero dei morti ogni 100 mila abitanti, nello stesso periodo, è passato da
26 a 53. Più del doppio. E nel macabro calcolo mancano i decessi avvenuti
lontano da casa, negli osp edali di altre città, soprattutto del Nord, dove
finivano i viaggi della speranza di chi aveva consumato la sua vita in
fabbrica. «La strage» l' hanno definita gli ecopacifisti di «Peacelink» in
un documento, fatto proprio dal consiglio comunale, che cita nomi e cognomi
delle ultime vittime note, 25 morti in otto anni, dal ' 90 al ' 98. Insieme
con l' elenco delle vittime, la testimonianza di un ragazzo, Cesare
Colella, che ha perso il papà a soli 57 anni, per cancro. «Mio padre ha
fatto il grui sta per 27 anni, scaricava minerali al porto - racconta
Cesare -. Prima di morire, gli avevano riscontrato un' antracosi polmonare,
cioè una diffusa presenza di polveri nei polmoni, ma secondo l' Inail non
c' è nesso tra il lavoro che faceva e la mal attia che l' ha ucciso. Ora,
papà è morto e nessuno potrà restituirmelo. Ma essere presi in giro no, è
troppo». Per 40 anni è andata. Ma adesso Taranto sembra non poterne più. Le
ordinanze del sindaco Rossana Di Bello - risanamento degli impianti del
siderurgico o chiusura - sono state soltanto il primo passo. Subito dopo,
il sindaco ha ottenuto, durante un consiglio comunale straordinario
monotematico, l' unanimità sulla chiusura della pestifera centrale termica
1 dell' Ilva e sulle iniziative da prendere nei confronti degli altri due
«mostri» che alitano veleni, la raffineria Agip e la Cementir. Perché, dice
sempre la perizia, «il massimo contributo all' inquinamento proviene dalle
emissioni industriali: traffico e riscaldamento civile in quinano 100 volte
meno, quanto ad anidride solforosa e 10 volte meno quanto a ossido di
azoto». Perizia, ordinanze del sindaco, raccolta di firme da parte di
Peacelink, Wwf, Chiesa Valdese, Pax Christi. E, l' altro giorno, la
scoperta di un rapporto della Usl Taranto/4, risalente al 1995, sui rischi
mortali del siderurgico. Un rapporto tenuto nascosto per tutto questo tempo
anche da parte dei sindacati, di destra e di sinistra. Ce n' è abbastanza
perché l' inchiesta del procuratore aggiunto, Fra nco Sebastio, cambi
volto: non solo reati di imbrattamento, danneggiamento di bene pubblico,
violazione delle norme sulla prevenzione delle malattie professionali. Ma
strage colposa. Com' è avvenuto per le morti nei Petrolchimici di Brindisi
e di Ven ezia. Tanto più che la situazione di Taranto viene unanimemente
giudicata la peggiore. Il pm Sebastio non può dirlo, ma sarà questo il
nuovo filone d' inchiesta, per il quale sono stati già acquisiti rapporti
del Noe (il nucleo ecologico dei carabini eri) e ulteriori consulenze
tecniche. Anche perché, dice ancora la perizia, Taranto sconta «anni di
mancata esecuzione di controlli, sopralluoghi e rilevamenti prescritti
dalla legge». Eppure oggi scopriamo che nel ' 95, mentre veniva occultato
quel rapporto della Usl, il responsabile del Presidio multizonale di
prevenzione, dottor Nicola Virtù, attualmente in carica, rassicurava così i
membri della commissione comunale Ambiente in visita allo stabilimento: «La
situazione analitica ambientale de lla città è soddisfacente, come i
risultati analitici relativi ai reflui dello stabilimento». Un responso che
fece scattare di rabbia gli ambientalisti e consigliò all' allora dirigente
dell' Usl, Nunzio Leone, di destinare ad altro incarico il dotto r Virtù,
per incompatibilità: il capo del Presidio di prevenzione, infatti, era
anche presidente della Imcor, una società fornitrice dell' Ilva, anch' essa
come le altre industrie sottoposta al controllo del Presidio di
prevenzione. Ma Virtù tira fuo ri gli artigli e querela Nunzio Leone e
Fabio Matacchiera, presidente dell' associazione a difesa del mare «Caretta
Caretta». I due finiscono sotto processo. Anche Virtù finisce sotto
processo - «per il forte conflitto di interessi tra i suoi compiti
istituzionali e l' attività privata», scrivono i carabinieri - ma le
indagini a suo carico vengono archiviate. Mentre Leone va a giudizio
immediato e viene assolto. «In quell' occasione - ricorda - denunciai all'
autorità giudiziaria che le apparecc hiature di laboratorio del Presidio
erano state sabotate, la memoria dei computer di gestione (dei dati
inquinanti, ndr) era stata cancellata e che erano stati distrutti materiali
di archivio consistenti in migliaia di referti di analisi effettuate. Ma
non mi risulta che si sia mai indagato su questo». Accuse gravissime, che
attendono ancora una risposta. Come senza risposta sono rimaste le due o
tre interrogazioni parlamentari sull' argomento, in questa vicenda di
emissioni e omissioni. 
Carlo Vulpio