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In Calabria forse 240 miliardi a mare per difendere 800 Km dicoste




Con cortese invito alla diffusione. Il problema trattato è gravissimo ed è
più complesso di ciò che si crede. La colpa non è tanto degli
amministratori ma di chi non sa, non vede o facendo finta di non sapere e
non vedere, li consiglia male e non li informa sul giusto modo d'operare.
Cordiali saluti
Il Presidente dell'Associazione ambientale N.E.DE.F. - Natural Ecological
Development Foundation
Dr. mariano Cudia



GRT - RC
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COMUNICATO STAMPA

In Calabria forse 240 miliardi a mare per difendere 800 Km di coste
L'Associazione ambientalista N.E.DE.F. suggerisce alcune linee di programma
La Calabria se pur bagnata da 800 chilometri di coste nella storia, dai
secoli scorsi ai tempi d'oggi è stata sempre una terra dalle tradizioni
pastorali più che marinare. Infatti tra le regioni è una delle ultime
d'Italia per il consumo di pesce e non ha né grandi tradizioni marinare né
pescherecce. Paesi con poche tradizioni marinare sono Bagnara, Pizzo e Vibo
Marina; a questi si affianca oggi Gioia Tauro. La marineria peschereccia
attrezzata  che fornisce il pesce alla Calabria, per la maggior parte è
siciliana. Ritornando alla difesa delle coste e ai 240 miliardi da spendere
con i POR si spera che vengano utilizzati con opportuna oculatezza e a
seguito di efficienti studi supportati poi da validi progetti esecutivi.
In Italia chi ha grande esperienza sulle correnti marine, difese delle
coste e quanto altro necessario alle desiderata dell'Assessore calabrese ai
lavori pubblici dr. Aurelio Misiti,  sono l'ENEL HYDRO e il CNR e qualche
Dipartimento di Università italiane. Ci si chiede se questi Enti e Istituti
sono stati interpellati e interessati al progetto di realizzazione di opere
di modifica, di contrasto e rimodulazione costiera con estesi ripascimenti
(la parte principale del progetto) e poi al monitoraggio, recupero del
paesaggio, iniziative balneari e difese portuali.
Visto che siamo in Calabria e si parla di mare, di acqua e di fiumare
bisognerebbe non dimenticare il proverbio calabrese "ciumara era e ciumara
torna" e cioè "fiumara era e fiumara ritorna ad essere". Il dissesto delle
coste, con la scomparsa dei litorali sabbiosi va ricercato nelle opere
d'arte che sono state realizzate senza avere effettuato gli opportuni
studi. Esempio: Porto di Saline che ogni anno si insabbia e non può essere
utilizzato, dalle imbarcazioni, nemmeno come rifugio dalle tempeste e che
ha provocato la modifica delle correnti e l'erosione delle coste a Nord e a
Sud di esso; il Porticciolo di Bova Mariana che ha fatto altrettanto,
pennelli e moli foranei, un po' ovunque ed altre opere.
Ci si chiede se il progetto prevede la difesa della qualità del mare, della
conservazione della biodiversità ittica e dei litorali e quindi la messa in
efficienza, per prima cosa, dei depuratori di acque nere e acque bianche.
Quasi tutti i centri, oggi scaricano direttamente a mare. La Calabria è
stata bocciata dal Wwf in ambiente: come è stato pubblicato nei giorni
scorsi, il 99% delle aree protette e' stato istituito con leggi statali e
non regionali; malissimo sul fronte dei rifiuti e della raccolta
differenziata; dei 700 depuratori d'acqua costati centinaia di miliardi ne
funzionano solo 20. Si dice che la gatta frettolosa fa i gattini ciechi e
quindi si spera che la regione investa bene i 240miliardi del POR attivando
il programma, invece che entro il 2001, pian piano, entro il 2003 per avere
il tempo di munirsi di progetti scientificamente supportati e non provocare
ulteriori danni alle coste calabresi.
Ciò che d'importantissimo deve attuare e fare attuare la Regione Calabria è
quello d'applicare e fare applicare nei bandi di gara le categorie di
lavori "OG13  Ingegneria naturalistica; OS24 Verde Urbano;
OS14 Trattamento rifiuti " previste dalle SOA e dalle vigenti normative per
gli appalti pubblici e fare partecipare imprese che hanno tecnologie di
restauro e recupero ambientale avanzate, che siano certificate  da norme
EMAS, UNI, ISO 9000 e 14000 e che inoltre siano provviste di brevetti
tecnologici europei. A quanto sembra sino ad oggi queste specifiche
tabelle, o quelle che le sostituivano per le stesse categorie di lavori,
dalla Regione Calabria così come dagli altri Enti e dalle aree protette
(Parchi nazionali), per gli appalti pubblici non sono state adottate né
prese in considerazione. Dulcis in fundo, parliamo del restauro del
paesaggio: si spera che non si continui a farlo con specie non autoctone,
inidonee ed inopportune, ad esempio come si è fatto - da decenni sino ad
oggi - con gli  eucalipti e le acacie nei rimboschimenti. Il restauro si
deve fare con le specie autoctone calabresi e trattandosi di litorali con
le specie della macchia mediterranea. Non dovranno essere trascurati, nelle
dune sabbiose più interne, le agavi, le tamerici, i ficodindia e poi le
piante e gli arbusti da siepe per proteggere ed arricchire la biodiversità
animale calabrese e mediterranea.
Per il restauro del paesaggio si dovranno utilizzare piante geneticamente
testate abbandonando la pratica di immettere nel territorio specie non
autoctone e cioè provenienti dai semi di piante del luogo. Ad esempio una
pianta di carrubo calabrese ha un patrimonio genetico diverso da una pianta
di carrubo siciliana. E la stessa pinta di carrubo della provincia di
Reggio Calabria ha un patrimonio genetico certamente diverso da quello di
una pianta dell'alto cosentino. Sino ad oggi qui in Calabria ma ciò avviene
anche nel resto d'Italia, il patrimonio genetico si sta inquinando ovunque,
nei rimboschimenti e nel ripristino del paesaggio con piante prodotte e
provenienti da vivai  di ogni Paese d'Europa, gli olandesi, poi, che soni i
padroni dell'80% del mercato europeo stanno inquinando tutto il patrimonio
botanico paesaggistico e botanico di tutti i Paesi del bacino mediterraneo
esportando ovunque piante certificate ma senza alcun cenno della mappatura
genetica.
Ancora è assolutamente necessario fare in modo di lasciare tutte le zone
umide, piccole che siano, esistenti senza bonificarne o modificarne alcuna.
Sono il forziere della conservazione di quel poco di biodiversità
appartenente all'avifauna acquatica ed alla fauna ittica che può avere la
Calabria.
Ci si domanda se di tutto ciò gli assessori all'agricoltura Dima,
all'ambiente Gallo, al Turismo Crea, ai lavori pubblici Misiti, insieme al
Presidente dell'AFOR Basile e al Presidente della Calabria Chiaravalloti,
si sono preoccupati o se il grande manipolo di esperti, che hanno
assoldato, e di nuovi direttori generali recentemente nominati, li hanno
informati di tutto ciò, semprecchè questo rientra nel loro bagaglio
culturale e professionale.
Si spera che il governatore regionale Chiaravalloti e i Signori Assessori
regionali non vogliano iniziare dalla Calabria per inserire la
globalizzazione botanica nel mondo.
Reggio Calabria li 11 marzo 2001
Dr. Mariano Cudia - Presidente NEDEF