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legambiente: branzino a rischio antibiotici



dal secolo xix di mercoledi 24 gennaio 2001

BRANZINO A RISCHIO ANTIBIOTICI
legambiente e uniprom lanciano l'allarme: serve un marchio dop per
garantire qualita' al pesce
negli allevamenti esteri mangimi pericolosi e sostanze tossiche


Roma. Dalla padella alla brace. Preoccupati dalla mucca pazza, gli italiani
si buttano a capofitto nel pesce (+1 S% i consumi nel 2000 rispetto al'99),
ma neanche per i prodotti ittici la sicurezza è garantita L'allarme lo
lanciano Legàmbiente e Uniprom (il consorzio che riunisce tutte le
associazioni di categoria dei pescatori). La spigola (detta anche branzino)
che arriva sul piatto, avvertono, potrebbe infatti essere allevata ad
antibiotici, nutrita con mangimi di dubbia provenienza e cresciuta in
vasche pulite con sostanze tossiche. Se la produzione italiana per la
maggior parte è garantita secondo Legambiente e Untprom, altrettanto non si
può dire per quella che arriva dall'estero e che costituisce oltre il 60%
del pesce consumato in Italia.
Per scongiurare il rischio di una nuova emergenza alimentare, le due
associazioni hanno quindi presentato il "pesce biologico" un progetto per
portare entro un anno sulle tavole italiane
Pesce d'allevamento: urgono controlli un prodotto interamente allevato
secondo criteri di sostenibilità ambiéntale ed il marchio 'Dop'
(denominazione di ori~ine protetta) per i prodotti ittici tradizional . «Lo
scopo - ha spiegato il presidente di Legambiente, Ermete Realacci - è
quello di prevenire e, se possibile, evitare 1'emergenza alimentare. Dal
vino al metanolo al pollo alla diossina, fino alla mucca pazza, sono troppi
i casi in cui 1'interesse economico immediato ha prevalso sulla salute
delle persone. E' arrivato il momento di fermare questa logica e
controllare quello che arriva sulle nostre tavole».
Solo nel primo semestre del 2000 sono state importate in Italia oltre
405.000 tonnellate di pesce, proveniente per il 56% dai Paesi Ue e per il
restante 44% da altri Paesi, tra cui Argentina, Marocco, Thailandia e
Colombia. Proprio nell'importazione, secondo Legambiente e Uniprom,
risiedono i rischi maggiori perché in molti Stati vige un regime da Far
West in cui è consentita qualunque frode. Ad esempio, si utilizzano
antibiotici nella fase larvale del pesce; per la disinfestazione delle
vasche vengono adoperate sostanze tossiche o addirittura cancerogene; negli
impianti di maricoltura, per la protezione delle reti, vengono utilizzate
vernici che contengono metalli pesanti e Pcb; si utilizzano mangimi
scadenti, in alcuni casi vere e proprie concentrazioni di veleni. E il
consumatore italiano, al momento dell'acquisto. non è assolutamente in
grado di distinguere il prodotto nostrano da quello provemente da altri Paesi.
Tra le principali specie importate vi sono tonni, salmoni, pesci spada.
sogliole, spigole, orate e alicì. Non mancano molluschi (calamari, seppie,
ostriche, ecc.) e crostacei (gamberetti. mazzancolle, aragoste, ecc.). "Per
quanto riguarda 1'Italia - spiega Ettore Ianì, presidente di Uniprom - la
garanzia dei pesci allevati arriva principalmente da un forte autocontrollo
da parte delle cooperative di pescatori. Ma la buona volontà dei produttori
non basta; per questo sosteniamo la richiesta di una normativa più
rigorosa, a tutela dei consumatori e dei produttori».