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tetti fotovolataici,l'Italia si decide?
da tuttoscienze della stampa di mercoledi 15 novembre 2000
Mercoledì 15 Novembre 2000
ALLA RICERCA DI ENERGIA RINNOVABILE
Tetti fotovoltaici, l’Italia si decide?
Se ne parla da anni ma Enel e burocrazia li hanno fermati
LO sviluppo del mercato mondiale dei tetti fotovoltaici installati ogni
anno su abitazioni o aziende, balza evidente da questi
dati, in kW di picco, raccolti e stimati da esperti
americani per la rivista "Renewable Energy World"
(luglio-agosto 2000): 1000 kW nel 1990, 2000 nel 1993, 7000 nel 1996,
36.000 nel 1999, 60 mila nel 2000, 800 mila nel 2010. La forte
crescita fa capire perché giganti economici come Shell,
BP, Amoco, Bayer e Saint Gobain investano da qualche
anno grosse somme nel fotovoltaico. Il 30 ottobre Gianni
Silvestrini, direttore generale del ministero dell’Ambiente, ha
rilanciato il progetto di diecimila tetti solari entro il 2005 e ha
parlato, a più lungo termine, addirittura di 50 mila
tetti solari finanziati con 1100 miliardi di privati e
900 miliardi pubblici. Vedremo. Finora però non si è fatto quasi
nulla. In un primo tempo perché i tetti fotovoltaici furono
ignorati dai nostri responsabili per l'energia e
l'ambiente. Che ancora nel 1993, per dimostrarsi
innovativi, fecero costruire a Serre (Salerno) la centrale fotovoltaica più
grande d'Europa (70.000 metri quadri, 3,3 MW, 60
miliardi di costo, si disse). Scegliendo cioè un tipo di
impianto che in Europa da anni non interessava più a
nessuno. Intanto i cittadini che avrebbero voluto installare
sulla propria casa a proprie spese un tetto fotovoltaico allacciato a
rete non potevano farlo perché mancava una norma tecnica
sugli "inverter" fra i generatori e la rete, necessari
per convertire la corrente continua erogata dal
generatore in nornale corrente alternata.
Solo nel 1995 le autorità italiane presero atto che esisteva un nuovo e
razionale sistema per ricavare elettricità dal sole. Vi
furono costrette dalla Norma europea EN 61727, che
riguardava proprio gli inverter e che doveva essere
recepita nelle legislazioni dei Paesi UE entro l’aprile 1996. Una
commissione CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano, della quale
facevano parte esperti Enel, ebbe il compito, non certo
gravoso, di recepire una norma già scritta, su apparati
già funzionanti a migliaia in Europa. Ma solo nel
novembre 1997, con 19 mesi di ritardo sulla scadenza fissata dall'UE, essa
emanò la Norma CEI 11/20 terza edizione; che comunque
avrebbe colmato il vuoto normativo, si pensava. Invece
si scoprì che l'ultima parola doveva ancora dirla
l'Enel. Perché quella Norma (rispose il ministro dell'Industria a
un'interrogazione dell'on. Berselli) "non precisa tutto quanto
necessita ad attuare il collegamento fisico di un
impianto di autoproduzione alla rete"; cioè perché la
commissione CEI, dopo due anni di sedute, aveva (avrebbe)
emanato una norma incompleta. L'Enel però (come il ministro ammise) tardò
a dire quella parola definitiva per altri due anni e
pretese per gli allacciamenti "l'impiego di protezioni
di interfaccia, contenute in un pannello dedicato, che
deve essere omologato dall'Enel". Un "di più" costoso, in danaro ed energia
dissipata, probabilemte superfluo e certo
disincentivante. Al che c'è da chiedersi perché ci
fossero esperti Enel nella commissione CEI, se la norma
doveva essere poi perfezionata ancora dall'Enel; e, comunque, chi mai abbia
dato all'Enel potere normativo sugli impianti elettrici,
visto che la legge vigente (la n. 186, del 1° marzo
1968) assegna quel potere esclusivamente al CEI. L'Enel
ora non pretende più le "protezioni di interfaccia" ma pare invece
fermo nel rifiuto di pagare l'elettricità versata in rete quando
il saldo sia positivo per il proprietario del "tetto";
il quale, se ne consumerà più di quanta ne ha versato,
pagherà la differenza, ma se ne avrà versato più di quanta ne
ha consumato dovrà regalare la differenza all'Enel. Se la norma verrà
confermata sarà demenziale prima ancora che ingiusta.
Perché farà limitare la potenza dei generatori mentre l'interesse del paese
richiederebbe il contrario. Tant'è che in Germania il
kWh "solare" versato in rete viene pagato 1 marco, il
quadruplo del prezzo corrente; e proprio quello è stato
il più efficace incentivo alla diffusione del sistema.
Come non bastasse, il 13 novembre 1997 i ministri dell'Ambiente e
dell'Industria avevano annunciato il "Programma Nazionale 10.000
Tetti Fotovoltaici", che prometteva sovvenzioni in
danaro ma senza averlo "in tasca". Dopo tre anni il
programma è ancora lettera morta. Ora vedremo se
l’annuncio di qualche giorno fa sopra riferito è quello buono. Certo finora
la speranza (disattesa) di future sovvenzioni ha avuto
solo l’effetto di indurre i possibili investitori a
rimandare ogni decisione di spesa.
In conclusione, nella più soleggiata delle grandi potenze industriali
europee i tetti fotovoltaici collegati alla rete oggi
sono forse qualche decina, installati da aziende o enti
solo per motivi di immagine.