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lavoro e ambiente:milioni di posti di lavoro



da modus di novembre 2000


MILIONI DI POSTI DI LAVORO
l'incompatibilita' tra tutela ambientale e crescita economica e' ormai
contraddetta dai fatti, Un rapporto del Worldwatch Institute raccoglie i
dati piu' aggiornati sulle possibilita' ed i settori produttivi del futuro
sviluppo sostenibile
di gianni parti

Un'economia "sostenibile" puo' essere anche un'economia in crescita?Oppure,
come si sente dire sempre, una maggiore attenzione per l'ambiente e la
salute significa necessariamente una contrazione dello sviluppo e dei posti
di lavoro? A queste domande cerca di rispondere il piu' recente studio
condotto dal Worldwatch Institute, il noto e qualificato centro di ricerca
sulle materie ambientali con sede a Washington.
Il nuovo rapporto, Working for the enviroment : a growing source of kobs ,
redatto da Michael Renner , uno dei ricercatori dell'Istituto, fa il punto
su una materia delicata come quella del rapporto tra lavoro e ambiente che
tante discussioni ha provocato in tutto il mondo. Insomma, ambiente e
sviluppo possono andare a braccetto?
Nel mondo industrializzato ogni anno piu' del 10 per cento dei posti di
lavoro va perduto. La distribuzione dei posti di lavoro cambia, si evolve a
seconda della profitabilita' economica nel continuare a svolgere o meno
l'attivita' produttiva. Alla ricerca di aree con mano d'opera disponibile a
basso costo le industrie si spostano in aree del mondo in via di sviluppo
dove il costo del lavoro e' enormemente minore.
In questo contesto le sfide ambientali vengono considerate come un
ulteriore aggravio per una situazione di difficoltà economica e di diffusa
disoccupazione. Con la crescita della popolazione la richiesta di posti di
lavoro aumenterà costantemente. Nel prossimo mezzo secolo nel mondo ogni
anno si dovranno trovare quaranta milioni di posti di lavoro in più. I
processi di automazione e informatizzazione delle produzioni, secondo uno
studio dell'università di Wurzburg, elimineranno in Germania il 61 per
cento dei posti di lavoro nel settore bancario, il 51 per cento nel
commercio e il 74 per cento nei trasporti. Una prospettiva dunque inquietante.
In Europa occidentale il livello di disoccupazione è aumentato dal 2 per
cento nel 1970 a circa il 12 per cento alla fine degli anni'90. In Giappone
dall'1 al 4 per cento. Una tendenza contraria è quella degli Stati Uniti,
dove, dopo un aumento al 10 per cento alla fine degli anni'80, si è
assistito ad una diminuzione fino ai livelli di venti anni fa. Una
diminuzione che però viene pagata in termini di maggiore insicurezza
lavorativa e sociale e di aumento delle disparità. In una situazione come
questa 1'attenzione all'ambiente sembrerebbe un lusso che non ci si può
permettere.
L'affermazione che 1'ambiente ammazzi il lavoro viene però sempre più
contraddetta dai fatti e dall'osservazione delle tendenze.
Innanzitutto, i costi dell'adeguamento alle limitazioni ambientali sono
stati fino ad oggi molto inferiori a quanto previsto. Una dozzina di studi
relativi a settori come la riduzione degli inquinanti, i
clorofluorocarburi, le emissioni derivanti dall'uso del carbone, le miniere
e 1'eliminazione dell'amianto, tutti settori rilevanti, hanno dimostrato
che i costi stimati all'inizio per le riconversioni e gli adeguamenti erano
almeno il doppio di quelli che poi si sono rivelati realmente necessari.
In secondo luogo sta diventando sempre più evidente che le regole di
rispetto ambientale hanno la capacità di spingere alla ricerca di nuove e
redditizie forme di utilizzo tecnologico. Ad esempio la Novo Nordisk, in
Danimarca, detiene circa metà del mercato mondiale di enzimi industriali.
Un risultato che deriva dal riconoscimento da parte dell'industria di una
forte prospettiva di richiesta di sostituti biodegradabili ai composti
chimici sintetici.
In terzo luogo la perdita di posti di lavoro provocata dalle leggi
ambientali è stata estremamente limitata, valutabile in meno dell' 1 per
cento della perdita totale. In un rapporto Ocse del 1997 viene
ufFicialmente riconosciuto questo fatto: «la perdita di posti di lavoro
legate alle nuove regole ambientali è stata quasi irrilevante rispetto a
quella provocata dalle decisioni delle industrie e dalle politiche
governative (automazione degli impianti, investimenti stranieri, tagli nei
bilanci) e non si prevede che questa cifra aumenti anche se gli standard
ambientali verranno ulteriormente rafforzati. »
Le regole ambientali, infine, hanno portato in realtà alla creazione di
settori produttivi che attualmente coinvolgono circa 11 milioni di persone
nel mondo. Il grosso di questa forza lavoro è dedicata al controllo
dell'inquinamento, alla gestione dei rifiuti, al riciclaggio e alle fonti
di energia alternative. È ormai chiaro che sistemi meno impattanti di
produzione, trasporto e consumo creano decisamente più posti di lavoro che
i tradizionali sistemi a maggiore impatto ambientale.
È d'altra parte owio che, nella prospettiva di una ristrutturazione
generale dei sistemi produttivi, quale dovrebbe essere realizzata a seguito
dei regolamenti ambientali (pensiamo solo ai possibili impatti della
convenzione sui cambiamenti climatici e di una drastica riduzione delle
emissioni di gas a effetto serra) a fronte dell'apertura di nuovi settori e
nuove possibilità, esiste anche la drammatica situazione di chi perderà il
lavoro nei settori a maggiore impatto ambientale ed avrà difficoltà a
riciclarsi, spesso anche a causa dei una bassa specializzazione, Anche se
il bilancio globale sarà probabilmente a favore del mercato del lavoro
esisteranno sicuramente situazioni nelle quali un forte supporto alla
transizione da parte dei governi sarà essenziale per evitare ulteriori
tensioni sociali.
Il settore primario, quello dell'estrazione ed utilizzo delle risorse
ambientali, in quanto quello maggiormente legato all'inquinamento e con il
maggiore impatto ambientale, sarà owiamente più esposto alla perdita di
posti di lavoro. Nel campo dell'estrazione del carbone, ad esempio, i1
Regno Unito è passato da 224.000 posti di lavoro a 10.000 nel giro di venti
anni. In Germania si passerà da 265.000 del 1991 a 80.000 nel 2020, Negli
Stati Uniti la produzione di carbone è aumentata del 32 per cento tra il
1980 e il 1999 ma la forza lavoro impegnata è scesa del 66 per cento. Ma,
bisogna ripeterlo, la quasi totalità di queste perdite è ancora legata non
tanto alle regole ambientali quanto alle tendenze produttive, meno
industrie e più grandi, più macchine e automazione.
È owio che le aree che hanno vissuto per decenni sul lavoro delle miniere,
o, come nel caso del nordovest pacifico americano, sul taglio delle
foreste, vedendo crollare la loro unica fonte di reddito, entrano in
gravissima crisi. All'emigrazione si può contrapporre allora solo una
diversificazione produttiva più amica dell'ambiente. Le industrie
estrattive sonó per loro natura "volatili". Il caso della battaglia tra
ambientalisti e taglialegna nel nordovest americano è un esempio. Nel 1997
c'erano ormai 400.000 posti di lavoro legati alla tecnologia rispetto ai
300.000 legati all'estrazione di risorse, nonostante una riduzione da 9 al
4 per cento del lavoro legato al legname. In Alaska il turismo oggi impiega
circa il quadruplo delle persone dell'industria del legname, anche se íl
lavoro nel settore turistico è spesso temporaneo e stagionale.
Ma il campo nel quale 1'aumento di posti di lavoro è decisamente
promettente è quello delle energie alternative. In Germania, nonostante
1'energia eolica contribuisca ancora solo per 1'1,2 per cento alla
produzione nazionale di energia, sono stati creati 15.000 posti di lavoro.
In confronto,1'energia nucleare, che detiene il 33 per cento della
produzione totale, impiega solo 38.000 persone. In Danimarca, leader
mondiale nel campo dell'eolico, sono impiegate 16.000 persone e, secondo
1'Associazione europea per 1'energia eolica, sono prevedibili entro il 2010
tra 190.000 e 320.000 posti. Secondo uno studio fatto dalla stessa
associazione, Greenpeace e il Forum per 1'energia e lo sviluppo,1'eolico
potrebbe coprire il 10 per cento della produzione mondiale di energia entro
il 2020. Sulla base di questa previsione i posti di lavoro arriveranno alla
cifra di 1,7 milioni di persone. Una cifra che, considerata la velocità di
sviluppo del settore è quasi certamente una sottostima.
Analoghi sviluppi sono attesi anche nei settori del solare, del
riciclaggio, dell'aumento dell'efficienza energetica e dei trasporti.
Secondo i ricercatori del Worldwatch Intitute grandi prospettive sono
legate ad un fondamentale cambiamento nei sistemi produttivi, quello
relativo alla manutenzione dei prodotti e ad una loro maggiore durata.
Invece dell'obsolescenza programmata dei prodotti attuali, che significa
sostanzialmente un atteggiamento usa e getta, la creazione di posti di
lavoro potrebbe essere enorme, e collegata ad un atteggiamento estremamente
vicino alle esigenze ambientali, se i beni venissero pensati per poter
essere facilmente riparati ed i singoli pezzi progettati per essere
sostituiti. Inoltre i prodotti possono essere progettati per permetterne il
riutilizzo e riciclaggio completo al termine della propria vita. Alcune
industrie, come nel settore delle fotocopiatrici, hanno già adottato simili
strategie.
Infine, concludono i ricercatori dell'Istituto statunitense, è fondamentale
che tutti questi cambiamenti vengano favoriti ed indirizzati da una attenta
politica fiscale, che favorisca la protezione dell'ambiente assieme alla
creazione di posti di lavoro. Uno studio tedesco ha dimostrato che 1'uso
della tassazione ambientale potrebbe far diminuire 1'udlizzo energetico e
le emissioni di carbonio del 21 per cento in 15 anni, creando
contemporaneamente 800.000 nuovi posti. Secondo 1'Unione Europea invece la
tassazione ambientale potrebbe creare 2,2 milioni di posti.
In conclusione sembra che la sfida fondamentale delle industrie e dei
governi, nonché delle organizzazioni dei lavoratori e delle associazioni
ambientaliste, è quella di riuscire a rompere la relazione diretta che
esiste attualmente tra occupazione e quantità di energia e materie
utilizzate. I dati disponibili dimostrano in realtà che il lavoro non ha
bisogno, per essere mantenuto, di enormi flussi di materie prime e di
energia, come accade oggi. Invece le politiche ambientali possono, e in
alcuni campi stanno già avendo, un importante ruolo nella creazione di
possibilità occupazionali e, di conseguenza, nello sviluppo di una società
complessivamente più sostenibile per 1'ambiente