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Il riscaldamento gobale richiede impegni precisi



Editoriale Corrente [vedi anche http://www.peacelink.it]


Il riscaldamento gobale  richiede impegni precisi 
Alessandro Gimona
PeaceLink

L'International Panel on Climatic Change (IPCC), e' la commissione 
scientifica piu' autorevole del mondo in materia di clima, composta da 
diverse decine di esperti internazionali .

Nel 1995 le stime dell'aumento di temperatura dovuto ad attivita' umane 
erano di 1-3.5 gradi nei prossimi cento anni.

L'IPCC conclude nel suo prossimo rapporto che vi l' evidenza di un 
contributo umano ai cambiamenti climatici oggi e' ancora piu' forte che 
nel passato.   

Le emissioni di gas serra provenienti da attivita' umane, secondo IPCC, 
hanno con tutta probabilita' contribuito in modo sostanziale al 
riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni.

L' IPCC ha inoltre rivisto verso l'alto, rispetto al 1995,  le stime del 
probabile aumento di temperatura che si verifichera' entro la fine di 
questo secolo (ironicamnete, la revisione si deve in gran parte alla 
prevista riduzione di composti di zolfo, dovuta all'adozione di 
tecnologie piu' pulite)
 
Uno studio pubblicato da Nature in novembre (2000) stima che lo scenario 
'business as usual' potrebbe portare ad un riscaldamento di fino a 5.5. 
gradi nel prossimo secolo.  

Il messaggio degli esperti e' molto chiaro: se le emissioni non verranno 
ridotte si rischia un aumento di temperatura e,  ad esempio,   un 
aumento del livello dei mari e degli estremi climatici, con tempeste e 
siccita'.

Le statistiche corroborano il parere degli esperti. Il riscaldamento 
registrato durante gli ultimi 100 anni e' maggiore di quello registrato 
durante ciascuno degli ultimi dieci secoli ed il tasso di aumento del 
livello dei mari nello scorso secolo e' 10 volte maggiore della media 
degli ultimi 3000 anni.  Benche' gli scettici dissentano lPCC ritiene 
che qesti siano segni di influenza umana.

Il riscaldamento globale e' dunque cominciato e  le sue conseguenze sono 
gia' visibili ,non solo nell'artico e nelle barriere coralline, ma anche 
in Europa ed in Italia, con una maggiore aridita' estiva, che porta a 
piu' frequenti  incendi boschivi, (Italia  Grecia e Spagna  hanno  perso 
decine di migliaia di ettari di bosco negli ultimi due anni)  e piu' 
intense precipitazioni in autunno ed inverno che (insieme con una 
cattiva gestione dei bacini) causano serie inondazioni che costano vite 
umane. 

I cambiamenti climatici hanno la capacita' di influenzare direttamente 
le comunita', specialmente nelle zone montane ma anche ,ad esempio 
l'agricoltura, con impatti potenziali sulle risorse idriche.

Inoltre esiste gia' evidenza scientifica che gli ecosistemi sono - e 
saranno sempre di piu' - sotto notevole pressione.

E' ora noto che  sulle Alpi svizzere ed austriache, ad esempio, -dove i 
dati sono piu' facilmente disponibili - i ghiacciai si ritirano ad una 
velocita' notevole . Cio' provoca uno spostamento delle zone adatte alla 
vita di molte specie. Quando possibile, molte specie cercheranno di 
migrare, piu' in alto o piu' a nord. E' facile prevedere che alcune di 
queste, che gia' vivono nei piani piu' alti non avranno dove emigrare.    
Se la temperatura salira' di diversi gradi, tali fenomeni, con tutta 
probabilita',  accelereranno. 
La migrazione verso nord, comunque,  non e' desiderabile per tutte le 
specie, e in particolare per gli organismi responsabili di malattie 
tropicali o i loro  vettori. Il bacino del Mediterraneo, e quindi anche 
l'italia, saranno interessati da questi spostamenti.

Per specie poco mobili, pero', in un paesaggio frammentato come quello 
europeo, ed italiano la possibilita' di migrazione e' spesso limitata. 
Pertanto il rischio di estinzione crescera' per alcune di queste specie 
(compresi alcuni alberi) , o specie dipendenti da queste . 

Non e' detto che le aree protette possano alleviare il problema. Una 
conseguenza di questi fenomeni e' che parte dei nostri parchi naturali 
potrebbe divenire inutile, perche' i confini statici di queste aree non 
sono in grado di offrire protezione a specie ed ecosistemi in movimento. 
Decenni  di battaglie potrebbero dunque venire vanificati -almeno in 
parte- nel  futuro non tanto remoto.
Gli effetti del cambiamento del clima, dunque, sono e saranno sempre 
piu' seri e costosi  e cominciano gia' a manifestarsi. Non e' esagerato 
prevedere che questa sara' la questione ambientale numero uno nei 
prossimi decenni.

L' azione politica e' quindi urgente.  Tra il 13 e il 24 Novembre i 
paesi firmatari del protocollo di Kyoto, che prevede una riduzione delle 
emissioni di gas serra,  si incontrano in Olanda, all' Aja, per 
discuterne la ratifica. 

Le misure previste dal protocollo, gia' alquanto blande, non sono ancora 
in vigore perche' la maggior parte dei paesi sviluppati, USA in testa, 
non ha ancora ratificato il protocollo. Fino ad ora solo 30 paesi, tutti 
in via di sviluppo, hanno lo hanno fatto.

E' necessario che i governi dei paesi industrializzati mandino un 
segnale chiaro dall' Aja riguardo alle intenzioni di implementare serie 
misure. Il governo italiano, che ha una componente verde, deve far 
seguire reali riduzioni  alle parole e attivarsi in questa direzione.  

Lo stesso vale per I candidati a governare l'Italia nel prossimo futuro.  
Un impegno a rispettare per lo meno gli accordi tra i paesi della UE, e' 
il minimo accettabile. La UE si e' impegnata a ridurre le emissioni 
dell' 8 % nei prossimi anni, e l'Italia ha assunto l'impegno di ridurre 
le proprie emissioni del 6.5 % . Fino ad oggi la tendenza e' andata 
nella direzione opposta a quella degli impegni. Chi si candida come 
leader del paese  dovra' dimostrare leadership e intenzioni  precise a 
questo riguardo per meritare il voto di coloro che hanno compreso 
l'importanza della questione.  In  mancanza di obbiettivi precisi, e di 
piani per attuarli ,si rischia di parlare a vuoto o, peggio,  di fare 
facile demagogia elettorale.

E' necessario agire presto. In mancanza di un quadro legislativo 
vincolante non sara' possibile avere investimenti per la riconversione a 
tecnologie che consentano risparmio energetico in vari settori. Inoltre, 
per ogni anno di attesa, aumenta lo stock di  capitale che dipende in 
qualche modo dai combustibili fossili e questo rende piu' difficile e 
costosa la futura e necessaria riconversione.

Piu' si aspetta e maggiori ( e piu' costosi) saranno gli effetti 
negativi su comunita' umane ed ecosistemi, mentre i benefici, come la 
diminuzione dell'inquinamento atmosferico, il risparmio di denaro e una 
maggiore autonomia energetica, si allontanano nel tempo.

Per essere davvero effiicaci i futuri tagli alle emissioni dovranno  
essere ben maggiori di quelli proposti dal Protocollo di Kyoto ed i 
governi dovranno tener conto dei cambiamenti climatici nelle politiche 
dei principali settori. All' Aja si deve iniziare il cammino verso una 
transizione che non sara' indolore, ma che  rendera' possibile mitigare 
gli impatti sociali, ambientali ed economici che  il prossimo secolo ci 
riserva.




Alessandro Gimona
agimona@libero.it