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Russia, referendum antinucleare?



Il Manifesto
27 Ottobre 2000 

Russia, un referendum sul nucleare? 
MARINA FORTI 




Pochi si illudono che i cittadini russi verranno mai chiamati a votare per
un referendum popolare, tantomeno se il plebiscito riguarda l'industria
nucleare. Ma in fondo il referendum d'iniziativa popolare è un istituto
previsto dalla costituzione russa, e così un gruppo di una trentina di
organizzazioni ambientaliste e civiche ci ha provato: martedì scorso ha
consegnato alle autorità ben due milioni e mezzo di firme a sostegno di una
proposta contro l'importazione di scorie nucleari. L'iniziativa era partita
da Greenpeace-Russia, e segna quantomeno un punto politico. Pochi mesi fa
il potente ministero dell'energia nucleare (Minatom) ha avuto il via del
governo ad avviare un nuovo programma di ampliamento dell'industria
nucleare civile, con la costruzione di una trentina di nuove centrali.
Minatom vuole anche lanciarsi nell'importazione di scorie nucleari, sia per
il riciclaggio che per immagazzinarle: un business redditizio, se si pensa
che al momento solo due paesi (la Francia e la Gran Bretagna) sono in grado
di trattare combustibile atomico esaurito per conto terzi. E che il
problema dello stoccaggio delle scorie radioattive ad alta intensità è un
assillo per tutti i paesi che hanno un'industria atomica. Il ministro
dell'energia Evgeni Adamov prevede che in dieci anni questo mercato
potrebbe portare 21 miliardi di dollari alla Russia, leggiamo su Le Monde:
negoziati sono già in corso con Giappone, Germania, Spagna, Svizzera, Corea
del sud. Ma l'importazione di scorie radioattive è attualmente vietata
dalla legistazione russa: così Minatom sta facendo un serrato lavoro di
lobby sui deputati per convincerli a modificare la legge.
L'iniziativa di Greenpeace-Russia tenta dunque di contrastare questa nuova
espansione atomica. "La Russia ha uno stock di 14mila tonnellate di scorie
nucleari che non riesce neppure a trattare, e sono immagazzinate in
condizioni di sicurezza fallimentari. Le importazioni moltiplicherebbero il
pericolo", dichiara (al corrispondente di Le Monde) Vladimir Tchuprov,
portavoce dei promotori del referendum. Del resto, la decisione di lanciare
un nuovo programma nucleare era stata preceduta da gesti che non lasciavano
dubbi: sembra che l'amministrazione di Vladimir Putin abbia dato un giro di
vite rispetto all'ambiente. Lo scorso maggio aveva soppresso, per decreto
presidenziale, il comitato governativo per l'ecologia, unico ente deputato
a controllare e a sanzionare gli inquinatori. Poi ha soppresso il servizio
forestale, autorità incaricata di gestire e proteggere legname e boschi.
I promotori del referendum avevano raccolto tre milioni di firme, ma una
parte è stata eliminata perché incomplete o con dati mal compilati. Ai
cittadini hanno proposto tre quesiti: confermare il divieto di importazione
di scorie nucleari; reinsediare il comitato governativo per l'ambiente;
resuscitare il servizio forestale. La legistazione russa richiede almeno
due milioni di firme per indire un referendum d'iniziativa popolare: ora,
le firme consegnate dai promotori saranno verificate prima dalla
Commissione elettorale, poi saranno sottoposte al presidente, infine alla
Corte costituzionale.
I promotori si dicono "moderatamente ottimisti", parlano di "una
possibilità su due". Forse fin troppo ottimisti: lo stato russo non sembra
incline ad ascoltare la voce dei suoi cittadini "qualsiasi". Ma almeno un
dibattito pubblico sarà aperto, spera il portavoce del comitato promotore:
e la Russia ha una lunga storia di incidenti e inquinamento nucleare,
sistematicamente minimizzato o nascosto dalle autorità. Anche per questo la
mobilitazione della rete di gruppi ambientalisti e civici ha incontrato
tanta eco. Tchuprov lo definisce "un passo concreto verso la costruzione di
una società civile". 

 
 



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