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biotech e modello di sviluppo
dal corriere della sera di domenica 25 giugno
IL PROBLEMA DELLE BIOTECNOLOGIE E' LEGATO AL MODELLO DI SVILUPPO
dibattito: "miglioramenti" gentetici della nuova agricoltura
di
L'intervento di Edoardo Bonciuelli, pubblicato di recente sul Corriere;
relativo alle biotecnologie applicate all'agricoltura, ha aperto un
dibattito nel quale interviene ora il professor Ernesto Landi, presidente
dell'Ordine Nazionale dei Biologi.
Credo che un buon punto , di partenza per una serena discussione sull'uso
delle biotecnologie in agricoltura sia la considerazione che g1i alimenti
tradizionali non sono migliorabili. Dovremmo essere tutti d'accordo ne1
riconoscere che le prerogative principali di un alimento dovrebbero essere
quelle de11a piacevolezza e della capacità di soddisfare, in sinergia con
altri alimenti in una dieta bilanciata, 1e nostre necessità nutrizionali.
Ed è proprio in questo senso che bisognerebbe riconoscere che gli alimenti
non sono migliorabili . Dodicimila anni di agricoltura hanno permesso di
ottenere materie prime che riescono a fornire tutto ciò di cui il
metabolismo de11'uomo ha bisogno.
È importante ricordare che intorno agli Anni 50 unà famiglia europea
spendeva circa il 40% del reddito per acquistare prodtitti aTimentari: Oggi
tale cifra è scesa tra i1 12 e i1 15%. Questa riduzione dei costi è dovuta
a una razionalizzazione délle filiere df produzione anche attraverso 1'uso
di varietà vegetali ad a1ta resa e,particolarmente bene adattate
all'agricoltura occidentale intensamente meccanizzata e ad alto imput
chimico ed energetico.
Molte di tali varieta, le procagoniste della Cosiddetta Rivóluzione verde~,
hanno permesso~ un incredibile aumento delle rese (da1 1955 a1 1985 1a
produzione mondiale di cereali è passata da 273 a 343 chilogrammi pro
capite), ma si sono rivelate carenti in principi nutrizionali essenziali,
come rivela il rapporto dell'International Food Policy Research pubblicato
nell'aprile 1996
Le popolazioni di alcuni Paesi in via di sviluppo soffrono della
cosiddetta "sindrome da fame occulta.", visto che dispongono di quantita'di
alimenti sufficienti, ma di scarsa qualità.Nell'Occidente, che usa le
stesse varietà vegetali, questa sindrome è stata evitata grazie
a1l'integrazione di princi nutrizionali essenziali negli alimenti che ne
sono carenti, cósa che i Paesi poveri non possono permettersi.
Molti dei semi della Rivoluzione verde presentano un indubbio interesse per
le industrie sementiere perché sono brevettabili e hanno una sorta di
~protezione biologica~· dalla copia.Infatti, se l'agricoltore conservasse
una parte del raccolto per 1a semina dell'anno successivo , otterrebbe una
produzione quantitativamente piu'
bassa. Egli e' dunque in molti casi costretto a comprare ogni anno i suoi
semi. Questo specifico interesse industriale ha causato l'abbandono di
molte varietà tradizionali. 11 riso resta un esempio paradigmatico: ne1
1949 ne esistevano circa 10.000 varietà, ridotte a circa I.OOO nel 70,
mentre oggi circa I50 milioni di ettari vengono coltivati con solo due
varietà, owiamente coperte da brevetto. Le biotecnologie non fanno altro
che roseguire, con tecniche più raffinate lo stesso percorso iniziato con
1a brevettazione dei semi della «rivotuzione verde~. L'accento è sulla
brevettabilità e sulla protezione da1I'utilizzazione non consentita di un
prodotto, più che sulle caratteristiche nutrizionali dell'alimento:
Torniamo dunque alla nostra considerazione di partenza:
se gli alimenti tradizionali sono già fomiti di tutto quanto è necessario
a1 nostro metabolismo, perché modificarli?
Una delle risposte è forse contenuta nell'intervista che un esponente di
una delle piu'importanti industrie biotecnotogiche ha rilasciato 1o scorso
anno al quotidiano~francese Libération: «La rivoluzione delle biotecnologie
è paragonabile a quella,di.internet.In entrambi i casi si tratta di entrare
per primi in possesso dell'informazione. Occorre dunque diventare l'Intel
dell'agricoltura, essere in una posizione di dominio per costringere i1
mercato a usàre una seguenza codificante protettada brevetto.
Chi insiste poi nel dire che i contadini póveri e denutriti di Asia, Africa
e:AmericaIatina saranno i maggiori~'beneficiari de1Ie coltivazioni
transgeniche dimostra di avere poca dimestichezza con le molteplici
realta'agricole de1 pianeta. II 60% di contadini della terra co1tiva ancora
con mezzi rudimentali e una larga fetta di questi guadagnerebbe circa
300.000 lire all'anno se riuscisse a vendere tutta la sua produzione.
Visto che ne deve utilizzare una parte per nutrire se stesso e Ia sua
famiglia, il suo reddito scende a cirea 90.000 lire. Un contadino di questo
tipo potrà mai pagare i semi transgenici?
I contadini malnutriti de1 terzo mondo hanno bisogno di semi tradizionali'
e bene adattati alle loro condizioni agricole e non di semi transgenici
disegnati per le agricolture meccanizzate dell'Occidente.
Francamente non so se i cibi transgenici siano pericolosi per la salute,
non so se fra qualche anno si riderà di queste preoccupazioni o si
scoprira' che cio' di cui ci alimentiamo e' in sintonia con le stringenti
leggi dell'economia , ma non con le nostre necessita' nutrizionali, che, è
bene ricordarlo, non cambiano con 1'evoluzione dei mercati.
II vero nodo da scogliere è un altro e attiene al modello di sviluppo che
vogliamo. Desideria mo accettare senza mediazioni l'estensione del
paradigma industriale all'agricoltura, oppure desideriamo ribaltare,
ammesso che ci si riesca,l'idea che i1 significato del termine "migliorare"
debba necessariamente coincidere con quello delle grandi industrie e delle
multinazionali delle biotecnologie?
Il dilemma recentemente proposto da Boncinelli dalle colonne di questo
giomale, se seguire Ie ragioni de1 cuore o quelle del1a scienza, è, quindi,
mal posto. Se le novità biotecnologiche non fossero brevettabili, le
industrie non finanzierebbero le ricerche, gli awocati non depositerebbero
brevetti e non ne difenderebbero l'applicazione nelle aule dei tribunali,
nessun agricoltore utilizzerebbe organismi geneticamente modificati. Questi
sarebbero considerati dei promettenti utensiti nelle mani dei ricercatori
per indagare i mistéri detla vita.
La valutazione è, dunque, di carattere squisitamente politico, non
scientifico,. anche se le scelte politiche; ne1 nostro strano mondo dalle
imprevedibili evoluzioni~, sembranó `essere sempre meno popolari.
Ernesto Landi Presidente Ordine Biologi