[Ecologia] Treia: come eravamo - Memoria culinaria bioregionale






Scrive Caterina Regazzi:  

Mia nonna ricorre spesso nei miei pensieri. La ricordo soprattutto nella grande casa di Treia, in cucina... Quanto mi piaceva vederla fabbricare con perizia e precisione i suoi manicaretti! Per i ravioli faceva la sfoglia rigorosamente a mano sul tagliere col mattarello, poi la tagliava a quadri, metteva al centro di ognuno un mucchietto di ripieno fatto con ricotta di pecora, parmigiano, uova, sale e un po', se non ricordo male, di noce moscata. Ogni riquadro veniva ripiegato in due a forma di rettangolo e per chiudere meglio i bordi veniva usato un ditale, premuto in quattro punti con la precisione di una macchinetta. La festa continuava per me che ero addetta alla ripulitura con le dita della ciotola in cui era stato posto il ripieno... che dopo il mio intervento riluceva come appena uscita da una lavastoviglie. I tagliolini erano l'apoteosi della precisione: dopo aver fatto la sfoglia ed averla fatta un po' asciugare, veniva arrotolata stretta e un po' schiacciata e poi, tenuta ferma con la mano sinistra, con la destra armata di un coltello con la giusta affilatura veniva "affettata" come un salame con un ritmo cadenzato e regolare che produceva un rumore che ancora mi risuona, dopo più di 40 anni, nelle orecchie: "zum! zum! zum! ......" ed ogni 10 - 15 tagli, la sfoglia affettata veniva aperta a formare dei nidi che poi venivano lasciati sul tagliere ad asciugare. La misura del taglio veniva data dalle dita della mano sinistra sfiorate ogni volta da quel coltello affilato ed io tutte le volte mi domandavo: Ma come fa a non tagliarsi mai?.... 

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