----- Original Message -----
Sent: Saturday, March 03, 2012 3:35
PM
Subject: [ecologia] Rischio amianto e
uranio in Val di Susa
Date: Sat, 3 Mar 2012 06:37:29 +0100
Subject: Amianto e uranio in Val di Susa
Amianto e
uranio nella montagna da scavare. Rischiano anche i lavoratori
di Ferruccio
Sansa, “Il Fatto Quotidiano”, 3 mar. 2012
Rischio
amianto e rischio radiazioni”. È scritto nero su bianco nella delibera del
Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) che di fatto
dà il via al progetto della Lione-Torino. Nelle carte allegate ai progetti
della società Ltf. E in tanti studi universitari, come quelli del Politecnico
di Torino.
Per affrontare
tutti i nodi legati al Tav non bisogna guardare soltanto a valle, dove si
consumano gli scontri, le polemiche. Bisogna alzare lo sguardo e guardare la
roccia che domina la valle, quella pietra che le trivelle dovrebbero penetrare
per 57 chilometri. È una terra fine, rossastra, perché contiene ferro. Ma non
solo. La Val Susa è terra di amianto. E di uranio.
Se ne sono
accorti gli ingegneri che, in vista delle Olimpiadi invernali del 2006,
cominciarono a scavare per realizzare la pista di bob a Salice e dovettero
fermarsi per colpa di quel maledetto minerale: l’amianto. Niente da fare.
Stessa sorte
quando si trattò di scavare una galleria per la circonvallazione di Claviere,
al confine con la Francia: di nuovo amianto. Di nuovo uno stop per le ruspe. E
anche la cava di pietra di Trana (vicino a Giaveno) fu bloccata quando ci si
accorse che oltre alla pietra la montagna sputava fuori amianto.
“Un bel guaio,
soprattutto, in una valle ventosa come la nostra dove le polveri rischiano di
sollevarsi e arrivare lontano, di infilarsi nei polmoni della gente”, racconta
il meteorologo Luca Mercalli, da sempre contrario al Tav. Un problema noto da
decenni. Ma che gli stessi ingegneri impegnati negli studi del progetto hanno
sollevato. Soprattutto quando hanno analizzato la zona dove sbucherebbe il
tunnel, non lontana dagli abitati: “Gli studi precedenti hanno messo in
evidenza come in alcuni campioni di roccia prelevati in superficie siano state
riconosciute mineralizzazioni contenenti amianto con caratteristiche
asbestiformi”. Si parla di una zona superficiale di ampia circa cinquecento
metri.
Da anni in
valle si sta cercando di monitorare i casi di mesotelioma, ma studi compiuti
su solide basi scientifiche non ci sono. La delibera del Cipe contiene oltre
220 osservazioni che dovranno essere rispettati da chi realizzerà l’opera. Ben
nove riguardano il “rischio amianto”. Si chiede un “efficace controllo sulla
dispersione di fibre connessa all’attività” di cantiere. Un monitoraggio
indipendente, chiede il Cipe, compiuto da un ente terzo. Se verranno superati
i valori previsti, avverte senza mezzi termini il Cipe, “dovranno essere
interrotte le attività lavorative”. Ancora: in presenza di amianto, vietato
l’uso di esplosivi. Il progetto definitivo del tunnel dovrà adottare adeguate
misure per proteggere i lavoratori e per lavorare il materiale.
Insomma,
elementi di cautela per gli abitanti, ma anche per chi lavora nei cantieri. Ma
non c’è soltanto l’amianto. Nella delibera del Cipe si parla anche di presenza
di uranio. Non è una novità: nel 1977 l’Agip chiese l’autorizzazione per
compiere sondaggi in nove comuni della valle convinta di poter estrarre il
minerale: ecco Venaus, Chiomonte e altri comuni interessati dai lavori per la
Lione-Torino. Amianto e uranio, ma il pericolo è stato adeguatamente
affrontato? I tecnici di Ltf sono convinti di sì: “Con le più avanzate
tecniche di scavo si possono lavorare sia l’amianto che l’uranio senza rischi
per la popolazione. Mentre si scava si annaffia costantemente l’amianto in
modo da rendere impossibile una sua dispersione nell’aria. Poi si utilizzano
imballaggi stagni caricati su camion anch’essi annaffiati e lavati”. Ma dove
sarebbero smaltiti i materiali pericolosi? “Noi li metteremo dove ci
indicheranno, garantendo la massima sicurezza, nell’interesse anche dei nostri
lavoratori”.
Ecco
l’altra preoccupazione dei No Tav: “Le zone di smaltimento non sono ancora
state individuate. Non è un dettaglio. E poi servono zone sicure al cento per
cento, al riparo anche dai rischi idrogeologici”.