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Sent: Saturday, February 18, 2012 7:41
AM
Subject: [ecologia] Periti accusano Ilva,
folla in tribunale. Le indagini partirono da PeaceLink
Ieri una marea umana ha accerchiato in tribunale di Taranto.
Come a Torino per l'Eternit, a Taranto per l'inquinamento da diossina e altri
cancerogeni sale la mobilitazione. Tre anni fa PeaceLink presentava l'esposto
alla Procura della Repubblica evidenziando che le analisi del pecorino - fatte
a proprie spese - certificavano concentrazioni di diossina e pcb tre volte
sopra i limiti di legge.
Questo l'articolo del Fatto Quotidiano.
Date: Sat, 18 Feb 2012 02:52:44 +0100
Subject: Ilva
I PERITI
ACCUSANO: “L’ILVA FA MALE” FOLLA IN TRIBUNALE A TARANTO
Il rapporto
parla chiaro. Inchiesta sul titolare Emilio Riva
di Maria Luisa
Mastrogiovanni, “Il Fatto Quotidiano”, 16 feb. 2012
Una catena
umana a sostenere la magistratura. “Se la speranza ha un nome si chiama
Patrizia Todisco”: è uno dei tanti striscioni che ieri davanti al Tribunale di
Taranto venivano inneggiati da un migliaio di persone, confluite davanti a
palazzo di giustizia per dire all’Italia che “Taranto, Taras, c’è”, ed è
contro l’Ilva.
“Dopo Casale
Monferrato anche Taranto vuole giustizia”. E’ anche questo il cuore
dell’adunanza di ieri (c’era anche Bill Emmott, ex direttore del The
Economist, che sta realizzando un documentario sull'Italia), perché dopo la
sentenza Eternit che ha riconosciuto colpevoli di disastro doloso e di
omissione delle misure antinfortunistiche i responsabili legali dell’azienda,
i cittadini di Taranto sperano che sull’Ilva, la più grande acciaieria
d’Italia e una delle più grandi al mondo, si crei un movimento d’opinione
nazionale.
Ieri in Camera
di consiglio davanti al gip Patrizia Todisco si è discussa la perizia di 554
pagine redatta da quattro esperti (Sanna, Monguzzi , Santilli, Felici) che
inchioderebbe per la prima volta i vertici dell’acciaieria. Le indagini sono
partite nel 2008, dopo che Peacelink fece analizzare alcuni campioni di
formaggio di pecora prodotti negli allevamenti a ridosso dello stabilimento.
Il formaggio risultò gravemente contaminato da diossina e pcb e la Asl avviò
una serie di indagini e campionamenti che portarono all’abbattimento di 2.200
capi di bestiame.
Risultato:
indagati i titolari dell’azienda, Emilio Riva e suo figlio Nicola, Luigi
Capogrosso, direttore dello stabilimento siderurgico, e Angelo Cavallo,
responsabile dell'area agglomerato: sono accusati di disastro colposo e
doloso, oltre ad una serie di reati ambientali.
Ora, sono
arrivati i risultati della perizia, e sono agghiaccianti: nelle risposte ai
sei quesiti posti dal gip i periti scrivono che “sì”, attorno allo
stabilimento si diffondono polveri, vapori, gas, contenenti sostanze
pericolose non solo per la salute degli 11.500 lavoratori, ma anche per il
territorio circostante; che “no”, l’Ilva non utilizza alcuna misura “idonea”
per evitare che in maniera incontrollata si disperdano nell’ambiente polveri e
fumi nocivi alle persone. Infine: i tecnici mettono nero su bianco che i
livelli di diossina e di pcb (policlorobifenile, tra le 10 sostanze più
cancerogene al mondo) rilevati negli animali abbattuti e nei terreni
circostanti sono riconducibili alle emissioni dell’Ilva.
Francesco
Perli, infatti, avvocato dell’Ilva, ha già rilevato come i periti nella loro
relazione facciano riferimento a dei parametri che, secondo le norme europee,
dovranno entrare in vigore entro il 2018. Come dire: basta spostare
l’asticella del limite di legge e quella polvere rosa composta da ferro e
carbone che ricopre case e terreni del quartiere Tamburi, da nefasta diventa
magicamente una manna. Quella polvere rosa, scrivono i periti della Procura,
ogni anno è pari a 668 tonnellate che si disperdono nell’atmosfera perché lo
stabilimento non dispone di impianti di “aspirazione e trattamento”. Fabio
Matacchiera, della onlus “Fondo antidiossina Taranto”, è stato il primo a far
analizzare le celebri cozze tarantine “del fondo” del mar Piccolo e sono
risultate contaminate da diossine con valori superiori del 70% alla norma:
“Sono situazioni che non si possono più tacere. Finora il caso Ilva è stato un
buco nero, capace di inghiottire anche la Regione”. Prima di oggi infatti né
la Regione Puglia, né il Comune di Taranto si erano costituiti parte civile e
per questo gli ambientalisti hanno atteso l’esito della Camera di consiglio al
grido di “Vendola quaquaraquà”.
Il direttore
dell’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente), Giorgio Assennato negli anni ha
fatto eseguire decine e decine di campionamenti sulle emissioni dei camini
dello stabilimento, anche dopo che una legge regionale voluta da Vendola ha
imposto di rinnovare i filtri. “Però – dice – è difficile trovare la pistola
fumante”. Significa che sulle questioni ambientali la causalità della
contaminazione è difficile da provare.
Ma
i periti parlano di “correlazione preferenziale” tra l’inquinamento dell’Ilva
e i livelli di pcb contenuti negli alimenti. E uno dei periti è Maurizio
Sanna, che per la procura di Lecce ha seguito tutte le indagini sui reati
ambientali, inchiodando la Copersalento , un inceneritore la cui proprietà era
da far risalire alla famiglia di Raffaele Fitto. Oggi è chiuso e smantellato
dopo le indagini della magistratura e centinaia di animali abbattuti per
contaminazione da pcb e diossina. Proprio come per l’Ilva.