In viaggio lungo un percorso evolutivo senza pretenziosità... Ecco il sentiero bioregionale e spirituale per il nuovo millennio





Comunicazione culturale aperta


Stamattina commentavo i risultati delle recenti elezioni
amministrative con la mia compagna Caterina dicendo: "Chissà che non
venga un tempo di fioritura e rinnovamento per l'Italia?"

E lei mi rispondeva: "Speriamo di si, che sia un segnale che
finalmente gli italiani vogliano riprendere un po' in mano la
situazione o almeno che il desiderio sia quello di un cambiamento, ma
troppe se ne dovrebbero cambiare di cose, a cominciare da ognuno di
noi!"

In effetti è così.. non possiamo sperare in un cambiamento che non sia
già presente in ognuno di noi... E questo a tutti i livelli... nel
senso che dovremmo iniziare a considerare l'altro come noi stessi e
non più ad anteporre l'interesse egoistico nel nostro relazionarci con
l'altro. Ad esempio, in chiave devozionale, Sant Kabir affermava:
"Stretto è il sentiero dell'amore: in due non ci stanno!"

Ed è vero...! Il dualismo e il senso di separazione sono la causa di
tutti i mali. Se non è un egoismo personale, il nostro, magari è un
egoismo di casta, di religione, di razza, di cultura, di ideologia....

Uscirne fuori?

Beh, dobbiamo brancolare nel buio della sperimentazione, dobbiamo
capire noi stessi da noi stessi. In questo momento la crescita ed il
cambiamento non possono più essere qualcosa che ci viene ammanita da
un saggio, da un maestro, da un duce, da un potente della terra.
Diceva Osho: "Non dipendere dalla luce di un altro. È persino meglio
che tu brancoli nel buio, ma che almeno sia il tuo buio!"

Insomma dobbiamo partire da noi stessi.

La specie umana è in continua evoluzione e così dovremmo poter
prendere coscienza che il nostro vivere si svolge in un contesto
inscindibile. Di fatto è così... solo che dobbiamo capirlo e viverlo
consapevolmente, prima a livello personale e poi a livello di
comunità.

Per questo continuo a dedicarmi, in teoria ed in pratica, a questa
ricerca, occupandomi magari di agricoltura biologica, alimentazione
bioregionale, cure naturali, spiritualità e arte della natura.. Io
personalmente sono giunto, per mezzo di esperienze vissute e di
considerazioni e riflessioni sugli eventi, a condividere pienamente il
pensiero ecologista profondo, il vegetarismo e la spiritualità laica
(argomenti che tra l'altro sono inseriti nelle finalità del nostro
Circolo vegetariano..) ma questo non significa che queste finalità
siano "una condizione sine qua non" per partecipare al consesso..
Siamo in viaggio, e affiancati andiamo avanti sentendoci uniti nel
pensiero e nell'azione evolutiva.

Ognuno può e deve prendere coscienza della necessità di riequilibrare
la sua alimentazione ed il suo stile di vita non sentendosi però
obbligato da una ideologia o da una spinta etica.. la maturazione deve
avvenire per autoconsapevolezza ecologica e fisiologica. Infatti .. io
non sono approdato al vegetarismo ed all'ecologia profonda per motivi
ideologici, trovo che il superfluo nella vita non abbia senso, odio
gli sprechi inutili ed il consumismo, per me la carne è semplicemente
un cadavere e non ha alcun appeal alimentare.. come non mangerei la
cacca egualmente non mi viene alcuna voglia di mangiar carne o
pesce...

Però capisco che questa condizione esistenziale richiede una
maturazione individuale ed un riavvicinamento alla propria natura
originale che non può essere il risultato di una "scelta" o di un
"credo" ... Per questa ragione accetto indistintamente ognuno sapendo
che la natura al momento opportuno e con i modi che gli sono consoni
lo condurrà verso un riequilibrio.. Ho fiducia nella vita.

Paolo D'Arpini



Per giusta conclusione ecco di seguito l'opinione di Caterina su
questo argomento:

Il problema secondo me dell'alternatività, si chiami "bioregionalismo",
"vegetarismo" o che si chiami "essere di sinistra" è che tale
attributo dà spesso alla persona che lo incarna un senso di
superiorità.

A volte questa supposta superiorità si può obiettivamente riconoscere
come legata ad un fattore di consapevolezza della propria natura da
cui scaturiscono “scelte” che sono in sintonia con se stessi e
possibilmente con il resto della vita, visto che facciamo parte di un
tutt'unico che si influenza vicendevolmente. E' ovvio che se il
vegetariano, l'ecologista, o chiunque impersoni questo senso di
superiorità desidera diffondere il proprio “credo” non può pensare di
essere accettato e ascoltato o meno ancora seguito se butta in faccia
agli altri questa supposta superiorità. Se pensiamo di essere nel
giusto nel nostro percorso, e lo siamo spassionatamente (anche se con
passione, da questo il fastidio per l'animosità con cui certe persone
presentano le proprie idee) ad esempio, nel seguire un'alimentazione
che per noi "è buona" possiamo coinvolgere gli altri solo con
l'esempio del nostro stare bene e con spiegazioni razionali su quello
che è il bene del pianeta, spiegazioni che ormai sono alla portata di
tutti e che si leggono in tutti i giornali.

Insomma ripeto quel che ho già detto: non possiamo pensare di avere
tutti la stessa sensibilità. Il nostro sentire dipende dal nostro
corredo genetico ma anche dall'ambiente in cui viviamo. E' vero che
noi viviamo in un ambiente dove è difficile morire di fame, ma se gli
animali non vanno mangiati per questioni “etiche” cosa possiamo dire
agli abitanti dell'Alaska o delle steppe della Mongolia? Che devono
traslocare nella foresta equatoriale o a casa nostra? Qualcuno potrà
obiettare che i vegetali oggi possono essere spediti.. e la campagna
ecologista per Km. Zero?

Caterina Regazzi

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