Ricevo e diffondo
Ecco un quadro sconcertante da cui emerge che le
“stesse industrie chimiche che producono le (costosissime) terapie
antineoplastiche e la gran parte degli inquinanti cancerogeni” coordinano la
lotta al cancro. Quindi risulta facilmente comprensibile perché, invece di
praticare la prevenzione primaria (la riduzione dell’esposizione agli
inquinanti), si preferisce puntare il dito solo contro gli stili di vita (es.
fumo e cibo). Continuando ad inquinare e a fare ammalare
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Le lobbies del cancro
E’ universalmente noto, del
resto, come le lobby e le stesse istituzioni (ampiamente finanziate) che
coordinano la “lotta al cancro” siano controllate, come denunciato per decenni
da illustri scienziati e ricercatori come Tomatis ed Epstein, dalle stesse
industrie chimiche che producono le (costosissime) terapie antineoplastiche e la
gran parte degli inquinanti cancerogeni[1] E numerosi ricercatori hanno
raccontato come, fin da quando Rachel Carson lanciò, per prima, l'allarme sulle
sostanze chimiche di sintesi come causa di gravi rischi a lungo termine per la
salute umana, l'industria chimica abbia difeso i suoi prodotti, attaccando la
credibilità degli scienziati che segnalavano effetti nocivi: una strategia ben
precisa che ha comportato il reclutamento di esperti e consulenti, lautamente
remunerati, disposti a mettere in campo controanalisi in grado di contestare i
risultati e minimizzare i potenziali rischi per la salute umana delle sostanze
chimiche esaminate [2]
Nel 1992 in una conferenza stampa a Washington,
DC, 68 importanti ricercatori e scienziati impegnati nel campo della medicina
occupazionale, cancerogenesi, epidemiologia e sanità pubblica, rilasciarono una
dichiarazione particolarmente dura, accusando il National Cancer Institute (NCI)
di aver ingannato l’opinione pubblica con ripetute quanto infondate
dichiarazioni di una supposta, imminente vittoria contro il cancro, del tutto in
contrasto con la realtà dei fatti, visto che dalla “dichiarazione di guerra al
cancro” lanciata dal presidente Nixon (1971) i trends in continua crescita del
cancro erano un dato incontestabile e concernevano tutte le forme della
malattia. Nella dichiarazione si affermava anzi che NCI, ACS (American Cancer
Society) e altre consimili organizzazioni avevano consapevolmente minimizzato i
dati della crescita della patologia tumorale, attribuendone la responsabilità al
fumo da sigaretta e ai grassi presenti nel cibo e ignorando sistematicamente il
ruolo dei cancerogeni di origine industriale che avevano invaso, in pochi
decenni, le catene alimentari e inquinato l’aria, l’acqua, i posti di lavoro,
così da spingere il Congresso a finanziare la ricerca nel campo della diagnosi e
terapia, riservando le briciole (1% del budget totale) alla prevenzione
primaria, intesa come riduzione dell’esposizione collettiva e occupazionale [3]
.
Una decina di anni dopo Lorenzo Tomatis metteva in luce gli stessi
problemi[4], denunciando a sua volta come, mentre si continuava a puntare il
dito sul fumo di sigaretta (il cui utilizzo era in calo nei maschi), si
trascurasse regolarmente il dato di fatto che l’inquinamento di aria, acqua e
suolo e l’esposizione collettiva a centinaia di molecole inquinanti e
potenzialmente cancerogene cresceva a ritmi preoccupanti, come segnalato dalla
Environmental Protection Agency e da studi importanti [5] e come le strategie di
prevenzione primaria del cancro (cioè di riduzione dell’esposizione a tali
sostanze inquinanti), le uniche in grado di ridurne l’incidenza[6], fossero
sistematicamente trascurate e non finanziate. Nello stesso articolo Tomatis
stigmatizzava lo strano comportamento di Ames, che dopo aver lungamente
denunciato l’introduzione in ambiente di migliaia di sostanze inquinanti e
possibilmente cancerogene insufficientemente testate[7], sembrava aver mutato
improvvisamente opinione, puntando a sua volta l’indice su sigarette e grassi
nella dieta e negando la pericolosità di pesticidi ed inquinanti industriali[8]
E’ del resto un dato di fatto incontestabile che per decenni alcuni
autorevoli rappresentanti di questo sistema, notoriamente condizionati da
pesanti conflitti di interesse, abbiano negato l’esistenza di un continuo
aumento di casi di cancro “salvo per ciò che concerne il fumo di sigaretta” e
proposto letture ottimistiche essenzialmente incentrate sulla possibilità di
ridurre drasticamente e in pochi anni l’incidenza delle principali forme di
cancro semplicemente riducendo il consumo di sigarette[9] e l’utilizzo di grassi
nella dieta[10], mentre altrettanto autorevoli ricercatori, lungamente e
duramente combattuti dalle lobby del farmaco, come Epstein, Tomatis e Abel,
cercavano inutilmente di mettere in luce come non soltanto l’incidenza del
cancro al polmone fosse considerevolmente aumentata nella seconda metà dello
scorso secolo nei paesi in rapida occidentalizzazione, ma quella di tutti i tipi
di cancro (con l’eccezione del CA gastrico): carcinomi mammario, prostatico,
tiroideo, esofageo, epatico, pancreatico e renale, linfomi non-Hodgkin, mieloma,
melanoma e tumori infantili[11], alla cui patogenesi il fumo di sigaretta non
sembra contribuire in misura significativa [12], al contrario di altre e
numerose esposizioni ambientali[13] e come i miglioramenti diagnostici non
possano spiegare questo incremento[14]
Recentemente anche Epstein è
tornato in modo assai incisivo sull’argomento, tracciando una vera e propria
storia della Guerra al Cancro, perdente proprio perché pesantemente condizionata
da parte dell’industria chimica e dai suoi “esperti degli stili di vita quali
causa prima dell’incremento di cancro” (Lifestyle academics): Sir J. Doll, il
suo “protetto” lo statistico Peto e appunto Bruce Ames, tre chiari esempi di una
drammatica ”conversione” che li ha tramutati da strenui sostenitori del cancro
come malattia da inquinamento (da affrontare mediante una vera prevenzione
primaria) a paladini della teoria del cancro come malattia degli stili di vita
(fumo e grassi nella
dieta)..
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[1] Epstein SS,
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