Storie di cani quasi umani.. fra Ganeshpuri e Calcata
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- From: "Caterina Regazzi" <caterina.regazzi at alice.it>
- Date: Tue, 13 Jul 2010 19:48:12 +0200
Sono
una delle persone che ha posto a Paolo D’Arpini delle domande in chiave ecologico-animalista
sulla sua “cana” e, ora che lei se n’è andata, mi ha scritto
la sua storia. Dato che, secondo me “merita” da diversi punti di
vista e sono diversi i messaggi che se ne possono trarre, la condivido con voi. Caterina
Regazzi Si chiamava Vespa, questo il nome che le era stato affibbiato
dai suoi vecchi padroni, due anziani contadini di Faleria. Ma da parecchio
tempo non abitava più nella campagna faleriana essendosi trasferita, con il mio
consenso, nel Tempio della Spiritualità della Natura in quel di Calcata. Sì, se n’è andata la cana guardiana, ormai vecchia e
malandata, che custodivo in un recinto al Tempio. Il fatto stesso di tenerla
ristretta in un recinto era motivo di continui interrogatori da parte di nuovi
visitatori. “Perché tu che ti dichiari animalista tieni questa cagna
rinchiusa? Ma la fai uscire ogni tanto? La porti a spasso, La curi a
sufficienza, la spulci quando serve, la fai visitare dal veterinario, quanti
anni ha?....” Ed infinite altre domande mi venivano poste senza
ritegno… Ed ogni volta ero costretto a raccontare la storia di Vespa,
dall’inizio, dalla sua vita “precedente” in forma di un cane
denominato Shankar che viveva nell’ashram di Swami Muktananda. Un cane
che non si era mai assuefatto alla disciplina ashramitica, che scappava fuori a
far danni e faceva danni persino dentro.. infastidendo gli altri animali lì
custoditi. Per questa ragione era un po’ ostracizzato dagli ashramiti e
tenuto sotto stretto controllo e pure punito all’occorrenza. Ricordo
diverse volte in cui vidi questo cane che incrociando Baba (il mio Guru) si
metteva a tremare dando segni di insofferenza. In una occasione, in cui aveva
combinato qualche guaio più serio del solito, alla vista del Guru si mise a
latrare e sbavare e Baba, che passeggiava sempre con un bastoncino da Sadhu
(dandha) glielo tirò dietro colpendo Shankar nel di dietro… Il lancio era
perfetto ma la forza non era eccessiva e il dandha toccò appena la bestia che
comunque guaendo si allontanò.. Eppure io, abituato a pensare in termini
“animalisti” occidentali, non apprezzai molto quella scena e
siccome dormivo in uno stabile agricolo nel giardino esterno, dove lo stesso
Shankar bazzicava, iniziai a familiarizzare con il cane, accarezzandolo e
dandogli importanza… Forse mettendomi anche in contrapposizione al Guru,
ritenendo la sua severità immotivata od esagerata.. “In fondo bisogna
essere compassionevoli con tutti gli esseri, animali compresi, perché Baba ha
manifestato tanta severità?” Dicevo fra me e me sentendomi io stesso più
buono del Guru… Il caso volle che di lì a poco tempo io stesso ricevessi una
lezione esemplare sulla testardaggine e mancanza di rispetto da parte del cane
Shankar. Una sera caldissima di luglio decisi di passare la notte fuori della
ex stalla, nella quale solitamente dormivo, anche se fra il dentro ed il
fuori, essendo le pareti composte di muretti bassi appena un metro e venti, non
c’era molta differenza, ma io speravo che a cielo aperto spirasse un
po’ di venticello che mi desse refrigerio e scacciasse le fastidiose
zanzare che mi perseguitavano ogni notte. Siccome dentro la stalla dormivo sul
pavimento in cemento e fuori avrei dovuto sdraiarmi sulla terra andai a
chiedere al magazzino una stuoia in vimini spiegandone la ragione. Il
magazziniere, forse già sospettando qualcosa, si raccomandò che
l’indomani restituissi la stuoia come l’avevo ricevuta. Io un
po’ meravigliato per la pignoleria affermai che sarebbe stato così e
afferrai il rotolino già alquanto consunto che mi avrebbe fatto da giaciglio e
me ne andai. Giunta la sera, tutto contento, mi accinsi a cercare uno spazio
comodo sulla spianata antistante la stalla, presi un paio di longi (lenzuolini
leggeri, che avevano varie funzioni, ivi compresa quella di gonnellino,
scialletto ed asciugamano) e mi sdraiai beatamente a contemplare il cielo
stellato… mi sentivo in paradiso! Ma la mia goduria fu di breve durata, di lì a poco apparve sulla
scena il grosso cane Shankar, il quale memore delle simpatie da me dimostrate
nei suoi confronti si mise subito a saltarmi addosso ed a balzellare sul mio
corpo… avevo un bel cercare di scansarlo.. niente da fare non sentiva
ragioni.. continuava tutto il tempo a spiaccicarmi e mordicchiarmi senza
ritegno. Mi alzai, lo scacciai ripetutamente ma lui restava lì dappresso ed
appena giacevo mi ripiombava addosso, uno sfinimento senza soluzione alcuna..
Alla fine mi arresi, smisi di reagire e mi sottoposi alla mercé di Shankar,
restai immobile sperando che con il mio fermarmi anche lui si sarebbe
fermato… Ma non fu affatto così… Egli prese a sbrodolarmi sulla
faccia ed in tutto il corpo.. poi, visto che ormai non mi muovevo più, cominciò
ad addentare e rosicchiare i miei longi.. ed ovviamente se la prese con la
stuoina, che anzi sembrò particolarmente di suo gusto tant’è che la
ridusse a minuti brandelli, salvo la parte coperta dal mio corpo
sfiancato…. Altro che sollievo e refrigerio, altro che pace sotto il cielo
aperto, non chiusi occhio tutta la notte, neanche un minuto, mentre il cane
soddisfatto compiva la sua opera devastatrice e le zanzare imperversavano
contente della mia immobilità (se avessi fatto cenno di scacciarle il cane
avrebbe ripreso a tormentare il mio braccio). Finalmente giunse il mattino, potevo così rientrare nella
stalla appena aperta, ove andai a riporre i longi ed i resti della stuoia, e
poi mi recai subito ai bagni per darmi una bella rinfrescata. Terminata la
routine mattutina (meditazione, canti, lavoro, etc.) tornai in magazzino per
restituire la stuoia avuta in prestito. Il magazziniere mi guardò interrogativo:
“What is this mess?” – “It is your mat that I bringing
back” – “What, watth..?” – “The fault is
of Skankar, the dog.. he did all the michief..” – “But you
were responsible for the mat.. non the dog..” Insomma mi dovetti sorbettare la predica… e starmene
zitto! In seguito il cane deve averne combinata una veramente grossa
perché scomparve sia dall’ashram che dal paese di Ganeshpuri in cui
andava sovente a compiere le sue scorribande selvagge, probabilmente aveva
fatto secca una gallina di troppo e qualche paesano l’aveva finito a
bastonate. E questo è il primo tempo. Ed ora passiamo a Vespa. Quando ancora gestivo il servizio mensa del circolo vegetariano
di Calcata, usavo acquistare alcuni prodotti biologici da una anziana coppia
di contadini di Faleria che mi fornivano di vino, verdure, olio, etc. Siccome
vivevano da soli ed erano già alquanto acciaccati (operazioni varie, malattie,
strascichi, etc.) avevano pensato di farsi un cane di grossa taglia per far la
guardia alla casa ed al fondo. Qualcuno gli aveva procurata una bastarda nera e
robusta, piena di energia. Anzi troppo piena di energia.. tant’è che era
completamente ingovernabile, correva appresso ai polli, scavava buche profonde
nell’orto distruggendo ogni cosa. Saltellava addosso ai visitatori, senza
però minimamente svolgere la funzione per la quale era stata presa: fare la
guardia! La bestia per la sua irrispettosità e incontrollabilità fu così
denominata “Vespa”. Gli anni passavano senza che si potesse far nulla per
addomesticarla.. Fu tenuta legata con una catena che scorreva su un lungo filo
d’acciaio.. ma a forza di scorrere e tirare la cagna riusciva sempre a
staccare la catena che si consumava sino a fendersi, una volta addirittura,
tirando quando era tenuta al guinzaglio del vecchio padrone, che cercava di
riportarla al suo posto, fece cadere l’anziano che si ruppe un femore.
Inutile dire che i due vecchietti non sapevano più che fare, infine costruirono
un piccolissimo recinto di bandoni in lamiera e vi richiusero la cagna. Ogni volta da allora che andavo a comprare le verdure vedevo
l’animale lì rinchiuso che saltellava, e mi faceva pena.. le portavo
perciò qualcosa da mangiare e magari le davo pure una carezza. I vecchi
continuavano a lamentarsi dicendo che non potevano più occuparsene, che
dovevano andare all’ospedale e non sapevano come fare con il cane, etc.
Infine presero il coraggio a due mani e mi dissero: “Beh, lì a Calcata tu
hai quel terreno dove tieni tutte quelle bestie, prenditi anche questa cagna e
sollevaci da questo peso..” A quel tempo nel Tempio ospitavo diversi animali, capre,
pecore, galline, papere, conigli, etc, e pure un cane a me fedelissimo e bravo
di nome Herman, che aveva già una decina d’anni. Così pensai che in fondo
potevo tenermi pure Vespa e che l’avrei educata io a dovere… ed
inoltre avrebbe sostituito Herman, ormai un po’ vecchiotto, nella sua
funzione di guardiano. Ero lì davanti alla cagna, incerto sul da farsi ma i due
contadini erano così imploranti e la cagna così saltellante che infine acconsentii
e presa la bestia al guinzaglio la feci salire in macchina e me la portai
via…… Tirava, tirava… mai era stata avvezza a camminare
affiancata.. tirava e tirava. Ma io ero ancora giovane e forte e strattonandola
cercavo di insegnarle l’educazione… Tirava ancora di più davanti
alle pecore ed agli altri animali e compresi subito che forse l’educarla
avrebbe preso più tempo del previsto. “Poco male –mi dissi- intanto la metto qui con
questa bella catena lunga e poi giornalmente la addestro, magari facendomi aiutare
dal mio fedele Herman”. Passano i giorni, passano i mesi.. la cagna tirava e tirava e di
tanto in tanto scappava pure e una gallina oggi, un gatto domani, ed un
coniglio dopodomani.. pian piano stava assottigliano la fauna locale.. in
questo dando anche il cattivo esempio al pur fedele Herman. Non c’era
catena che reggesse al suo sfregamento continuo. Dovetti rinforzare tutti i
recinti degli animali, ma Vespa era bravissima a scavare, una vera cacciatrice
indomabile. Poi accadde che Herman si prese una leshmaniosi e dopo un mesetto
di agonia spirò in pace, era già vecchio e credo che il suo tempo
l’avesse comunque vissuto, Cercai allora di concentrami
sull’addestramento di Vespa… ma non ci fu nulla da fare…
riuscì pure a far secca una mia affezionata pecora che avevo da quando era
agnellina ed a scappar fuori dal terreno ed andare a far razzie negli ovili del
paese nuovo di Calcata.. “Guarda… -mi disse qualche pecoraro- già abbiamo
avuto danni, se la tua cagna la ritroviamo su.. non torna più giù…”,
L’avviso era chiaro e decisi perciò di costruire un bel recinto grande
con vecchie reti da letto e pali di ferro e vi rinchiusi la cagna “for
good”. Ancora di tanto in tanto cercavo di portala in giro al guinzaglio
nel tempio ma anch’io un paio di volte inciampai… e il ricordo del
contadino faleriano e la mia età avanzata mi consigliarono infine di lasciar la
cagna dove stava.. nel suo bel recinto e di nutrirla al meglio, con gli avanzi
di casa, senza più toccarla. Le crocchette e le scatolette che non avrei mai
comprato me le portò Luisa per quattro o cinque anni e questa fu la
consolazione di Vespa, che passava il suo tempo ad abbaiare ai gatti di
passaggio, che però non poteva più azzannare (solo una volta o due riuscì a
scappare ed a farne secchi un paio)… A modo sua Vespa ha pagato il suo karma e compiuto il suo
dharma, nella forma migliore che le fosse possibile… quando stavo per
lasciare Calcata, il 3 luglio di quest’anno, era bell’e morta.. Ha
aspettato fino all’ultimo giorno e se ne é andata mentre anch’io me
ne andavo… Paolo D’Arpini |
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