Nucleare:slitta all' autunno il piano del governo.



Dal sito greenreport.it


Nucleare in Italia? C´incontreremo tra cent´anni (scorte di uranio permettendo)
di Lucia Venturi

LIVORNO. Il rilancio del nucleare in Italia dovrà attendere. Slitta infatti all’autunno il termine del 30 giugno, inizialmente indicato per la definizione dei criteri necessari per far ripartire il piano di rientro dell’energia nucleare nel nostro paese.
Il piano annunciato dal governo, che avrebbe voluto una forte accelerazione e che lo poneva quasi come una cosa già fatta (siglando anche un pre-accordo con la Francia per la futura costruzione di centrali nucleari nel nostro paese), ha subito infatti un altro rallentamento con le modifiche apportate (sia dalla maggioranza che dall’opposizione) al disegno di legge Sviluppo che contiene la cornice normativa necessaria al ritorno all’atomo.

Non slittano infatti solo i tempi previsti per le indicazioni di dove sarà possibile individuare le future centrali atomiche, ma salta anche il progetto di far partecipare la Cassa depositi e prestiti ai consorzi (sul modello finlandese) tra operatori, finanziatori, e grandi consumatori che dovrebbero impegnarsi e quindi garantire l’acquisto dell’elettricità prodotta.

Non solo, ma spetterà alle aziende che vorranno candidarsi alla costruzione e alla gestione delle centrali, l’onere dello smaltimento delle scorie prodotte e delle compensazioni economiche da riconoscere ai territori sede d’impianto, sia per la parte spettante agli enti locali sia per quella destinata direttamente ai cittadini.

Diventano poi “elevati”, da “adeguati” che erano, i livelli di sicurezza da garantire ai territori che dovranno essere pubblicizzati finanziando campagne informative.

Salta poi il progetto di un autorizzazione unica il cui rilascio si prevedeva in capo ad un organismo alle dirette dipendenze del ministero dello Sviluppo (o della presidenza del Consiglio secondo le varie versioni) e ritornano le vie ordinarie: quindi Via e Vas come per qualunque altro impianto e un maggior potere decisionale da parte delle regioni.

Il ritorno al nucleare presenta quindi il suo lato b, ovvero, come sottolinea anche Federico Rendina, in un articolo sul quotidiano di confindustria, che «a oliare l’operazione può essere solo un sistema di incentivi pubblici, diretti o indiretti, in grado di fornire una corsia normativa preferenziale e un significativo aiuto economico».

E a dirlo non sono solo gli ambientalisti, che hanno sempre evidenziato, come oltre alle incongruenze sull’effettivo contributo che il nucleare può dare al fabbisogno di energia elettrica a fronte della necessità di ridurre la dipendenza energetica dalle fonti fossili e le emissioni di gas serra, vi fosse anche una assoluta mancanza di economicità nell’energia atomica senza contributi pubblici.

Lo dimostrano anche le nuove stime sull’effettiva convenienza di questa operazione offerte dagli analisti del Boston cosulting group (Bcg), citate sempre dal Sole 24ore.
«L’economicità dell’atomo, che richiede investimenti doppi o più probabilmente tripli rispetto a una centrale a gas o a carbone di pari potenza con la possibilità di rifarsi grazie al minor costo del combustibile, non è affatto scontata» si legge.

Le valutazione del Bcg indicano, infatti, costi di produzione tra i 62 e 65 dollari a Kwora negli Stati Uniti, quindi non troppo lontane dai 70-75 dollari del ciclo combinato a gas.
Se poi si aggiungono al computo finale (come è corretto) i costi dello smaltimento delle scorie e del decommissioning a fine vita delle centrali, oltre agli oneri per le compensazioni e l’elevata sicurezza inseriti a carico delle aziende, è ancora più palese che senza incentivi pubblici la posta non vale davvero la candela.

Quindi i fautori del ritorno al nucleare dovranno fare bene i loro conti, per continuare a sostenere che questa è la strada da percorrere e nel frattempo consolarsi con il fatto che con il decreto incentivi, passato con voto di fiducia alla camera e che dovrà essere varato al senato entro il 12 aprile, vengono eliminati i vincoli burocratici per convertire le vecchie centrali inquinanti per la produzione di elettricità in nuove strutture a carbone pulito (compresa la centrale Enel di Porto Tolle).
A quando invece l’eliminazione dei vincoli burocratici per lanciare la vera scommessa energetica del futuro, che è rappresentata da efficienza, risparmio ed energie rinnovabili?