BIFO: Cosa canteremo il 4 di novembre?



Cosa canteremo il 4 di novembre?
 
 
 
 
 
 
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From: "bifo" <istubalz at libero.it>
Sent: Sunday, October 26, 2008 6:52 PM
Subject: [RK] Cosa canteremo il 4 di novembre?
 
 
 

il Ministro della Difesa ha dato disposizione che il 4 novembre in duecento
scuole superiori si tengano discorsi di persone inviate dall'esterno per
celebrare quel giorno che sui calendari è segnato come il giorno delle
Forze Armate, e nella retorica patriottarda viene definito come il giorno
della vittoria.
Davvero il 4 novembre è un giorno da festeggiare?
C'è qualcosa di cui andare orgogliosi in quella orrenda inutile carneficina
che fu la prima guerra mondiale?
C'è qualcosa della partecipazione italiana alla prima guerra mondiale di
cui andare orgogliosi?
In quali condizioni quella guerra si svolse?
Perché l'Italia partecipò a quella guerra?
Perché l'Italia scelse di partecipare dalla parte dell'Inghilterra e della
Francia piuttosto che dalla parte dell'Austria e della Germania, con cui
aveva da tempo stretto un'alleanza?
Quanti italiani morirono in quella bella guerra?
E quali furono gli italiani che si arricchirono con quella guerra?
E quanti degli italiani che si arricchirono presero parte attiva in quella
guerra?
Queste sono le domande alle quali il ministro della difesa Ignazio La Russa
dovrebbe rispondere.
Ma siccome sappiamo che il Ministro non risponderà, siccome sappiamo che
gli esperti che il Ministero della Difesa mobiliterà non risponderanno,
allora a queste domande dobbiamo rispondere noi.


breve storia di una lunga guerra

Quando, nel giugno del 1914 uno studente nazionalista serbo uccise
l'arciduca Ferdinando, fratello dell'Imperatore d'Austria, l'Europa si
trovò di fronte alla prospettiva di una guerra.
Il continente era a quel tempo diviso in due schieramenti opposti: in uno
di questi si trovavano la Francia la Gran Bretagna e la Russia. Nell'altro
si trovavano la Germania l'Austria e l'Italia.
Pochi giorni dopo l'assassinio dell'Arciduca l'Austria pose condizioni
durissime alla Serbia, e la Serbia le accettò tutte, tranne una: gli
austriaci avrebbero voluto entrare in Serbia per arrestare il colpevole,
mentre la Serbia rispose lo arrestiamo noi ed effettivamente Gavrilo
Prinzip, responsabile di quell'omicidio venne arrestato. Ma all'Austria non
bastava, per cui l'Impero aggredì la Serbia. Dietro quella decisione c'era
la fragilità dell'Impero austro-ungarico che cercava con una guerra di
rinsaldare il suo potere declinante, e c'era soprattutto la pressione
dell'imperialismo tedesco, che voleva modificare l'equilibrio europeo e si
proponeva di umiliare la Francia, nemico da lungo tempo del Reich.
La Francia e la Russia erano alleate della Serbia, per cui nel 1914 si
delineava una guerra franco-tedesca a occidente e una guerra austro-russa
ad oriente. Che c'entrava l'Italia?
L'Italia era alleata dell'Austria, ma appena la guerra si presentò gli
italini si resero conto che non avevano nessuna voglia di combattere a
fianco dei loro alleati. Il patto di alleanza li avrebbe costretti ad
intervenire se la guerra avesse avuto carattere difensivo, ma siccome
l'Austria aveva iniziato la guerra, ed era dunque il paese aggressore
(anche se c'era stata una provocazione di cui la Serbia non era
responsabile come stato). L'Italia aveva dunque buone ragioni per non
intervenire a fianco dell'Austria. Semmai gli italiani avevano
rivendicazioni da avanzare contro l'Austria, infatti l'Impero
austro-ungarico manteneva il dominio dei territori del trentino e del
triestino.
Quando l'Austria dichiarò guerra alla Serbia, sapendo che gli italiani non
avevano intenzione di seguirla, pensarono bene di evitare un tradimento
completo degli italiani, e offrirono la garanzia che Trento e Trieste
sarebbero state restituite alla fine della guerra se l'Italia si fosse
astenuta dall'intervenire.
La neutralità era dunque la condizione naturale per l'Italia, e Giolitti,
che era allora Primo Ministro italiano, fece del suo meglio per difendere
questa posizione, appoggiato dai socialisti e dai cattolici che non
volevano che il paese venisse coinvolto in una guerra che si annunciava
dura, sanguinosa e che per l'Italia sarebbe soprattutto stata inutile.

Purtroppo esisteva in Italia una componente nazionalista che univa studenti
esaltati desiderosi di menare le mani e borghesia industriale che sperava
di poter guadagnare maggiori profitti dall'intervento che dalla neutralità.
Inoltre un gruppo politico, guidato da un maestro elementare romagnolo di
nome Benito Mussolini cominciò ad acquistare potere dall'incitazione
quotidiana alla guerra. I nazionalisti accusarono Giolitti di essere un
codardo e accusarono i socialisti di essere "panciafichisti". Solo
partecipando alla guerra, secondo le loro menti irragionevoli, si sarebbe
potuta realizzare una vera unità nazionale, e solo partecipando alla guerra
l'Italia avrebbe conquistato il rispetto delle altre nazioni europee, e
avrebbe potuto partecipare alle trattative per la spartizione post-bellica.
Dirigenti politici italiani incontrarono a Londra dirigenti francesi e
inglesi che promisero mare e monti se l'Italia avesse attaccato da sud
l'Austria che fino al giorno prima era un alleato, e che aveva promesso di
cedere su tutte le richieste in cambio della neutralità.

Nel 1915, i nazionalisti riuscirono a imporre al Parlamento il
rovesciamento delle alleanze. L'alleanza con Austria e Germania viene
tradita a favore di un'alleanza con Francia e Inghilterra, e la guerra
viene preparata apertamente.
In parlamento solo i socialisti si oppongono. Filippo Turati dichiara: "Noi
restiamo socialisti. Faccia la borghesia italiana la sua guerra, nessuno
sarà vincitore, tutti saranno vinti." Ma ormai gli eventi precipitano, il
tradimento è compiuto.
Il 9 maggio Giolitti commenta le decisioni che si stanno prendendo in un
parlamento ormai succube dei fanatici con queste parole: "Spezzare il
trattato adesso, passare dalla neutrailtà all'aggressione è un tradimento
come ce n'è pochi nella storia."
In un messaggio al popolo, Francesco Giuseppe, Imperatore austriaco dice:
"Il re d'Italia mi ha dichiarato guerra. Un atto di infedeltà, di cui la
storia non conosce l'eguale è stato perpetrato dal regno d'Italia verso i
suoi due alleati. Dopo un'alleanza di trenta anni durante la quale ha
potuto accrescere il suo territorio e sviluppare un insospettato benessere
l'Italia ci ha abbandonati nell'ora del pericolo e a bandiere spiegate è
passata nel campo dei nostri nemici. Noi non abbiamo minacciato l'Italia
non abbiamo toccato il suo prestigio non abbiamo intaccato il suo onore e
interessi, noi abbiamo seguito i doveri dell'alleanza e abbiamo offerto il
nostro scudo quando è scesa in campo. Abbiamo fatto di più: quando l'Italia
ha spinto il suo sguardo avido oltre i nostri confini ci eravamo decisi a
grandi e dolorosi sacrifici per mantenere la pace e salvare l'alleanza. Ma
l'avidità dell'Italia non potè essere placata perché pensava di poter
sfruttare il momento."
Come negare che Francesco Giuseppe avesse qualche ragione? I nazionalisti
italiani si resero in quel momento odiosi a chiunque non fosse indegno come
loro. Odiosi agli austriaci e ai tedeschi traditi, ma anche odiosi per i
francesi e gli inglesi, che usarono dei servigi militari (scarsissimi) che
gli italiani poterono offrire, ma non li considerarono mai alleati bensì
soltanto - quali erano - servi. E dimostrarono di disprezzare gli italiani
quando, dopo la fine della guerra, al Congresso di Versailles, le richieste
italiane vennero trattate con assoluta indifferenza da francesi inglesi e
americani, che si consideravano, ed erano, i veri vincitori e consideravano
gli italiani per quello che erano: degli utili traditori.


chi pagò per quella guerra?

Ma chi pagò per quella guerra inutile? Come sempre nella guerra pagarono
coloro che non c'entravano niente, coloro che non avevano nulla da
guadagnare dalla guerra e che non l'avevano voluta: i contadini meridionali
che non sapevano neanche cosa fosse l'Austria e gli operai che avevano
manifestato sotto le bandiere pacifiste contro il nazionalismo.
La conduzione della guerra fu un esempio di viltà e di incompetenza da
parte di coloro che avevano trascinato il paese nell'abisso. A Caporetto i
morti italiani furono 11.000 i feriti 19.000, i prigionieri 300.000,
400.000 furono gli sbandati. Ancor più grave fu la battaglia di Gorizia,
che costò 40.000 morti italiani.
Nel frattempo però la Francia e l'Inghilterra combattevano contro i
tedeschi sul fronte occidentale, e gli americani si preparavano ad
intervenire, dopo che i russi, in seguito alla rivoluzione comunista del
1917, avevano deciso di abbandonare la guerra. L'intervento americano fu
decisivo e accelerò i tempi della sconfitta degli austro-tedeschi.
Non ci fu dunque nessuna vittoria italiana. Ci fu una vittoria degli
alleati occidentali contro l'alleanza austro-tedesca. E i nazionalisti
italiani- traditori che avevano sulla coscienza la morte di decine di
migliaia di soldati, si fecero belli di una vittoria che non esisteva. Al
Congresso di Versailles la falsità di quella vittoria imbecille risultò
chiara. I francesi e gli inglesi si rifiutarono persino di stare ad
ascoltare le richieste di Salandra e Sonnino, il nuovo primo ministro e il
ministro della difesa del Regno d'Italia. Quei due rappresentanti di un
paese straccione e codardo che aspirava ad essere un paese imperialista ed
aggressore, volevano la Dalmazia, l'Albania l'Etiopia e chissà cosa
d'altro. I paesi imperialisti
e aggressori veri, coloro che nel crimine e nella sopraffazione erano dei
professionisti, risero dei dilettanti italiani e Salandra Sonnino lasciarono
il Congresso senza neppure essere salutati. Nasceva così il mito della
vittoria mutilata, da cui trasse energia il partito nazionale fascista
fondato da Benito Mussolini sull'onda dell'umiliazione e del rancore.


Canteremo?

Qualcuno può pensare che questo cumulo di idiozia tradimento ed infamia
debba essere celebrato nelle scuole di un paese civile, come vorrebbe il
Ministro della Difesa, questo signore col pizzetto che si chiama Ignazio la
Russa? Qualcuno può cantare "Il Piave mormorava calmo e placido al
passaggio dei primi fanti il 24 maggio?" per celebrare quella vergogna e
quel crimine?
Forse il 4 novembre canteremo, se ne avremo voglia. Ma per quel che mi
riguarda io canterò


La mattina del cinque d'agosto
si muovevan le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì

Sotto l'acqua che cadeva a rovesci
grandinavan le palle nemiche
su quei monti, colline e gran valli
si moriva dicendo così:

O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu

O vigliacchi che voi ve ne state
con le mogli sui letti di lana
venditori di noi carne umana
questa guerra ci insegna a lottar

Voi chiamate il campo d'onore
questa terra di là dei confini
Qui si muore gridando assassini
maledetti sarete un dì

Cara moglie che tu non mi senti
raccomando ai compagni vicini
di tenermi da conto i bambini
che io muoio col suo nome nel cuor

Traditori signori ufficiali
Che la guerra l'avete voluta
Scannatori di carne venduta
E rovina della gioventù

O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu.


brevissima storia di quello che accadde dopo


L'infamia del comportamento dei nazionalisti che spinsero il paese a
partecipare alla prima guerra mondiale è superata
soltanto dall'infamia dei nazionalisti italiani che portarono l'Italia
all'intervento nella seconda guerra mondiale.
In quell'occasione effettivamente ogni record di codardia e di imbecillità
fu battuto.
L'entrata in guerra dichiarata da Mussolini il 10 giugno 1940 con un
discorso che rimane alla storia per la sua ipocrisia e per la sua falsità.
"L'ora delle decisioni irrevocabili è giunta" disse Mussolini che fino a
pochi istanti prima aveva tentennato, e aveva pensato che forse non era il
caso di entrare in quella guerra che Hitler aveva iniziato improvvisamente,
cogliendo di sorpresa l'alleato italiano, che attendeva sì la guerra, ma
l'attendeva per il 1942.
Mussolini sapeva che l'esercito italiano non era preparato, perciò aveva
dichiarato in un primo momento che il paese sarebbe rimasto in una
posizione di "non belligeranza".
Ma il 1 settembre 1939 le truppe di Hitler avevano invaso la Polonia, e in
poche settimane avevano occupato tutto il territorio. Poi le truppe
tedesche avevano attaccato e sottomesso la Norvegia, e infine nella
primavera del 1940 avevano iniziato l'assalto contro la Francia, giungendo
in poche settimane fino a Parigi, e sottomettendo il paese all'ordine
militare nazista.
A quel punto Mussolini - spinto dai suoi seguaci più vigliacchi e più
estremisti - pensò che Hitler avrebbe ineluttabilmente vinto la guerra,
anzi che la guerra era già vinta. Perché non intervenire, allora? Non
sarebbe forse stata una passeggiata? Non si sarebbe forse così aperta la
strada a un ruolo egemone dell'Italia?
A un generale che gli faceva notare che avrebbe potuto esserci qualche
problema perché l'esercito non era preparato al conflitto, Mussolini disse:
"Ho bisogno solo di qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo delle
trattative."
Così pensano così ragionano i fascisti: qualche migliaio di morti da
gettare sul tavolo delle trattative.
E così il 10 giugno Mussolini dichiarò guerra alla Francia, il cui
territorio era già interamente sottomesso alle truppe tedesche. I codardi
da cui il Ministro La Russa discende aggredirono un paese già sconfitto, e
qualcuno mormorò: "Vil Maramaldo, tu uccidi un uomo morto."
Come andarono poi le cose lo sappiamo. La partecipazione italiana alla
seconda guerra mondiale fu una spaventosa catastrofe. L'invasione della
Grecia (cui Mussolini voleva spezzare le reni) si rivelò un rovescio perché
la resistenza greca respinse gli aggressori. Poi la vittoria certa di
Hitler si rivelò un'illusione e alla fine il conflitto costò centinaia di
migliaia di morti, la rovina del paese, la guerra civile, l'umiliazione e
la vergogna da cui solo la Resistenza - cui inizialmente parteciparono
poche minoranze coscienti che non si erano piegate al consenso - riscattò,
parzialmente, il paese.


nota finale su quel che accade adesso
 
 

Ma fin qui si tratta di storia, ora parliamo del tempo presente.
Gli stessi codardi imbecilli che trascinarono l'Italia nella prima guerra
mondiale, gli stessi che venti anni dopo trascinarono il paese nel secondo
conflitto sono oggi al governo di Roma, sono oggi ministri della difesa e
dell'istruzione, e mentre ci chiamano a cantare il Piave tutti in piedi e
sull'attenti, stanno trascinando il paese in un nuovo conflitto, non meno
criminale e non meno perdente dei due precedenti.
Come Mussolini trascinò l'Italia in una guerra che sembrava già vinta e
invece si rivelò ben presto un inferno e si risolse in una sconfitta - così
Berlusconi nel 2003 ha creduto alle parole del suo amico George W Bush:
Mission accomplished.
La guerra è già vinta, pensò il furbissimo Berlusconi, perché non
approfittarne? E spedì le truppe italiane in Iraq. E, con l'accordo delle
stesse opposizioni, spedì le truppe italiane anche in Afghanistan.
Non erano guerre vinte in partenza, come assicurava l'alleato americano?
Quelle guerre non solo non erano vinte in partenza, ma sei anni dopo tutti
vedono bene che quelle guerre sono perse.
E' persa la guerra in Iraq, che pure è costata diciassette morti all'Arma
dei carabinieri (diciassette morti che stanno sulla coscienza di Berlusconi
e dei suoi amici, diciassette morti cui il tiranno ridente non ha ancora
chiesto scusa).
E' persa la guerra in Iraq dopo centomila vittime civili innocenti, dopo
violenze, torture, massacri che hanno avvelenato il rapporto tra
l'Occidente e un miliardo di musulmani nel mondo.
Ma anche la guerra in Afghanistan si è rivelata un fallimento colossale.
Quella guerra è nata dal desiderio cieco di vendetta da parte del gruppo
dirigente repubblicano, incapace di arrestare il gruppo dirigente di Al Qaida.
Sei anni dopo quella vendetta si sta rivelando un terribile errore:
l'Occidente sta perdendo quella guerra e al Qaida ha piegato il gruppo
dirigente americano, lo ha sconfitto di fronte a tutto il mondo.
L'aggressione al popolo afghano ha permesso a un gruppo di criminali
terroristi islamici di acquistare una statura gigantesca, la statura di un
gruppo che riesce a sconfiggere la più grande potenza militare di tutti i
tempi.
Bel risultato davvero.
L'idea che fosse possibile sottomettere un popolo con bombardamenti che
hanno ucciso migliaia di civili, si è rivelata un'idea imbecille.
Ma quella guerra non è finita. Per quanto la sconfitta dell'occidente sia
evidente, i fanatici militaristi  non la vogliono ancora riconoscere.
Truppe italiane sono impegnate su quel fronte, e non sappiamo quali
sviluppi avrà la situazione nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Il Ministro della Difesa italiano, incurante del ridicolo e della vergogna
intende continuare nella sua guerra, intende rafforzare il contingente ed
esporlo a pericoli crescenti. La guerra è del resto la sola prospettiva che
rimane a questa classe dirigente, ora che hanno distrutto l'economia e si
preparano a smantellare quel che resta delle strutture sociali.
Quando si fa la guerra è indispensabile mettere da parte l'intelligenza, è
necessario che i cittadini si trasformino in sudditi ubbidienti, è
necessario che nessuno abbia strumenti culturali per un pensiero indipendente.
Ecco allora che coloro che vogliono la guerra vogliono anche distruggere la
scuola.
Ecco allora che le spese militari aumentano con i governi di destra come
con quelli di centro sinistra (durante il governo Prodi la spesa militare
italiana è aumentata del 23%, mentre la spesa per la scuola e la ricerca
veniva ridotta).
Ecco allora che il Ministro dell'Istruzione vara una riforma che punta a
distruggere la scuola pubblica proprio mentre il Ministro della Difesa
invita gli studenti a cantare canzoni indecenti.

Al momento di marciare molti non sanno
Che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
È la voce del loro nemico
E chi parla del nemico
È lui stesso il nemico




bibliografia per chi volesse saperne di più

Gian Enrico Rusconi: L'azzardo del '15
R. Bencivenga: Saggio critico sulla nostra guerra, Roma, 1930
Isnenghi Rochat: La Grande Guerra 1914-1918, Firenze, 2004
George Mosse: Le guere mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Bari, 2005
Renzo de Felice: Intervista sul fascismo, Bari 1999




L'Italia è in guerra anche oggi.
L'Afghanistan, la disfatta che cercano di nascondere.
Distruggono la scuola e preparano la guerra.







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