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Newsletter Utopie Concrete
- Subject: Newsletter Utopie Concrete
- From: segreteria at utopieconcrete.it
- Date: Thu, 25 Sep 2008 09:21:25 +0200
Concetto 2020 – zero rifiuti in discarica. Intervista al Prof. Michael Angrick Concetto 2020 – zero rifiuti in discarica Intervista al Prof. Michael Angrick a cura di Dr. Karl-Ludwig Schibel Il Prof. Michael Angrick, Direttore delle sezioni "Produzione" e "Gestione Acqua e Rifiuti" all’Agenzia Federale per l’Ambiente (UBA) è la voce tedesca più influente sulla politica dei rifiuti. Il suo contributo alla conferenza del 10 ottobre a Città di Castello "Rifiuti e Razionalità" sicuramente per alcuni sarà troppo utopico nell’obiettivo di portare zero rifiuti in discarica per altri troppo filo-incenerimento per considerare la termodistruzione parte indispensabile della gestione dei rifiuti. Ecco le sue riflessioni sul tema. Cominciamo con lo smaltimento dei rifiuti domestici tal quali. Quando è sensato un trattamento termico e quando biologico-meccanico? Si può dire qualcosa in senso generale e se esiste una terza possibilità? Non esiste una terza possibilità, quindi possiamo rimanere con la domanda quando ha senso usare impianti meccanico-biologici e quando inceneritori. L’impiego di impianti meccanico-biologici è indicato in primo luogo nelle zone rurali quando diventa importante evitare il trasporto su lunghe distanze e nel momento in cui c’è un fabbisogno per combustibili derivati. Tipicamente gli impianti meccanico-biologici sono di dimensioni contenute e il loro impiego si presta in territori rurali. L’impiego di inceneritori, dal mio punto di vista, è indicato quando abbiamo un’area metropolitana, per lo meno una grande città nella vicinanza, e quando si tratta di una distruzione completa di sostanze nocive. Esistono nell’ambito del trattamento termico, che regolarmente incontra la resistenza della popolazione, delle procedure ambientalmente più compatibili e con meno emissioni di altre? La mia impressione è che tra le varie tecnologie, la combustione su griglia, il letto fluido, la pirolisi, non ci sono differenze importanti per quanto riguarda le emissioni se l’impianto è stato costruito con le tecnologie più avanzate e viene gestito in modo corretto. Condivido questo giudizio, lei sottolinea giustamente che questi impianti devono essere progettati e costruiti bene e devono essere gestiti con cura. Se è così tutti sono tutti ben paragonabili e possono essere collocati ad un alto livello e non mi risulta che una procedura è qualitativamente superiore ad un'altra, rimane la "pena della scelta". E come si spiega la persistenza di resistenza e sfiducia di molti cittadini contro questi impianti? Mi pare che si tratta di informazioni datate che difficilmente spariscono dalla mente delle persone. Ricordiamoci che infatti è stato così se guardiamo la situazione di trent’anni e a volte anche di vent’anni fa. Esistevano degli inceneritori che erano degli inquinatori pesanti e si include poi nell’immagine le emissioni di diossina e di metalli pesanti anche io da cittadino poco informato non vorrei avere un tale impianto davanti alla porta. Queste immagini continuano ad esistere e vengono rievocate dagli avversari degli impianti di incenerimento anche per altri motivi, così viene alimentata o almeno tenuta in vita l’impressione che si tratta di roba diabolica. In Germania il numero di inceneritori è cresciuto tra il 2000 e 2005 da 61 a 75 più che in qualsiasi altro periodo dal 1970. Come sarebbe da spiegare questa crescita? Questo sicuramente ha a che vedere con il divieto che dal 1 giugno 2005 non possono essere più depositati in discarica rifiuti che non siano stati trattati, e questo ha anche portato a una crescita degli impianti di incenerimento. Però va aggiunto che non si tratta solo di inceneritori ma anche di impianti alimentati da combustibili derivati che spesso vengono inseriti nel flusso dei rifiuti dopo il trattamento meccanico-biologico. Stiamo parlando della frazione ad alto valore termico che viene bruciata in questi impianti a combustibile derivato. Guardiamo la situazione dei rifiuti in Germania. Si può dire che nell’anno 2008 è largamente sotto controllo, vale a dire che i rifiuti vengono smaltiti in modo capace di futuro, a costi accettabili, con peso contenuto sull’ambiente? Sì, sarei propenso a confermare questa affermazione, abbiamo una buona struttura di smaltimento e anche una buona legislazione nazionale e mi sembra che c’è un rapporto sano tra lo smaltimento comunale e privato. Esistono naturalmente dei problemi come per esempio il deposito illegale di rifiuti nelle cave dismesse, ci sono sempre le persone che sfruttano delle inconsistenze nelle leggi o agiscono in modo illegale ma complessivamente vedo la situazione vigente come una razionale e buona situazione. Che cosa intende con un sano rapporto tra gestione pubblica e privata dei rifiuti? C’è sempre questa rivendicazione - dipende da chi la fa - che il ruolo dei comuni o viceversa il ruolo dei privati è troppo grande nella gestione dei rifiuti mentre dal mio punto di vista si tratta di un rapporto sano. Il settore non è né completamente privato, né completamente pubblico, esiste una concorrenza e questo fa bene alla vitalità del settore. Anche i gestori comunali negli ultimi anni hanno fatto grandi passi in avanti e sono anche riusciti di riconquistare il terreno precedentemente perso il che mi sembra una buona cosa. In quali ambiti i Comuni avevano bisogno di fare passi avanti? Per quanto riguarda la struttura delle tariffe, ma anche il parco veicoli, gli impianti. In passato esisteva, per dirlo in modo gentile, un gap di innovazione. Dove vede dei punti critici per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Germania nei prossimi anni? Primo, dovremmo sicuramente farci delle idee sulle trasformazioni demografiche. Nella Germania dell’Est c’è una decrescita notevole della popolazione. Anche la composizione demografia cambia, i giovani vanno via, rimangono gli anziani, un altro aspetto demografico è la crescita delle case con una sola persona, tutto questo porta anche a dei problemi nel settore dei rifiuti, pensiamo ad esempio al fatto che una persona sola usa più la monodose aumentando la quantità dei rifiuti a persona. Abbiamo già concluso una prima ricerca dove abbiamo cercato di capire come le trasformazioni demografiche si ripercuoteranno sul settore dei rifiuti e adesso sta per partire un progetto più grande per approfondire meglio questo aspetto. Il secondo tema comunemente viene discusso sotto il titolo "approvvigionamento con materie prime". Si pone, per esempio la domanda se mandare i rifiuti fuori paese se questi rifiuti contengono materie secondarie che sotto l’aspetto della salvaguardia delle risorse dovrebbero rimanere nel proprio paese. Last but not least continua ad essere un tema - non tanto come problema ma come campo importante d’azione - la contrapposizione tra raccolta differenziata e lo splitting dei rifiuti indifferenziati. Raccogliere il tal quale in un unico cassonetto per poi far smistare il tutto in un impianto ad alto livello tecnologico o spingere la raccolta differenziata? Tutti questi sono aspetti che non vedo come critici ma come importanti campi di sviluppo e di innovazione. Questo ci porta ai lavori dell’Agenzia Federale per l’Ambiente nel campo dei rifiuti. Quali sono le priorità del vostro lavoro? Evitare la nascita dei rifiuti sicuramente è il campo d’azione più importante per il futuro ma al tempo stesso anche quello più difficile. Quali sono le forze propellenti del futuro e i campi d’azione promettenti per un ulteriore disaccoppiamento dello sviluppo quantitativo dei rifiuti e la crescita economica? Vorrei proprio mettere l’accento su questa questione nella mia presentazione alla Fiera delle Utopie Concrete. Detto in poche parole, voler evitare la nascita dei rifiuti alla fine lo considero un mito. Nella nostra società, nel sistema economico nel quale viviamo, non posso veramente evitare i rifiuti perché tutto è soggetto a una ideologia della crescita e crescita significa che devo produrre qualcosa e tutto quello che produco prima o poi diventa un rifiuto. Sia il vasetto dello yogurt che diventa rifiuto quasi subito ma anche la macchina ad alto livello tecnologico che deve essere smaltita tra trent’anni. Per questo dico che l’aspetto di evitare i rifiuti è un obiettivo molto nobile, ma abbiamo un problema se non allarghiamo lo sguardo verso altri modelli di vita. Il che non significa che non dobbiamo evitare rifiuti con le possibilità che abbiamo all’interno del sistema esistente. Per un certo periodo in Germania pensavamo di poter verificare un disaccoppiamento tra la quantità dei rifiuti e la crescita economica. Temo che si tratti di una favola perché più recentemente abbiamo dovuto costatare che il tutto o quasi è riconducibile alla recessione nell’industria edile - che con i suoi materiali inerti costituisce oltre la metà della quantità complessiva dei rifiuti - creando in una fase di recessione l’llusione di un disaccoppiamento tra l’andamento dei rifiuti e dell’economia. Temo che si tratti di un’illusione e diventa evidente che dovremmo fare sforzi veramente giganteschi se volessimo arrivare a un vero disaccoppiamento. L’altro tema naturalmente è quello della protezione del clima e della salvaguardia delle risorse. L’incenerimento dei rifiuti sicuramente contribuisce alla protezione del clima: se non si portano più in discarica rifiuti non trattati si evita la nascita di metano, mentre nella combustione si evita la nascita di gas serra dalla combustione di sostanze fossili, soprattutto se si recupera il calore in un impianto di cogenerazione. Ma non è un contributo ancora più grande alla protezione del clima un riutilizzo dei materiali? Finora ho ragionato sotto l’aspetto della protezione del clima. Se rivolgiamo l’attenzione alla salvaguardia delle risorse, ad un riutilizzo ad alto livello con la chiusura dei cicli si può dire che questo secondo aspetto assumerà un’importanza crescente. Il riutilizzo è un tema di grande importanza che affrontiamo con un concetto forse un po’ patetico quando si parla di voler trasformare la gestione dei rifiuti in una gestione di flussi di materiali, ma questa è l’idea di base che noi stiamo perseguendo. Salvaguardia delle risorse per ragioni ambientali ma anche per ragioni economiche perché le materie prime diventano sempre più costose? Sì anche se in questo campo la priorità per me sarebbe con la protezione dell’ambiente perché per alcuni di questi materiali lo zaino ecologico è enorme e diventa sempre più grande. Se per esempio pensiamo che in passato il contenuto di rame nel minerale estratto era un 1–1,2% mentre oggi la concentrazione è scesa a 0,2–0,3%. Quindi per la stessa quantità di rame ci vuole molto più materiale, le escavazioni sono molto più grandi e si creano dei danni immensi di cui ci rendiamo troppo poco conto perché vengono causati al di fuori della nostra percezione, fuori dall’Europa. Il tema del programma governativo tedesco nel campo dei rifiuti, "obiettivo 2020" è un utilizzo completo dei rifiuti domestici entro al più tardi il 2020. Esiste una via reale? Qual è la posizione dell’Agenzia Federale per l’Ambiente? L’obiettivo 2020, di non dover più portare niente in discarica, era un obiettivo del governo precedente ed è stato anche sottoscritto dall’attuale governo. Abbiamo cercato di dare le gambe a questo obiettivo per quanto riguarda i contenuti e le strategie e si può dire molto chiaramente che non esiste un’unica strada indicata. Noi teniamo fermo l’obiettivo 2020 però con misura d’occhio. A volte nella discussione si aveva l’impressione che questo obiettivo deve essere realizzato fino all’ultima briciola e così rigida la situazione non si presenta più oggi. Continuiamo a dire che puntiamo possibilmente verso un completo riutilizzo dei rifiuti domestici ma non riutilizzo a ogni prezzo. Ci sono situazioni dove il riutilizzo non è sensato né ambientalmente né economicamente, ci devono essere altri modi di smaltimento e quindi si può dire che oggi abbiamo un atteggiamento più pragmatico verso l’obiettivo 2020. Il punto cruciale è che non devono più finire rifiuti non trattati in discarica, lì va seguita la legge alla lettera. C’è stato per un lungo periodo il dibattito tra un riutilizzo materiale e un riutilizzo termico e c’era il tentativo anche di riutilizzare materialmente l’ultima briciola con il risultato che nascono le barriere acustiche lungo le autostrade, però anche lì prima o poi finisce la domanda e a questo punto ci si chiede "a che cosa serve il riutilizzo materiale ad ogni prezzo se ho un’alternativa e cioè il riutilizzo termico"? Il riutilizzo termico se si svolge a un alto livello è quasi equivalente al riutilizzo materiale. Se non esiste un unico percorso ideale per arrivare all’obiettivo 2020 di ridurre a zero i materiali da portare in discarica quali sono poi i criteri per la scelta dell’insieme di misure in un determinato territorio? Proprio il fatto che stiamo parlando di un determinato territorio significa prendere in considerazione le condizioni specifiche caratteristiche del luogo, che cambiano anche da una zona a un’altra. Però l’obiettivo rimane sempre lo stesso: il riutilizzo possibilmente al 100%. Quindi si può aggirare la montagna a sinistra o a destra o a volte anche salire a metà per individuare un percorso utile per arrivare a destinazione. In questo senso non c’è una sola strada e non ci saranno in Germania neanche decreti o regolamenti che indicheranno un percorso obbligato per mandare tutti sulla stessa strada. Per concludere una domanda sulla situazione a Napoli, o più in generale nella Regione Campania. Dove vede lei punti prioritari per risolvere questa emergenza permanente? Ovviamente non mi compete dare dei consigli da una grande distanza, ma l’impressione che mi si presenta è di una mancanza a volte di informazione e trasparenza. Mi pare potrebbe essere questo un punto di partenza: creare una maggiore trasparenza e comunicare le pianificazioni, i progetti e come si vuole procedere. Però, ripeto, potrebbe essere che da una lunga distanza, guardando dall’estero, non vedo le cose in modo adeguato. Poi, sempre detto con la stessa cautela, mi pare che andrebbero ottimizzate le strutture di smaltimento esistenti, e lì dove non esistono vanno create con grande urgenza sia gli impianti di incenerimento e di trattamento meccanico-biologico. Prof. Dr. Michael Angrick, nato nel 1952 a Berlino-Charlottenburg si è laureato in Chimica e Biochimica all’Università di Berlino. Lavora dal 1986 - dopo una breve attività nell’industria - nell’Agenzia Federale per l’Ambiente. Attualmente è il direttore dei settori "Produzione" e "Gestione Acqua e Rifiuti". È sposato e padre di due figli adulti. Per non ricevere più la newsletter invia un messaggio a coordinamento at climatealliance.it soggetto:cancellami
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