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rassegna stampa: Le forniture idriche e i costi della politica
- Subject: rassegna stampa: Le forniture idriche e i costi della politica
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Thu, 14 Apr 2005 10:19:58 +0200
Nelle nostre città continua lento ma inesorabile l'opera di smantellamento delle aziende municipalizzate che erogano servizi essenziali quali l'acqua. L'effetto immediato è l'aumento delle tariffe ed in genere lo scadimento del servizio. Poco seguito hanno avuto finora le prese di posizione di comitati di cittadini e associazioni che vogliono difendere il patrimonio di risorse naturali a disposizione di tutti i cittadini. Un sistema politico sordo alle istanze dei cittadini prosegue a tappe forzate nei processi di privatizzazione adducendo che così si minimizzano i costi di gestione dell'entwe pubblico senza intaccare il servizio erogato. Eppure basta guardarsi attorno e neanche tanto lontano, ad esempio in Francia, per scoprire il contrario, e cioè che la privatizzazione delle risorse naturali aumenta i costi sociali a carico della comunità e viene finalizzato sempre agli interessi finanziari e speculativi delle società che subentrano nelle gestioni delle ex municipalizzate. Di seguito un articolo sull'esperienza del piccolo comune di Vosges dove la municipalità ha avuto l'intelligenza ed il coraggio di ritornare sulle proprie decisioni riprendendo in mano la gestione delle acque. a cura di AltrAgricoltura Nord Est ----------------------------------- tratto da "Le Monde Diplomatique" - ed. marzo 05 Le forniture idriche e i costi della politica (di Patrick Coupechoux) Nel 1990 Jacques Drapier, sindaco socialista di Neufchateau, non vide alcun inconveniente a delegare la gestione delle risorse idriche della sua città a una società privata. Era stato eletto l'anno prima ad amministrare questa graziosa cittadina dei Vosges, (8.500 abitanti); e in quel periodo, decisioni del genere erano all'ordine del giorno. In effetti, già da una ventina d'anni in Francia i sindaci optavano in massa per la «delega», pensando che in fin dei conti avrebbero avuto una grana in meno, e tutta la questione sarebbe stata nelle mani di professionisti. A Neufchateau la gestione del settore idrico fu dunque affidata a una società privata, la Ceo (Compagnie de l'Eau et de l'Ozone), filiale della Veolia, ex Vivendi, ex Compagnie Générale des Eaux. Tutto era incominciato bene, dal momento che il contratto era stato firmato per quindici anni. Ma ben presto le cose hanno incominciato a non andare per il verso giusto. Già nel 1992 il sindaco Drapier ha dovuto constatare un aumento della tariffa. «Non sono riuscito a farmi dare la minima spiegazione - commenta - per tutta risposta, mi hanno detto che se volevo ottenere qualche informazione in più dovevo recarmi a Metz, alla sede della società. E la cosa mi ha alquanto irritato...». Davanti all'impossibilità di ottenere i chiarimenti richiesti, il sindaco decide di ricorrere a un consulente indipendente per uno studio sui costi del servizio idrico. E si rivolge a un esperto che era stato il braccio destro di Jérôme Monod, già manager della Lyonnaise des Eaux, divenuto poi l'eminenza grigia di Jacques Chirac all'Eliseo. Dalla sua analisi risulta che l'acqua avrebbe dovuto costare due euro e 90 centesimi al metro cubo (19 franchi di allora), mentre la compagnia aveva disinvoltamente fatturato 3,65 euro (24 franchi) (1). Il sindaco Drapier incomincia allora a prendere seriamente in considerazione l'idea di tornare alla gestione pubblica. Ma la compagnia reagisce con pressioni crescenti. «Quando sono venuti nel mio ufficio a propormi di partecipare a un convegno a Madrid, tutto spesato per me e una persona di mia scelta, mi sono sentito insultato». Dopo le elezioni amministrative del 2001, il comune ha dunque deciso la rescissione del contratto e il passaggio a una nuova gestione. Tutto sommato, la svolta non è stata particolarmente difficile. L'amministrazione comunale non ha faticato a trovare le competenze necessarie, anche perché gran parte dei dipendenti della compagnia hanno accettato di rimanere con la nuova gestione, che è autonoma e gestisce il proprio il suo budget. Il vice-sindaco e presidente del Consiglio d'amministrazione Dominique Barret può già procedere a un primo bilancio. «Dal 2001 - spiega - l'ente di gestione ha stanziato un milione e mezzo di euro per una serie di lavori. I fondi provengono dagli utili già realizzati, e sono ora reinvestiti nel settore delle risorse idriche. Non solo: è stata anche avviata la costruzione di una nuova centrale di depurazione, che dovrebbe entrare in funzione alla fine del 2005». Nello stesso tempo, grazie al contenimento delle perdite di rete, i consumi hanno potuto essere ridotti del 22%. Ma l'aspetto più convincente è quello dei prezzi. Sulla base di un consumo annuo di 120 m3, la tariffa, che nel 2000 era di 3,09 euro al m3, è scesa nel 2004 a 2,92 euro. Nessuno più si permette di proporre al sindaco un viaggio a Metz per consultare un bilancio illeggibile. Ma l'aspetto più sorprendente è la reazione dei sindaci di altri comuni. «All'inizio erano scettici - spiega Drapier - . Non facevano che dirmi: non ci riuscirai mai, stai rischiando grosso! Mentre oggi molti vengono qui per vedere come funzionano le cose da noi...». Si direbbe che il sindaco di Neufchateau abbia rotto un tabù: quello dell'impossibilità di liberarsi dalle grinfie delle multinazionali dell'acqua. La vicenda di Neufchateau e del suo sindaco Jacques Drapier illustra anche l'ambiguità della posizione in cui si trovano molti eletti locali in Francia. Ai loro occhi, la gestione idrica è una faccenda tanto complessa e rischiosa che è meglio metterla nelle mani di professionisti. «Oltre tutto, le compagnie hanno creato rapporti particolari con gli enti locali», spiega Antoine Grand d'Esnon, responsabile dell'Ufficio studi Service Public 2000, creato dall'Associazione dei sindaci di Francia. «Rapporti che vanno dalla sponsorizzazione della squadra di calcio fino alla corruzione, salita a volte anche agli onori della cronaca, come del caso di Grenoble (2)». D'altra parte, gli eletti sanno che le Compagnie guadagnano moltissimo alle spalle dei loro amministrati. «Nelle gare d'appalto, si mettono d'accordo - prosegue Antoine Grand d'Esnon - e ricavano utili enormi, lucrando essenzialmente sul prezzo dell'acqua». Ecco spiegata la leggendaria opacità dei loro conti. Scende in campo il comitato degli utenti «Ci annunciano aumenti delle tariffe, e per tutta spiegazione ci mettono in mano documenti incomprensibili», dice Christian Métaire, vice-sindaco di Arceuil e responsabile delle risorse idriche dell'agglomerato di Val de Bièvre . Gli eletti di questo consorzio di comuni della Val de Marne si sono schierati con il gruppo che propone di restituire al settore pubblico la distribuzione dell'acqua, attualmente «delegata» alla Veolia dal potente Sedif (Syndicat des eaux d'Ile de France): un ente che ingloba 144 città della regione parigina, tranne Parigi. Ma per ora le loro richieste sono rimaste lettera morta. «Comunque, ancora dieci anni fa la sola ipotesi sarebbe stata considerata assurda - osserva Christian Métairie - . Oggi non è più così». Infine, gli amministratori locali sono posti sempre più di fronte a un'opinione pubblica che esige di essere messa al corrente di tutto in materia di tariffe e di qualità dell'acqua. A questo riguardo un esempio di un certo interesse è quello di Castres. In questa città del Tarn, di 56.000 abitanti, l'iniziativa di un Comitato di utenti ha spinto un sindaco di destra (dell'Ump, Union pour un Mouvement Populaire) a rompere i ponti con la Lyonnaise des Eaux. «Tutto è incominciato nel 1992, quando ci siamo visti aumentare la bolletta del 60%», spiega Georges Carceller, presidente del Comitato. «Abbiamo deciso di vederci chiaro...». Si è arrivati così a una prima scoperta: nel 1990 la Lyonnaise des Eaux e il Comune di Castres - il cui sindaco era allora il deputato Jacques Limousy, quattro volte segretario di Stato, dal 1969 al 1981, sotto governi di destra - avevano firmato un contratto trentennale. E come contropartita, l'impresa aveva messo sul tavolo un «diritto d'entrata» di 96 milioni di franchi, ufficialmente a titolo di «contributo speciale per il diritto di utilizzo delle reti concesse». Un «regalo» che a quei tempi non era comunque illegale. Ma il Comitato degli utenti fa una seconda scoperta, fatta conoscere nel 1996 da un grande istituto di revisori, dopo il passaggio dell'amministrazione comunale a una giunta di sinistra: in tutta discrezione, la Lyonnaise des Eaux stava ricuperando la succitata somma attraverso la bolletta dell'acqua, compreso anche un tasso d'interesse dell'8,76%. In questo modo, in capo a trent'anni la compagnia avrebbe incassato il triplo dell'importo iniziale! Nel 1996, in un'intervista concessa alla stampa locale, il manager regionale della Lyonnaise des Eaux ha fatto peraltro un'ammissione quanto mai franca: «Evidentemente, quei 96 milioni di franchi non erano un "dono" [...]; e non credo che il comune avrebbe potuto trovare una banca disposta a concedergli un prestito trentennale (3)». Con questo gioco di bussolotti, l'amministrazione comunale ha potuto finanziare un complesso sportivo con pista di pattinaggio e piscina - costruito da una filiale della Lyonnaise des Eaux - facendo pagare attraverso la bolletta dell'acqua un investimento che si sarebbe dovuto finanziare attraverso le imposte. Nel 1997 il Comitato degli utenti sottopone il caso al Tribunale amministrativo di Tolosa. «Secondo il nostro punto di vista - spiega Noël Légaré, altro esponente del Comitato - era illegale, ai sensi di una decisione del Consiglio di Stato del 1996 (4), far confluire quella somma nel bilancio generale del comune». Il 25 ottobre 2001 il Tribunale emette il suo giudizio: le tariffe praticate a Castres dal 1990 sono illegali. Il nuovo sindaco, Pascal Bugis (Ump) eletto nel 2001, è dunque tenuto a rinegoziare i prezzi con la Lyonnaise des Eaux per ripristinare la legalità. «La società - ci spiega - voleva mantenere inalterata la tariffa, oppure costringerci a rimborsare i 96 milioni di franchi! Perciò non abbiamo potuto trovare un accordo - anche perché quella somma, io non la considero come un prestito.» Il 24 giugno 2003, la giunta comunale di Castres decide di rescindere il contratto e di creare un Ente di gestione. Dal canto suo, la Ondeo cita in giudizio il comune, dal quale pretende la modica cifra di 64 milioni di euro per il danno che sostiene di aver subito, ivi compreso il mancato ricupero del «diritto d'entrata»... Nel maggio 2004 la richiesta è respinta, ma la società interpone appello. Dal canto suo, il Comitato degli utenti esige a questo punto il rimborso di quanto è stato arbitrariamente addebitato ai consumatori fin dal 1990, ossia 1.000 euro per famiglia. Inoltre, gli utenti denunciano sia il comune che la Ondeo: il primo perché nel 1990 il sindaco avrebbe nascosto la verità ai cittadini e ai rappresentanti dell'opposizione; la seconda per «esercizio illegale della professione di banchiere»... L'esempio di Castres, quantunque marginale, dimostra che ormai l'idea di un ritorno alla gestione pubblica si sta facendo strada. Un altro caso interessante è quello di Landes. Nel 1996 il Consiglio generale decide di concedere maggiori aiuti finanziari a tutti i comuni che hanno una gestione pubblica delle risorse idriche. Il prefetto chiede e ottiene dal Tribunale amministrativo di Pau l'annullamento di questa decisione in quanto «lesiva della libertà di commercio». Bisogna attendere fino al 28 novembre 2003 la decisione del Consiglio di stato, che condanna lo stato alle spese. A volte il ritorno alla gestione pubblica avviene senza problemi, come nel caso di Châtellerault, una cittadina della Vienne (34.000 abitanti). La questione è sorta quando in seno alla «communauté d'agglomération» - un consorzio formato dall'amministrazione della città più quelle di undici comuni vicini - si è deciso di provvedere direttamente al settore depurazione. L'amministrazione di Châtellerault ricorreva ai servizi della Ceo (Compagnie des Eaux et de l'Ozone), mentre gli altri comuni si rivolgevano a un organismo pubblico, il Siveer (Syndical Intercommunal d'alimentation en eau et d'équipement rural de la Vienne). I sindaci avrebbero potuto scegliere la prima soluzione, ma hanno preferito la seconda; e nell'ottobre 2001, alla scadenza del suo contratto per la depurazione, il comune di Châtellerault ha dovuto interrompere i rapporti con la Ceo. In questo caso sembra proprio che la decisione non sia stata influenzata da alcun preconcetto di ordine politico. «I comuni erano soddisfatti delle prestazioni del Siveer; perciò la scelta è stata semplice», spiega Joël Tondusson, sindaco socialista di Châtellerault. La Veolia, azionista della Ceo, ha però portato il caso davanti ai tribunali, con la motivazione che la decisione sia stata presa senza una previa gara d'appalto. In prima istanza i giudici hanno respinto la sua tesi, ma l'azienda ha presentato appello. «La posta in gioco in questo braccio di ferro è fare giurisprudenza - prosegue Joël Tondusson - . Ciò che vogliono è precludere agli eletti la scelta della gestione pubblica». Di fatto, è difficile immaginare come un ente intercomunale possa tener testa, in una gara d'appalto, a una multinazionale decisa a vincere anche a costo di proporre prezzi stracciati. Resta il fatto che nel 2006 - data della scadenza del suo contratto con la Ceo per la distribuzione dell'acqua - la città di Châtellerault dovrà tornare a fare una scelta anche in questo campo. Deciderà di ricorrere a una gestione pubblica diretta? È tutt'altro che certo. Il sindaco riconosce che con la gestione pubblica «si evita di farsi spennare dagli azionisti»; d'altra parte però si pone il problema del «grado di professionalità del settore pubblico, spesso farraginoso...». Ma se il Siveer è competente per la depurazione, perché «non» dovrebbe esserlo per la distribuzione dell'acqua? A volte, le decisioni dei rappresentanti degli enti locali hanno un carattere più direttamente politico. Per Daniel Bosquet, vicepresidente verde della comunità urbana di Cherbourg (Cuc), nella Manche, che associa 5 comuni con complessivi 100.000 abitanti «l'acqua non è una merce come le altre». Perciò Bosquet sta conducendo una battaglia politica per restituire le risorse idriche alla gestione pubblica. Tradizionalmente, la depurazione era di competenza della Cuc; era affidata a un ente di gestione pubblico che assicurava anche la distribuzione dell'acqua in quattro comuni. Nella città di Cherbourg questo settore era invece «delegato» alla Veolia. Naturalmente, alla scadenza dei contratti si è posto il problema di unificare il sistema. Le elezioni alla prova dei liquidi «Io ero senz'altro disposto a discuterne - spiega Bernard Cauvin, presidente socialista della Cuc - ma volevo essere certo che in seno all'amministrazione pubblica vi fossero le necessarie competenze». A questo punto Bosquet ottiene un audit comparativo tra la gestione dell'ente e quello della Veolia, sia per la distribuzione che per la depurazione. I risultati sono incoraggianti: la qualità è di pari livello, e la tariffa dell'ente pubblico è inferiore. Nel luglio 2003 la giunta comunale di Cherbourg vota quindi per il ritorno alla gestione pubblica, che diventa effettiva a partire dal 1° gennaio 2005. Come riconosce anche Daniel Bosquet, in questo caso la decisione è stata facilitata dal fatto che già esisteva un ente di gestione ben funzionante. «Perché un'operazione del genere possa riuscire, bisogna che il servizio pubblico abbia un'immagine positiva presso l'utenza», spiega. Un'azione politica analoga è stata portata avanti da Anne Le Strat, consigliere comunale dei Verdi a Parigi e responsabile generale della Sagep (Société publique de production d'eau), ribattezzata all'inizio di quest'anno Société anonyme des Eaux de Paris. La situazione dell'erogazione dell'acqua nella capitale è quasi caricaturale; i quartieri della riva destra della Senna sono gestiti dalla Veolia, quelli della riva sinistra dall'Ondeo. Fino al 2003, avevano una filiale comune che provvedeva alla fatturazione. Questo sistema era stato instaurato nel 1987 da Jacques Chirac, allora sindaco di Parigi. Nel 2003, quando è subentrata la nuova maggioranza guidata da Bertrand Delanoë, si è aperto su questa situazione un dibattito, che ha portato alla soppressione della filiale incaricata della fatturazione. Da uno studio commissionato al centro «Service public 2000» è infatti emerso che il costo delle prestazioni era sopravvalutato (5). Dal canto suo, Anne Le Strat è riuscita a far uscire dalla Sagep le due compagnie che detenevano complessivamente il 28% del suo capitale. «A mio parere, la loro presenza non era salubre; c'era il rischio di conflitti d'interesse. La Sagep, ad esempio, è responsabile della realizzazione di importanti lavori sulle reti parigine, che possono essere affidati a filiali della Veolia o dell'Ondeo». I contratti con queste due multinazionali scadranno nel 2009 e nel 2011. A parere di Anne Le Strat, sarà l'occasione buona per avviare un dibattito pubblico sulla gestione delle risorse idriche nella capitale. Secondo lei, «tecnicamente, non è molto intelligente separare la produzione dell'acqua dalla sua distribuzione. La rete appartiene allo stesso proprietario - il comune di Parigi; e dovrebbe essere gestita da un unico ente». E questo ente esiste: è la Sagep. «Una società a economia mista, cioè una struttura flessibile, in grado di evitare le lungaggini amministrative, ma sottoposta al controllo della Giunta comunale di Parigi». Per il momento, Anne Le Strat si sente «ancora un po' sola». Ma le cose potrebbero evolvere. Le prossime elezioni amministrative si terranno nel 2008, cioè prima della scadenza dei contratti. E l'acqua potrebbe «diventare una delle questioni decisive per la nuova giunta». La palla è dunque ora nel campo di Bertrand Delanoë e della sua maggioranza. note: * Giornalista. (1) Uno studio del 21 maggio 2001, a cura dell'Institut Français de l'Environnement (Istituto francese dell'ambiente), esteso a 5.000 comuni, dimostra che la gestione privata si traduce in un aumento dei costi del 27% per la distribuzione dell'acqua potabile, e del 20% per la depurazione. (2) Il 9 luglio 1996 Alain Carignon, ex sindaco di Grenoble, è stato condannato dalla Corte d'Appello di Lione a 5 anni di carcere (di cui uno con la condizionale), 400.000 franchi di multa e 5 anni di ineleggibilità, per aver ottenuto vantaggi personali dalla Lyonnaise des Eaux e dal gruppo Merlin (quasi 20 milioni di franchi) in cambio dell'appalto dell'acqua. (3) Intervista di Michel Pujol, direttore generale della Lyonnaise des Eaux. La Dépêche du Midi, 21 dicembre 1996. Patrick Coupechoux (4) Il 30 settembre 1996, a proposito della città di St. Etienne, il Consiglio di stato precisa che le tariffe dei servizi pubblici a carattere industriale e commerciale devono avere una loro contropartita diretta nei servizi resi agli utenti. (5) Rapporto dell'audit sulla fatturazione dell'acqua a Parigi, consegnato il 17 dicembre 2002. Resta però il segreto sull'importo fatturato in eccesso. (Traduzione di E. H.) -------------------------------- N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a altragricoltura at italytrading.com -- No virus found in this outgoing message. Checked by AVG Anti-Virus. Version: 7.0.308 / Virus Database: 266.9.7 - Release Date: 12/04/05
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