acqua minerale sospese 126 marche



 da repubblica.it mercoledi 5 gennaio 2005



Sulla base delle norme Ue, un gruppo di etichette regionali supera i
parametri sulle sostanze nocive

Acqua minerale, sospese 126 piccole marche

Due decreti sulla gazzetta ufficiale: "Non è garantita la sicurezza"

MILANO - Il ministero della sanità ha scoperto che parecchie marche di acque
minerali, per lo più piccole, tra le meno note, e con mercati locali, non
sono in regola con i nuovi e più restrittivi parametri di legge sulle
sostanze nocive fissati un anno fa a livello europeo. Perciò con due decreti
emessi il 28 dicembre, firmati dal direttore generale della prevenzione
sanitaria Donato Greco, ne ha dichiarate fuori norma 126, per le quali ha
«sospeso la validità dei decreti di riconoscimento» a partire dal primo
gennaio. Ora toccherà alle Regioni decidere i provvedimenti di competenza,
dal ritiro dei prodotti dal commercio alla sospensione delle concessioni per
attingere l´acqua dalle fonti.
Undici le acque minerali «sospese» perché «non può ritenersi garantita la
tutela della salute dei consumatori». Per sette di queste, il valore del
parametro di arsenico è risultato «superiore al limte previsto dalla
normativa vigente»: si tratta della «Diamante» di Codrongianos, la «Fonte
Garbarino» di Lurisia, la «Fontealta» di Roncegno, la «Giulia» di
Anguillara, la «Francesca» di Rionero in Vulture, la «Nevissima» di Vinadio,
la «Virginia» di Prata Camportaccio. Altre quattro hanno superato i limiti
previsti per il manganese: la «San Paolo» e la «San Pietro» di Roma, la «San
Lorenzo» di Bognanco, la «Sanfaustino» di Massa Martana. Per altre 115 acque
minerali di varie regioni la «sospensione» è dovuta invece al fatto che
queste aziende non hanno inviato al ministero entro il termine fissato del
31 ottobre scorso, i certificati delle analisi relative alla determinazione
della presenza di arsenico, manganese e antimonio nell´acqua.
Per Mineraqua, l´associazione che raggruppa le acque minerali, si tratta
solo di «sospensioni temporanee» che riguardano «prodotti locali che
rappresentano una piccolissima quota del mercato». Inoltre, dice il
presidente di Mineraqua, Ettore Fortuna, «la stragrande maggioranza di
queste acque minerali non è mai stata in commercio o non lo è più da tempo».

IL CASO
Ecco le etichette pugliesi sospettate di essere fuori legge
Cinque acque minerali nel mirino del ministero

Non rispettano la legge sulla concentrazione di arsenico, antimonio e
manganese
NICO LORUSSO

Fuori norma cinque etichette pugliesi di acqua minerale. Il ministero della
Sanità ha confermato, con un decreto pubblicato il 30 gennaio sulla gazzetta
ufficiale, che sei marche di acqua commercializzate nella regione non
rispettano la legge sulla concentrazione di arsenico, antimonio e manganese.
In tutta Italia sono 115 gli imbottigliatori a rischio, mentre in Puglia il
ministero ha decretato lo stop per le acque "Della Grotta" e "Montechiaro"
di Conversano, la "Canali" di Carmiano (Lecce), la "Giardinella" di Fasano
(Brindisi) e "Valle d´Itria" di Martina Franca.
Le minerali, non rispettando la direttiva europea 40 del 2003 che prevede
limiti più severi per alcuni metalli pesanti disciolti, dovrebbero essere
ritirate dal commercio. Il ritiro della licenza ministeriale è infatti il
primo passo per il disconoscimento da parte della Regione
dell´autorizzazione a imbottigliare, mentre i carabinieri dei Nas potrebbero
intervenire impedendo l´ulteriore diffusione delle bottiglie sulle tavole
dei pugliesi. Il decreto del ministero colpisce anche un´azienda di Rionero
in Vulture, in provincia di Potenza, da dove arriva buona parte dell´acqua
consumata in Puglia. E´ la "Francesca di Rionero" che secondo i tecnici del
ministero "supera i limiti previsti dalla legge per quanto riguarda
l´arsenico".
Il limite di 10 mg al litro di arsenico, comune per tutte le acque potabili
di rubinetto come quella fornita dall´Acquedotto Pugliese e dalle altre
aziende pubbliche, è stato imposto alle acque minerali in bottiglia solo
l´anno scorso, causando non pochi grattacapi alle aziende di bollicine e
"acque leggere e naturali". Le cinque ditte pugliesi infatti si sono
limitate a non comunicare al ministero della Salute i dati relativi alle
analisi, un compito che spetta direttamente alle società di imbottigliamento
che di solito si servono di laboratori di analisi pubblici. Nell´elenco
delle 115 aziende bloccate in tutta Italia non ci sono i grossi nomi che si
dividono oltre la metà del mercato, con le multinazionali che investono
milioni di euro in pubblicità per un prodotto che alla fonte costa meno di
50 centesimi di euro al metro cubo ed è ancor meno tassata dalle Regioni che
concedono l´uso delle sorgenti.

il manifesto - 04 Gennaio 2005

L'amaro calice delle acque minerali
LUCA FAZIO

L'amaro calice delle acque minerali

Il ministero della salute con un decreto legge dichiara fuori norma 115
etichette
Da gennaio, Italia a secco Sospese le acque minerali che non hanno
certificato al ministero i livelli di antimonio, arsenico e manganese.
Toccherà alle Regioni prendere gli eventuali provvedimenti
LUCA FAZIO
MILANO
L'acqua del rubinetto è generalmente buona e (ancora) economica, mentre
l'acqua minerale in bottiglia è generalmente poco trasparente e costosa (43
centesimi di euro per metro cubo contro 300-500 euro per metro cubo). Detto
così l'assioma potrebbe sembrare un po' ideologico e dunque tutto da
dimostrare. Ma questa volta è proprio il ministero della salute (con decreto
legge del 28 dicembre 2004) a mettere nero su bianco l'imbevibile realtà: in
questo momento nei negozi di tutta Italia sono in vendita 115 acque minerali
fuori legge perché non hanno comunicato i dati relativi ai parametri di
antimonio, arsenico e manganese. Non è un semplice impiccio burocratico,
significa che più di un terzo delle marche di acque minerali dovrebbe essere
ritirato dal mercato perché probabilmente contiene sostanze nocive in
quantità superiori a quelle consentite per legge (dal rubinetto di casa non
può uscire acqua con più di 10 mg/l di arsenico, limite che è stato imposto
solo un anno fa anche alle multinazionali delle acque minerali).
Il decreto non è altro che un atto dovuto in seguito al recepimento della
direttiva europea 2003/40 che impone parametri più severi per alcune
sostanze pericolose per la salute, in linea con quanto previsto già da tempo
per l'acqua potabile. Prima del lungo elenco di marche inadempienti
(consultabile sul sito ww.gazzettaufficiale.it) si legge: «in considerazione
della mancata ricezione dei certificati analitici entro il termine del 31
ottobre 2004, è sospesa, a far data dall'1 gennaio 2005, la validità dei
decreti di riconoscimento delle seguenti acque minerali». Nell'elenco non
figurano le marche dei pochi gruppi che hanno in mano i due terzi della
produzione (San Pellegrino/Nestlé, San Benedetto Italaque/Danone,
Uliveto/Rocchetta, Spumador, Norda e San Gemini), ma non è escluso che
alcune etichette diffuse a livello locale rientrino nell'orbita delle
multinazionali.
Le acque messe all'indice pescano nelle fonti di tutta Italia (Bari, Udine,
Sassari, Rimini, Modena, Cuneo, Napoli, Vibo Valentia, Messina, Brescia,
Vercelli, Savona, Lecce, Parma, Ancona, Arezzo, Como, Catanzaro, Massa,
Firenze, Siena, Padova, Bergamo, Ascoli Piceno, Treviso...). A questo punto
dovrebbero intervenire tutte le Regioni coinvolte dal provvedimento,
sospendendo la concessione per attingere le acque dalle fonti e stabilendo i
tempi per l'eventuale ritiro dei prodotti in commercio - a meno che alle
aziende in questione non venga concessa una improbabile proroga per mettersi
in regola. In attesa di ulteriori sviluppi (i Nas ancora non sono stati
chiamati a intervenire), per Giuseppe Altamore, giornalista di Famiglia
Cristiana e autore del libro Qualcuno vuol darcela a bere. Acqua minerale:
uno scandalo sommerso (Fratelli Frilli Editore), ce n'è comunque abbastanza
per un brindisi. «Finalmente - dice - dopo anni di comportamenti poco
comprensibili, il ministero della Salute ha deciso di stare dalla parte dei
cittadini consumatori. La pubblicazione dell'elenco delle acque minerali
fuori norma è una scelta trasparente e coraggiosa allo stesso tempo, ma per
anni i consumatori hanno bevuto qualcosa che forse ha causato danni alla
salute».