comunicato stampa demanio idrico



COMUNICATO STAMPA



Riprendiamo brevemente il contenuto dell'articolo pubblicato recentemente
su un quotidiano  venerdì 14 maggio 2004 sul quotidiano "Il Sole nordest")
riguardo la situazione del Demanio idrico, ossia dell'insieme dei terreni
situati lungo i corsi d'acqua, la cui proprietà, e conseguentemente
gestione, è stata trasferita nel 2001 dallo Stato alle Regioni:

dal titolo : "Demanio idrico, un fiume di irregolarità", dal quale emerge che :

1) esiste un elevatissimo numero di pratiche (oltre 5000);

2) Il numero di funzionari per gestirle è decisamente insufficiente alle
esigenze;

3) non più del 25% delle pratiche risulterebbe regolare (la magistratura
sarebbe già intervenuta anche con condanne)

4) molte delle superfici sarebbero state utilizzate abusivamente per anni
senza autorizzazione e senza il pagamento del canone;

5) sono state distrutti ambienti naturali di grande importanza con
interventi devastanti (prevalentemente agrari) e sarebbero realizzate opere
mai   autorizzate ai sensi della normativa  in materia di tutela del
paesaggio.



Questa situazione- tutt'altro che felice - necessita di un deciso colpo di
reni per recuperare lo scompenso.

A nostro parere è necessario ed urgente incrementare la dotazione di
personale al servizio regionale che gestisce la materia (senza inutili
deleghe ai Comuni già tremendamente oberati di impegni) e soprattutto
garantire un controllo tecnico naturalistico e agronomico (laureati in
scienze naturali, biologiche, ambientali) delle concessioni, ora
assolutamente assente. Questo deve essere fatto al più presto tramite
assunzione di personale con le citate competenze (le Università regionali
sfornano fior fiore di laureati in queste discipline, che devono ripiegare,
nonostante le esigenze della collettività, su lavori privi di legame con le
materie studiate). E' molto più logico per una economia di scala che queste
figure professionali restino in carico alla Regione e non ai Comuni, che
per inevitabili carenze non potrebbero gestire l'importantissimo insieme di
beni naturali nella loro specifica valenza scientifica e in un quadro
necessariamente ampio.

Un'altra possibilità per la gestione è la collaborazione del Servizio
regionale del demanio idrico con quello della Tutela degli ambienti
naturali e della fauna, cosa assurdamente non prevista dalla L.R. 16/2002
(prescrive i soli pareri della  Pianificazione regionale e dei Comuni),
anch'esso comunque tremendamente sotto organico.





Nel demanio regionale  sono concentrati gli ultimi, relitti,  lembi di
naturalità della pianura e gli habitat  rari della montagna (elevato numero
di specie animali e vegetali in pericolo e/o endemiche); devono dunque
essere stabiliti dei criteri scientifici  per l'assegnazione  e gestione
delle concessioni, affidandole  ai richiedenti che prevedono l'uso più
ecosostenibile, e vigilando poi tramite personale specializzato.

 A nostro parere, oltre al rigido e irrinunciabile criterio che non devono
più essere distrutti habitat naturali prioritari per ricavare terreni
agricoli, devono essere risolti i problemi legati alla rapida dispersione
dei fertilizzanti, dei diserbanti e degli altri prodotti chimici nella
falda freatica causati dall'estrema ricchezza in scheletro (ghiaia) dei
terreni in argomento.

Infatti il demanio idrico è proprio ciò che fino alla prima metà del secolo
scorso era alveo fluviale. Nel corso degli ultimi 50-60 anni vastissime
superfici sono state bonificate (a volte anche  illegalmente ) e le
coltivazioni sono state spinte spessissimo fino all'alveo di magra.
Nonostante le rese bassissime e l'impiego di ingenti quantitativi di
prodotti chimici e della sempre più rara risorsa idrica, le coltivazioni
sono convenienti  esclusivamente grazie al finanziamento pubblico (PAC,
Piano di sviluppo rurale). Dunque deve urgentemente essere assicurato che
questi terreni siano convertiti all'agricoltura biologica, e almeno per una
discreta fascia vicino all'acqua siano ripristinate formazioni prative e
avviati miglioramenti ambientali in funzione dell'incremento del patrimonio
faunistico e della biodiversità floristica autoctona, anche per finalità
turistiche ecosostenibili.

La nostra agricoltura ha bisogno di qualità e di riduzione dell'inquinamento.

Allora il miglioramento  sia avviato prioritariamente sulle superfici di
proprietà regionale, dando dimostrazioni concrete di applicazione dei
principi che stanno alla base del Piano di Sviluppo rurale, corposamente
finanziato dalla Unione europea proprio con questa  finalità.

E' assolutamente assurdo infatti che  una mano destini contributi pubblici
per la messa a riposo di terreni privati e il ripristino degli ecosistemi e
l'altra causi la distruzione di habitat (anche di interesse europeo
prioritario) sulle proprietà regionali per coltivare nuove terre.

Il paradosso è anche  contabile, perchè in cambio di 150 Euro ettaro di
canone, il concessionario ne incassa poco meno di 400  di contributi senza
obblighi di comportamento ecosostenibile.

Alla fine la collettività ci perde e i conti non tornano, soprattutto se si
inquina e si distruggono aree miracolosamente ancora naturali.

Maurizio Rozza
Candidato al Parlamento Europeo nel Collegio 2 - Italia Nord Orientale -
Verdi per la pace
http://www.verdinrete.it/verdicarso/
verdifvg at verdinrete.it

Alessandro Metz
Consigliere Regionale dei Verdi del F.V.G.