Fabiocchi NEWS 14 Marzo 2004



Newsletter Eco-Internazionalista www.ecquologia.it 
-Asia/UE: L'olio di palma usato nel settore alimentare e cosmetico distrugge le foreste
-Armi: Il governo della Gran Bretagna ha nascosto il commercio di armi
-Congo: La Banca Mondiale intende aumentare del 600% la produzione di legname
-Cambiamenti Climatici: La ESSO e' responsabile del 5% delle emissioni di CO2
-Global: La pesca eccessiva non e' l'unica causa del declino delle risorse ittiche
-Global: nuovi preoccupanti flussi di rifugiati ambientali
-WWF: Per la conservazione delle aree protette si spendono 3.2 mld di dollari
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Petizione a favore della risoluzione ONU sui diritti delle minoranze sessuali
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Appello contro le fumigazioni aeree di pesticidi in Colombia
http://www.mamacoca.org/FSMT_sept_2003/index.php3?lang=en
Petizione contro la ratifica del decreto Urbani contro la pirateria
http://no-urbani.plugs.it/index.php
Petizione contro l'emendamento alla costituzione USA per impedire i matrimoni gay
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Asia/UE: L'olio di palma usato nel settore alimentare e cosmetico distrugge le foreste
8 Marzo 2004 - Il crescente commercio di olio di palma, utilizzato in prodotti di uso quotidiano come cioccolato, biscotti, patatine, gelati, alimenti congelati, margarina, shampoo, cosmetici, saponi e detersivi sta alimentando la distruzione delle foreste pluviali nel Sud Est asiatico, e portando alla violazione dei diritti umani e all'inquinamento devastante. In Europa, per esempio, un prodotto alimentare su tre nei supermercati sta contribuendo direttamente alla distruzione delle foreste pluviali mondiali. L'olio di palma copre il 21% del mercato mondiale di olio edibile, ed e' l'olio vegetale piu' usato dopo quello di soia. Nelle etichette spesso e' nascosto dietro la dicitura "olio/grasso vegetale". Le vaste piantagioni di palma da olio stanno sostituendo ad un ritmo allarmante le foreste in Indonesia e Malaysia, eliminando l'80-100% delle aree incontaminate, cacciando le comunita' locali dalle loro terre e distruggendo i loro mezzi di sostentamento. In Indonesia, le foreste scompaiono ad un ritmo di 2 milioni di ettari l'anno - un'area grande quanto il Belgio. Quasi un quarto (23%) della produzione di olio di palma Indonesiano e' esportato nell'Unione Europea. L'UE acquista anche l'87% delle esportazioni Indonesiane di chicchi di palma usati come mangime per animali da allevamento, e il 61% delle esportazioni di olio da chicchi di palma usato nel settore cosmetico. Friends of the Earth sta chiedendo alle compagnie coinvolte nella produzione di olio di palma di prendere provvedimenti immediati per assicurarsi di usare solo olio di palma prodotto in maniera sostenibile. Dovrebbero assicurarsi di non essere coinvolte nella distruzione di foreste convertite per creare piantagioni monocolturali di palma da olio. Le esportazioni del solo olio di palma dall'Indonesia sono cresciute del 244% negli ultimi 7 anni, con la produzione di rifiuti tossici che inquinano i fiumi e avvelenano i lavoratori. Tra le cause piu' significative di inquinamento associato alle piantagioni c'e' l'uso improprio o eccessivo di pesticidi: almeno 25 prodotti agrochimici sono usati regolarmente sulle piantagioni; tra questi c'e' il paraquat, l'erbicida piu' tossico venduto negli ultimi 60 anni e vietato in 13 paesi. Il paraquat puo' essere fatale se ingerito, inalato o assorbito tramite la pelle, i lavoratori delle piantagioni vi sono sempre esposti. Il paraquat non e' biodegradabile e si accumula nel suolo con applicazioni ripetute. In Africa centrale la coltivazione di palma da olio e' importante per il sostentamento di milioni di piccoli coltivatori; ma altrove sta diventando un grande affare focalizzato sulle monocolture. Le grandi coltivazioni si sono diffuse in tutti i tropici (Congo, Kenya, Nigeria, Liberia, Brasile, Colombia e Messico per nominare qualche paese dove la palma da olio e' coltivata per l'esportazione). E' stato riconosciuto che 100 milioni dei 216 mln di abitanti dell'Indonesia dipendono dalle foreste e dai suoi prodotti per il sostentamento. Di questi, 40 mln sono popolazioni indigene che raramente hanno diritti formali sulle terre che gestiscono secondo antiche pratiche. La legge Indonesiana non riconosce i diritti terrieri tradizionali e la terra e' concessa alle compagnie per il taglio forestale e l'eventuale conversione in piantagioni di palma. Secondo Friends of the Earth e' necessario intervenire a livello legislativo per rendere le imprese responsabili dei loro atti. Per scaricare il rapporto in formato pdf: http://www.foe.co.uk/resource/reports/palm_oil_summary.pdf  Per maggiori info sugli usi alimentari dell'olio di palma: http://www.report.rai.it/2liv.asp?s=140 Fonte: Friends of the Earth; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at ecquologia.it www.ecquologia.it

articolo correlato:
Indonesia: Il 75% delle foreste e' scomparso negli ultimi decenni, rimasti 60 mln di ettari
http://www.ecquologia.it/sito/pag574.map?action=single&field.joined.id=23429&field.joined.singleid=23653

Armi: Il governo della Gran Bretagna ha nascosto il commercio di armi
25 Febbraio 2004 - Oxfam International, Amnesty International e Iansa hanno accusato il governo Britannico di aver sfruttato pericolose via d'uscita dell'attuale legislazione per aumentare le vendite di armi in alcune aree. Il rapporto delle tre organizzazioni afferma che il Regno Unito ha applicato controlli deboli sulle esportazioni di componenti chiave di armamenti, come attrezzature per produrre bombe e sistemi di giuda senza i quali le armi sarebbero inutilizzabili. Questi doppi standard, secondo il rapporto, significano che le componenti di armi possono essere vendute e riassemblate in luoghi dove le violazioni dei diritti umani sono frequenti. Parti prodotte in Gran Bretagna hanno raggiunto paesi come lo Zimbabwe, Israele, Indonesia, Uganda, Colombia, Nepal e Filippine, nonostante fosse in vigore un divieto di esportazione di sistemi armamentari completi verso quei paesi. Le cifre contenute nel rapporto, evidenziano che dal 1998 c'e' stato un aumento del 1100% del numero di componenti di armi per i quali e' stata concessa la licenza all'esportazione (da 1,600 a 18,940). Tra gli esempi, il rapporto cita il caso avvenuto nel 2002 quando il ministro degli esteri Straw ha indebolito i controlli sulle vendite dei componenti che avrebbero potuto essere usati negli F-16 venduti dagli USA ad Israele. La Gran Bretagna aveva vietato la vendita di attrezzature militari a Israele che avrebbero potuto essere usate contro i Palestinesi, ma Oxfam ha detto che Straw voleva proteggere un accordo tra imprese Americane e Britanniche. Il Regno Unito non e' certo l'unico paese che vende componenti di armi ai paesi che hanno violato i diritti umani, afferma Oxfam, per questo e' necessario un trattato commerciale internazionale per impedire che le armi finiscano nelle mani sbagliate. Non c'e' differenza tra vendere le componenti e le armi intere. Il sito della campagna per un trattato internazionale sul commercio di armi e' www.controlarms.org Fonte: Amnesty International UK; CNN, The Guardian; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at ecquologia.it www.ecquologia.it 

Congo: La Banca Mondiale intende aumentare del 600% la produzione di legname
Febbraio 2004 - Oltre 100 ONG ambientaliste e umanitarie nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) hanno chiesto alla Banca Mondiale di fermare i piani di sviluppo economico del paese che dividerebbero la seconda foresta pluviale piu' estesa al mondo in diverse zone di concessioni per il taglio di alberi. Documenti interni della Banca Mondiale ottenuti da Rainforest Foundation rivelano che la banca intende "creare un clima favorevole per lo sfruttamento forestale" nel Congo, e prevede un aumento del 600% della produzione di legname. Secondo le ONG, questi piani avrebbero gravi ripercussioni per i diritti e i mezzi di sostentamento di milioni di cittadini Congolesi, con impatti irreversibili sull'ambiente forestale. Con un'area di 1.3 mln di km2, le foreste della RDC sono le piu' estese al mondo dopo l'Amazzonia e finora sono state largamente risparmiate dalla distruzione estesa. Circa 35 mln di persone vivono in queste foreste o intorno, compresi gli agricoltori Bantu e i cacciatori-raccoglitori Pigmei Twa e Mbuti. La guerra piu' sanguinosa della storia Africana iniziata nel 1998 ha distrutto il paese. Ma il dialogo inter-congolese lo scorso anno ha permesso di istituire un governo di transizione di unita' nazionale che guidera' la RDC alle elezioni entro 30 mesi. Nonostante il cessate il fuoco, l'est del paese rimane controllato da numerosi gruppi e milizie ribelli che saccheggiano oro, diamanti e minerali di valore, terrorizzando, stuprando e uccidendo le popolazioni locali col risultato di distruggere l'infrastruttura sociale. Per stabilizzare il paese, la comunita' internazionale sta incoraggiando e monitorando la ricostruzione economica, ma la Rainforest Foundation avverte che il nuovo codice forestale adottato nell'Agosto 2002, appoggiato dalla Banca Mondiale e dalla FAO, portera' inevitabilmente alla distruzione estesa delle foreste e mettera' in pericolo un'area di 60 mln di ettari, grande quanto la Francia. Le popolazioni locali non sono state consultate nella formulazione della nuova legge che infatti rappresenta una minaccia per i mezzi di sostentamento di milioni di Congolesi impoveriti la cui sopravvivenza dipende dalla foresta. La rizonizzazione delle foreste dovrebbe prendere in seria considerazione i diritti e i bisogni delle popolazioni che vivono nell'area. La Banca Mondiale dovrebbe spiegare chiaramente cosa ha fatto per far rispettare i suoi stessi standard. Le ONG si sono organizzate in un network e sono rappresentative di 27 etnie. Nel 2001, la RDC e' stata definita dall'UNEP come una dei 15 paesi dove andrebbero concentrati gli sforzi per la conservazione forestale. E' possibile sottoscrivere una petizione di Rainforest Foundation a questo URL http://forests.org/action/africa/ e http://www.rainforestfoundationuk.org/s-Petition%20the%20World%20Bank%20on%20Congo%20Forests Fonte: ENS News; Rainforest Foundation; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at ecquologia.it www.ecquologia.it 

Cambiamenti Climatici: La ESSO e' responsabile del 5% delle emissioni di CO2
29 Gennaio 2004 - Negli ultimi 120 anni, le operazioni industriali e la combustione dei prodotti della compagnia petrolifera ESSO e dei suoi predecessori (partendo dalla creazione della Standard Oil Trust nel 1882), hanno causato tra il 4.7 e il 5.3% di tutte le emissioni antropogeniche di CO2 nel mondo. Le emissioni della ESSO in questo periodo sono ammontate a 20.3 miliardi di tonnellate, tre volte l'attuale tasso di emissioni annuali da combustibili fossili (e circa 13 volte le emissioni annuali degli USA). Il rapporto si basa su 2 studi condotti da esperti indipendenti e commissionati da Friends of the Earth. E' la prima volta che il contributo della ESSO al cambiamento climatico viene stimato e potrebbe aprire la strada alle richieste di risarcimento contro le compagnie da parte delle vittime dei cambiamenti climatici causati dall'inquinamento. Circa il 70% delle emissioni sono state prodotte dopo il 1967, quando gli scienziati hanno fornito le prime prove sugli effetti del riscaldamento globale. Molti degli anni in cui le emissioni della ESSO sono state piu' abbondanti erano dopo il 1996, anno in cui gli scienziati dell'ONU conclusero che l'inquinamento antropogenico ha un effetto discernibile sul clima globale. Per maggiori informazioni sui risarcimenti legati ai danni dei cambiamenti climatici: www.climatelaw.org e www.elaw.org Fonte: Friends of the Earth; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at ecquologia.it www.ecquologia.it 

Global: La pesca eccessiva non e' l'unica causa del declino delle risorse ittiche
4 Marzo 2004 - Secondo i biologi marini della Royal Society la pesca eccessiva non e' la sola causa del drammatico declino degli stock ittici nell'Atlantico settentrionale o nel resto del mondo. I cambiamenti ambientali come il riscaldamento climatico possono essere ugualmente determinanti, hanno detto gli scienziati, chiedendo ai governi di considerare questi fattori nella gestione delle risorse ittiche. Gli ecosistemi marini, soprattutto nell'Atlantico settentrionale, sono molto piu' sensibili alle fluttuazioni naturali di quanto si pensasse, afferma il presidente del GLOBEC (Global Ocean Ecosystem Dynamics). Il team si scienziati ha condotto studi sugli impatti che la variazione di temperatura puo' avere sulla catena alimentare marina, e ha scoperto che i cambiamenti di quantita', grandezza e composizione del plancton dovuti alle temperature hanno impatti di lungo termine sulle popolazioni di pesce come il merluzzo. Nel passato, le popolazioni di aringa nel Mar Baltico e gli stock di merluzzo nel Canada orientale sono diminuite e non si sono riprese neanche dopo la chiusura della pesca - indicando che oltre alla pesca altri fattori sono coinvolti. Ma avvertono gli scienziati, con o senza questi fattori ambientali, la mortalita' dovuta alla pesca commerciale e' ancora troppo alta e va ridotta. In alcune popolazioni di uccelli in Gran Bretagna sono stati osservati casi di cannibalismo dovuti alla carenza di pesce. Fonte: Nature; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at ecquologia.it www.ecquologia.it

Global: nuovi preoccupanti flussi di rifugiati ambientali
28 Gennaio 2004 - A meta' dello scorso Ottobre, le autorita' Italiane hanno trovato un'imbarcazione con dei rifugiati Africani diretti in Italia. Molti di loro sono morti durante il viaggio per mancanza di acqua e cibo. Si suppone che i rifugiati fossero Somali imbarcatisi in Libya. Non sappiamo se fossero rifugiati politici, economici o ambientali. Gli stati come la Somalia li producono tutti e tre: sappiamo infatti che e' un paese afflitto da sovrappopolazione, da eccessivo uso della terra per pascolo e dalla desertificazione che distrugge l'economia pastorale. Sebbene il mondo moderno abbia un'esperienza consolidata con le migrazioni per ragioni politiche ed economiche, stiamo vedendo una forte crescita di migrazioni dovute a pressioni ambientali. Oggi, i corpi gettati a riva in Italia, Francia e Spagna sono avvenimenti quotidiani, risultato di atti disperati di Africani; ogni giorno migliaia di Messicani rischiano la vita cercando di attraversare il confine con gli USA, circa 400-600 Messicani lasciano le aree rurali ogni giorno, abbandonando pezzi di terra troppo piccoli o troppo degradati per sostentarsi. Preferiscono dirigersi verso le citta' o attraversare illegalmente i confini. Molti muoiono a causa del caldo dell'Arizona. Un altro flusso di rifugiati ambientali viene da Haiti: un'economia rurale dove la terra e' denudata della vegetazione e il suolo e' eroso. Tra i nuovi rifugiati ci sono persone costrette a spostarsi a causa dell'esaurimento delle falde acquifere e dei pozzi. Finora le evacuazioni hanno riguardato piccoli villaggi, ma eventualmente intere citta' potrebbe essere spostate come Sana'a, capitale dello Yemen, o Quetta, la capitale della provincia Pakistana del Baluchistan. Secondo la Banca Mondiale, la falda acquifera di Sana'a, dove il terreno si abbassa di 6 metri all'anno, si esaurira' entro il 2010. A quel punto, i suoi abitanti dovranno portare l'acqua da lontano o abbandonare la citta'. Quetta, originariamente progettata per 50,000 abitanti, adesso ha 1 mln di persone che dipendono da 2,000 pozzi che estraggono l'acqua dal sottosuolo, facendo esaurire una falda acquifera fossile non rigenerabile. Come Sana'a, Quetta puo' avere acqua a sufficienza per il resto del decennio, ma poi il suo futuro e' incerto. Gran parte dei 3 miliardi di individui che si aggiungeranno alla popolazione mondiale entro il 2050 vivranno in paesi in cui le falde acquifere si stanno esaurendo e il terreno si sta abbassando. Li' i rifugiati diventeranno un fenomeno comune. Saranno piu' presenti nelle regioni aride e semiaride dove le popolazioni stanno sorpassando la capacita' idrica locale. I villaggi nell'India nordoccidentale sono stati abbandonati a causa dell'eccessivo pompaggio di acqua che ha esaurito le falde, rendendo impossibile l'approvvigionamento di acqua. Milioni di persone nella Cina settentrionale e occidentale o in alcune parti del Messico potrebbero essere costrette a spostarsi per mancanza di acqua. Anche l'avanzata dei deserti sta sfollando alcune popolazioni. In Cina, dove il deserto del Gobi sta avanzando di 10,400 km2 all'anno, il flusso migratorio sta aumentando. Gli scienziati Cinesi documentano che ci sono rifugiati causati dai deserti in 3 province. La stessa Banca Asiatica per lo sviluppo ha identificato 4,000 villaggi minacciati di abbandono in una di queste 3 province. In Iran, i villaggi abbandonati a causa dell'avanzata dei deserti e della mancanza di acqua si contano a migliaia. Nelle sole province orientali del Baluchistan e Sistan, circa 124 villaggi sono stati seppelliti dalla sabbia accumulata. In Nigeria 3,500 km2 di terra sono convertiti in deserto ogni anno, rendendo la desertificazione il problema ambientale piu' grave del paese. Mentre il deserto avanza, gli agricoltori e i mandriani sono costretti a spostarsi in aree abitabili ristrette o in citta'. Un'altra possibile fonte di rifugiati e' legata all'aumento del livello del mare. L'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), nel suo studio del 2001, ha documentato che il livello del mare potrebbe salire di almeno 1 metro durante il secolo. Ma la ricerca condotta da allora indica che i ghiacci si stanno sciogliendo ad un ritmo piu' elevato di quanto documentato in precedenza, suggerendo che l'aumento del livello potrebbe essere maggiore. Anche l'innalzamento di 1 metro inonderebbe meta' delle terre a coltivazione di riso del Bangladesh, costringendo alla ricollocazione di 40 mln di persone. In un paese densamente popolato con 144 mln di persone, la ricollocazione interna non sarebbe facile. Ma dove altro potrebbero andare? Quanti paesi accetterebbero anche solo 1 mln di questi 40? Altri paesi Asiatici con vaste piantagioni di riso in pianura, come Cina, India, Indonesia, Pakistan, Filippine, Sud Corea, Thailandia e Vietnam potrebbero aumentare l'esodo di massa con migliaia di milioni di persone che si spostano. I flussi di rifugiati per l'avanzata dei deserti e la mancanza di risorse idriche stanno appena iniziando, quanto grandi saranno questi flussi e quelli causati dall'aumento del livello del mare rimane da vedere, ma le cifre potrebbero essere enormi. Il flusso crescente di rifugiati ambientali e' un altro indicatore che la civilta' moderna e' uscita dalla sincronizzazione con i sistemi naturali di supporto della Terra. Tra le altre cose, indica che abbiamo bisogno di uno sforzo mondiale per promuovere la pianificazione familiare e creare le condizioni sociali che accelerino la formazione di famiglie piu' piccole, una gestione piu' sostenibile delle risorse idriche e una strategia energetica per tagliare le emissioni di CO2 stabilizzando il clima terrestre. Fonte: Earth Policy Institute; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at ecquologia.it www.ecquologia.it

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Iran: Il tasso di crescita demografica e' sceso dal 3.2% a 1.2%
http://www.ecquologia.it/sito/pag574.map?action=single&field.joined.id=23429&field.joined.singleid=23446
STERILIZATION IS WORLD'S MOST POPULAR CONTRACEPTIVE METHOD
http://www.earth-policy.org/Updates/Update18.htm

WWF: Per la conservazione delle aree protette si spendono 3.2 mld di dollari
16 Febbraio 2004 - Nel suo significato piu' comune, un buon investimento crea ricchezza o previene la distruzione di ricchezza. L'ambiente naturale fa entrambe queste cose. Cosi' si potrebbe pensare che i governi e la comunita' internazionale investono fortemente nella protezione degli ecosistemi naturali e della biodiversita' per assicurarsi i benefici economici continui che essi forniscono. Tristemente, non e' cosi'. L'attuale spesa per le aree protette e' molto bassa. Queste aree coprono il 12% della superficie terrestre, ma secondo il World Conservation Monitoring Centre, la spesa governativa totale per queste aree ammonta a circa 3.2 miliardi di dollari. Per fare un paragone, la FAO stima i sussidi mondiali alla pesca a 15 miliardi di dollari; oppure si spende di piu' nella ricerca di vita extra terrestre che nei modi per preservare la diversita' biologica sulla terra. Forse questa ricerca un giorno produrra' dei vantaggi, ma i sussidi alla pesca sicuramente no: grazie alle flotte giganti, oltre il 75% degli stock ittici sta soffrendo per la pesca eccessiva, mettendo a rischio l'industria ittica. Il WWF ha calcolato che gli oceani e le coste contribuiscono al 40-60% del PIL dei paesi Asiatici. Ricerche indipendenti hanno dimostrato che le barriere coralline da sole contribuiscono con 30 miliardi di dollari grazie al turismo e all'alta produttivita' di pesce. Le paludi mondiali forniscono annualmente 70 mld di dollari in prodotti e servizi, compreso il filtraggio idrico e il controllo di smottamenti e inondazioni. Le aree naturali possono essere economicamente piu' vantaggiose dei progetti ingegneristici. Per esempio, proteggendo le coste dalle tempeste, le foreste di mangrovie fanno risparmiare milioni di dollari ogni anno nella difesa delle coste. Le foreste forniscono approvvigionamento idrico di alta qualita' filtrando le sostanze inquinanti. Nello stato di New York, per esempio, proteggere le foreste e' 7 volte meno costoso che costruire nuovi impianti di trattamento idrico. Le aree naturali possono anche far risparmiare i costi sociali. Forniscono posti di lavoro, alimenti, medicine e altre risorse naturali per i piu' poveri soprattutto per coloro che vivono in aree remote. Se queste aree sono protette e gestite in modo appropriato, le comunita' possono vivere nelle loro terre tradizionali senza essere costretti a trasferirsi in aree urbane sovraffollate. Ma nonostante l'evidenza di benefici economici, sociali e culturali della biodiversita' e degli ecosistemi, essi vengono distrutti e degradati. Ogni anno, le paludi vengono prosciugate, le foreste abbattute e i mari sovrasfruttati. Investire nelle aree protette e' disperatamente necessario. Il WWF ha identificato 30 modi per aumentare i miliardi per la conservazione marina: iniziando inanzitutto nel deviare i sussidi dannosi, facendo pagare tasse ai turisti destinate alla conservazione e le multe a chi inquina. Fonte: WWF Int.; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at ecquologia.it www.ecquologia.it