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Turbogas: Armaroli risponde al Ministro
- Subject: Turbogas: Armaroli risponde al Ministro
- From: "disobbedientimolise\@libero\.it" <disobbedientimolise at libero.it>
- Date: Thu, 19 Feb 2004 12:54:57 +0100
TERMOLI|Parlano i protagonisti del dibattito sul turbogas «Impatto zero? Impossibile» Termoli Nicola Armaroli, ricercatore dell'Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del Cnr di Bologna, risponde alle affermazioni di Massimo Orlandi e del ministro dell'Ambiente Altero Matteoli Dottor Armaroli, secondo Massimo Orlandi, di Energia Spa, la sua ricerca «ha dell’incredibile perché si basa esclusivamente su un caso, riferito a una centrale californiana, in cui i calcoli di emissioni di polveri sottili eseguiti da due ricercatrici (Spath e Mann) contenevano un grossolano errore nell'utilizzo Termoli, la zona industriale di un fattore di emissione pubblicato dall'Agenzia ambientale governativa (Epa), in cui parlava di 300 tonnellate e invece erano 30». Come ribatte a queste dichiarazioni? Quello del “fattore 10” è un caso mai esistito. Il calcolo dai fattori di emissione lo abbiamo fatto noi prima di tutti gli altri; è riportato sulla Tabella 1, del nostro articolo n. 1, partendo dalla referenza bibliografica numero 1. Ma una cosa sono i fattori di emissione di generiche turbine a gas, altra cosa una centrale termoelettrica a gas da 800 MW. Spath e Mann hanno confermato la validità delle loro stime: possiedo il loro scritto. E’ falso che noi ci siamo basati “esclusivamente” su un caso. Abbiamo riportato i dati di molte centrali americane “vere”. Tutte vengono certificate con emissioni di alcune centinaia di tonnellate/anno di PM10 primario, adottando misure di abbattimento e di compensazione che in Italia manco ci sogniamo. E’ inutile che certe persone, ormai pochissime, si ostinino a negare l’evidenza. Il gas naturale è il combustibile fossile più pulito ma nondimeno, bruciandolo, si ottengono vari inquinanti tra cui polveri fini ed ultrafini. E’ avvilente dover combattere in Italia per sostenere fatti che altrove nessuno mette in discussione. Anche l’Arpa Emilia-Romagna ha espresso qualche dubbio… Il dibattito con Arpa è una vicenda ormai superata. In effetti alcuni pesanti tentativi di delegittimazione nei nostri confronti ci sono stati. Ma io ho inviato per via istituzionale, senza sollevare polveroni giornalistici, le mie critiche a quanto sostenuto da Arpa in quella circostanza. Evidentemente qualcuno ha riflettuto: il direttore generale di Arpa ha in seguito dichiarato alla stampa che abbiamo fatto “un buon lavoro”, e Arpa mi ha chiesto di collaborare con loro su questo delicato tema. Come vede, chi tira in ballo Arpa per smentirci, si lancia un boomerang addosso. Ivo Allegrini, direttore dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr, sostiene che la «qualità e la quantità delle emissioni di particolato fine da turbogas non sono assolutamente dannose per la salute», e che «un fornelletto da cucina acceso inquina, in termini di ossidi di azoto, quasi come una centrale», rigettando in questo modo i risultati dei suoi studi. Qual è il suo pensiero in merito? Sostenere che una centrale che brucia un miliardo di m3 di gas l’anno producendo 5 TWh di elettricità inquini come un fornelletto da cucina è una teoria talmente strampalata che sono certo che nessun collega l’abbia mai pronunciata. Quali sono i motivi che l’hanno spinta a condurre la sua ricerca? Una serie di documenti e presentazioni di progetti che non mi avevano convinto. Andando avanti negli studi mi sono accorto che il caso era enorme. Credo che lo scienziato abbia il dovere di mettere a disposizione di tutti la sua professionalità per contribuire ad accrescere il livello di conoscenza e di consapevolezza nella società. Ogni tanto dobbiamo uscire dai nostri laboratori ed interagire col resto del mondo. Dobbiamo promuovere l’interazione tra scienza e società e sostenere l’interdisciplinarietà scientifica. La conoscenza a compartimenti stagni è un disastro. Come vede è un tema che mi scalda molto, ma mi fermo qui … Alcuni, tra cui Orlandi e Allegrini, sostengono che lei non ha i titoli per condurre tali studi. In poche parole, Orlandi dice che questi studi non dovrebbero essere affrontati «da chi si occupa di fotosintesi»… Se uno sa cos’è la fotochimica, evita di rimediare figure così imbarazzanti. Per la cronaca, non mi sono mai occupato di fotosintesi: prima di parlare, è sempre meglio informarsi. Nella comunità scientifica nessuno è autorizzato a dare ad altri, e tanto meno a se stesso, patenti di competenza o incompetenza. Nel suo studio ci pare di capire che è possibile migliorare l’impatto ambientale delle emissioni da turbogas, magari intervenendo in ambito legislativo… Assolutamente sì, me lo hanno confermato dalla Commissione Europea. Forse non molti sanno che al 30 giugno 2003 l’Italia aveva 63 procedimenti pendenti a Bruxelles per violazione della legislazione ambientale. Noi abbiamo indicato il caso California, ove le centrali turbogas vengono autorizzate con una severità legislativa a tutela della salute da noi sconosciuta. La California è sulla Terra e non su Marte. Ricordiamoci che in quello Stato vennero introdotti i catalizzatori per le auto, ora divenuto uno standard mondiale, 15 anni prima che nel resto del mondo. Chi può vendere oggi un’automobile senza catalizzatore? Secondo Lucia Venturi responsabile scientifico di Legambiente, fare di tutta l’erba un fascio porterebbe a rischiose strumentalizzazioni da parte dei nostalgici del nucleare. Qual è il suo parere in merito a quest’ultimo punto? Noi abbiamo sempre scritto che il turbogas è la tecnologia termoelettrica migliore. Se qualcuno vuole usare il nostro lavoro per sostenere il carbone o il nucleare è in malafede. Decine di sindaci ed amministratori mi hanno telefonato da tutta Italia chiedendomi: “E’ vero che il turbogas non inquina?”. Ecco, questo è il messaggio che è passato. Era nostro dovere impedire che questa falsa credenza prendesse piede. Si abbia l’onestà di riconoscere che, per grandi impianti di produzione di energia, il turbogas è semplicemente il male minore. L’energia a impatto zero non esiste e non esisterà mai. Tutto lì. Al suo studio si è aggiunto quello della Camera di commercio di Vicenza Lo ha letto? Cosa ne pensa? Me lo hanno inviato, ma non l’ho ancora ricevuto. Sono molto curioso. Intanto il ministro dell’Ambiente Matteoli scrive al presidente della regione, Michele Iorio, definendo la sua ricerca valida ma in qualche modo “obsoleta”, poiché farebbe riferimento ad impianti di vecchia concezione, mentre quello di Termoli non produrrebbe quantità rilevanti di polveri sottili… Ho letto la lettera del ministro insieme al collega Claudio Po, quindi a questa domanda rispondiamo insieme. In essa si scrive che in Italia si usa la tecnologia dry-low NOx, mentre negli Stati Uniti si impiega una tecnologia catalitica di vecchia concezione. Quindi gli impianti Usa sarebbero superati e ben diversi rispetto a quelli italiani. Questo non è esatto: ci spiace che il ministro non sia stato informato con completezza. In entrambi i paesi, come ampiamente spiegato nei nostri articoli, si usa la tecnologia di prevenzione dry-low NOx, ma solo in Usa si impone l’abbattimento in post-combustione coi catalizzatori. Ovvero i catalizzatori non sono affatto incompatibili coi combustori dry-low NOx ma, rispetto ad essi, sono un progresso tecnologico dell’impianto. È vero che i catalizzatori SCR producono piccole quantità di polveri, però il problema è stato eliminato con la più recente tecnologia Sconox, che ora viene proposta su grandi impianti americani. Gli impianti cui facciamo riferimento non sono affatto obsoleti: sono entrati in funzione nel 2003, altri seguiranno in questi mesi. La quantità di ossidi di azoto effettivamente emessa da centrali californiane è almeno 10 volte più bassa di quella prevista negli impianti italiani. È difficile pensare che chi produce la tecnologia turbogas e deve agire in un quadro normativo severissimo come quello californiano usi tecnologie vecchie, riservando proprio agli italiani le soluzioni più avanzate. Crediamo che basterebbe andare in California a farsi consigliare da quelli che hanno introdotto ed implementato questa tecnologia. Non c’è nulla da inventare e da scoprire, è già tutto scritto, fatto e commercializzato. Quanto alla direttiva 2001/80 citata dal ministro nella lettera, va detto che la Commissione Europea ha deciso di citare l’Italia davanti alla Corte Europea di Giustizia per il mancato recepimento di tale direttiva entro i termini previsti. Che cosa si augura a questo punto? Un gesto politico coraggioso: riconoscere che in Italia questa vicenda è stata presa molto sottogamba e provare a rimediare. Sono convinto che i cittadini-elettori apprezzerebbero. 19 febbraio 2004 Gianmarco Guazzo
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