I: Rassegna stampa: intervista a José Bové



A cura di AltrAgricoltura Nord Est
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Tratto da "il Manifesto" - 8 novembre 2003

LA STRATEGIA GLOBALE DEGLI AGRICOLTORI

Intervista a José Bové, leader della Confederazione contadina e figura di
punta del movimento per la difesa dell'agricoltura tradizionale

Ho incontrato José Bové, leader della Confederazione contadina, a Aubrac, un
villaggio del sud della Francia dove si svolgeva una riunione sui problemi
degli agricoltori della regione del Larzac. E dove a metà settembre aveva
riunito 200mila manifestanti per un «controvertice» di quello del Wto a
Cancun.
Partiamo da Cancun. Un fallimento?
No. Già prima di questo vertice l'Ue e gli Stati uniti volevano allargare il
negoziato del Wto a maggiori investimenti nell'agricoltura e nei servizi,
imporre la loro logica e quella delle multinazionali all'insieme del
pianeta, cioè quello che veniva rifiutato dalla maggioranza dei paesi del
sud. Questi ultimi non avevano altro da fare che bloccare questo processo,
ed è quel che hanno fatto a Cancun.
Su questa posizione si sono pronunciati i G22, Brasile compreso, e inoltre
la Cina, l'India, il Sud Africa e anche il G90 con la maggioranza dei paesi
africani che rivendicano il diritto dei popoli a nutrirsi, un diritto
fissato nella dichiarazione dei diritti dell'uomo, in sintesi il
riconoscimento della sovranità alimentare come chiedono le reti degli
altermondialisti e delle Ong.
A mio parere nel contesto del Wto è innanzitutto la vittoria della
democrazia che pone il problema della stessa legittimità del Wto, della
definizione del suo campo d'intervento e del suo fondamento, che è il libero
scambio. Quindici giorni dopo Cancun, a Dubai ci sono state le riunioni del
Fmi e della Banca mondiale, dove sono i paesi donatori che decidono secondo
la regola di «un voto per un dollaro», e questa regola è stata messa in
minoranza.
Ormai bisogna ripensare l'architettura delle relazioni internazionali di
fronte alla volontà dei paesi emergenti che vogliono avere voce in capitolo.
Si pone al tempo stesso il riconoscimento della società civile come
protagonista, dopo la sua prima manifestazione mondiale a Seattle. La
società civile non ha una legittimità parlamentare ma ne ha un'altra, per
quello che pensa, per le sue proposte e i suoi risultati.

Stiamo andando verso l'eliminazione delle istituzioni che governano il
mercato?
La Confederazione contadina, sindacato di cui sono segretario nazionale fin
dal 2000, rivendica un rovesciamento copernicano delle regole internazionali
degli scambi che attualmente sono imposte dal 10% della circolazione dei
prodotti agricoli e che si impone al 90% restante che viene consumato sul
luogo di produzione.
L'agricoltura non è una produzione come un'altra, poiché ha finalità
importantissime, quelle di nutrire le persone là dove abitano, di inserire i
contadini nel sistema produttivo e di curare l'ambiente. Le regole
dell'agricoltura non possono dunque rientrare nella logica del libero
scambio come vuole il Wto.
La Confederazione contadina e la «Via Campesina», la Federazione
internazionale della quale fa parte, insieme con le organizzazioni di 80
paesi, rivendica la soppressione del dumping che consente ai paesi ricchi di
esportare attraverso le multinazionali le loro eccedenze un prezzo inferiore
al costo di produzione, compensando questo scarto con finanziamenti
all'esportazione.
E' inaccettabile! E' per questo che noi condanniamo le politiche agricole
dell'Europa e degli Usa. A Cancun l'Ue e gli Stati uniti chiedevano, ma non
sono riusciti ad ottenerlo, il prolungamento del cosiddetto «accordo di
pace», che escludeva questa pratica tra i membri del Wto e che, quindi
cesserà di operare dal 1 gennaio 2004.
Il Brasile e alcuni paesi africani vogliono poter aprire un procedimento, e
vincere, davanti al Tribunale del Wto contro gli Stati uniti per il cotone e
contro l'Unione europea per le sue sovvenzioni illegittime.
I paesi debbono potersi unire in grandi gruppi di economia regionale, come
l'Europa, l'Unione degli stati dell'Africa occidentale, il cono sud
dell'America latina, l'India e la Cina. La Fao oggi non osa più dire che il
problema della fame nel mondo deriva dalla mancanza di produzione, comincia
a suggerire che bisogna organizzare differentemente la solidarietà.
Il mercato mondiale esiste, ma dev'essere ripensato. L'Europa non ha nessuna
vocazione a esportare cereali, latte e carne. Il prezzo dei prodotti
tropicali come il caffè o il cacao sono prezzi giocati in borsa dalle
transnazionali come la Nestlé che ogni anno vede crescere i suoi profitti.
E' decisivo che la necessaria regolazione dell'agricoltura esca dall'ambito
del Wto per essere affidata alla Fao, nel quadro delle Nazioni unite.

Mantenete il vostro rifiuto degli ogm in agricoltura, dopo che il presidente
Lula ha fatto marcia indietro?
A Porto Alegre, nel gennaio 2000, il Forum ha deciso per un rifiuto totale
degli ogm. Il nostro diritto a produrre ha certo delle implicazioni per
quanto attiene la proprietà intellettuale, i brevetti, le sementi ogm
attraverso le quali le multinazionali sperano di mettere sotto controllo i
contadini.
Negli Usa le multinazionali hanno messo sotto processo 600 agricoltori per
avere utilizzato sementi ogm senza aver pagato ogni anno il canone!
Un'agricoltura autoctona deve avere il diritto di utilizzare le proprie
sementi. Il presidente Lula ha dovuto cedere ai proprietari di due stati del
Brasile, che due mesi dopo la sua elezione rivendicavano il diritto di
mettere in vendita il loro raccolto di soia transgenica seminato
precedentemente.
La legge federale brasiliana che interdice gli ogm è sempre in vigore, le
manifestazioni si moltiplicano e la Corte suprema deve ancora pronunciarsi
sulla costituzionalità del decreto di Lula. Se il Brasile riuscirà a
resistere agli ogm, questo sarà di decisiva importanza.

A Cancun i paesi del sud hanno accusato gli occidentali di essere
protezionisti e l'Italia accusa la Francia di essere la principale
beneficiaria di questo protezionismo. Accusato Bové, come rispondete?
Io non mi sento affatto solidale con quel quinto di agricoltori francesi che
beneficiano dei quattro quinti di aiuti che sono un'aberrazione, come lo
sono gli aiuti europei. In Giappone dopo il 1945 l'alimentazione è stata
colonizzata dagli americani che hanno consigliato agli abitanti, anche
attraverso i manuali scolastici che ho potuto vedere in occasione di un mio
viaggio, di nutrirsi di latte, pane e carne, cioè di quel che gli americani
potevano vendere loro, «se non volevano rimanere un popolo secondario» con i
loro pesci e il loro riso.
Oggi il paese importa il 70% dei suoi bisogni alimentari e i suoi contadini
cercano di proteggere la loro agricoltura, come è del tutto normale. Stessa
situazione nella Corea del sud, e non è un caso se un sudcoreano si è ucciso
a Cancun.
Il 60% della popolazione attiva del pianeta è formato da contadini. Negarne
l'esistenza finirà con il provocare conflitti ed emigrazioni gigantesche. Se
si cacciano, come è previsto, 350 milioni di contadini dalle campagne cinesi
e ancora di più in Africa, circa un miliardo di persone comincerà a girare
per il mondo, cercando di andare dove vedono un po' di luce ed entrando
dalla finestra se voi chiudete la porta.
E' questa la realtà dell'immigrazione che l'Europa in questo momento ha
tanta difficoltà ad affrontare. Il problema che noi poniamo è quello
dell'equilibrio del pianeta.

DANIELLE ROUARD
ex corrispondente dall'Italia di Le Monde

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