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rassegna stampa: La guerra dei doc e dei dop
- Subject: rassegna stampa: La guerra dei doc e dei dop
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Sat, 11 Oct 2003 18:46:36 +0200
Vi giriamo un articolo che fa il punto sul dopo Cancun e che ben segnala i processi in atto contro i modelli di agricoltura legati alle caratteristiche territoriali ed ai percorsi di qualità normati che garantiscono sicurezza alimentare e qualità del cibo. A cura di AltrAgricoltura Nord Est ----------------------- Tratto da "Il Manifesto" - 10/10/03 Ci taroccano il parmigiano La guerra dei doc e dei dop. Il conflitto sull'agricoltura che Cancun non ha sanato DOMENICO MORO Nel fallito vertice di Cancun dei ministri economici dei 144 paesi appartenenti all'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), tra i principali argomenti rimasti in sospeso c'è quello delle denominazioni d'origine protetta e controllata (dop e doc). La difesa dei prodotti alimentari a indicazione geografica tipica (igt) rappresenta una delle questioni che stanno più a cuore all'Unione europea e soprattutto all'Italia (20% delle igt europee), all'interno del tormentato negoziato Wto sull'agricoltura. Del resto, secondo Coldiretti, che si avvale di una ricerca Nomisma, l'Italia, a causa delle «contraffazioni» dei suoi prodotti alimentari tipici, perde sul mercato americano circa 3,5 miliardi di dollari, ovvero il giro d'affari annuo delle imitazioni statunitensi, pari a circa 2,5 volte il valore dell'export dei prodotti nostrani. Si va dal Parmesan, il più imitato, al Provolone del Wiscounsin, al Barolo ed al Tuscan Sun olive oil della California, che coprono sette atti d'acquisto su dieci di prodotto alimentare «italiano». Lo scontro sulle imitazioni e l'uso improprio di nomi geografici per i prodotti alimentari si inserisce nella più generale questione della proprietà intellettuale, regolata dall'accordo Trips (Trade related Aspects of Intellectual Property rights), negoziato nel corso dell'Uruguay Round (1986-1994). L'accordo sulla proprietà intellettuale investe due aree principali, i copyrights, ovvero la difesa del diritto d'autore di scrittori e artisti e delle performance di attori, cantanti e musicisti, e la proprietà industriale, ovvero i marchi, i brevetti, il design e i segreti commerciali. I Trips hanno sollevato molte polemiche per l'uso antisociale che ne è stato fatto, ad esempio sui medicinali salvavita, che, a causa dei prezzi elevati dei produttori detentori dei brevetti, erano impossibili da acquistare per molti paesi del terzo mondo, e per i quali è stata decisa fino al 2016 una deroga all'accordo. Ma al centro del dibattito è anche la difesa dei marchi o brand, che permettono a molte aziende di spuntare prezzi molto superiori al reale valore della merce, solo in virtù del particolare segno da loro apposto sul prodotto. Una maglietta o una paio di scarpe vengono vendute a un prezzo enorme solo perché hanno il logo di Benetton, Diesel o Nike, che, attraverso campagne pubblicitarie e tecniche di marketing, riescono a differenziarsi da altri produttori, attribuendo al loro marchio un valore aggiunto ideale che va al di là del valore d'uso effettivo. E' solo per questa ragione che tante aziende Usa e Ue hanno potuto continuare a operare in settori a bassa tecnologia e a garantirsi profitti elevatissimi, contrastando la concorrenza di prodotti del terzo mondo che possono contare su un costo della manodopera sensibilmente inferiore. Di fatto i Trips finiscono per creare delle condizioni di monopolio in mercati che altrimenti sarebbero soggetti a una forte competizione, malgrado la mission dichiarata del Wto di liberalizzare i mercati mondiali. Le restrizioni imposte dai Trips sono più forti che in passato. Ad esempio, l'articolo 23 dell'accordo estende la protezione garantita dalla precedente Convenzione di Parigi, proibendo finanche espressioni come «tipo», «stile», «imitazione» accanto al nome dell'indicazione geografica. Se lo scontro tra paesi terzi (Gruppo dei 23), guidati da paesi di nuova industrializzazione come Cina, Brasile e India, e paesi industrializzati è apparso occupare il proscenio dell'incontro di Cancun, il contrasto di fondo rimane quello tra le due potenze economiche più importanti, gli Usa e la Ue, anche sull'agricoltura e sulle indicazioni geografiche. Difatti, la stragrande maggioranza delle imitazioni, che sottraggono mercato ai prodotti italiani, non vengono da paesi del terzo mondo ma da Usa e Canada. Non è un caso che lo scontro avvenga su questioni come quella agricola o delle indicazioni geografiche tipiche, in quanto rappresentano, specialmente in una situazione di crisi e livellamento dei prezzi verso il basso, dovuto all'aumento della produttività nei settori dove la competizione si basa sull'efficienza delle economie di scala, un ambito dove i margini di profitto possono essere difesi con più successo, in virtù di specificità naturali che pongono limiti all'introduzione delle nuove tecnologie. Gli ogm rappresentano insieme un tentativo di superare questi limiti, introducendo tecnologie che riducono i vincoli naturali all'aumento della produttività della terra, e uno strumento degli Usa per penetrare nel ricco mercato europeo. Una necessità questa, per gli americani, schiacciati da un enorme deficit commerciale estero. Il fallimento di Cancun rivela la problematicità di una globalizzazione che, scontrandosi con una crisi strutturale dell'economia capitalistica e con le difficoltà degli Usa nei confronti di Ue e Cina, vede la pericolosa riaffermazione di protezionismo e monopolismo, nonché la messa da parte degli Usa del multilateralismo degli organismi internazionali che non controllano perfettamente, a favore di accordi bilaterali con partner scelti di volta in volta.
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