cantiere continuo e illegale



dal corriere.it mercoledi 17 settembre 2003

AMBIENTE & CEMENTO

Cantiere continuo all'Elba. E i ruderi diventano ville

Negli otto comuni dell'isola toscana ci sono progetti per 1,4 milioni di
metri cubi

DAL NOSTRO INVIATO
PORTOFERRAIO (Isola d'Elba) - Il giorno che un go-kart approdò sulla
spiaggia di Pianosa fu davvero un giorno speciale. Certo, nell'arcipelago
toscano la gente vive da secoli nel mito dello sbarco degli argonauti sulla
spiaggia delle Ghiaie, dove si asciugarono i sudori macchiando per sempre i
candidi sassi. L'arrivo di un go-kart dal mare, però, spalancò a tutti la
bocca per lo stupore: «Ooooh!». Gli unici a non stupirsi più di tanto furono
Umberto Mazzantini e i suoi amici di Legambiente. I quali già non s'erano
meravigliati quando le acque di un insignificante torrentello, rovesciandosi
furiose a valle, si erano portate via il 4 settembre 2002 la pista e i
capannoni e i go-kart e tutto ciò che avevano trovato sul loro cammino nella
piana di Marmi, tra Procchio e Marina di Campo.
Tutti lo sanno, da sempre, che i torrenti dell'Elba certe volte possono
gonfiarsi di colpo e venir giù con la violenza di un fiume in piena.
Tutti, meno quegli scriteriati che da qualche anno, indifferenti ai racconti
dei nonni e agli studi degli scienziati, cercano di occupare
sistematicamente le aree umide di fondovalle. Come la combriccola di
costruttori edili e funzionari comunali e giudici e prefetti travolta
dall'inchiesta giudiziaria sul complesso di Procchio, sulla costa nord, a
una manciata di chilometri da Portoferraio.
Al centro della vicenda c'è una vasta area nel cuore del centro balneare, a
pochi metri dal mare. Posizione strategica ma infelice: ci passano in mezzo
il Fosso di Procchio e un altro torrente, che con qualche approssimazione
sono stati imprigionati in una condotta che alla prima pioggia battente
salta. Come successe appunto l'anno scorso, quando tutta la zona andò di
nuovo sotto dando vita a un bacino che Sergio Rossi, il corrosivo direttore
del sito internet «elbareport.it», bollò col toponimo irridente di Lago
Papera. Nome da allora usato da tutti coloro che si oppongono al progetto.
Il quale prevede la costruzione di un palazzone di 7.500 metri quadri con
decine e decine di appartamenti e appartamentini.
Un progetto sventurato. Che nonostante la mancanza di alcuni requisiti
essenziali e la fierissima opposizione degli ambientalisti, era riuscito a
ottenere (miracolo!) un permesso d'iniziare i lavori.
Infatti il cantiere è lì. Orrendo. Enorme.
Immensamente sproporzionato rispetto al paese, alla strada, alle colline
alle spalle. Bloccato. L'inchiesta condotta dai magistrati di Genova ha
scovato un sacco di cose che non tornano. Prima fra tutte la sentenza con
cui il dirigente dell'ufficio dei gip di Livorno Germano Lamberti, cugino
del sindaco della città toscana, Gianfranco Lamberti, decise di bocciare la
richiesta di sequestro del cantiere che gli aveva passato il pm di Livorno
Antonio Giaconi.
No, rispose il giudice: richiesta respinta, tutto in regola, avanti coi
lavori. Non sapeva che, la notte dopo aver ricevuto il fascicolo, era stato
intercettato mentre consigliava, lui, al protagonista principale della
speculazione edilizia, il costruttore Uberto Coppetelli, quali carte
procurarsi per avere un verdetto favorevole. Una telefonata galeotta. Come
tante altre registrate dagli investigatori tra i vari personaggi coinvolti:
il giudice, il costruttore, il prefetto di Livorno Vincenzo Gallitto, il suo
ex vice, Giuseppe Pesce ora prefetto di Isernia, un paio di costruttori
pistoiesi e il dirigente dell'ufficio tecnico del comune di Marciana
Gabriele Mazzarri. Chiacchierate in cui, dice l'Ansa, c'è chi parla di
«distruzione delle prove», chi chiede in cambio dei piacerini un
appartamento «non sulla strada, ma in una posizione migliore, sul dietro,
dalla parte del giardino», chi rassicura gli amici che «no, non c'è alcuna
inchiesta della magistratura in corso». Insomma: un pasticciaccio. Esploso
col blocco del cantiere, l'arresto dei costruttori, del funzionario e del
giudice e la richiesta di manette anche per i due prefetti. Giusto ciò che
mancava per rendere immortale questa estate elbana. Che ne già aveva viste
di tutti i colori. L'arresto di agenti di polizia generosissimi nei permessi
di soggiorno a quelle signorine che accettavano di mostrarsi carnalmente
riconoscenti. La catena di incendi dolosi, uno dei quali finito in tragedia
con la morte di una turista.
Lo scandalo del viaggio a Montecarlo della Comunità Montana da allora
ribattezzata Comunità Mondana: un giretto da 80 mila euro con mogli e amici
finito dopo mille polemiche con le irate dimissioni («Vergogna! E' una
congiura!») del presidente forzista Mauro Febbo il quale, a conferma della
statura morale, ha confessato giusto l'altro ieri di essersi pure messo in
tasca «otto o novecentomila euro» che gli erano stati affidati da piccoli
risparmiatori.
Mai vista un'estate così. Come mai si era visto, dal tempo in cui cessarono
gli sbarchi di etruschi, greci, pisani, saraceni, inglesi, francesi, tanti
tentativi di conquistare questo o quel pezzo delle pregiatissime spiagge
dell'arcipelago. Basti dire che, sulla base dei soli «piani strutturali» dei
suoi otto comuni, l'Elba dovrebbe essere arricchita (dicono i sindaci) o
infestata (dicono gli ambientalisti) da altri 1.462.714 metri cubi di
villaggi turistici e palazzi e attività commerciali. Per capirci:
l'equivalente di un condominio largo 15 metri, alto 20 (sette piani) e lungo
4 chilometri e 875 metri. Il tutto, dicono, per venire incontro alle
«esigenze abitative» di una popolazione che pure, dal 1951, è calata da 29 a
28 mila abitanti.
Tutto regolare? Sì e no. Certo, l'Elba resta bellissima, non vedi qui come
in tutta la Toscana e il Centro-nord, i quartieri interamente abusivi come a
Giugliano, le coste devastate dal cemento selvaggio come in Calabria, le
case perennemente in costruzione con i piloni nudi come in Sicilia. Ma anche
qui, in questo gioiello che è l'arcipelago toscano, puoi vedere mille esempi
d'un abusivismo più subdolo e nascosto ma non meno pernicioso. Come il
rudere di 40 metri a Porto Azzurro trasformato dal senatore della Margherita
Andrea Rigoni (condannato a otto mesi col costruttore, il solito Uberto
Coppetelli) in una villa di 300 metri quadri. O l'osceno complesso abusivo
abbandonato e mai abbattuto che sfregia lo Spalmatoio di Giannutri. O ancora
il mostro di cemento armato di 32 mila metri quadri che avrebbe dovuto
storpiare per sempre la collina di Pontecchio se Legambiente non fosse
riuscita a dimostrare che sarebbe sorto proprio dentro il territorio del
parco naturale. O ancora le manovre intorno alla vendita, decisa da
Tremonti, di Pianosa, che fa gola a tutti con quel vecchio carcere e quel
paesino da ristrutturare. O intorno all'isoletta di Cerboli. Un coriandolo
perso nel Tirreno. Ma un coriandolo che, con un gioco di società anonime
incastrate l'una nell'altra come scatole cinesi, è finito al centro di un
complesso gioco sui tavoli della City a Londra. Business is business. E chi
se ne frega del picchio muraiolo...



Gian Antonio Stella