SARDEGNA, SCORIE RADIOATTIVE: NON POSSIAMO RESTAREINDIFFERENTI!



Per un futuro che rispetti la nostra storia


Ci hanno fotografato ai raggi X. Per smaltire cinquantamila metri cubi di
scorie radioattive, il Governo e la società statale Sogin pensano - si
legge nei resoconti parlamentari - <<a miniere abbandonate di ogni tipo>>,
in zone scarsamente abitate e al riparo dai terremoti, preferibilmente in
territori dove sia forte una presenza militare in grado di assicurare la
protezione armata, da terra e dal cielo, contro attacchi a un simile
<<obiettivo sensibile>>, come viene definito dopo l'11 settembre.
Viene in mente prima di tutto il Sulcis Iglesiente, dove pozzi e gallerie
dismessi non si contano. Ma anche altre zone dell'Isola, dove il lavoro e
la sofferenza dell'uomo hanno scavato, nei secoli, chilometri e chilometri
di fango e roccia in cambio di pane e silicosi. Un sacrificio estremo che
non può essere ricompensato con gli sgravi fiscali e i contributi in denaro
che lo Stato promette alla regione che si accollerà il materiale
nucleare:l'obolo è previsto dal disegno di legge del ministro Marzano -
"Riordino del settore energetico", articolo 27 - che sarà discusso tra
dieci giorni alle Camere. Un premio che si esaurirà ben prima della
radioattività, la cui vita è calcolata in trecentomila anni per i metalli
più pericolosi e in duecento per quelli a più rapida consunzione. Il
concetto "chi inquina paga", ispiratore delle prime politiche ambientali
degli anni Settanta, è stato rovesciato dal Governo: chi paga può
inquinare, per l'eternità. Nei ministeri si parla, in via ufficiosa, di
premi per sei, sette, dieci milioni di euro alla popolazione che accetterà
la sepoltura dei cadaveri delle centrali atomiche uccise dagli italiani con
il referendum del 1987. Producevano energia sporca, tuttavia a prezzi
sicuramente inferiori rispetto al carbone che alimentava le ciminiere
sarde: l'Isola non ha mai ricevuto un kilowatt da quei generatori e adesso
rischia di accollarsi gli avanzi - andati a male, per giunta - del
banchetto.
Generali, ministri e sottosegretari adesso - ma soltanto adesso che la
gente comincia a dire basta - si affannano a far sapere che vigileranno,
che nulla è deciso, che tutto è sotto controllo. Però a domanda diretta,
nessuno si sente di escludere che l'Isola possa diventare la pattumiera
nucleare di rifiuti italiani e persino francesi. Cinquantamila metri cubi
di plutonio, uranio e altre sostanze. Un grattacielo di sessanta piani a
testa in giù: i sardi non vogliono che venga calato nelle viscere di quella
terra che gli uomini scavavano, le donne portavano in superficie e in mezzo
alla quale i bambini giocavano e si sporcavano allegramente la faccia in
attesa del ritorno dei genitori ingobbiti dal dolore di una giornata in
galleria.
Per queste miniere, preziose per la loro storia umana più che per i beni
che si estraevano, era stato ipotizzato un futuro radioso; turismo,
escursioni e mostre, lavoro qualificato per i figli e nipoti degli operai,
razza in via di estinzione, braccata in ogni angolo del mondo dalla
rampante eppure già agonizzante New Economy. Dov'è il Parco geominerario?
Sono stati aperti pochissimi percorsi, poi il cammino si è interrotto.
E nel Sulcis c'è già chi comincia a fare due più due. Illazioni certamente
infondate, visto che l'inettitudine della politica e della burocrazia sa
essere assai più potente delle ricchissime lobby dei rifiuti, radioattivi o
normali che siano. Ma in assenza di risposte chi può fermare i cattivi
pensieri? In ritardo come sempre, la Sardegna rischia di essere nell'era
nucleare quando il resto d'Italia l'ha consegnata al passato. Eppure oggi
l'Isola reagisce. <<Se tutte le regioni si comportassero così, noi come
faremmo a scegliere il sito per le scorie?>>, domandano adesso con
preoccupazione alla Sogin.
E' una questione di memoria, di memoria viva e di futuro: il bene di questa
e delle prossime generazioni impongono per le donne e gli uomini che hanno
donato sangue in miniera un monumento ben diverso da un sarcofago
radioattivo.

Questo articolo è tratto da un supplemento de L'UNIONE SARDA del 8 Giugno 2003.


Non possiamo rimanere indifferenti difronte all'ennesimo tentativo di
prevaricazione nei confronti del Popolo Sardo, abbiamo il diritto ed il
dovere di tutelare la salute della nostra gente e della nostra terra.
E' il momento di farsi sentire, di alzare la voce, e di diffondere questo
fatto, visto che a livello nazionale c'è un totale silenzio.
Questo messaggio è rivolto non solo ai SARDI ma a tutti gli AMICI del
nostro popolo facciamoci sentire e gridiamo un fermo

NO ALLE SCORIE!!!   

Mandate questo messaggio a tutti i componenti della vostra mailing list in
modo che possa diffondersi rapidamente!

FORZA PARIS!!