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Dow Chemical - Non solo Bophal... sta anche a Marghera! incendio il 28 novembre
- Subject: Dow Chemical - Non solo Bophal... sta anche a Marghera! incendio il 28 novembre
- From: Paola Lucchesi <paola.lucchesi at mail.inet.it>
- Date: Mon, 16 Dec 2002 23:44:30 +0100
Dal bollettino GEVAM (vedi http://www.gevam.it), due notizie sull'incendio/esplosione a Marghera, poco piu' di due settimane fa. Visto che io la Tv la guardo molto poco, la notizia mi sarebbe probabilmente sfuggita comunque. C'e' qualcuno di voi che puo' confermare che i TG RAI l'hanno praticamente censurata, come si sostiene da piu' parti nei testi qui sotto. Mi colpisce la "coincidenza", visto che avevo appena sottoposto alla vostra attenzione dei materiali sulla Dow Chemical e le guerre di informazione che le ruotano intorno - particolarmente a proposito dei disastri ambientali causati da impianti chimici. Forse qualche "hacker" nostrano rifara' un sito-parodia su Marghera? paola ---------------------------------------------------------------- News GEVAM n. 90 del 16 dicembre 2002 - Area Tematica: Ambiente e Volontariato La prima e la più diffusa newsletter telematica di informazioni ambientali e del volontariato ORGANO DI STAMPA INTERASSOCIATIVO del Gruppo GEVAM - Onlus 3 La Rai, ancora formalmente servizio pubblico, ha praticamente cancellato qualsiasi informazione sull'incendio alla Dow Chemical di Porto Marghera. Quanto è costato alla multinazionale Dow Chemical questo silenzio? Che fine ha fatto il servizio pubblico? Fonte: Segreteria Stampa Nazionale - Partito Umanista Eppure l'incendio scoppiato la sera del 28 novembre ha sprigionato una nube sicuramente contenente acido cloridrico, responsabile dei bruciori avvertiti da molti cittadini. Per non parlare di altre sostanze come toluene, xilene, benzene, ossido di azoto e ossido di carbonio. E solo fra qualche giorno sapremo se c'è anche la diossina. Perché questo silenzio? Eppure tutti devono sapere che: La Dow Chemical è una multinazionale presente in tutto il mondo, che tra l'altro ha acquisito la Union Carbide, dal cui stabilimento a Bhopal fuoriuscirono, nella notte tra il 2 e 3 dicembre 1984, 40 tonnellate del gas mortale Isocianato di Metile (MIC). Migliaia di persone morirono di una morte orribile, annegando nei propri liquidi corporei, con polmoni e occhi in fiamme. Decine di migliaia di persone rimasero mutilate quella stessa notte. Col passare del tempo si svilupparono malattie e l'acqua potabile nei quartieri contaminati dal gas divenne tossica, producendo quindi in modo costante tutto un'insieme di seri rischi per la salute. Negli ultimi 18 anni il numero di persone le cui vite e cui corpi sono stati distrutti supera i 200.000. A tutt'oggi muoiono 30 persone al mese a causa di malattie collegate all'esalazione di gas e più di 120.000 persone avrebbero bisogno di urgenti cure mediche. Di queste, 80.000 sono troppo malate per svolgere lavori manuali, e sono quindi incapaci di sostenere le loro fami glie. La Dow Chemical, attuale proprietaria degli impianti di Bhopal, ancora non si decide, a distanza di 18 anni, a rimuovere le centinaia di tonnellate di rifiuti tossici dal sito. Inoltre: - la Dow Chemical è stata uno dei maggiori fornitori di Agente Arancio (defoliante a base di diossina) dell'esercito americano durante la guerra in Vietnam; - produce inoltre numerose sostanze a base di cloro (PVC, pesticidi, solventi), ritenuti fonte di numerose sostanze tossiche, tra cui le diossine; - Negli Stati Uniti 8 donne hanno intentato una causa contro la Dow Chemical per protesi difettose; 1.800 donne si sono costituite parte civile. La Dow Chemical fu dichiarata colpevole di negligenza nella sperimentazione delle protesi, avendo mentito sui rischi connessi alla loro applicazione. Perché quindi questo silenzio? Tutti devono sapere anche che: nonostante tutto ciò, l'anno scorso la EniChem, controllata dall'Eni, ha ceduto alla Dow Chemical la propria divisione Poliuretani per 400 milioni di euro, e ha acquistato dalla Union Carbide il 50% di Polimeri Europa S.r.l. al prezzo di 204 milioni di euro, guadagnando da questo affare 196 milioni di euro. Perché questo silenzio? Il servizio pubblico non è più al servizio del pubblico, ma delle multinazionali? Carlo Olivieri, Segreteria Stampa Nazionale - Partito Umanista via Michele Bonelli 4 - 00168 Roma tel. 06.5500620 - fax 06.55178469 5 TUTTE LE POLEMICHE SULL'ESPLOSIONE A MARGHERA. Il solito balletto di interventi "a caldo", con i loro luoghi comuni e banalità, contraddizioni ed edulcorazioni, per poi tornare all'oblio. Una cosa pare certa: il servizio pubblico d'informazione è stato vergognoso ... ci fosse qualcuno che capisse qualcosa di ambiente. Fonte: E-gazette mailto:segreteria.redazione at e-gazette.it http://www.e-gazette.it Milano, 2 dicembre - La Prefettura, che ha coordinato le operazioni di emergenza, conferma che "non c'è stata una fuoriuscita di sostanze tossiche, si sono dissolti nell'aria solamente i residui di combustione che non dovrebbero rappresentare alcun pericolo per i cittadini". Questo quanto ha detto a e-gazette Enrico Caterino. Il resto, ossia la valutazione delle responsabilità dell'incidente e le decisioni in merito alla ripresa delle attività dell'impianto spetta alla magistratura che è all'opera presso l'impianto di Porto Marghera. Intanto, il ministro dell'ambiente, Altero Matteoli, è in contatto con le autorità veneziane per valutare la gravità dell'incidente. "Le cause sono ancora tutte da scoprire, è la prima volta che si verifica un'esplosione di questo tipo", ha detto Paolo Casciato, responsabile della comunicazione di Dow Chemical, raggiunto stamattina sul cellulare mentre si trovava ancora a Porto Marghera. "L'impianto è sempre stato regolarmente controllato e lo scoppio ci ha colto alla sprovvista. Abbiamo comunicato l'incidente nel giro di mezz'ora e i quattro operai coinvolti sono stati portati immediatamente all'infermeria interna", aggiunge il responsabile Dow. Adesso le autorità stanno compiendo dei sopralluoghi allo stabilimento per valutare se ci sono i presupposti per aprire un'inchiesta. Non ci sono quindi ancora notizie certe sulle sorti dell'impianto, la cui attività è ferme da ieri sera. Alla Dow, che ha acquistato la divisione poliuretani nel febbraio 2001 da Eni (gli altri stabilimenti si trovano a Brindisi, Prio lo (Siracusa) e Tertre (Belgio), sono pronti a risolvere la situazione nel più breve tempo possibile e a riprendere la produzione non appena saranno concluse le verifiche del caso. Per il momento, come spiega Casciato, "sappiamo solamente che lo scoppio è stato causato dal surriscaldamento di uno dei serbatoi del reparto Td5 della Dow Poliuretani impegnati nella produzione di Tdi", aggiunge il responsabile comunicazione Dow. L'esplosione, quindi, ha causato la fuoriuscita del toluene, una sostanza che serve per distillare il Tdi rimanente dalla miscela. "Fortunatamente l'incendio ha bruciato la miscela di toluene, incenerendola e scongiurando la diffusione di sostanze tossico nocive fra la popolazione. I fumi, inoltre, non hanno superato i limiti dell'area dello stabilimento anche grazie alla quasi totale assenza di vento", concludono alla Dow. Duri i commenti delle associazioni ambientaliste, Fulco Pratesi, presidente del Wwf, ha infatti dichiarato che "Marghera è una zona a rischio delle più pericolose tra le numerose che esistono lungo le coste italiane: 'bombe a orologeria che potrebbero dare problemi gravi nei prossimi anni anche perché obsolete''. Da parte di Federchimica, dove proprio il giorno precedente all'incidente si è svolto il convegno "Certificazione, quali vantaggi per le imprese e la comunità", non c'è ancora nessuna presa di posizione ufficiale. L'associazione delle imprese del settore, infatti, aspetta di avere notizie più dettagliate sulle cause dello scoppio. "Sembra chiaro che il sistema industriale di Marghera sia prossimo al collasso": dice il presidente della giunta regionale Giancarlo Galan. "E' diventato urgente, drammaticamente urgente garantire la sicurezza di chi ancora vi lavora e di chi vive nell'intera area veneziana. Probabilmente ha ragione chi pensa ad alternative radicali per il futuro di quest'area. In breve, è bene che si avvii al più presto il ripensamento su di un'area che deve poter vivere secondo gli schemi di un corretto equilibrio ambientale e non, come è stato fino a d ora, in una continua e permanente emergenza ambientale". "Mi sembra che l'allarme sia partito ancora una volta troppo tardi" osserva il prosindaco di Mestre Gianfranco Bettin. L'ecologista Fulco Pratesi ha rilevato che Marghera è "una zona a rischio delle più pericolose" tra le numerose che esistono lungo le coste italiane: "bombe a orologeria che potrebbero dare problemi gravi nei prossimi anni anche perché obsolete. Aver costruito una cosa come quella accanto a Venezia è una follia. Sarà stata fatta molti anni fa ma è una follia lo stesso". "Anche in questo caso, come nel disastro di Bhopal, (accaduto 18 anni fa) l'azienda non ha comunicato tempestivamente i composti che si sono sprigionati, rendendo impossibile come a Bhopal un mirato intervento sanitario qualora ce ne fosse stato bisogno - accusa Fabrizio Fabbri, direttore scientifico di Greenpeace -; se il rogo si è sviluppato in un deposito di peci clorurate, che sono pericolosi scarti di lavorazione, non si è liberato nell'aria solo del toluene, ma le sostanze più pericolose per la salute che si possa immaginare, come pcb, diossine, furani ed esaclorobenzene". Per Greenpeace, "l'accordo sulla chimica, siglato tra tutte le parti sociali per migliorare la situazione ambientale, è ormai carta straccia. Lo dicono gli operai, lo dicono il presidente della Regione ed il prosindaco di Mestre che a Marghera si vive in una continua e permanente emergenza ambientale, che il sistema industriale è prossimo al collasso e che bisogna immediatamente ripensare il futuro dell'area, non lo diciamo solo noi". Solo la delocalizzazione delle produzioni pericolose e la bonifica dei siti inquinati può evitare il ripetersi di incidenti. Lo afferma la Legambiente secondo cui "Marghera è una bomba ad orologeria. Industrie a rischio di incidente rilevante, rifiuti tossici, fanghi contaminati: tutto pronto a saltare per un inconveniente. Un piccolo incendio, a Marghera, innesca una situazione da allarme rosso. Un'inondazione può diffondere sul territorio sostanze altamente tossic he e contaminare il territorio. Un'esplosione innescherebbe un effetto domino tale che non tarderebbe ad arrivare al centro abitato di Marghera e anche a Venezia". "Chiederemo risposte chiare all'azienda sulle misure da adottare per prevenire ulteriori eventi" annuncia Renzo Morosini a nome del consiglio di fabbrica del Petrolchimico. "L'allarme è scattato alle 19.45. In tre minuti erano già presenti sul posto i nostri uomini addetti alla sicurezza. Nonostante quanto accaduto è un impianto all'avanguardia in termini di tecnologia". La necessità di mandare avanti il lavoro di riconversione delle attività industriali di Marghera è stata al centro della presa di posizione del Presidente della Provincia di Venezia, Luigino Busatto. "L'incendio al Petrolchimico ha riproposto in tutta la sua gravità il problema della sicurezza per la popolazione che vive a ridosso di un'area industriale tra le più pericolose d'Europa". "Insufficiente, per non dire pessimo o indecente", il presidente del Consiglio regionale del Ven eto, Enrico Cavaliere (Lega), definisce così il modo in cui il servizio "pubblico radiotelevisivo" ha informato i cittadini sull'incidente di Marghera. "Non so di chi siano le responsabilità di una gestione così disastrosa del ruolo dell'informazione pubblica se sia cioè dipesa dai vertici romani di viale Mazzini e di Saxa Rubra o da quelli veneziani di Palazzo Labia, sede regionale della Rai Veneto. Certo è che non ci sono scusanti che giustificano un comportamento così scandaloso". "C'è un patto per la chimica che deve essere rispettato; bisogna gestirlo in modo da uscire in positivo da situazioni a rischio". Lo ha detto Nicola Tognana, vicepresidente di Confindustria, commentando con i giornalisti, a Treviso, la fuga di gas a Marghera. "Evidentemente noi possiamo pensar e di avere dei rischi calcolati, ma il rischio zero assoluto non esiste, perché non esiste neppure in casa", precisa Tognana. "Per Porto Marghera penso che sia venuta l'ora di pensare di cambiare radicalmente". Lo ha ribadito il presidente della Regione del Veneto Giancarlo Galan. "Certo è una situazione difficile, complicata. Intanto c'è un problema di base: è meglio tenere la chimica tutta concentrata in un posto, o forse non è più pericoloso dividerla in dieci posti diversi? Altra domanda: può restare lì sulla gronda lagunare, in laguna di Venezia, nell'ecosistema più delicato del mondo? E se decidiamo di no, occorre tenere conto che ci sono migliaia e migliaia di persone che dipendono da Marghera. Certo col senno di poi non l'avremmo mai dovuto costruire quel sito e oggi ci dobbiamo porre seriamente il problema di trasferirlo, credo che sia venuto il momento".
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