legambiente:pianeta terra i danni della globalizzazione



 
Il rapporto di Legambiente 
Pianeta Terra, i danni della globalizzazione 
Sabrina Deligia 
 
Smog, siccità, desertificazione, effetto serra, povertà, tutti mali
riconducibili allo stesso problema: la vertenza ambientale. Negli ultimi
anni si è fatto poco o nulla per salvare il Pianeta. E allo stato delle
cose una via socio-economia alternativa alle attuali è quanto mai
necessaria, la questione ambientale ne rivendica l'urgenza. Dalla prima
Conferenza mondiale su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro al prossimo
appuntamento di settembre in Sudafrica, a Johannesburg, sono passati dieci
anni e il bilancio di tutti gli impegni e di tutte le promesse fatte è
davvero pessimo. Abbiamo sprecato un decennio di obiettivi più o meno
ambiziosi sia a livello nazionale che internazionale. Un decennio
caratterizzato da una sfrenata globalizzazione economica. Dal 1992 ad oggi
pochissimi passi avanti sono stati infatti compiuti in campo ambientale,
mentre le dinamiche della globalizzazione hanno acuito il divario tra i
popoli del Nord e del Sud del mondo, favorendo l'aggravarsi delle
condizioni di vita dei più poveri. Impegni e obiettivi della disfatta del
Pianeta Terra sono stati diffusi ieri da Legambiente, che a Roma ha
presentato il "Rapporto Ambiente Italia 2002". A Rio, ad esempio, dieci
anni fa, vennero siglate convenzioni fondamentali sul clima e la
biodiversità: ma oggi la riduzione delle emissioni di anidride carbonica è
poco più che una speranza e la biodiversità è prigioniera dei brevetti di
poche multinazionali ed è pericolosamente minacciata dallo strapotere dei
paesi ricchi. «Per colpa di tutti i gas che alterano il clima - ha spiegato
il presidente di Legambiente Ermete Realacci - e che fanno registrare
livelli di concentrazioni mai avuti in precedenza e tassi di crescita molto
sostenuti, l'anidride carbonica nell'atmosfera ha raggiunto livelli mai
superati nei passati 420.000 anni e, probabilmente, nei passati venti
milioni di anni». Tanto che in Italia la concentrazione di anidride
carbonica è cresciuta dell'11,9% dal '90 ad oggi e negli Stati Uniti,
principali produttori di gas serra, si attesta su un aumento del 29%. E ad
incidere profondamente sull'inquinamento il rapporto indica le emissioni
causate dai trasporti, responsabili, solo in Europa, del 25% della
concentrazione di anidride carbonica. Dall'analisi dei cento indicatori
presi in esame da Legambiente emerge dunque con evidenza l'interdipendenza
di una economia e uno sviluppo incentrati sostanzialmente sullo
sfruttamento del petrolio e molti altri fattori che determinano gravi
squilibri ambientali e sociali su scala mondiale. E proprio i paesi in via
di sviluppo sono e saranno i più colpiti dagli effetti dei cambiamenti
climatici, dai quali non potranno difendersi per mancanza di risorse,
strutture e tecnologie. Fatti che, alla vigilia del Forum sociale mondiale
di Porto Alegre - per dirla con il presidente di Legambiente, Realacci -
chiamano i paesi ricchi, e in particolare l'Italia, a onorare tre impegni
«formalmente sottoscritti ma mai nemmeno avvicinati»: ridurre del 6,5% le
emissioni di anidride carbonica entro il 2010 rispetto al '90, destinare lo
0,8% del Prodotto interno lordo alla cooperazione per lo sviluppo,
dimezzare entro 10 anni il numero delle persone sottonutrite nel mondo.  

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