[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
terra e fame
- Subject: terra e fame
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 12 Jul 2001 18:33:18 +0200
dalla rivista del manifesto luglio 2001 Materiali per genova Carmine Nardone TERRA E FAME I1 libro di José Bové e Francois Dufour Il mondo non in vendital è una testimonianza importante dell gravi contraddizioni dello sviluppo globale e del nostro tempo. Spesso il mondo rurale è stato considerato con sufficienza - se non con qualche pregiudízio - da part della sinistra perché ritenuto arcaico e conservatore. 1 movimento di José Bové, dei suoi amici e di tutta 1a Confederation paysanne, non e' il primo movimento nato nel mondo rurale con connotazioni chiaramente antagoniste al grande capitalismo: nella stessa Francia ad esempio, si ebbe, negli anni settanta ed ottanta 1'incisiva iniziativa politica di Bernard Lambert (peraltro, ricordato nel libro). Il quale, agricoltore e allevatore di polli, sperimentando sulla propria pelle la continua erosione di autonomia, che lo trasformava in un cottimista decentrato di una catena multinazional awiò una contestazione radicale del modello produtti vo che si delineava. Egli diede vita ad un movimentc politico e culturale e scrisse uno dei libri più significa tivi dal titolo eloquente: Contadini e lotta di classe pubblicato in Italia dall'Editore Coines. Il ricordo di Bernard Lambert suscita in me anche un po' di emozione, per i rapporti personali, culturali e politic. intercorsi in quegli anni ,(collaborazione tra le rivistt «Agricoltura e società» e~ ~~Nouvelles Campagnes»). In particolàre, ricordo uu comizio o a Parigi, tenuto insieme a lui, in occasíone della `guerra del vino' contro i corporativismi agricoli. Non avevo una buona conoscenza della lingua e ne venne fuori una sorta di grammelot franco-napoletano. Ho citato questo episodio per dire che Bové non è una figura estemporanea, sorta dal nulla, ma viene da una storia politica che in Francia ha avuto elementi di radicalità. Che in Bové ritroviamo, nei riferimenti a Bakunin e a Marx: 1'affinita' di pensiero con il primo, credo più di natura romantica ed affettiva, si sostanzia nell'idea che «ciascuno è autonomo e padrone del proprio lavoro, un lavoro produttivo e creativo»; mentre è più lontano dalla sua sensibilità il pensiero di Marx, «incentrato unicamente sul recupero del plusvalore e del ruolo dell'operaio di fronte al capitalismo». II fatto, inoltre, che Lambert, Bové e Dufour, leaders in tempi diversi dei movimenti di protesta, siano agricoltori veri e propri, è di per sé un fatto di caratterizzante originalità. Il mondo non e' in vendita rende accessibili fatti, contraddizioni, squilibri spesso ignorati dalla sinistra europea ed ha una trascinante capacità di comunicazione. La sua peculiarità risiede nel fatto che coglie appieno il disagio crescente di una vasta area sociale, alle prese con gli effetti dirompenti e inediti dei processi di globalizzazione. Da qualche anno gli abitanti del pianeta hanno superato i 6 miliardi: il secolo scorso ci consegna straordinarie conquiste per I'umanità e gravissimi problemi irrisolti. Sotto questo profilo la contraddizione più evidente è tra il crescente progresso di una parte ristretta dell'umanità e la miseria e il peggioramento delle condizioni di vita - sempre che tale si possa definire - della stragrande maggioranza degli individui. Il mondo di Bovè e Dufour, descritto con puntualità e concretezza, è quello che, negli ultimi anni, i mezzi di comunicazione di massa, in coincidenza con eventi straordinari (conflitti, calamità ecc.), hanno comunque reso visibile: si tratta della precarietà degli equilibri mondiali. Questo pone all'attenzione di tutti, e con rinnovata urgenza, il tema degli squilibri globali, con milioni e milioni di essere umani privi di un livello vita(e minimo di alimentazione: le immagini di masse sterminate di uomini e donne senza cibo scivolano addosso ai cittadini ipernutriti dell'Occidente, sempre più assuefatti a tali eventi. Ora, Il mondo non è in vendita è un vero e proprio grido contro 1'ineluttabilità di un modello di sviluppo. La sua importanza, tuttavia, non la si ritrova solo nelle risposte, ma anche nelle domande: le questioni sollevate da Gilles Luneau, infatti, sono tanto cariche di contenuti da meritare delle riflessioni a parte. Tenendo presente il fabbisogno alimentare medio di un uomo (la stima Oms è di circa 2.000 calorie al giorno), si calcola che oggi, nel mondo, oltre 1 miliardo e 200 milioni di persone abbia una alimentazione insufficiente. Dunque circa 1/5 della popolazione del pianeta ha problemi alimentari: in altri termini, non arriva ad assimilare le 1.500 calorie al giorno pro-capite, a fronte delle 3.732 di un cittadino degli Stati Uniti e delle 3.500 di un cittadino europeo. Accanto alla tragedia della fame, c'è quella della sete: il 75% della popolazione rurale africana non ha acqua potabile. Lo stesso si registra in Estremo Oriente e in America Latina: in totale sono circa 600 milioni le persone che non hanno acqua definibile `potabile'. Queste drammatiche realtà esistono dopo secoli di sviluppo non orientato alla `sostenibilità', vale a dire di uno sviluppo che non si è limitato al `reddito' fornito dalle risorse naturali, ma ha intaccato direttamente il capitale. Tutto è diventato più insostenibile: ma, nonostante quest'aggressione alle risorse naturali non riproducibili, come mai tanta parte della popolazione mondiale muore di fame e contemporaneamente 1'Occidente spesso accumula eccedenze alimentari arrivando persino a distruggerle? II nesso - paradossale, ma inscindibile - che mette in relazione lo sviluppo di alcuni paesi al crescente sottosviluppo della stragrande maggioranza di altri, vede al suo centro la questione agricola e alimentare con le sue irrevocabili emergenze. Tali fenomeni sono più aggressivi in una fase di passaggio dell'espansione economica dalla forma multinazionale a quella transnazionale. Anche nel settore alimentare il capitalismo perde rapidamente la sua connotazione di `nazionalità' e `statualità', con la conseguente denazionalizzazione delle stesse politiche dei paesi sviluppati, cui si accompagnano nuove forme di dipendenze economiche e tecnologiche a carico dei paesi più deboli. I fatti descritti da Bové e Dufour sono riconducibili agli effetti prodotti con la transnazionalizzazione delle imprese e 1'awio di giganteschi processi d'integrazione spaziale e territoriale, sl che le imprese, in relazione alle esigenze di crescita e di espansione, possono scegliere nell'ambito dell'intero territorio del mondo, `cosa, come e dove', senza vincoli di sorta. Il mondo non è in vendita destabilizza alla radice I'assunto dominante di questa fase dello sviluppo mondiale e, cioè, che una maggiore produzione mondiale di cibo ne garantisce una maggiore disponibilita' nei paesi più poveri. La fame - si sostiene - è 1'effetto di una insufficiente produzione. Tutto viene affidato ad una sequenza cosl articolata: maggiore produzione = maggiore disponibilità = prezzi più bassi = maggiore potere d'acquisto = maggiore domanda. Questa sequenza dominante non ha trovato alcuna conferma concreta: negli ultimi anni sono aumentati del 20% le calorie pro-capite disponibili nel mondo, eppure la malnutrizione e' agli stessi livelli. Sono cresciuti sia gli ipernutriti che i malnutriti. Credo debba essere riconosciuta valida un'altra ipotesi che presuppone, però, il rovesciamento delle strategie dominanti; sposta il termine di partenza dalla produzione alla povertà e pone 1'accento sull'insufficiente capacità di accesso alla produzione in quanto tale, intendendola come la vera causa scatenante del problema. La sequenza è dunque rovesciata: riduzione della povertà = maggiore potere d'acquisto = maggiore domanda = maggiore produzione. Ancora oggi, comunque, i teorici della prima sequenza, che si richiamano alle riflessioni economiche di Adam Smith circa la «infallibilità del mercato», pongono 1'accento sul fatto che gli squilibri dipenderebbero dal persistere di aree di mancata o insufficiente globalizzazione. Tali affermazioni non trovano riscontro né negli effetti che i modi e le forme della globalizzazione sta producendo nel sistema agro-alimentare (come il libro di Bové denuncia), né in attenti e documentati studi mirati, pubblicati di recente. II Public Citizen's Global Trade Watch (citato, ad esempio, in: Lori Wallach, Michelle Sforza, Wto, tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Feltrinelli editore) documenta con puntualità i primi cinque anni di attività del Wto. Una descrizione efficace di come sia in atto una espropriazione continua del potere di scelta dei governi locali e nazionali. Le multinazionali e i burocrati prendono decisioni che interagiscono con la vita quotidiana delle persone, in mancanza di qualunque verifica democratica. Una crescente divaricazione tra economie e diritti: questo è il risultato. Sono molte le leggi nazionali d'interesse generale che vengono cancellate in quanto accusate di aver violato le norme Wto: anche quelle che difendono il pubblico interesse dei paesi più poveri sono abrogate perché infrangono le regole Wto. Tutto ciò che è in contrasto con gli interessi del Wto viene distrutto. In Guatemala era in vigore una norma che favoriva 1'allattamento al seno da parte della madri e impediva la pubblicità del latte in polvere: questo, però, cozzava contro gli interessi delle multinazionali del settore, che, per ristabilire il libero commercio dei prodotti, ricorsero al Wto. II quale, ovviamente, ~, , diede loro ragione: il risultato è stato un aumento delle morti per dissenteria tra i più piccoli, alimentati con latte in polvere diluito con acqua batteriologicamente infetta. In un mondo che ha scelto di competere esclusivamente sul fronte della riduzione dei costi, il sistema agro-alimentare, dopo la fine dei protezionismi, si è andato trasformando radicalmente. Infatti, prevalgono: le concorrenze sleali; la vulnerabilità dei sistemi sotto il profilo ambientale; 1'aggressione alle risorse naturali; il declino dei diritti dei lavoratori; la crescita dello sfruttamento minorile. Lo sviluppo, in questo contesto, ha comportato una esasperata omologazione tecnologica che cancella e deprime le diversità territoriali. II saggio di Bové e Dufour colma, dunque, un vuo di proposizioni e di riflessioni antagoniste alla globaliz~ zione: alcune posizioni troppo nette, però, non sono pienamente condivisibili. La complessità del mondo d'oggi richiede maggiore duttilità di analisi nella comprensione dei fenomeni; continua capacità di aggiornamento; comprensione piena che scienza e tecnologia non sono attività neutrali che ci dicono semplicemente com'è fatto mondo, ma attività di indagini selettive di alcuni de infiniti aspetti della natura, in virtù delle quali la scienza sceglie ciò che del mondo si deve rivelare e la tecnolog invece, gli strumenti da adoperare. Gli atti specifici ~ sviluppare nuove conoscenze o per creare nuovi strumenti hanno una dualita' peculiare: da un lato, sono trasformazioni della natura, dall'altro della società. Ciò signi ca che la maggior parte delle decisioni scientifiche e tecnologiche sono decisioni etiche. Del saggio di Bové e Dufour va comunque, accolto e sostenuto 1'antagonismo alla globalizzazione, presupposto e ragione prima del Ioro impegno politico e sociale. Vi è un'idea che può aprire, a mio awiso, spazi nuovi per azioni piu' efficaci: al fine di fare prevalere la globalizzazione dei diritti sulla globalizzazione dell'economia. I soggetti più sensibili a questi temi, e cioe' gli agricoltori, gli ecologisti e i consumatori possono e debbono unire le proprie forze, trovando negli enti local punto di riferimento nella costruzione una nuova rete di rapporti antagonistì in grado di canalizzare la loro azione contro le omologazioni, in direzione di un federalismo delle qualita' e delle differenze. Per concludere, il futuro degli agricoltori e' affidato ad una svolta strategica in grado di opporsi alle coordinate quantità-riduzione dei costi, senza ridursi solo alla ricerca di una generica e standardizzata qualità, naturalmente omogenea ai sistemi locali piu' forti. È necessaria, invece una risposta impostata sull'esaltazione delle diversita' delle originalità produttive e territoriali. Questo tipo di scelta non ha nulla a che fare con la retorica e la `musealizzazione' delle specificità locali di stampo esclusivamente conservatore. A1 contrario, sì tratta di programmare una combinazione virtuosa tra risorse locali e innovazioni specifiche e originali. J. Bové, F. Dufour, Le monde n ést pas une marchan~ Havas Poche 2001s:tr, it. Il mondo non 2 in vena Agricoltori contro la-gla~alizzazione alimentare, intem di G. Luneau, Feltrinéjl~~ 2001, L. 12.000.
- Prev by Date: clima e cibo: rapporto IIASA
- Next by Date: ecocidio e mucca pazza
- Previous by thread: clima e cibo: rapporto IIASA
- Next by thread: ecocidio e mucca pazza
- Indice: