terra e fame



dalla rivista del manifesto luglio 2001


Materiali per genova
Carmine Nardone

TERRA E FAME 

I1 libro di José Bové e Francois Dufour Il mondo non in vendital è una
testimonianza importante dell gravi contraddizioni dello sviluppo globale e
del nostro tempo.
Spesso il mondo rurale è stato considerato con sufficienza - se non con
qualche pregiudízio - da part della sinistra perché ritenuto arcaico e
conservatore. 1 movimento di José Bové, dei suoi amici e di tutta 1a
Confederation paysanne, non e' il primo movimento nato nel mondo rurale con
connotazioni chiaramente antagoniste al grande capitalismo: nella stessa
Francia ad esempio, si ebbe, negli anni settanta ed ottanta 1'incisiva
iniziativa politica di Bernard Lambert (peraltro, ricordato nel libro). Il
quale, agricoltore e allevatore di polli, sperimentando sulla propria pelle
la continua erosione di autonomia, che lo trasformava in un cottimista
decentrato di una catena multinazional awiò una contestazione radicale del
modello produtti vo che si delineava. Egli diede vita ad un movimentc
politico e culturale e scrisse uno dei libri più significa tivi dal titolo
eloquente: Contadini e lotta di classe pubblicato in Italia dall'Editore
Coines. Il ricordo di Bernard Lambert suscita in me anche un po' di
emozione, per i rapporti personali, culturali e politic. intercorsi in
quegli anni ,(collaborazione tra le rivistt «Agricoltura e società» e~
~~Nouvelles Campagnes»). In particolàre, ricordo uu comizio o a Parigi,
tenuto insieme a lui, in occasíone della `guerra del vino' contro i
corporativismi agricoli. Non avevo una buona conoscenza della lingua e ne
venne fuori una sorta di grammelot franco-napoletano.
Ho citato questo episodio per dire che Bové non è una figura estemporanea,
sorta dal nulla, ma viene da una storia politica che in Francia ha avuto
elementi di radicalità. Che in Bové ritroviamo, nei riferimenti a Bakunin e
a Marx: 1'affinita' di pensiero con il primo, credo più di natura romantica
ed affettiva, si sostanzia nell'idea che «ciascuno è autonomo e padrone del
proprio lavoro, un lavoro produttivo e creativo»; mentre è più lontano
dalla sua sensibilità il pensiero di Marx, «incentrato unicamente sul
recupero del plusvalore e del ruolo dell'operaio di fronte al capitalismo».
II fatto, inoltre, che Lambert, Bové e Dufour, leaders in tempi diversi dei
movimenti di protesta, siano agricoltori veri e propri, è di per sé un
fatto di caratterizzante originalità.
Il mondo non e' in vendita rende accessibili fatti, contraddizioni,
squilibri spesso ignorati dalla sinistra europea ed ha una trascinante
capacità di comunicazione. La sua peculiarità risiede nel fatto che coglie
appieno il disagio crescente di una vasta area sociale, alle prese con gli
effetti dirompenti e inediti dei processi di globalizzazione. Da qualche
anno gli abitanti del pianeta hanno superato i 6 miliardi: il secolo scorso
ci consegna straordinarie conquiste per I'umanità e gravissimi problemi
irrisolti. Sotto questo profilo la contraddizione più evidente è tra il
crescente progresso di una parte ristretta dell'umanità e la miseria e il
peggioramento delle condizioni di vita - sempre che tale si possa definire
- della stragrande maggioranza degli individui.
Il mondo di Bovè e Dufour, descritto con puntualità e concretezza, è quello
che, negli ultimi anni, i mezzi di comunicazione di massa, in coincidenza
con eventi straordinari (conflitti, calamità ecc.), hanno comunque reso
visibile: si tratta della precarietà degli equilibri mondiali. Questo pone
all'attenzione di tutti, e con rinnovata urgenza, il tema degli squilibri
globali, con milioni e milioni di essere umani privi di un livello vita(e
minimo di alimentazione: le immagini di masse sterminate di uomini e donne
senza cibo scivolano addosso ai cittadini ipernutriti dell'Occidente,
sempre più assuefatti a tali eventi. Ora, Il mondo non è in vendita è un
vero e proprio grido contro 1'ineluttabilità di un modello di sviluppo. La
sua importanza, tuttavia, non la si ritrova solo nelle risposte, ma anche
nelle domande: le questioni sollevate da Gilles Luneau, infatti, sono tanto
cariche di contenuti da meritare delle riflessioni a parte.
Tenendo presente il fabbisogno alimentare medio di un uomo (la stima Oms è
di circa 2.000 calorie al giorno), si calcola che oggi, nel mondo, oltre 1
miliardo e 200 milioni di persone abbia una alimentazione insufficiente.
Dunque circa 1/5 della popolazione del pianeta ha problemi alimentari: in
altri termini, non arriva
ad assimilare le 1.500 calorie al giorno pro-capite, a fronte delle 3.732
di un cittadino degli Stati Uniti e delle 3.500 di un cittadino europeo.
Accanto alla tragedia della fame, c'è quella della sete: il 75% della
popolazione rurale africana non ha acqua potabile. Lo stesso si registra in
Estremo Oriente e in America Latina: in totale sono circa 600 milioni le
persone che non hanno acqua definibile `potabile'.
Queste drammatiche realtà esistono dopo secoli di sviluppo non orientato
alla `sostenibilità', vale a dire di uno sviluppo che non si è limitato al
`reddito' fornito dalle risorse naturali, ma ha intaccato direttamente il
capitale. Tutto è diventato più insostenibile: ma, nonostante
quest'aggressione alle risorse naturali non riproducibili, come mai tanta
parte della popolazione mondiale muore di fame e contemporaneamente
1'Occidente spesso accumula eccedenze alimentari arrivando persino a
distruggerle?
II nesso - paradossale, ma inscindibile - che mette in relazione lo
sviluppo di alcuni paesi al crescente sottosviluppo della stragrande
maggioranza di altri, vede al suo centro la questione agricola e alimentare
con le sue irrevocabili emergenze. Tali fenomeni sono più aggressivi in una
fase di passaggio dell'espansione economica dalla forma multinazionale a
quella transnazionale. Anche nel settore alimentare il capitalismo perde
rapidamente la sua connotazione di `nazionalità' e `statualità', con la
conseguente denazionalizzazione delle stesse politiche dei paesi
sviluppati, cui si accompagnano nuove forme di dipendenze economiche e
tecnologiche a carico dei paesi più deboli.
I fatti descritti da Bové e Dufour sono riconducibili agli effetti prodotti
con la transnazionalizzazione delle imprese e 1'awio di giganteschi
processi d'integrazione spaziale e territoriale, sl che le imprese, in
relazione alle esigenze di crescita e di espansione, possono scegliere
nell'ambito dell'intero territorio del mondo, `cosa, come e dove', senza
vincoli di sorta. Il mondo non è in vendita destabilizza alla radice
I'assunto dominante di questa fase dello sviluppo mondiale e, cioè, che una
maggiore produzione mondiale di cibo ne garantisce una maggiore
disponibilita' nei paesi più poveri. La fame - si sostiene - è 1'effetto di
una insufficiente produzione. Tutto viene affidato ad una sequenza cosl
articolata: maggiore produzione = maggiore disponibilità = prezzi più bassi
= maggiore potere d'acquisto = maggiore domanda. Questa sequenza dominante
non ha trovato alcuna conferma concreta: negli ultimi anni sono aumentati
del 20% le calorie pro-capite disponibili nel mondo, eppure la
malnutrizione e' agli stessi livelli. Sono cresciuti sia gli ipernutriti
che i malnutriti.
Credo debba essere riconosciuta valida un'altra ipotesi che presuppone,
però, il rovesciamento delle strategie dominanti; sposta il termine di
partenza dalla produzione alla povertà e pone 1'accento sull'insufficiente
capacità di accesso alla produzione in quanto tale, intendendola come la
vera causa scatenante del problema. La sequenza è dunque rovesciata:
riduzione della povertà = maggiore potere d'acquisto = maggiore domanda =
maggiore produzione.
Ancora oggi, comunque, i teorici della prima sequenza, che si richiamano
alle riflessioni economiche di Adam Smith circa la «infallibilità del
mercato», pongono 1'accento sul fatto che gli squilibri dipenderebbero dal
persistere di aree di mancata o insufficiente globalizzazione. Tali
affermazioni non trovano riscontro né negli effetti che i modi e le forme
della globalizzazione sta producendo nel sistema agro-alimentare (come il
libro di Bové denuncia), né in attenti e documentati studi mirati,
pubblicati di recente. II Public Citizen's Global Trade Watch (citato, ad
esempio, in: Lori Wallach, Michelle Sforza, Wto, tutto quello che non vi
hanno mai detto sul commercio globale, Feltrinelli editore) documenta con
puntualità i primi cinque anni di attività del Wto. Una descrizione
efficace di come sia in atto una espropriazione continua del potere di
scelta dei governi locali e nazionali. Le multinazionali e i burocrati
prendono decisioni che interagiscono con la vita quotidiana delle persone,
in mancanza di qualunque verifica democratica.
Una crescente divaricazione tra economie e diritti: questo è il risultato.
Sono molte le leggi nazionali d'interesse generale che vengono cancellate
in quanto accusate di aver violato le norme Wto: anche quelle che difendono
il pubblico interesse dei paesi più poveri sono abrogate perché infrangono
le regole Wto. Tutto ciò che è in contrasto con gli interessi del Wto viene
distrutto.
In Guatemala era in vigore una norma che favoriva 1'allattamento al seno da
parte della madri e impediva la pubblicità del latte in polvere: questo,
però, cozzava contro gli interessi delle multinazionali del settore, che,
per ristabilire il libero commercio dei prodotti, ricorsero al Wto.
II quale, ovviamente, ~, , diede loro ragione: il risultato è stato un
aumento delle morti per dissenteria tra i più piccoli, alimentati con latte
in polvere diluito con acqua batteriologicamente infetta.
In un mondo che ha scelto di competere esclusivamente sul fronte della
riduzione dei costi, il sistema agro-alimentare, dopo la fine dei
protezionismi, si è andato trasformando radicalmente. Infatti, prevalgono:
le concorrenze sleali; la vulnerabilità dei sistemi sotto il profilo
ambientale; 1'aggressione alle risorse naturali; il declino dei diritti dei
lavoratori; la crescita dello sfruttamento minorile. Lo sviluppo, in questo
contesto, ha comportato una esasperata omologazione tecnologica che
cancella e deprime le diversità territoriali.
II saggio di Bové e Dufour colma, dunque, un vuo di proposizioni e di
riflessioni antagoniste alla globaliz~ zione: alcune posizioni troppo
nette, però, non sono pienamente condivisibili. La complessità del mondo
d'oggi richiede maggiore duttilità di analisi nella comprensione dei
fenomeni; continua capacità di aggiornamento; comprensione piena che
scienza e tecnologia non sono attività neutrali che ci dicono semplicemente
com'è fatto mondo, ma attività di indagini selettive di alcuni de infiniti
aspetti della natura, in virtù delle quali la scienza sceglie ciò che del
mondo si deve rivelare e la tecnolog invece, gli strumenti da adoperare.
Gli atti specifici ~ sviluppare nuove conoscenze o per creare nuovi
strumenti hanno una dualita' peculiare: da un lato, sono trasformazioni
della natura, dall'altro della società. Ciò signi ca che la maggior parte
delle decisioni scientifiche e tecnologiche sono decisioni etiche. Del
saggio di Bové e Dufour va comunque, accolto e sostenuto 1'antagonismo alla
globalizzazione, presupposto e ragione prima del Ioro impegno politico e
sociale.
Vi è un'idea che può aprire, a mio awiso, spazi nuovi per azioni piu'
efficaci: al fine di fare prevalere la globalizzazione dei diritti sulla
globalizzazione dell'economia. I soggetti più sensibili a questi temi, e
cioe' gli agricoltori, gli ecologisti e i consumatori possono e debbono
unire le proprie forze, trovando negli enti local punto di riferimento
nella costruzione una nuova rete di rapporti antagonistì in grado di
canalizzare la loro azione contro le omologazioni, in direzione di un
federalismo delle qualita' e delle differenze.
Per concludere, il futuro degli agricoltori e' affidato ad una svolta
strategica in grado di opporsi alle coordinate quantità-riduzione dei
costi, senza ridursi solo alla ricerca di una generica e standardizzata
qualità, naturalmente omogenea ai sistemi locali piu' forti. È necessaria,
invece una risposta impostata sull'esaltazione delle diversita' delle
originalità produttive e territoriali. Questo tipo di scelta non ha nulla a
che fare con la retorica e la `musealizzazione' delle specificità locali di
stampo esclusivamente conservatore. A1 contrario, sì tratta di programmare
una combinazione virtuosa tra risorse locali e  innovazioni specifiche e
originali.

J. Bové, F. Dufour, Le monde n ést pas une marchan~ Havas Poche 2001s:tr,
it. Il mondo non 2 in vena Agricoltori contro la-gla~alizzazione
alimentare, intem di G. Luneau, Feltrinéjl~~ 2001, L. 12.000.