[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
i nuovi ecomostri
- Subject: i nuovi ecomostri
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 06 Jul 2001 16:36:56 +0200
da boiler.it di martedi 3 luglio 2001 I nuovi “ecomostri” elaborazione da “Mare Monstrum 2001”, dossier di Legambiente I “PIRATI” DEL CEMENTO SELVAGGIO continuano l’assalto alle nostre coste. Dall’abusivismo sulle aree demaniali marittime (monitorato dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto) agli “ecomostri” (molti dei quali saranno oggetto dei blitz della Goletta Verde in nome del “Demolition day”), passando per l’analisi delle colate di cemento che stanno coinvolgendo pesantemente il Salento in Puglia, ecco i numeri e le storie dell’assalto del cemento alle coste del Belpaese. Nella classifica dell’abusivismo edilizio sulle coste le prime quattro posizioni sono occupate da Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, regioni caratterizzate da un mare invidiabile e allo stesso tempo dalla presenza pervasiva della criminalità organizzata. La regione dove si concentra il maggior numero di abusi accertati sul demanio marittimo è la Calabria, che conferma il primato dello scorso anno (652 infrazioni accertate, 652 persone denunciate e 26 sequestri giudiziari operati). Al secondo posto figura la Sicilia (480 reati accertati, 480 persone denunciate e 67 sequestri effettuati), mentre al terzo e al quarto troviamo la Campania (416 infrazioni) e la Puglia (347). Tra le aree a rischio cemento nel nostro Paese ci sono le coste del Salento, la provincia di Lecce, un territorio per buona parte ancora ben conservato, ma sul quale sembrano essersi concentrati considerevoli appetiti speculativi. Complice una sostanziale deregulation urbanistica e un sistema di controlli a maglie larghe, nel Salento si assiste da tempo a un’inquietante apertura di cantieri che stanno cambiando il profilo costiero di un territorio producendo opere e infrastrutture spesso inutili che rischiano di compromettere le potenzialità turistiche dell’area. Si tratta inoltre di interventi puntuali, episodici e scollegati da qualsiasi disegno imprenditoriale che sembrano far rivivere il destino di questa regione, da sempre terra di conquista e di predoni. Ma intanto – dopo la demolizione del Fuenti, quelle nell’Oasi del Simeto a Catania, Eboli, la collina del disonore di Pizzo Sella a Palermo, la Valle dei Templi di Agrigento e sul lungomare di Rossano –, le ruspe demolitrici hanno riacceso i motori proprio, andando all’attacco dell’hotel Baia delle Ginestre a Porto Malu a pochi chilometri da Teulada, definito “l’alveare”, uno dei simboli del cemento selvaggio in Sardegna. Tuttavia gli altri segnali raccolti in quest’ultimo anno non sono stati incoraggianti. La così tanto desiderata legge anti-abusivismo, che consentirebbe di rendere più efficace e tempestivo l’intervento dello Stato, non è riuscita a vedere la luce nella legislatura appena terminata. E come se non bastasse la Giunta regionale siciliana di centro-destra si è resa protagonista di una nuova proposta di sanatoria per tutte le costruzioni che si affacciano entro la fascia dei trecento metri dal mare camuffandola come “riordino delle spiagge”. L'abusivismo, insomma, continua a “erodere” territorio e paesaggi anche se i numeri dimostrano una flessione del cemento selvaggio: secondo le stime elaborate dal Cresme, nel Duemila sono state immesse sul mercato edilizio del nostro Paese ben 28.938 case abusive (tra nuove costruzioni e trasformazioni d’uso illegali) rispetto alle 33.571 del 1999, per un valore immobiliare di 3.548 miliardi di lire. In un anno è stata ricoperta di cemento una superficie complessiva di 3.941.900 metri quadrati. Il 55 per cento di questa enorme massa di cemento illegale (ovvero 15.829 case abusive per 2.137 miliardi di lire) si concentra, e non è un caso, nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Soltanto negli ultimi tre anni, sono stati demoliti almeno mille edifici fuorilegge, una cifra forse superiore alle demolizioni realizzate negli ultimi 20 anni. Ma ecco venti storie esemplari: La Riserva marina di Capo Rizzuto Ben 57 costruzioni abusive (10 nel comune di Crotone e 47 in quello di Capo Rizzuto) per 48.600 metri cubi, sono state individuate dalla Capitaneria di porto di Crotone, nell’area di demanio costiero della Riserva di Capo Rizzuto e nella fascia di rispetto. Una morsa di cemento illegale, fatto di moli che si protendono in mare, porticcioli, fabbricati, muri di recinzione, piattaforme in cemento armato, porticati, che stringe e avvolge la stupenda riserva marina di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. Tutte le gare fatte finora per demolire gli immobili sono andate deserte e nessuno, a cominciare dall’Ente gestore della Riserva, ha risposto alla stessa Capitaneria di porto, che aveva dato la propria disponibilità a provvedere agli abbattimenti. E ancora oggi non si registrano novità volte a liberare questi luoghi. Baia di Copanello Siamo nel Comune di Stalettì, in provincia di Catanzaro, sulla costa ionica della Calabria. In uno scenario di straordinaria bellezza, “convivono” i due estremi, negativi e positivi, di tante aree del Mezzogiorno: l'ecomostro di cemento di Villaggio Lo Pilato, che con i suoi 16mila metri cubi deturpa la baia da oltre vent'anni; la tomba di Cassiodoro, il grande senatore e letterato romano del Vivarium, abbandonata a sé stessa nella più totale incuria e a pochi metri da un “illuminante” caso di scempio urbanistico. Sul Villaggio pende una ordinanza di demolizione del 1987, mai eseguita, e una gara di demolizione andata deserta. Alcuni mesi fa Legambiente ha presentato una denuncia le cui indagini sono ancora in corso. Capo Rossello Capo Rossello è una baia nel tratto più bello della costa meridionale della Sicilia, nel comune di Realmonte (Agrigento). È un luogo di grande suggestione, reso unico da uno scoglio, chiamato, per via di una antica leggenda, “Do zitu e da zita”, cioè del fidanzato e della fidanzata, che si trova nel mare a trecento metri dalla spiaggia. La spiaggia di Capo Rossello, proprio per la sua straordinaria bellezza, è stata al centro delle mire speculative di un gruppo di politici e di imprenditori, denunciati e condannati dopo la pubblicazione di un dossier di Legambiente Sicilia. Nei primi anni Novanta, utilizzando uno strumento urbanistico scaduto ed in violazione del vincolo paesistico, alcuni assessori del Comune di Realmonte rilasciarono a sé stessi una serie di concessioni edilizie per realizzare palazzine in riva al mare, piantando i piloni nella sabbia e sbancando la costa di pietra bianca che completava il tratto costiero. Nel febbraio ’94, dopo la denuncia di Legambiente, l’intera Giunta Municipale, la commissione edilizia ed alcuni imprenditori furono tratti in arresto, processati e condannati. Si attende ancora, che il Comune demolisca lo scempio, fortunatamente bloccato. Assalto alla baia dei Turchi Sempre in territorio di Realmonte (Ag), a pochi chilometri da Capo Rossello, in località Baia dei Turchi, si trova un altro monumento alla speculazione edilizia, realizzato illegalmente da un altro gruppo di palazzinari grazie a concessioni edilizie compiacenti. Si tratta del progetto di un albergo sul mare, su quel tratto di costa dove, come dice il nome, un millennio fa sbarcarono gli ottomani. L’intervento di Legambiente, obbligò la Regione ad annullare la concessione ed a bloccare i lavori. Anche in questa baia ancora oggi si attende l’arrivo delle ruspe demolitrici. Villaggio Sindona (Isola di Lampedusa) Dodici scheletri di cemento armato in stato di completo abbandono che sfregiano una delle aree costiere più belle e interessanti dell’isola: è questo il Villaggio Sindona di Lampedusa. Siamo nel Vallone di Cala Galera, in zona A della Riserva naturale. La costruzione dell’ecomostro isolano inizia nel 1973 su un’area del demanio comunale soggetta a vincolo paesaggistico e inclusa, nel 1996, all’interno della Riserva naturale orientata “Isola di Lampedusa”. L’Istituzione della riserva conclude definitivamente un lungo processo di tutela e chiude ogni possibilità di sfruttamento edilizio di queste aree, in cui nel frattempo sono sorti i dodici scheletri. Due anni fa il Sindaco di Lampedusa rigetta la domanda di sanatoria presentata nel 1986 dall’attuale proprietario ai sensi della legge regionale 37/85 e firma l’ordinanza di demolizione. Qualche mese fa, anche, il Consiglio comunale si è pronunciato per l’abbattimento. Vico Equense Gli scheletri dell'ecomostro di Alimuri, uno schiaffo all'immagine e al paesaggio naturalistico della penisola sorrentina, dal 1971 presidia maestoso una delle conche più belle del golfo di Napoli. Nel 1986 i lavori sono sospesi dal Comune di Vico Equense perché si rendono necessari lavori di consolidamento del costone roccioso retrostante. Da allora, lo scheletro dell’albergo diventa un punto di ritrovo per la piccola delinquenza locale e per lo spaccio di stupefacenti, mentre tra i pilastri di cemento armato sorge spontanea una vera e propria discarica. Completare l'ecomostro di Alimuri avrebbe un duplice “effetto”: dare corso all'ennesimo assalto al patrimonio ambientale della penisola sorrentina e rendersi responsabili di un’opera a rischio, costruita alle pendici di un costone roccioso fragile, inserito nella zona rossa, quella a maggior rischio, dell'ultimo piano d’intervento per il dissesto idrogeologico realizzato dall'Autorità di Bacino del Sarno. L'amministrazione comunale di Vico Equense ha fatto rientrare l'area tra quelle di maggior pericolosità, censite nel nuovo Piano di Protezione Civile Comunale. Il passaggio successivo è quello di predisporre tutte le procedure amministrative per arrivare all'abbattimento. L’isola dei Ciurli di Fondi L’isola dei Ciurli, un'area agricola di grande valore paesistico, 21 scheletri in cemento armato illegali aspettano da decenni di essere demoliti. Il Tar di Latina con una sentenza dell’ottobre 1997 ha giudicato l'intero complesso abusivo. Il Comune di Fondi, anziché avviare le procedure per l’acquisizione della lottizzazione al patrimonio pubblico e prevedere un piano di demolizione degli edifici, ha invitato i titolari della lottizzazione a sospendere i lavori e a presentare una proposta di lottizzazione. Il 29 settembre 1998 il Consiglio comunale di Fondi ha approvato il “progetto di lottizzazione convenzionato e relativo schema di convenzione”. Questo è l’ultimo passaggio di una lunga storia iniziata nel 1968 che attraverso provvedimenti di sospensione dei lavori, sequestri giudiziari e ordinanze di sanatorie si è trascinata fino ai nostri giorni. Il Circolo Legambiente di Fondi, da tempo in prima linea contro l’ecomostro, ha presentato contro la decisione del Comune un esposto alla Procura della Repubblica di Latina. Gli scheletri di Agrigento Dopo la demolizione di uno degli edifici di proprietà di un mafioso che, da tempo deturpavano una delle aree archeologiche più importanti e suggestive d’Italia e del mondo, si è aperta agli inizi di quest’anno una nuova stagione di abbattimenti. Il ministero dei Lavori Pubblici e il comitato istituito presso il provveditorato per le Opere Pubbliche della Sicilia, con il positivo contributo dell’assessore ai Beni Culturali e Ambientali regionale, Fabio Granata, e dell’allora Sottosegretario ai Lavori Pubblici, Antonio Mangiacavallo, hanno dato il via libera all’abbattimento di altri sei scheletri nella Valle dei Templi, sbloccando una situazione di stallo che si protraeva da tempo. Purtroppo resta ancora tanto da fare per liberare il Parco archeologico dal cemento. Sono circa 600, infatti, le abitazioni realizzate illegalmente nell'area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta. Simeto: un'oasi a rischio Complessivamente sono 550 le case abusive da demolire, realizzate all’interno dell’Oasi del Simeto in Provincia di Catania. Ad oggi ne sono state abbattute, dalla precedente amministrazione guidata da Enzo Bianco, circa 60. Una colata di cemento per un totale di 250mila metri cubi, ossia 6 volte la volumetria del Fuenti. Un altro segnale positivo nella vicenda è arrivato dal Tar siciliano, che ha sospeso il Decreto regionale con il quale si riduceva drasticamente la zona B di pre-riserva, determinando di fatto la sanatoria anche delle costruzioni abusive assolutamente incompatibili con i valori naturalistici della riserva. L’Oasi del Simeto, alla foce dell’omonimo fiume, è una delle aree umide di maggior pregio ambientale d’Italia, dove ancora oggi transitano e nidificano rare specie di uccelli migratori. Legambiente chiede che si prosegua, senza ripensamenti, l’opera di abbattimento delle costruzioni illegali e di recupero dell’Oasi. Le ville di Pizzo Sella Un milione di metri quadri di collina scoscesa e rocciosa sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico lottizzati abusivamente, 314 concessioni edilizie rilasciate illegittimamente dal Comune di Palermo in una zona destinata a verde agricolo, 159 unità immobiliari realizzate, il tutto corredato da opere di urbanizzazione primaria, strade, fognature, impianto di illuminazione, ecc. Si tratta delle ville di Pizzo Sella, a Palermo, un altro ecomostro il cui caso è quasi chiuso: le case abusive costruite sul promontorio palermitano di Pizzo Sella, ribattezzata la collina del disonore, vanno confiscate e il danno ambientale prodotto deve essere risarcito. Lo ha stabilito la sentenza emessa il 29 gennaio 2000 dal giudice Lorenzo Chiaramonte, che ha condannato dieci tecnici, funzionari comunali e imprenditori, accusati di aver partecipato a vario titolo a un’enorme speculazione edilizia. Particolare non trascurabile, le concessioni edilizie figuravano intestate alla sorella del noto boss mafioso Michele Greco il "papa della mafia". Una colossale speculazione immobiliare che nasconde un’imponente operazione di riciclaggio di denaro “sporco” da parte di Cosa Nostra. Dopo la demolizione dei primi scheletri, la sentenza apre adesso una pagina completamente nuova in questa vicenda, premessa indispensabile per la demolizione delle oltre 300 costruzioni illegali che da più di vent'anni deturpano la collina. La “saracinesca” di Bari Il 29 gennaio scorso la Corte di Cassazione ha reso definitiva la sentenza emessa nel 1999 dal giudice per le indagini preliminari di Bari, Maria Mitola: l’ecomostro di Punta Perotti, 300 mila metri cubi di cemento costruiti sul lungomare di Bari, è abusivo, annullando, così la sentenza della Corte d’Appello di Bari che aveva assolto gli imputati perché il fatto non sussisteva e restituito l’ecomostro di Punta Perotti ai proprietari La sentenza, definitiva, prevede l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dei due grattacieli e delle aree di sedime in cui sono stati realizzati e, soprattutto, non lascia margini di equivoco sul futuro della Saracinesca: le costruzioni devono essere abbattute. Spetta ora all’amministrazione comunale dare corso all’ultimo atto di una lunga vertenza, che ancora tarda a venire. La “Pietra” di Polignano a Mare Nel febbraio del 1998 è scattata l'operazione “Pietra Igea”, condotta dagli uomini del Coordinamento provinciale del Corpo forestale di Bari su delega del sostituto procuratore Roberto Rossi contro una lottizzazione abusiva nel Comune di Polignano a Mare. L'area, in località Ripagnola, si estende su quattro ettari, e al momento del blitz già ospitava un volume complessivo di oltre 20 mila metri cubi di cemento: un complesso turistico, con albergo e villini annessi. Diciannove i “corpi di fabbrica” già sequestrati nell'area soggetta a vincolo paesaggistico, sette gli avvisi di garanzia emessi nei confronti dei responsabili di questo scempio. Punta Licosa: la Baia degli scheletri Oltre 10 ettari devastati, un intero bosco di rarissimi pini d'Aleppo distrutto per fare spazio a 80.000 metri cubi di cemento: è il complesso residenziale Baia Punta Licosa di Montecorice, in provincia di Salerno. Una vicenda lunga oltre vent’anni, nella quale, come capita spesso nel nostro Paese, lo scempio edilizio si fonda anche su concessioni e licenze “regolarmente” rilasciate, che determinano un lunghissimo strascico giudiziario. Ultimo atto, il 3 maggio scorso, quando il Comune ha emanato una ordinanza di demolizione delle opere costruite abusivamente entro 90 giorni, sulla base di una sentenza passata in giudicato emessa dal Consiglio di Stato. Villaggio Coppola: un paese abusivo Dune mobili e una splendida pineta di proprietà demaniale costituivano la cornice di uno stupendo paesaggio unico nel suo genere: si presentava così il litorale domiziano in provincia di Caserta. Ora su quella dune c'è un “paese privato” di oltre 15 mila abitanti, il Villaggio Coppola “Pinetamare”, un mostro di pietre e cemento lungo quattro chilometri costituito da otto grattacieli identici di dodici piani, con almeno ottanta appartamenti l'uno, 1300 posti auto, hotel e residence, pizzerie e rosticcerie, un porto privato per seicento posti barca, una chiesa e un cinema. La lottizzazione risale ai primi anni '60. A realizzarla fu la Società immobiliare Fontana Blu di proprietà dei fratelli Coppola, di Aversa. Nel 1995 scattano i sequestri disposti dal sostituto procuratore Donato Ceglie, inizio di una lunga vicenda giudiziaria che non ha ancora visto la parola fine. Nel frattempo le ruspe (pagate da chi aveva costruito abusivamente) hanno terminato d’abbattere la sopraelevata del Parco Saraceno, 800 metri di asfalto abusivo che collegavano la darsena con le strade principali. Una nuova primavera per il Villaggio Coppola, sul quale pendono ben 165 procedimenti penali, è iniziata. Ma il progetto di recupero del Villaggio Coppola non si deve fermare: una torre è già stata abbattuta, ma occorre demolire le altre sette torri abusive e dare corso al progetto di riqualificazione dell’intera area. Lo Spalmatoio di Giannutri Una lunga fila di fatiscenti immobili in cemento armato per circa 11 mila metri cubi, fa bella mostra di sé da oltre dieci anni nell'insenatura dello Spalmatoio a Giannutri, isola che fa parte del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano. Delle costruzioni, iniziate negli anni Ottanta dalla società Val di Sol e poi interrotte, rimangono oggi alcuni scheletri in cemento e qualche villetta in completo stato di abbandono. Dopo oltre dieci anni di oblio, la nuova società che ha acquisito gli immobili ha chiesto al Consiglio direttivo dell'Ente Parco il nulla-osta per “recuperare” il complesso. L'Ente Parco è in attesa di documentazione aggiuntiva dal Comune del Giglio (nel cui territorio rientra Giannutri) per chiarire una vicenda che presenta diversi lati oscuri. Il complesso residenziale di Fossa Maestra «A trenta metri dall'incantevole spiaggia di Marina di Carrara, la Società Casa Fiorita 2 sta costruendo un complesso immobiliare denominato Residence Paradiso, formato da tre piccoli gruppi di ville a schiera immersi nel verde»: così nel dicembre del 1992 veniva pubblicizzato su alcuni giornali la costruzione del complesso residenziale di "Fossa Maestra", in un'area dove il Piano regolatore prevedeva "attrezzature collettive balneari". Il circolo Legambiente di Carrara nell'aprile '93 ha presentato un esposto alla magistratura; nel luglio '95 il pretore ha condannato i responsabili a 20 milioni di multa «per aver realizzato un albergo in contrasto con quanto previsto dal Prg e per aver realizzato l'edificio in difformità rispetto alla concessione edilizia rilasciata dal comune». La sentenza è stata successivamente confermata in Cassazione. Sono passati quattro anni ma lo scheletro è ancora in piedi, impedendo ogni possibilità di ripristino e recupero dell'area umida. Lo "scheletrone" di Palmaria Circa 10 mila metri cubi di cemento incombono sul paesaggio del Parco Regionale delle Cinque Terre. Uno scheletro abusivo alto trenta metri nel Comune di Portovenere di cui Legambiente chiede la demolizione e il recupero dell'area, tra le più suggestive di Palmaria. La vicenda inizia nel 1975 quando il Sindaco di Portovenere rilascia una concessione edilizia per la realizzazione di un albergo e di un residence di 45 appartamenti, con annessi servizi e infrastrutture. Nello stesso anno la Pretura blocca la speculazione, mette sotto sequestro il manufatto e rinvia a giudizio i titolari della società lottizzatrice, il Sindaco e l'impresa. La sentenza è poi confermata anche in appello. Si attende ancora un intervento della Giunta regionale. L’Hotel Castelsandra nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diana (Comune di Castellabate – Salerno) Un nuovo ecomostro si aggiunge all’elenco. Un vasto complesso immobiliare a destinazione alberghiera costruito su di una collina, nel cuore del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diana. Siamo nel comune di Castellabate in provincia di Salerno dove, a partire dalla meta degli anni Ottanta, in assenza di qualsivoglia lecito titolo concessorio, in una zona incontaminata soggetta a vincolo di inedificabilità e destinato all’uso civico boschivo, è stato costruito l’Hotel Castelsandra. Il complesso alberghiero è stato confiscato perché ritenuto oggetto di reinvestimento e di riciclaggio di attività illecite e criminali da parte del clan camorristico dei Nuvoletta. Tuttora è in corso, da parte del Commissario straordinario del Governo per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, il procedimento per individuare la sorte dell’ecomostro di Santa Maria di Castellabate. Le villette abusive di Piscina Rey a Muravera Dopo una lunga vicenda giudiziaria fatta di appelli e riforme parziali di sentenze, il 9 aprile 1999 la Corte di Cassazione ha confermato l’ordinanza di demolizione per un complesso immobiliare di villette a schiera per migliaia di metri cubi costruito in un’area ad uso civico lungo la costa di Muravera. Dopo sette pronunce giurisdizionali non è stato ancora demolito nulla. Il “moncone in cemento armato” a Mondragone Lungo il lungomare di Mondragone continua a fare bella mostra di se da oltre vent’anni un moncone di cemento armato mai ultimato, un pontile d’attracco che parte dalla terra ferma, attraversa l’intero arenile e si protrae per qualche decina di metri nel mare. Il progetto originario risalente al 1971, prefigurava un pontile di attracco per piccole imbarcazioni, che si sarebbe dovuto addentrare per oltre 256 metri nel mare e consentire così, anche, una gradevole passeggiata panoramica. I lavori partiti agli inizi degli anni Ottanta non sono mai stati ultimati, non solo per lungaggini tecnico-burocratiche, ma soprattutto per lo stop decretato il 20 settembre 1990 dall’allora Ministro dei Beni Culturali e Ambientali che ritenne l’opera incompatibile con la vocazione turistico-balneare dell’area. Una colata di cemento senza futuro che continua a sfregiare e deturpare il litorale: dopo la pronuncia del Consiglio comunale per l’abbattimento si attende l’emissione dell’ordinanza di demolizione per liberare il litorale dal moncone di cemento.
- Prev by Date: legambienteliguria g8 gruppo di affinita' convocazione
- Next by Date: petrella: globalizzazione fase due
- Previous by thread: legambienteliguria g8 gruppo di affinita' convocazione
- Next by thread: petrella: globalizzazione fase due
- Indice: