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genoma:veleno sulla mappa dell'uomo
- Subject: genoma:veleno sulla mappa dell'uomo
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 12 May 2001 18:36:23 +0200
da boiler.it di mercoledi 9 maggio 2001 GENOMA Veleno sulla mappa dell'uomo di Sara Capogrossi Colognesi A QUANTO PARE non si estinguono le battaglie e le recriminazioni tra la Celera e il consorzio di studiosi che ha completato il sequenziamento del genoma. Questa volta, a gettare benzina sul fuoco è Eric Lander, direttore del Whitehead Institute di Boston insieme a John Sulston e Robert Waterston, uno dei membri principali del consorzio. “Il metodo della Celera, completamente basato sullo shotgun”, dichiara Lander, “è un flop. Senza “se” o “ma”. La Celera non ha affatto prodotto indipendentemente una sequenza del genoma”, insite lo studioso, convinto che l’azienda di Craig Venter non abbia fatto altro che sfruttare i risultati conseguiti dai ricercatori del consorzio. Accuse gravi, che vengono decisamente respinte dal direttore della Celera: “Noi riteniamo che non ci sia alcune legittimità in ciò che sta dicendo Eric”, risponde Venter, “e non capiamo perché stia sostenendo tali cose”. Un attacco che è solo l’ultimo di una lunga serie all’azienda privata che ha sfidato i ricercatori di tutto il mondo nella corsa per leggere il Dna. Grandi perplessità aveva già suscitato l’accordo stipulato con Science, che, pubblicando il lavoro della Celera, si impegnava a non rendere i dati disponibili, come normalmente avviene e come si è verificato nel caso dei risultati raggiunti dal consorzio, usciti sulla rivista rivale Nature. Una figura, quella dell’imprenditore-scienziato, che desta perplessità e preoccupazioni nell’intero mondo scientifico. Ma anche sospetti, come quello di approfittarsi del lavoro altrui per avvantaggiarsene economicamente. In effetti la Celera non ha mai negato di aver utilizzato i dati che via via erano messi a disposizione di tutti – e quindi anche della concorrenza – dal consorzio. Venter e i suoi si sarebbero quindi scaricati i pezzi già assemblati, li avrebbero spezzettati, mischiati insieme a quelli in loro possesso e riassemblato l’insieme con un metodo da loro sviluppato. Lander muove la sua accusa dalla convinzione dell’inadeguatezza delle tecniche di assemblaggio della Celera, che, secondo lo studioso, non avrebbero portato a niente senza le informazioni raccolte dal consorzio. E la sua non è una voce isolata. “Sono d’accordo con Eric ed ero indipendentemente giunto alla medesima conclusione”,dichiara, per esempio, Philip Green, un biologo che ha scritto due programmi computazionali standard usati dai ricercatori per il genoma. “Quei dati spezzettati contengono l’informazione sugli assemblamenti locali, fino al punto che puoi ricostruire quasi perfettamente la sequenza originale”. Ma il matematico che ha organizzato il software della Celera, Eugene Myers, si oppone a questa “semplificazione del problema” e sostiene che il suo programma ha utilizzato unicamente i dati della Celera per ricostruire le sequenze genetiche, “approfittando” dei risultati del consorzio solo per riempire alcuni buchi nella struttura. Al contrario di altre, però, questa controversia troverà forse una facile soluzione. Sarà il genoma del topo, o meglio il suo sequenziamento, intrapreso dalla Celera, a dirci se il metodo shotgun è efficace. Questi piccoli roditori hanno infatti una quantità di Dna paragonabile a quella umana. Perciò, se è vero che Myers, come lui stesso garantisce, ha potuto assemblare il genoma del topo usando solo i dati della Celera e arrivando a risultati simili a quelli trovati per l’uomo, allora si dovrà ammettere che Venter ha ragione e “Lander dovrà scusarsi”, aggiunge Gerald Rubin, vicepresidente dell’Howard Hughes Medical Institute. Vedremo dunque la conclusione di questo confronto, che non è certo sterile o inutile. Capire, infatti, se entrambi i metodi siano efficaci e quale sia il migliore potrebbe aiutare la ricerca nel futuro.
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