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l'utopia del principio precauzione - rischio zero
- Subject: l'utopia del principio precauzione - rischio zero
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 21 Apr 2001 13:16:25 +0200
da repubblica di martedi 17 aprile 2001 E' solo una bella utopia il progresso "rischio zero" tullio regge ---------------------------------------------------------------------------- ---- Il principio di precauzione è stato proposto alla conferenza di Rio e in sintesi richiede il blocco di una innovazione tecnologica di cui non sia provata la impossibilità di provocare gravi danni all'ambiente. Al momento il bersaglio designato sono gli Ogm ma la lista si sta allungando. Buone intenzioni a parte la mancanza di un protocollo applicativo che non sia la "prova del nonno", l'uso di concetti fittizi quali l'assoluta sicurezza e l'assenza di una soglia di pericolo fanno del principio, se usato male, un'arma politica e demagogica flessibile che si può applicare a qualsiasi innovazione. Gli aggressori tradizionali, anche se ben noti e certificati, sono esclusi dal principio: per essi vale la libera circolazione. Il principio richiede il blocco totale, non considera interventi correttivi e se applicato in modo incontrollato potrebbe bloccare di fatto la ricerca e ricondurci al medioevo . L'assoluta sicurezza o rischio zero che dir si voglia non esiste, l'uomo è esposto a uno spettro vastissimo di aggressioni solo in parte identificate e per molte di queste il meccanismo di azione è tuttora ignoto. Le cause di circa il 45% dei tumori sono tuttora sconosciute, volendo il basilico potrebbe essere bandito perché le piantine giovani contengono metileugenolo che è cancerogeno. Su tutto regna poi l'imprevisto che mette in luce le falle del sistema. Di grande utilità sarebbe una campagna di educazione civile e di interventi anche severi fatta in base alla gravità e probabilità delle aggressioni. Una politica di prevenzione che protegga realmente il cittadino deve basarsi su di una graduatoria che identifichi e neutralizzi le aggressioni più probabili e devastanti. Su questo punto basta scegliere, ma debbo purtroppo rilevare che i politici, lodevoli eccezioni a parte, si occupano di regola solo di quei babau virtuali che turbano i sogni delle folle e che portano una valanga di voti: il fumo, quanto mai "naturale", è responsabile di circa 90mila decessi all'anno in Italia, ma a parlarne si perde il seggio. Al principio di precauzione dobbiamo sostituire il rischio calcolato e il principio di responsabilità. Una bilancia che si rispetti ha due piatti, occorre confrontare rischi e benefici: il vaccino antipolio causa effetti avversi in un numero molto ristretto di casi ma in compenso ha praticamente condotto alla scomparsa della polio. Non esiste prova della nocività degli Ogm, abbondano invece leggende metropolitane raccolte acriticamente nei locali notturni. Non esiste neppure prova che a lungo termine siano innocui, ma non possiamo metterli tutti sullo stesso piano. In primo luogo le mutazioni genetiche applicate a colture di vasta diffusione quali il mais, la soia, il cotone, la colza e il tabacco, le rendono resistenti ai parassiti e riducono o eliminano l'uso di pesticidi. Il possibile impatto sulla salute di una polenta transgenica o di una bistecca di soia sarebbe in ogni caso ben diverso da quello di una maglietta di cotone. Quello di una sigaretta, transgenica o no, è certamente micidiale. La colza viene usata in lavorazioni industriali che ne mascherano gli effetti e rendono difficile una valutazione. Siano benvenuti i controlli preventivi da parte di organizzazioni responsabili, come richiesto dalla Commissione Europea. Ben venga l'etichettatura pur che aderisca ai fatti, si limiti ad informare e non si trasformi in divieto mosaico. Il diffusissimo grano duro Creso, quello degli spaghetti, è nato nel 1974 come mutazione indotta con radiazione sulla varietà Cappelli. Lo abbiamo mangiato tutti lungo l'arco di oltre un ventennio e senza effetti avversi. A questo esempio si replica con una imbarazzata e ambigua distinzione tra Ogm ottenuti mediante trapianto genico e mutazioni causate da radiazione. In realtà il trapianto genico è mirato con estrema precisione e induce una mutazione solo là dove serve. La radiazione agisce invece con estrema brutalità e inefficienza e tratta il Dna a cannonate da "Buddha afgano". L'attrezzatura necessaria per fare un Ogm costa pochissimo, dilaga nel terzo mondo e la Cina è in cima alla lista. In mancanza di accordi sui brevetti le multinazionali contano poco ed è troppo tardi per fermarne la diffusione. Il proibirne la ricerca in Italia serve solo ad asservirci ancora di più alle multinazionali. Nei paesi afflitti da carestia cronica, vedasi la Corea del Nord, la "prova del nonno" farebbe ridere se non suonasse come amara insolenza per le folle di bambini che muoiono di fame. In breve: il nostro ambientalismo è sport da paesi ricchi. E alla fine dei conti il vero e micidiale assalto delle multinazionali al terzo mondo è quello del tabacco che causerà nei prossimi decenni milioni di vittime, ma su questa mattanza regna il silenzio. Chiudo con una parola di cautela: dobbiamo essere preparati alle emergenze. Non possiamo prevedere l'effetto a lungo termine dell'uso o non uso di una innovazione anche perché siamo minacciati da pericoli ben più gravi. Continua l'esplosione demografica, dilaga la fame e il pericolo di una micidiale pandemia planetaria è reale. La temperatura del globo sta salendo, ci sia o no l'effetto serra, e se la tendenza attuale persiste fra alcuni decenni scompariranno i ghiacciai delle Alpi, entrerà in crisi il rifornimento idrico nella Valle padana, i sindaci duelleranno in piazza all'arma bianca per il controllo dell'acqua e la polemica sugli Ogm diverrà un ricordo del passato. In Italia la vera battaglia per l'ambiente si combatterà quasi certamente sulle montagne, e per poterla affrontare dovremo salvare anzi estendere le nostre foreste senza facilonerie alla Pecos Bill e senza processi sommari. Sosteniamo la ricerca medica sulle cause e cura dei tumori, sulle malattie genetiche e di alto impatto sociale e in campo epidemiologico. Basta con le chiacchiere, con gli anatemi e con la demagogia: abbiamo bisogno di esperti che ci aiutino a decidere in base ai fatti.
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