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RICOSTRUIRE LE RISERVE ALIMENTARI
- Subject: RICOSTRUIRE LE RISERVE ALIMENTARI
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 15 Apr 2001 18:14:33 +0200
DA BOILER.IT DI GIOVEDI 5 APRILE 2001 Ricostruire le riserve alimentari di Brian Halweil CONSIDERANDO LA VASTA GAMMA di pressioni subite dai coltivatori, non è difficile capire la loro disperazione. La situazione è diventata esplosiva e stabilizzare l’erosione della cultura agricola e dell’ecologia è una necessità fondamentale non solo per gli agricoltori ma per tutta la società. I giganti dell’agrobusiness sono molto ben difesi, e le proteste isolate hanno tanto effetto quanto un pizzico di zanzara sulla carrozzeria di un trattore. Le possibilità per gli agricoltori di guadagnare una forza politica indipendente sembrano davvero minime, in quanto i loro numeri, almeno nei paesi industrializzati, continuano a ridursi. Una speranza di cambiamento più realistica sta nell’unione fra le forze degli agricoltori e quelle, molto più numerose, dei vari gruppi della società civile che sentono i rischi complessivi di una continua ristrutturazione dell’agricoltura. Importanti esempi di questa sinergia sono le battaglie in corso contro i progetti per la navigabilità del Mississippi e del fiume Paraguay-Paraná voluti in nome del commercio globale della soia (di cui si parlava all’inizio di questo articolo). Per quanto riguarda il Mississippi si sono uniti fra loro i seguenti soggetti: gruppi ambientalisti nazionali, fra i quali Sierra Club e National Audubon Society, indignati dalla possibilità che un bene comune venga danneggiato a beneficio esclusivo di un ristretto gruppo commerciale; gli agricoltori e le organizzazioni in sostegno degli agricoltori, preoccupate dello strapotere che sempre più assume l’oligopolio dell’agrobusiness; i gruppi di contribuenti, contrari a un progetto che preleverà dalle casse dello Stato più di un miliardo di dollari; i cacciatori e i pescatori preoccupati dalla perdita di habitat; i biologi, gli ecologi e i “birder”, consapevoli delle numerose specie minacciate di uccelli, pesci, anfibi e piante; i gruppi impegnati nell’autonomia locale che cercano di ridurre l’impatto dell’economia globale sulle comunità locali; gli studiosi di economia agricola, che sostengono che il progetto aumenterà ulteriormente la dipendenza degli agricoltori dalle aziende che forniscono i servizi aggiuntivi, pregiudicando così importanti opportunità di mantenere risorse finanziarie all’interno della comunità locale per quanto riguarda la lavorazione e l’imballaggio. Una simile associazione fra gruppi ambientalisti e rappresentanti degli agricoltori si è formata nell’altro emisfero per contrastare il progetto di ampliamento dell’Hidrovía. Anche in questo caso l’iniziativa fa parte di un più ampio movimento contro l’egemonia dell’agricoltura industriale. Alla coalizione partecipano, per esempio, un’organizzazione di base del Brasile che aiuta i lavoratori a organizzare le occupazioni delle terre incolte di proprietà di ricchi latifondisti, 57 organizzazioni di rappresentanza degli agricoltori che hanno base in 23 nazioni e gruppi ambientalisti dell’America latina preoccupati delle operazioni di taglio e allevamento, sostenute dai ricchi latifondisti, che probabilmente seguirebbero alle opere per l’Hidrovía. Hanno aderito anche i sindaci delle cittadine rurali consapevoli dell’importante slancio che gli agricoltori possono dare alle economie locali e le organizzazioni che lavorano per la tutela sociale delle città brasiliane, che considerano l’occupazione della terra come un’alternativa alle bidonville. I progetti dell’Hidrovía e del Mississippi, per quanto imponenti, costituiscono solo due delle centinaia di pericoli posti dallo sviluppo agro-industriale nel mondo. Le coalizioni che si sono formate per combattere questi problemi costituiscono il tipo di risposta che potrebbe arginare l’avanzata del mostro, in quanto non si tratta di slanci donchisciotteschi o di vaghe esibizioni di idealismo, bensì di iniziative molto realistiche e fortemente legate al territorio. Nel caso della coalizione contro il progetto sul Mississippi, è stato proposto anche di discutere le valutazioni fornite dal genio civile, di premere per una più rigorosa legge antitrust sui monopoli dell’agrobusiness, di rivedere i sussidi all’agricoltura attualmente forniti dagli Stati Uniti, che sono destinati in modo non proporzionato alle grandi aziende agricole. I gruppi ambientalisti stanno inoltre lavorando per ristabilire un equilibrio fra l’utilizzo del Mississippi come canale per lo spostamento di merci e come sistema idrografico. Si stanno infine promuovendo alternative alla rotazione soia-grano, fra cui la produzione di cibo biologico certificato, che potrebbero abbattere i costi di input, migliorare il prodotto finale e ridurre l’inquinamento da azoto. I governi degli Stati Uniti e del Brasile hanno commesso gravissimi errori, perché hanno conferito tanto potere alle grandi aziende dell’agrobusiness che queste ora progettano di rimodellare i fiumi e il territorio a seconda dei loro interessi. Ma la strategia delle ampie coalizioni può mobilitarsi in tempo per salvare parte dell’agricoltura mondiale prima che sia troppo tardi. Dave Brubaker, capo del progetto Spira/Grace sull’allevamento industriale di animali presso il dipartimento di salute pubblica della John Hopkins University, vede queste diverse coalizioni come «l’inizio di una rivoluzione per quanto riguarda la nostra concezione del sistema alimentare, in quanto la produzione di cibo è finalmente collegata al benessere sociale, alla salute umana e all’ambiente». Il progetto di Brubaker riunisce gli ufficiali sanitari che lavorano sull’abuso di antibiotici e sulla contaminazione delle acque da parte degli scarichi delle porcilaie, i coltivatori e le comunità locali che si oppongono alla diffusione di nuove industrie agricole che soppianterebbero quelle esistenti e un insieme di naturali alleati, fra cui gruppi di attivisti per i diritti degli animali, sindacati, gruppi religiosi, associazioni per i diritti dei consumatori e ambientalisti. «Con il progressivo allargarsi delle parti in causa, si riduce, di fatto, la distanza fra gli agricoltori e i consumatori» nota Mark Ritchie, presidente dell’Institute for Agriculture and Trade Policy. Questa minore distanza si dimostrerà cruciale per la sostenibilità del nostro sistema di produzione alimentare, in quanto le abitudini di acquisto e di consumo ecologicamente e socialmente consapevoli non sono soltanto il risultato passivo dei cambiamenti del modo in cui il cibo viene prodotto, ma possono esserne i fattori attivi. Gli accordi di acquisto fra coltivatori e consumatori evidenziano il crescente numero dei non-coltivatori che hanno già trasformato il loro ruolo all’interno della catena alimentare: hanno deciso di non essere più costretti a scegliere più fra migliaia di differenti prodotti offerti da una dozzina di ditte. E poiché gran parte dei passaggi che contribuiscono al prezzo finale dei prodotti alimentari sono legati alla crescente quantità di tempo che il cibo trascorre nei trasporti e nei magazzini del mercato globale, l’avvicinamento fra coltivatori e consumatori aiuterà non solo la cultura e l’ecologia delle comunità agricole. Permetterà a noi tutti di mangiare cibi più freschi, più saporiti, più nutrienti.
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