economia ambientale:dare un valore alle foreste



da nature aprile 2001

  

Ambiente
Dare un prezzo agli alberi

di Henry Gee 
   


 Qual è il valore economico di un tratto di foresta pluviale tropicale? La
risposta dipende dall’interrogato, e anche da chi pone la domanda. Per
quanti si preoccupano di temi globali come il cambiamento del clima, le
foreste pluviali tropicali fungono da preziosi serbatoi di biodiversità
oltre che da importanti elementi nel ciclo globale del carbonio.  Nel 1997
Robert Costanza e i suoi colleghi dell’University of Maryland hanno
stabilito un valore di 1660 dollari a ettaro annui per i “servizi
ecologici” garantiti dalle foreste pluviali – escludendo qualunque provento
possa derivare dal raccolto nelle foreste per ricavarne cibo o materie
prime. Ma è proprio la fornitura di questi elementi, cibo e materie prime,
che conta per la maggior parte degli abitanti della foresta. Ora Ricardo
Godoy e i suoi colleghi della Brandeis University, Waltham, Massachusetts,
hanno dimostrato che i residenti locali non ricavano più di circa 24
dollari annui ad ettaro dal consumo e dalla vendita dei prodotti della
foresta.

Chiaramente, i residenti traggono un beneficio materiale soltanto da una
piccola parte del valore del loro ambiente, così come tale valore è
percepito dagli scienziati occidentali. Si potrebbe addirittura ipotizzare
che il valore della foresta pluviale aumenta in proporzione alla sua
distanza da chi ne effettua la valutazione. Ciò spiegherebbe perché le
popolazioni indigene potrebbero essere tentate di eliminare la foresta per
utilizzarla diversamente, suggeriscono Godoy e i suoi colleghi. «A meno che
le popolazioni rurali non vengano pagate in base al valore non-locale delle
foreste pluviali», dichiarano a Nature  i ricercatori, «sarà molto facile
persuaderle alla deforestazione».

Il rapporto di Costanza ha scatenato un lungo dibattito, al cuore del quale
stava un semplice interrogativo: come si fa a mettere il cartellino del
prezzo a una cosa che non ha prezzo? Lo stesso problema, per quanto a un
livello più prosaico e pratico, devono affrontare quanti cercano di
comprendere l’economia quotidiana della vita nella foresta, dove
consumatori e produttori, allevatori e produttori di foraggio, sono spesso
le medesime persone; e dove il baratto può far parte della vita quotidiana
nella stessa misura dello scambio monetario. A peggiorare le cose, vi sono
pochissime casse di supermercati, nella foresta, e ancor meno registrazioni
di transazioni con carte di credito.

 Il gruppo di Godoy ha svolto un’accurata ricerca in due villaggi Tawahka,
una tribù indigena residente nella zona rurale dell’Honduras. In un periodo
di oltre due anni e mezzo, i ricercatori hanno monitorato l’ingresso e
l’uscita dei beni in alcune famiglie selezionate, registrando il loro
valore secondo il mercato locale. Essenzialmente, si è trattato di
controllare i conti della spesa degli abitanti del villaggio, per
l’acquisto di pesce, selvaggina, piante selvatiche, raccolto di prodotti
della foresta a crescita spontanea, legna da ardere e legname da
costruzione. Hanno documentato anche la vendita di beni derivati dai
prodotti della foresta, come canoe o legna da ardere, ma hanno ignorato gli
animali domestici, i minerali, le merci industriali, il raccolto coltivato
e l’acqua. La massa di statistiche generata è di immenso valore per i
ricercatori economici e sociali, ma una cosa emerge con evidenza. Il valore
combinato del consumo e della vendita dei beni prodotti dalla foresta
variava dai 17,79 ai 23,72 dollari annui per ettaro, di gran lunga
inferiore alle stime precedenti, che andavano dai 50 agli oltre 1000 dollari.

Perché tanto poco? I ricercatori ammettono che l’esclusione dell’acqua come
bene di consumo potrebbe portare a una sottostima del valore della foresta:
«l’acqua è forse il bene o servizio più importante fornito da molte aree
forestali». In secondo luogo, i prezzi del mercato tendono ad essere molto
più bassi nelle aree rurali rispetto a quelle urbane. Ciò nondimeno, è
nettissimo il contrasto tra questi risultati – dall’economia grezza a
livello locale – e il rapporto di Costanza sulla valutazione monetaria del
valore ecologico della foresta pluviale.

Se entrambe le valutazioni si devono ritenere valide, allora il beneficio
tratto dalle popolazioni locali corrisponde soltanto a una minima frazione
del valore netto di una foresta. Ciò non sorprende, dal momento che il
valore ecologico di una foresta deriva dalla decisione di lasciarla
esattamente come sta. In altre parole, nessuno dovrebbe ricavare alcun
beneficio monetario diretto dalla sua esistenza. Tuttavia, molte regioni
forestali importanti dal punto di vista ecologico sono di proprietà o
ricadono sotto l’amministrazione di persone che vi abitano. Dato che queste
persone dovrebbero presumibilmente avere il diritto di usare della loro
terra nel modo che ritengono migliore, non sarebbe giusto proporre di
compensarli in un modo che sia adeguato al valore che noi occidentali
attribuiamo alle foreste pluviali?