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Per Pisa



Le basi servono e non servono.
Perchè?

Quando si parla dello schieramento delle infrastrutture militari situate sui territori nazionali non si può fare a meno di ricondurle allo scenario geostrategico di riferimento, agli obiettivi e alle garanzie politico-militari che devono supportare. La decisione presa dalla Commissione Forze Armate del Congresso degli Stati Uniti di chiudere una serie di basi militari all’estero da qui al 2007, viene annunciata sulla base della convinzione che gli attuali rischi, crisi regionali e terrorismo, abbiano bisogno di una risposta flessibile e capace di rispondere rapidamente alle minacce multiforme e indeterminate, il cosiddetto avversario asimmetrico.
Un caso evidente è quello della Germania: in Germania vi sono più di 250 basi dell’US Army comprensivi di villaggi per le famiglie del personale, ospedali e scuole.


Il ministro della Difesa tedesco Peter Struck ha affermato recentemente di voler chiudere 105 basi militari, operazione che dovrebbe essere completata entro il 2010. Secondo Struck questa decisione è necessaria per poter modernizzare e adeguare le forze armate alle esigenze del 21° secolo, ricordando come già ai tempi della caduta del muro di Berlino con le forze armate improvvisamente aumentate per l’ingresso dei soldati dell’est, ci fu il bisogno di bonificare caserme e poligoni militari abbandonati dai russi.
Questa nuova riforma dovrebbe far risparmiare 200 milioni di euro (+ gli introiti dovuti alle vendite delle proprietà demaniali) da investire in nuovi equipaggiamenti.


La stessa Inghilterra pensa ad esempio di chiudere la base aerea di Leemong e quella di Coltishall il cui risparmio di risorse servirà a sviluppare la NEC (Network Enabled capability) cioè l’”integrazione coerente in tempo reale di sensori, sistemi decisionali e sistemi d’arma con le capacità di supporto”.

In Italia il Direttore Nazionale degli Armamenti, lo Stato maggiore della Difesa e il Comitato di Difesa 2000 hanno espresso la necessità di orientarsi verso strutture militari moderne atte a garantire l’interoperabilità con tutti gli alleati. La trasformazione di dottrine, procedure, strutture organizzative, addestramento, logistica, materiali, infrastrutture numero e qualità del personale devono fare i conti con l’elemento tecnologico.
La tecnologia rappresenta così il fulcro della trasformazione militare.


Del resto, come si avrà avuto modo leggere, la Costituzione Europea ha ampliato i compiti della UE rispetto alla dichiarazione di Petersberg del 1992 con l’aggiunta delle missioni di disarmo, consulenza in materia militare, stabilizzazione al termine dei conflitti e lotta al terrorismo anche su territori di Stati terzi. Ma ha forzato per la creazione di un’agenzia sugli armamenti, sulla ricerca e sulle capacità militari e infine e per la definizione di una procedura di accesso rapido agli stanziamenti del bilancio dell’Unione.

L’inchiesta sulle basi in Emilia Romagna ha individuato le piante operative e logistiche presenti nel territorio dando particolare rilievo al ruolo del COFA/COAC, da cui dipendono tutte le missioni sia nazionali che internazionali di pertinenza dell’Italia.

Le basi militari costituiscono una pista di decollo di tutti i sistemi d’arma, le loro capacità, i loro pericoli, tutto ciò che si è individuato nel termine di nuove guerre, non può essere scisso dal ruolo fattivo delle multinazionali che dirigono il gioco.