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anche in iraq si muore d'uranio impoverito



  unione cronaca  prov  di oruistano  del 17\4\2004

A casa del maresciallo della Marina rientrato gravemente malato da Nassirya
«Così muoiono i nostri figli»
L'abbraccio tra i genitori di Giovanni e Valery


Il salotto di casa Pilloni a Gonnoscodina è disseminato di coppe e
riconoscimenti sportivi. «Avete visto quanti trofei? Mio figlio, Giovanni,
era un campione di atletica» racconta il signor Salvatore. Ieri, a casa
Pilloni, c'erano degli ospiti speciali ad ascoltare le sue parole. Ospiti
che hanno deciso di manifestare apertamente, pubblicamente solidarietà alla
famiglia di Gonnoscodina. Giovanni, il maresciallo Pilloni, 36 anni, lotta
contro un tumore al testicolo. Ha perso 19 chili. È sottoposto a un ciclo di
chemioterapia all'Oncologico di Bari. È l'ennesima vittima sospetta del
metallo del disonore, l'uranio impoverito. L'elicotterista tecnico di bordo
della Marina militare potrebbe aver respirato o ingerito le micidiali
polveri contenenti particelle di uranio 238 durante la recente missione in
Iraq, per lui terminata il 18 dicembre del 2003. È il primo militare di
ritorno da Nassirya a essere stato colpito da una neoplasia.
«Capiamo bene la preoccupazione di signor Salvatore. Per questo siamo qui,
lo abbiamo voluto incontrare di persona», dicono Dante e Marie Claude Melis,
genitori di Valery, l'alpino di Quartu Sant'Elena colpito da un linfoma dopo
aver indossato la divisa nei Balcani e morto a febbraio scorso. Assieme a
una delegazione del comitato sardo Gettiamo le basi, i Melis e Salvatore
Pilloni sono poi andati dal sindaco del paese della Marmilla, Greca Onnis.
Qui il padre di Giovanni ha raccontato, schiettamente, scampoli di vita
militare del figlio maresciallo. Uno dei tanti sardi che, appena
maggiorenne, ha deciso più per necessità che per scelta spontanea, di
imbarcarsi su un incrociatore. «Adesso Giovanni, capo reparto alle officine
della base elicotteri di Grottaglie, vicino a Taranto, a causa della
malattia è in aspettativa. Mi ha raccontato che in Iraq si rifugiavano
dentro un bunker sotto la sabbia, tra vermi e scorpioni, vicino ai cimiteri
di guerra del 1991. Attorno alla loro postazione, carri armati e altri mezzi
corazzati distrutti dalle bombe, e sappiamo che stiamo parlando di armamenti
all'uranio impoverito. Le precauzioni erano minime, gli iracheni gridavano
Via gli italiani. Un vero inferno».
Salvatore Pilloni denuncia un sostanziale disinteresse da parte delle
autorità militari: «Giovanni ha chiesto alla Marina di essere accompagnato
in ospedale per sottoporsi alla terapia. È troppo debole, non è in grado di
guidare. Per il momento non ha ricevuto nessuna risposta». «La burocrazia
militare è molto lenta», aggiunge Dante Melis. «Le risposte, se arrivano,
sono sempre in ritardo».
Il sindaco di Gonnoscodina ha garantito che porterà il caso Pilloni all'
attenzione del Consiglio comunale. Mariella Cao di Gettiamo le basi
sollecita un intervento dell'Anci e chiede chiarezza: «Ci devono spiegare
perché i soldati sono colpiti dallo stesso male che miete vittime tra la
popolazione di Quirra e i lavoratori dei poligoni». Dopo l'ufficialità si
torna a casa Pilloni. Salvatore si lascia attraversare da un brivido di
commozione: «Non voglio croci di guerra. Mio figlio deve vivere. Siamo
ancora in tempo».

Walter Falgio