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Due articoli sulla Maddalena
- Subject: Due articoli sulla Maddalena
- From: "Walter Falgio" <falgio@unionesarda.it>
- Date: Fri, 10 Oct 2003 19:38:50 +0200
Da Liberazione dell'8 ottobre 2003
Martino obbedisce agli Usa: raddoppiata La Maddalena
Il ministro della Difesa ha deciso: la base americana per sommergibili
nucleari di Santo Stefano alla Maddalena sarà ampliata. Queste le
motivazioni: «I lavori in questione sono urgenti, indispensabili ed
indifferibili, in particolare per gli aspetti riguardanti la sicurezza del
personale della base e sono conformi agli accordi internazionali
sottoscritti dall'Italia». Il testo è contenuto in un breve documento
datato 30 settembre 2003, firmato Antonio Martino e inviato al presidente
della Regione sarda, al Commissario di Governo nell'isola e al Comando
militare marittimo di Cagliari.
La notizia, ripresa dalle principali testate regionali, non è stata però
confermata dall'ufficio stampa della Difesa che precisa: «Il ministro
parlerà solo davanti alle Camere in quanto è stata presentata
un'interrogazione parlamentare sul tema». Stesso copione all'ufficio
legislativo di via XX settembre. Al momento è impossibile parlare anche con
il sottosegretario, sardo, Salvatore Cicu che, a sentire i suoi
collaboratori, dovrebbe essere stato informato e starebbe studiando le
carte. Nemmeno alla Regione risulta niente. «Non abbiamo ancora ricevuto
alcuna informazione dal ministero», dice il responsabile del settore
Servitù militari, Gianni Aramu che aggiunge: «È da quattro anni che il
Governo non stanzia i contributi per i comuni oberati dalla presenza
militare».
Eppure il testo esiste e parla chiaro: «Avvalendomi della facoltà prevista
dall'articolo 3 della legge 898 del 24 dicembre 1976, autorizzo
l'esecuzione dei lavori previsti dal sopra citato progetto Usa 080-20». «La
decisione definitiva» del ministro Martino giunge dopo che la componente
civile del Comipa (Comitato misto paritetico per le servitù militari in
Sardegna) ha dichiarato parere «non favorevole» al progetto statunitense.
Il voto contrario è stato espresso anche dal rappresentante del ministero
dell'Economia, Mauro Rocchetti che rileva la mancata autorizzazione della
sezione italiana della Commissione mista costruzioni.
Dal verbale della riunione tenuta lo scorso luglio, di cui "Liberazione" è
entrata in possesso, emerge che il progetto non prevede soltanto «migliorie
infrastrutturali», come affermano gli americani. Si tratta della
sostituzione di fatiscenti strutture prefabbricate in edifici di
calcestruzzo. Pertanto di una effettiva aggiunta di nuove volumetrie. Da
un'analisi precisa del progetto risulta che i metri cubi da edificare
sarebbero oltre 46mila, 18mila in più degli attuali dichiarati dagli
americani. Nel testo del verbale un rappresentante della Regione nel
Comitato paritetico sottolinea che la maggior parte dei volumi esistenti
sono costituiti da strutture amovibili. «Si scopre che le superfici utili
si sono moltiplicate. Alcuni fabbricati che attualmente hanno solo il piano
terreno, guadagnerebbero piani superiori, raddoppiando la propria
volumetria». Inoltre si prevede un aumento dello stoccaggio di materiali
speciali di quasi dieci volte superiore rispetto a quello attuale.
Qualcun altro in Comitato chiede «in cosa consistano questi materiali,
avendo notato che in una delle foto della presentazione si intravede il
simbolo dell'atomo». La relazione con le scorie nucleari, ovviamente, è
immediata. Il presidente del Comipa, rappresentante della Marina militare,
risponde che «genericamente, per materiale speciale si intende batterie,
vernici, oli usati».
Le reazioni sulla vicenda non si contano. La deputata di Rifondazione,
Elettra Deiana, mercoledì presenterà alla Camera un'interrogazione urgente
con risposta immediata del ministro della Difesa. Un'altra interrogazione è
stata presentata dal Verde Mauro Bulgarelli. Pierfranco Zanchetta,
capogruppo ulivista in Consiglio comunale della Maddalena conferma:
«L'inizio dei lavori sull'isola di Santo Stefano è previsto per aprile del
prossimo anno e presto gli americani bandiranno le gare d'appalto». Lo
stanziamento che scatenerà gli appetiti di vari costruttori ammonta quasi a
33 milioni di dollari. Ma non è tutto: «Oltre ai 50 mila metri cubi già in
progetto, ne saranno costruiti altri 22 mila per servizi logistici e
residenze», continua il consigliere.
Salvatore Sanna, maddalenino, componente storico del Comipa, sottolinea che
«il punto di approdo si converte così in una base strutturata mentre gli
americani dichiarano che verranno rispettati i canoni estetici delle leggi
urbanistiche regionali. Ebbene - continua Sanna - la normativa non
stabilisce criteri estetici ma individua il terreno disponibile e le
volumetrie in relazione alle distanze dal mare che, nel caso degli
americani, non sono rispettate perché le strutture in progetto dovrebbero
sorgere proprio in riva. La legge urbanistica inoltre non riconosce
cubatura alle strutture prefabbricate. Se poi tutto questo deve nascere al
centro di un parco naturale nazionale, mi pare un paradosso».
Luigi Cogodi, capogruppo di Rifondazione in Consiglio regionale afferma che
«Bisogna bloccare oggi con tutta la forza politica e morale di cui si
dispone la torbida manovra di trasformare una dichiarata base appoggio in
una vera base militare. Contro tutto questo bisogna esprimere la stessa
carica di contestazione popolare che si è manifestata contro le scorie
nucleari». La Regione ha quindici giorni di tempo per presentare ricorso al
Consiglio dei ministri contro la decisione di Martino.
Walter Falgio
Da Liberazione del 9 ottobre 2003
Anche il presidente della Regione Masala (An) non ci sta: «Chiederemo
il riesame della decisione»
Base della Maddalena, la Sardegna contro Martino e il piano degli Usa
La Regione sarda non ci sta. La decisione del ministro della Difesa
che autorizza l'ampliamento della base Usa per sommergibili nucleari di
Santo Stefano non è andata giù al presidente della Giunta Italo Masala
(An). «Ho già dato mandato al direttore generale di inoltrare la richiesta
di riesame al Consiglio dei ministri. Tutto questo però», spiega Masala,
«appena riceveremo il provvedimento perché, al momento, non ci è stato
comunicato ancora niente di ufficiale».
Il presidente dell'esecutivo regionale si appella alla stessa norma
alla quale ha fatto riferimento il ministro Antonio Martino per autorizzare
l'esecuzione dei lavori nell'installazione americana. Si tratta della 898
del 1976 che concede alla Regione quindici giorni di tempo per fare ricorso
al Consiglio dei ministri dalla data di ricevimento della determinazione. A
quel punto il Governo ha tre mesi per pronunciarsi e convocare una seduta
alla quale deve essere invitato anche il presidente della Regione. «Nel
caso in cui si arrivasse a un'ulteriore decisione affermativa, valuteremo
il da farsi. Una cosa è certa: difenderemo in ogni caso le prerogative
della Sardegna», continua Masala.
Il ministro ha giustificato l'esecuzione delle «migliorie
infrastrutturali» nella base dell'Us Navy sostenendo in un documento datato
30 settembre 2003 che «i lavori in questione sono urgenti, indispensabili
ed indifferibili, in particolare per gli aspetti riguardanti la sicurezza
del personale della base e sono conformi agli accordi internazionali
sottoscritti dall'Italia». Una disposizione che non tiene conto però del
voto negativo espresso dall'organismo regionale di mediazione civili e
Difesa: il Comitato misto paritetico per le servitù militari. «Non mi va
bene che Martino abbia disatteso le prerogative del Comipa», continua il
presidente della Giunta: «Sebbene la sua sia una scelta legittima,
altrettanto legittima è la nostra di fare ricorso».
Il destino del progetto Usa da 33 milioni di dollari per 46 mila
metri cubi di cemento si deciderà quindi entro novanta giorni a Palazzo
Chigi. Il ricorso della Regione giunge dopo la sollecitazione di un
componente del Comitato paritetico, il maddalenino Agostino Bifulco, che in
una lettera indirizzata nei giorni scorsi al presidente della Giunta
auspicava una necessaria e immediata iniziativa politica. Intanto, pare
cominci a squarciarsi il velo sulla possibile presenza di scorie nucleari
nell'isola di Santo Stefano. Dai verbali del Comipa si scopre che lo
stoccaggio dei materiali speciali nella struttura Usa in progetto
aumenterebbe di quasi dieci volte rispetto a quello attuale. Un componente
del Comitato chiede poi «in cosa consistano questi materiali, avendo notato
che in una delle foto della presentazione si intravede il simbolo
dell'atomo». Il rappresentante della Marina militare risponde che
«genericamente, per materiale speciale si intende batterie, vernici, oli
usati».
Salvatore Sanna, uno dei pochi ad aver messo piede nella base
statunitense in tempi non sospetti, membro del Comipa dal 1978, spiega:
«Sino a prova contraria le scorie dell'attività propulsiva del reattore
nucleare sono gestite a Santo Stefano, in particolare dalla nave appoggio
"Simon Lake". Attualmente però non si può dimostrare che i rifiuti
radioattivi siano trasferiti altrove. Altro problema è la notevole quantità
di armamenti a capacità nucleare stoccati nella stiva della nave balia.
Incombe un reale rischio di incidenti. Nel caso in cui si verificassero, la
popolazione non saprebbe cosa fare perché il piano di emergenza non è mai
stato reso pubblico».
Walter Falgio