[Disarmo] Sottomarini italiani con missili Cruise in grado di colpire a oltre mille chilometri



Dotare i nostri sottomarini di Cruise in grado di colpire a oltre mille chilometri

https://www.repubblica.it/esteri/2021/09/25/news/l_italia_vuole_schierare_i_missili_cruise-319323124/

Varato il requisito per dotare i nostri sottomarini di armi in grado di colpire a oltre mille chilometri. Una svolta strategica che rivoluzionerà le capacità della nostra Difesa

di Gianluca Di Feo - La Repubblica 
25 SETTEMBRE 2021

La Marina Militare italiana intende adottare i missili cruise, moltiplicando il raggio d’azione dei suoi sistemi d’attacco. Si tratta infatti di armi con una portata di oltre mille chilometri, che verrebbero imbarcate sui nuovi sottomarini e successivamente anche sulle fregate Fremm. In questo modo, la capacità di deterrenza contro minacce d’ogni tipo e la possibilità di tutela dell’interesse nazionale si allargherebbe – ad esempio – fino a includere l’intero territorio libico, con una possibilità di proiezione quasi illimitata. Una rivoluzione: attualmente i missili Otomat arrivano al massimo a duecento chilometri di distanza e sono solo in dotazione alle unità di superficie. Mentre i Cruise - per avere un termine di paragone – saranno l’armamento principale anche dei sottomarini nucleari acquistati dall’Australia, al centro del dibattito internazionale in questi giorni.

La nuova missione
Il “requisito operativo” della Marina non è stato ancora finanziato, ma è stato recepito dallo Stato Maggiore della Difesa. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone lo ha illustrato in un’intervista al mensile specializzato Rid, spiegando l’esigenza di migliorare gli strumenti di “naval diplomacy”. Si tratta della missione tornata dominante nelle acque turbolente del Mediterraneo, dove le navi militari si sfidano sempre più spesso per marcare le aree di interesse economico. Il caso più evidente è quello della contesa a largo di Cipro per lo sfruttamento dei giacimenti sottomarini di gas, con la flotta turca impegnata a imporre le pretese di Ankara in spazi che ufficialmente sono riconosciuti allo Stato cipriota. Una questione che riguarda direttamente l’Italia, poiché la concessione degli idrocarburi è stata assegnata anche all’Eni: potenzialmente, si tratta di scorte di gas del valore di molti miliardi di euro.

Contro le fortezze elettroniche
Ma il comandante della Marina ha sottolineato pure un altro aspetto, in apparenza molto tecnico. I missili cruise sono fondamentali per affrontare le nuove “fortezze elettroniche”, realizzate soprattutto dai russi: “bolle” protette da schermi radar e da batterie missilistiche anti-aeree e anti-nave, che servono a sbarrare la strada alle forze avversarie. Una è stata allestita intorno alla base siriana di Tartus, condizionando i movimenti nel Mediterraneo Orientale in un raggio di 3-400 chilometri. Diversi segnali fanno ipotizzare che altri di questi “castelli hi tech” possano sorgere presto in Libia: ad opera dei turchi in Tripolitania e delle brigate di Mosca in Cirenaica. E se l’Italia vuole ancora contare in quello che fu “il Mare Nostrum”, allora deve prepararsi a fronteggiare questa minaccia.

La scelta dell’arma
Non è stato deciso ancora quale sarà il modello di cruise che si vuole adottare. Per il futuro si pensa al franco-britannico FC/ASW, un progetto innovativo che però è ancora nella fase di studio e rischia di venire stroncato dalla lite tra Parigi e Londra per il contratto dei sottomarini australiani. Le alternative immediate sul mercato sono lo Scalp Naval, prodotto per la Francia dal consorzio europeo Mbda, e l’ultima versione del Tomahawk statunitense, che sulla carta pare la soluzione più probabile.

La lunga lancia del Pentagono
Il Tomahawk – dal nome dell’ascia dei nativi americani - è un’arma che ha segnato gli ultimi quarant’anni di storia. Venne concepita durante la Guerra Fredda per volare a bassissima quota, sfuggendo ai radar sovietici, e colpire con una testata nucleare. Molti ricordano la mobilitazione pacifista dei primi anni Ottanta per impedire che la Nato schierasse questi ordigni in Europa: l’aeroporto siciliano di Comiso fu l’epicentro italiano delle manifestazioni contro gli “euromissili”. Caduto il muro di Berlino, i cruise sono diventati i protagonisti tecnologici della “Tempesta del Deserto”, devastando i comandi iracheni nella prima notte dell’operazione per liberare il Kuwait. Ovviamente, al posto della testata nucleare utilizzavano una carica di esplosivo convenzionale. Da allora i Tomahawk si sono trasformati nella lunga lancia del Pentagono in tutte le missioni belliche: dal 1991 ne sono stati lanciati ben 2.300. Vennero usati nella rappresaglia contro le basi di Al Qaeda in Sudan e in Afghanistan dopo le stragi nelle ambasciate americane in Africa; per la prima ondata contro la Jugoslavia nella campagna in Kosovo; per bombardare gli accampamenti afghani di Osama Bin Laden pochi giorni dopo l’11 settembre 2001 e poi ancora in Iraq nel conflitto che portò all’occupazione del Paese. L’ultimo attacco risale al 2018: una salva di 63 ordigni fu scagliata contro la Siria per punire l’impiego di gas tossici da parte del regime di Damasco.

L’ultima evoluzione   
Attualmente è in produzione la quinta versione del Tomahawk, con una portata che sfiora i 1600 chilometri e con una carica di circa mezza tonnellata di esplosivo. All’esterno, ha la stessa forma simile a un siluro volante, lungo quasi sei metri, dei modelli di quarant’anni fa ma i sistemi elettronici sono completamente nuovi. Secondo alcune fonti, sarebbe in grado di arrivare sul target con un margine di errore di dieci centimetri, la stima però pare assai ottimistica: è più probabile che si tratti di tre metri. Il sistema di navigazione si basa su un apparato gps coordinato con un una guida satellitare – entrambi “schermati” contro le contromisure - che permette di cambiare obiettivo anche durante il volo: nella fase finale ha un occhio elettronico, con un sensore termico che individua la sagoma dell’obiettivo. Inoltre è programmato per attaccare navi in movimento, gestendo manovre evasive durante la traiettoria finale per evitare le difese contra-aeree. E dispone di una ogiva speciale per distruggere bunker sotterranei o comandi fortificati. Non ci sono dati ufficiali sul costo, che dovrebbe aggirarsi sul milione di dollari per ogni esemplare.

Una svolta strategica
Finora gli Stati Uniti ne hanno permesso la vendita solo alla Gran Bretagna e all’Australia, storici alleati. L’eventuale cessione all’Italia non dovrebbe però rappresentare un problema, visto l’interesse della Casa Bianca a potenziare le marine della Nato in quadranti del pianeta da cui l’America si sta progressivamente ritirando. Per le nostre forze armate l’introduzione dei cruise rappresenterebbe un altro cambiamento strategico. Unita alla recente decisione di armare i droni Predator dell’Aeronautica, permetterebbe la possibilità di attacco su distanze attualmente inconcepibili, mettendo a disposizione delle autorità di governo una gamma di azioni di deterrenza mai viste prima. Dal punto di vista teorico, i bombardieri teleguidati e i cruise a bordo dei sottomarini cambieranno tutti i concetti della nostra Difesa, rendendola capace di presidiare l’intero “Mediterraneo allargato”: l’area di interesse nazionale definita nei documenti del governo, che va ben oltre i confini del mare. Uno sviluppo così radicale da meritare un dibattito parlamentare, per evitare che siano le innovazioni tecnologiche a determinare le scelte del Paese.