[Disarmo] Fwd: [ReteDisarmo] Su Altreconomia - Tagli alla sanità ma non alla spesa militare: così in Italia si è continuato a investire sulle armi





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Date: ven 20 mar 2020 alle ore 08:48
Subject: [ReteDisarmo] Su Altreconomia - Tagli alla sanità ma non alla spesa militare: così in Italia si è continuato a investire sulle armi
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ECONOMIA / APPROFONDIMENTO

Tagli alla sanità ma non alla spesa militare: così in Italia si è continuato a investire sulle armi

di Marta Facchini — 19 Marzo 2020

Negli ultimi dieci anni, secondo la Fondazione Gimbe, sono stati sottratti 37 miliardi di euro negli ultimi dieci anni. Il budget per il Ministero della Difesa, invece, non ha visto diminuzioni: nel 2018 è stato di 25 miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil, e ha segnando un aumento del 25% rispetto alle ultime tre legislature

© Pixabay 

Tagli alla spesa sanitaria ma non a quella militare. In diciotto anni, il finanziamento del Sistema sanitario nazionale italiano è passato da essere il 7% del Prodotto interno lordo nel 2001 al 6,6% nel 2019, secondo i dati analizzati nel suo ultimo rapporto dalla Fondazione Gimbe che, dalla fine degli anni Novanta, si occupa di formazione scientifica e ricerca sulla sanità italiana. Se il finanziamento della sanità ha subito una riduzione dello 0,4%, non si può dire lo stesso della spesa militare del Paese che, negli ultimi dieci anni, non ha visto riduzioni del suo bilancio ma, al contrario, una crescita costante. A sottolinearlo è MIL€X –l’osservatorio sulle spese militari italiane fondato nel 2016 da Francesco Vignarca ed Enrico Piovesana- che ha evidenziato come nelle ultime legislature la tendenza di crescita della spesa militare sia stata continua: nel 2018 è stata di 25 miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil, e ha segnando un aumento del 25% rispetto alle ultime tre legislature. Nello stesso anni, le spese per gli armamenti sono state 5,7 miliardi di euro. A paragonare i dati, e a richiamare l’attenzione sul “devastante indebolimento del Sistema Sanitario Nazionale rispetto all’ininterrotta crescita di fondi e impegno a favore delle spese militari” sono la Rete della Pace e la Rete Italiana per il Disarmo che sottolineano la necessità di ripensare il concetto di difesa e di salute pubblica insieme al “ruolo dello Stato e dell’economia al servizio del bene comune” e di attuare una “conversione dal militare al civile”.

Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Gimbe, negli anni 2010-2019 alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro: 25 miliardi di euro nel 2010-2015, come conseguenza dei tagli previsti dalle manovre finanziarie, e oltre 12 miliardi di euro nel periodo 2015-2019 come conseguenza del definanziamento che ha assegnato meno al SSN rispetto ai livelli programmati per l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica. Nelperiodo 2010-2019 il finanziamento pubblico è aumentato di soli 8,8 miliardi di euro, crescendo in media dello 0,90% annuo: il tasso non è cresciuto come quello dell’inflazione media annua (1,07%), cioè l’aumento del livello medio dei prezzi, ma è rimasto inferiore. “Questa strategia politico-finanziaria documenta inequivocabilmente che per nessun Governo nell’ultimo decennio la sanità ha mai rappresentato una priorità politica”, si legge nel rapporto della Fondazione. “Quando l’economia è stagnante, la sanità si trasforma inesorabilmente in un ‘bancomat’ mentre in caso di crescita economica i benefici per il SSN non sono proporzionali, rendendo di fatto impossibile il rilancio del finanziamento pubblico”.

Se sono diminuiti i finanziamenti per la sanità, è invece cresciuto il bilancio per il ministero della Difesa. Le sueprincipali voci di costo sono state analizzate nel rapporto redatto da MIL€X che le ha ricondotte agli armamenti, in particolare gli aerei F-35, alle spese per l’adesione dell’Italia alla NATOai costi nascosti delle missioni (Mission Need Urgent Requirement) e ai costi complessivi della missione in Afghanistan (8 miliardi) e in Iraq (3 miliardi). Secondo i dati dell’indagine, nel 2018 il budget del ministero della Difesa è stato pari a 21 miliardi di euro, circa il 1,2% del Pilun aumento del 3% in anno, dell’1% rispetto all’ultima legislatura del 18% se confrontato con leultime tre legislatureAd aumentare sono stati anche i contributi del ministero dello Sviluppo Economico per l’acquisto di nuovi armamenti: 5,7 miliardi nel 2018, una crescita del 7% in un anno e del’88% se paragonato alleultime tre legislature.
U
na delle voci più interessanti del rapporto è quella relativa ai costi derivanti dall’adesione del Paese alla NATO, riconducibili sia alla partecipazione alle missioni militari dell’alleanza sia alla quota da versare per il budget militare e civile previsto dal Programma d’investimento per la sicurezza della NATO (NSIP- NATO Security Investment Programme). Nel 2018 il contributo italiano è stato di 192 milioni di euro: circa 125 milioni destinati al budget NATO e 66,6 milioni destinati agli investimenti infrastrutturali. A questi, vanno aggiunti i costi sostenuti dall’Italia per supportare le basi americane nel Paesesono le spese relative alla realizzazione e manutenzione delle infrastrutture militari statunitensi, alle reti di trasporto e di comunicazione al servizio del personale militare americano insieme alla fornitura degli alloggi, alle compensazioni per danni e rimborsi alle comunità locali. La cifra esatta non è resa nota dal 2002, nonostante le interrogazioni parlamentari al riguardo. Nel 2012 uno studio basato sui dati del Pentagono della RAND Corporation, istituto di ricerca non-profit negli Stati Uniti, ha provato a realizzare una stima a partire dai 210 milioni di euro impiegati per la realizzazione della nuova base statunitense all’aeroporto Dal Molin di Vicenza. Se si ipotizza una contribuzione italiana uguale alle ultime note (41%) alle spese di stazionamento degli ultimi anni, e un numero quasi invariato di truppe americane, la spesa italiana per le basi ammonterebbe a circa 520 milioni di euro l’anno. 

 

Non solo finanziamenti alla Difesa ma anche esportazione di armi. Secondo un rapporto elaborato dall’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI), pubblicato a marzo 2020, nel quinquennio 2015-2019 l’Italia si è collocata al nono posto su 25 nella classifica che registra i principali Paesi esportatori di arsenale bellico. Anche se è stato registrato un decremento del 17% rispetto al quinquennio precedente, il Paese rientra nella Top 10 dei principali fornitori del mercato internazionaleEsporta principalmente in Turchia, Pakistan e Arabia Saudita. Invece, importa da Stati Uniti, Germania e Israele.
Al primo posto della classifica dei principali esportatori di armi si collocano gli Stati Uniti, seguiti dalla Russia, Francia e Cina. La domanda, invece, viene principalmente dal Medio Oriente e, in particolare, dall’Arabia Saudita. In Europa, oltre l’Italia, i principali esportatori sono la Francia, la Germania, il Regno Unito e la Spagna: il totale delle loro esportazione corrisponde al 23% dell’export mondiale. Erano al 20% nel periodo 2010-2014. 

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Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre.
Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la nonviolenza sono antiche come le montagne. 
Non c'è strada che porti alla pace che non sia la pace, l'intelligenza e la verità.
Io e te siamo una sola cosa: non posso farti male senza ferirmi.
Occhio per occhio... e il mondo diventa cieco.
Ci sono cose per cui sono disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui sarei disposto ad uccidere.
Per praticare la nonviolenza, bisogna essere intrepidi e avere un coraggio a tutta prova.
Nessun uomo può essere attivamente non-violento e non ribellarsi contro l'ingiustizia dovunque essa si verifichi.