[Disarmo] Fwd: [ReteDisarmo] Sul Cittadino di Lodi - F 35, associazioni lodigiane contro il governo e Guerini
- Subject: [Disarmo] Fwd: [ReteDisarmo] Sul Cittadino di Lodi - F 35, associazioni lodigiane contro il governo e Guerini
- From: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
- Date: Fri, 20 Dec 2019 09:36:49 +0100
Da: Rete Disarmo - Segreteria <segreteria at disarmo.org>
Date: gio 19 dic 2019, 17:17
Subject: [ReteDisarmo] Sul Cittadino di Lodi - F 35, associazioni lodigiane contro il governo e Guerini
To: coordinamento Rete Italiana per il Disarmo <coordinamento_RID at googlegroups.com>
F 35, associazioni lodigiane contro il governo e Guerini
Nel mirino la contestata decisione di acquistare i cacciabombardieri
Una parte dell’associazionismo locale contro la decisione del governo di acquistare altri 28 cacciabombardieri F35. A protestare sono il Meic, il Centro missionario, il gruppo territoriale di Banca etica, Lodi solidale (rete di associazioni), il Cortile e il Gas lodigiano.
«Esprimiamo indignazione e contrarietà alla decisione del governo, annunciata il 28 novembre dal ministro della Difesa, onorevole Lorenzo Guerini, esponente del mondo cattolico lodigiano, di procedere alla fase 2 del programma di acquisto dei cacciabombardieri F35 - commentano in una nota le associazioni -: in aggiunta ai 28 già acquistati (oltre 3,5 miliardi di euro), l’Italia ne comprerà altri 27. Questa decisione è avvenuta soltanto 9 giorni dopo che la maggioranza del Parlamento aveva chiesto al governo di valutare il programma di acquisto “tenendo conto dei mutamenti del contesto geopolitico, dei costi che si profilano, delle esigenze di contenimento della spesa pubblica”, mentre i partiti di minoranza avevano sollecitato a procedere senza indugi. Governo e ministro hanno proceduto senza indugi».
Il presidente del movimento ecclesiale Pax Christi, a inizio ottobre, ricordano i volontari lodigiani, «aveva scritto al ministro della difesa Guerini una lettera aperta: “In Italia per le spese militari - affermava - investiamo 25 miliardi di euro all’anno, 68 milioni al giorno, 2,8 milioni all’ora, oltre 45mila euro al minuto. L’Italia fino alla fine del 2019 può ancora uscire dal costosissimo progetto degli F35. Gli F35 sono aerei da guerra, abilitati anche al trasporto di testate nucleari. Il costo di ogni aereo si aggira sui 130 milioni di euro”». I governi che si sono succeduti, aggiungono le associazioni, hanno persistito nel disattendere queste prese di posizione: «I 12miliardi spesi per l’acquisto degli F35 si potrebbero investire in sanità, scuole, ricerca, difesa del suolo, assistenza sociale e contrasto alla povertà».
Spendere una cifra «abnorme per un programma di armamento dedicato prevalentemente ad operazioni di attacco e al trasporto di ordigni nucleari - dicono -, è in contraddizione con l’articolo 11 della Costituzione che sostiene che “l’Italia ripudia la guerra”. È in contraddizione anche con il magistero di Papa Francesco, che il 24 novembre a Hiroshima ha ribadito che “l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso di armi atomiche”». Ci troviamo in una situazione assurda, «abbiamo una compagnia di aviazione civile, Alitalia, che dispone di una flotta composta da 118 aerei - dicono -, di cui 41 di proprietà e 77 a noleggio, e un comparto di aviazione militare che ha 58 cacciabombardieri Tornado, 80 Eurofighter Typhoon, 53 aerei di attacco AMX, 27 F35 ma destinati a diventare 90, più una quindicina di droni. Viene da pensare: siamo in guerra o in pace? Le decantate ricadute occupazionali o di know-how tecnologico della partecipazione italiana al programma degli F35 sono modeste. Invece c’è un totale silenzio sulle ricadute ambientali: l’inquinamento prodotto da questi aerei e in generale da tutte le operazioni di guerra è enorme e poco monitorato».
Le associazioni sono «deluse». «Perché - dicono - il governo che ha deciso senza indugi di acquistare altri 28 F35 non si decide invece a firmare il trattato di proibizione delle armi nucleari, adottato dall’Onu nel 2017 con il voto favorevole di 122 Stati? Mancano le firme di 17 Stati perché il trattato diventi norma internazionale».
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