[Disarmo] SIRIA : altra intervista TV siriana ad Assad - 30 ottobre
- Subject: [Disarmo] SIRIA : altra intervista TV siriana ad Assad - 30 ottobre
- From: jure LT <glry at ngi.it>
- Date: Mon, 16 Dec 2019 17:51:46 +0100
Intervista al presidente al-Assad
per le televisioni di al-Sourya e al-Ikhbarya
31-10-2019
L’agenzia siriana SANA ha pubblicato la lunghissima intervista rilasciata dal presidente siriano Bashar al Assad alle emittenti nazionali al-Sourya and al-Ikhbarya.
Da questo testo, che è un in parte una traduzione in parte un riassunto della trascrizione in inglese curata da SANA, sono stati omessi alcuni passaggi che riguardano questioni interne alla Siria. Questioni che sono state sbandierate a fini propagandistici da chi ha voluto questa guerra ma su cui in realtà noi non abbiamo diritto di parola.
Una delle principali ragioni per cui la Siria è stata aggredita è che è schierata contro lo stato di Israele. Le possibili ragioni di ciò sono diverse e sono sicuramente inscritte nella sua storia.
La Siria è un paese antico, con un passato importante e una forte identità nazionale che probabilmente le hanno permesso di resistere culturalmente, oltre che politicamente, alle ingerenze occidentali più di altri paesi ex coloniali.
Questa identità si fonda, tra le altre cose, sulla memoria ancora tramandata di un’epoca antica in cui l’intero Levante (Siria, Libano, Giordania, Palestina) costituiva un’unica regione denominata Grande Siria. Ancora oggi il Partito Socialista Nazionale Siriano, che opera sia in Siria che in Libano, ha come progetto la rifondazione di quella entità.
Il partito Baath, che nasce ancora prima di Israele, oltre che socialista è panarabista, e per il panarabismo Israele è un nemico naturale.
Con la sua aspirazione alla purezza etnica, in realtà Israele è un nemico naturale anche di quel “mosaico” di culture e religioni di cui i siriani vanno molto orgogliosi.
La propaganda di guerra ha abituato l’opinione pubblica occidentale a giudicare realtà di cui poco sa e poco comprende con gli strumenti che noi abbiamo forgiato per misurare il nostro mondo.
In realtà, la storia della Siria è lunga e complessa e sarebbe interessante approfondirla...
Sintesi e traduzione a cura di Roberta Rivolta
I punti salienti dell'intervista:
AL
BAGHDADI
Sull’uccisione di al Baghdadi, Assad dice
che –
contrariamente a quanto dichiarato da Trump
– la Siria non è stata
affatto coinvolta. Gli USA hanno ringraziato
diversi paesi (Russia,
Siria, Iraq, Turchia e i curdi) solo per
acquistare credibilità ed
essere riconosciuti come avversari del
terrorismo. “Noi non abbiamo
bisogno di questo riconoscimento. Siamo noi
che combattiamo il
terrorismo. Non abbiamo relazioni e non
abbiamo avuto contatti con
nessuna istituzione americana”.
Dice anche che gli schermi radar
non hanno registrato nessun velivolo nel
giorno dell’operazione e
quindi non si sa neanche se l’operazione c’è
stata veramente o
no. Visto che, tra l’altro, gli USA non
hanno mostrato il corpo,
come hanno fatto con bin Laden e a
differenza di quello che hanno
fatto con Saddam Hussein.
È risaputo che al Baghdadi è stato
nelle prigioni americane in Iraq e che
l’hanno lasciato uscire
proprio perché giocasse questo ruolo. Per
cui può essere
rimpiazzato in qualunque momento.
“La politica americana non è
diversa da Hollywood, si basa
sull’immaginazione. Neanche sulla
fantascienza, sulla semplice immaginazione.
Per cui uno può prendere
la politica americana e vederla a Hollywood
o può prendere Hollywood
e guardarlo attraverso la politica
americana. Credo che tutto quello
che concerne questa operazione sia un
trucco.” Baghdadi o persino
l’ISIS potranno essere ricreati sotto altri
nomi ma con lo stesso
scopo. “Il regista dell’intero scenario è
sempre lo stesso, gli
Americani.”
ACCORDO
RUSSO-TURCO
“I principi dei russi sono stati chiari per
tutta questa guerra, perfino prima
dell’inizio del sostegno
all’esercito nel 2015. Questi principi si
basano sulla legge
internazionale, sulla sovranità siriana e
sull’integrità
territoriale della Siria. […] Tuttavia, la
politica russa tiene
conto della realtà sul terreno. Questa
politica ha ottenuto due
cose: il ritiro di gruppi armati da nord
verso sud in coordinazione
con l’esercito siriano, e l’avanzata a nord
dell’esercito,
nelle aree non occupate dai turchi. […]
Questo accordo è
temporaneo, non permanente. […] Bisogna
distinguere tra obiettivi
finali o strategici da una parte, e approcci
tattici dall’altra.”
E
poi spiega il motivo per cui l’accordo è
positivo: una recente
proposta tedesca immediatamente sostenuta
dalla NATO prevedeva di
riportare la sicurezza in questa regione
sotto l’egida
internazionale. Questo significa che l’area
sarebbe finita fuori
dal controllo dello stato siriano e questo
avrebbe reso la
separazione una realtà di fatto. Con questo
accordo, i russi hanno
fatto leva sulle aspirazioni territoriali
turche per estromettere gli
USA e abortire l’appello all’intervento
internazionale lanciato
dai tedeschi per favorire gli americani. Non
è tutto, perché non
spinge i turchi ad andarsene immediatamente,
ma limita i danni e apre
la strada alla liberazione della regione in
futuro.
TURCHIA
L’esercito
turco all’inizio della guerra ha collaborato
con l’esercito
siriano, fino al colpo di stato di Erdogan
contro l’esercito.
La
Siria cercherà di rasserenare le relazioni
con la Turchia, con
l’aiuto degli alleati Russia e Iran, ma se
Erdogan non se ne vorrà
andare, l’unica scelta possibile sarà la
guerra.
“Quando
Erdogan dice di aver deciso di attaccare o
di averlo comunicato agli
americani, è perché cerca di presentare la
Turchia come una
superpotenza fingendo di prendere lui le
decisioni, ma sono tutte
sceneggiate decise tra lui e gli americani.
All’inizio della
guerra, a nessuno è stato permesso di
intervenire, perché gli
americani e l’occidente credevano che le
manifestazioni si
sarebbero propagate e avrebbero deciso
l’esito. Le manifestazioni
non si sono propagate come volevano loro,
così sono passati all’uso
delle armi. Quando le armi non sono riuscite
a decidere l’esito,
sono passati alle organizzazioni estremiste
dei terroristi, con la
loro folle ideologia, per decidere l’esito
militarmente. Non ci
sono riusciti. E qui arriva l’ISIS con il
compito, nell’estate
del 2014, di disperdere gli sforzi
dell’esercito siriano, cosa che
è riuscito a fare. E a quel punto è arrivato
l’intervento russo.
Quando tutte le altre opzioni sono fallite,
è stato necessario far
intervenire la Turchia per rovesciare le
carte; questo è il suo
ruolo..”
RUSSIA
Assad
respinge l’ipotesi che la partenza degli USA
dal nord della Siria,
con conseguente invasione nel nord della
Turchia e successivo accordo
russo-turco, sia stato il frutto di un piano
congiunto di Stati
Uniti, Russia e Turchia. “Gli accordi dei
russi sono sempre
pubblici. L’accordo russo-turco è stato
annunciato immediatamente…
[…] Non c’è nessun piano nascosto nelle
politiche russe, il che
ci dà garanzie.»
TRUMP
“Per
quanto riguarda Trump… dico che è il miglior
presidente americano,
non perché le sue politiche siano buone, ma
perché è il presidente
più trasparente. Tutti i presidenti
americani perpetrano ogni genere
di atrocità e crimini politici e tuttavia
vincono il premio nobel e
si presentano come difensori dei diritti
umani e dei nobili e unici
valori americani, o dei valori occidentali
in generale. La realtà è
che sono un gruppo di criminali che
rappresenta gli interessi delle
lobby americane, cioè delle grandi aziende
petrolifere, delle
industrie di armamenti eccetera. Trump parla
in modo trasparente,
dice che quello che vogliono è il petrolio.
Questa è la verità
sulla politica americana, almeno dalla
Seconda guerra mondiale in
poi. […] Di cosa abbiamo bisogno di più
rispetto a un avversario
trasparente? La differenza è solo nella
forma, ma la realtà è
sempre la stessa.”
CURDI
O
meglio “gruppi curdi” perché, come dice
Assad dire “curdi” è
“scorretto”, non stiamo parlando dell’intero
segmento
sociale.
Gli accordi con le SDF prevedono l’ingresso
dell’esercito siriano nelle loro zone, ma la
sua presenza non può
limitarsi alla protezione e al supporto
militare. Lo spiegamento
dell’esercito siriano è espressione della
presenza dello stato
siriano, e quindi di tutti i servizi che
devono essere forniti dallo
stato. L’accordo è stato concluso e molto
regioni sono state
raggiunte ma non tutte. Inoltre, ci sono
questioni che vanno
affrontate, ci sono gruppi armati che non
cederanno le armi
immediatamente. “Le nostre politiche
dovranno essere graduali e
razionali, e dovranno tenere conto di tutti
questi fattori. Ma
l’obiettivo finale è tornare alla situazione
precedente, con il
pieno controllo dello stato.”
Gli chiedono come faranno i
siriani a convivere con i curdi dopo tutto
quello che è successo:
dopo che hanno attaccato lo stato siriano, i
cittadini siriani,
l’esercito siriano. Hanno giocato un ruolo
sporco e sono stati i
proxy dell’America per tutta la guerra.
Risposta: “Quello che
è accaduto durante questa guerra è stata una
distorsione di
concetti; dire che questo gruppo ha una
certa caratteristica,
negativa o positiva, non è né oggettivo né
razionale. E neanche
patriottico. Tra i curdi ci sono stati
agenti e proxy dell’America.
Questo è vero, ma ci sono stati casi simili
anche tra gli arabisia
nell’area di Jazeera che in altre parti
della Siria. Lo stesso vale
per quasi tutti i segmenti della società
siriana”. Il problema,
dice, “è stato che un gruppo di curdi si è
eletto a
rappresentante non solo dei curdi, ma degli
arabi e di altri segmenti
della società nella regione di Jazeera. Gli
americani, attraverso il
loro sostegno con armi e soldi – ovviamente
i soldi non sono
americani, vengono da alcuni stati del Golfo
– hanno aiutato a
imporre l’autorità di questi gruppi su tutti
i segmenti della
società, portandoci a credere che in
quell’area fossero tutti
curdi. In realtà noi abbiamo a che fare con
i vari partiti curdi. In
quanto ai curdi stessi, la maggior parte di
loro ha mantenuto un buon
rapporto con lo stato siriano, sono sempre
stati in contatto con noi
e hanno proposto idee genuinamente
patriottiche. In alcune delle aree
in cui siamo entrati, la reazione dei curdi
non è stata meno
positiva, meno gioiosa e felice della
reazione degli altri. Per cui,
questo giudizio non è corretto. Sì, molto
semplicemente, possiamo
ricominciare a convivere gli uni con gli
altri. Se la risposta fosse
no, significherebbe che la Siria non
potrebbe mai più essere
stabile.”
Domanda: Ma qual è il problema dei curdi,
già da
prima della guerra?
Assad ricorda che la Siria ha sostenuto i
curdi per decenni, pagando anche forse il
prezzo di questo sostegno
nel 1998, quando si è scontrata militarmente
con la Turchia per
causa loro. “Di che cosa accusano lo stato
siriano? Lo accusano di
essere sciovinista, e a volte accusano il
partito Baath di essere
sciovinista, nonostante il censimento del
1982 non sia stato condotto
sotto il partito Baath, che all’epoca non
era al potere. Ci
accusano di privare questo gruppo dei suoi
diritti culturali.
Supponiamo che quello che dicono sia vero.
Posso io, come individuo,
essere di mente aperta e chiusa allo stesso
tempo? Non posso. Può lo
stato essere aperto e tollerante, e
intollerante e chiuso allo stesso
tempo? Non può. Prendiamo come esempio
l’ultimo gruppo che si è
unito al tessuto siriano: gli armeni. Gli
armeni sono un gruppo
patriottico per eccellenza. Questo lo si è
visto senza ombra di
dubbio durante la guerra. Questo gruppo ha
le sue associazioni, le
sue chiese e, cosa più delicata, ha le sue
scuole. E se tu vai a una
cerimonia armena, a un matrimonio o un altro
evento… cantano le
loro canzoni tradizionali ma cantano anche
canzoni nazionali e
politiche. Esiste una forma di libertà
maggiore di questa? Gli
armeni siriani sono, tra gli armeni di tutto
il mondo, quelli che si
sono dissolti di meno nella società. Si sono
integrati, ma non si
sono dissolti nella società siriana. Hanno
conservato tutte le loro
caratteristiche. Perché dovremmo essere
aperti con loro e chiusi con
gli altri? La ragione è che ci sono progetti
separatisti. Ci sono
mappe che mostrano un Kurdistan siriano come
parte di un Kurdistan
più grande. Ora, è nostro diritto difendere
la nostra integrità
territoriale e diffidare dei progetti
separatisti. Ma noi non abbiamo
problemi con la diversità in Siria. Al
contrario, la diversità dei
siriani è ricca e bella e si traduce in
forza. […] ma la ricchezza
e la diversità sono una cosa e separare e
frammentare il paese sono
tutt’altro, è tutto il contrario. È questo
il problema.”
Ma
il problema, gli chiedono, non è solo con i
curdi, ci sono gruppi di
popolazione che hanno vissuto per anni in
aree fuori dal controllo
dello stato siriano:
– Il problema, risponde Assad, riguarda
soprattutto i bambini e in seconda battuta i
giovani. Questa
generazione non conosce il significato dello
stato e della legge. È
vissuta sotto il controllo di gruppi armati.
Ma l’impatto peggiore
e più pericoloso l’hanno subito i bambini,
che in alcune aree non
hanno neanche imparato l’arabo e hanno
imparato a scuola concetti
sbagliati, estremisti, contro lo stato e la
patria. Concetti
elaborati fuori dalla Siria. Inoltre, come
reintegrare a scuola
ragazzi che non hanno mai appreso le materie
scolastiche previste dal
curriculum? Il ministro dell’educazione e il
ministro della difesa
stanno studiando la questione e verranno
adottate misure per
reintegrare queste persone nel sistema dello
stato siriano.
SULLA
DICHIARAZIONE DI TRUMP di lasciare le
truppe in Siria lungo i
confini giordano e israeliano e a protezione
dei pozzi petroliferi
–
“A prescindere dalle sue dichiarazioni, la
realtà è che gli
americani sono occupanti, che si trovino a
est, a nord o a sud […]
Ancora una volta, non ci devono interessare
le sue dichiarazioni, ma
dobbiamo relazionarci con la realtà. Quando
avremo finito con le
altre aree, sulla base delle nostre priorità
militari, e
raggiungeremo zone in cui c’è presenza
militare americana, non mi
metterò a fare l’eroe e a dire che manderò
un esercito ad
affrontare gli americani. Stiamo parlando di
una superpotenza.
Abbiamo la capacità di farlo? Credo che
questo sia chiaro a tutti i
siriani. Scegliamo di resistere? Se ci sarà
una resistenza, il
destino degli americani sarà lo stesso che
hanno incontrato in Iraq.
Ma questo necessita un pensiero popolare che
è l’opposto di quello
degli agenti e proxy, un pensiero popolare
patriottico che possa
generare atti di resistenza. Il ruolo
naturale dello stato in questo
caso sarebbe fornire tutte le condizioni e
il supporto necessari alla
resistenza popolare contro l’occupante.
Mettendo da parte la
mentalità americana colonialista e
commerciale, che promuove la
colonizzazione di certe aree per i soldi, il
petrolio e altre
risorse, non dobbiamo dimenticare che i
principali agenti che hanno
portato qui gli americani, i turchi e gli
altri sono stati siriani
che hanno agito da agenti degli stranieri:
siriani traditori.
Affrontare tutte le altre questioni
significa occuparsi solo dei
sintomi, mentre noi dobbiamo affrontare le
cause. Dovremmo occuparci
di quei siriani e cercare di […] restaurare
il patriottismo,
restaurare un pensiero condiviso e
assicurarci che non ci siano
siriani traditori. Assicurarci che tutti i
siriani siano legati alla
patria, e che il tradimento non sia più
considerato una questione di
opinione, un pensiero diverso su questioni
politiche. Dobbiamo essere
tutti uniti contro l’occupazione. Quando
raggiungeremo questo
traguardo, vi assicuro che gli americani se
ne andranno
spontaneamente perché non avranno modo di
restare in Siria.”
SULLA
VISITA ALLE TRUPPE AL FRONTE
– Faccio di queste visite ogni
tanto nelle aree considerate calde e
pericolose, perché questi eroi
stanno portando avanti il compito più
difficile ed è naturale per
me pensare di andare a visitarli. La visita
a Idlib è stata motivata
in particolare dal fatto che il mondo
sembrava pensare che la
questione siriana si riducesse tutta a
quello che sta accadendo a
nord, e che il problema ora fosse diventato
un’incursione
dell’esercito turco nel territorio siriano,
dimenticando che tutti
quelli che combattono a Idlib in realtà
fanno parte dell’esercito
turco, anche se si chiamano al-Qaeda, Ahrar
al-Sham etc. Vi assicuro
che quei combattenti sono più vicini al
cuore di Erdogan dello
stesso esercito turco. Questo non dobbiamo
dimenticarlo, perché
politicamente, e in particolare pensando
alla Turchia, la battaglia
principale è Idlib perché è correlata alla
battaglia nel nord-est.
Con quella visita volevo sottolineare che
quello che sta succedendo
nel nord-est non deve distrarci
dall’importanza di Idlib nella
campagna militare generale.
SULLE
SUE DICHIARAZIONI SU ERDOGAN durante il
discorso ai soldati a Idlib
(https://www.adnkronos.com/…/assad-erdogan-ladro-sta-rubando…)
–
Ho detto che Erdogan è un ladro, fin
dall’inizio si è messo a
rubare di tutto in Siria. Per cui è un
ladro. Non lo stavo
insultando, lo stavo descrivendo. È un
aggettivo e la descrizione è
oggettiva. Come lo chiami uno che ruba
fabbriche, raccolti e infine
terra? Benefattore? È un ladro, non ci
sono altre definizioni.
Precedentemente, in un discorso davanti
al parlamento, avevo detto
che è un criminale politico. Esercita i
suoi crimini politici su
ampia scala. Mente a tutti, ricatta
tutti. È un ipocrita e lo è
pubblicamente. Non stiamo inventando un
epiteto, lui si definisce da
solo attraverso i suoi veri attributi.
Per cui l’ho solo descritto.
SULLA
DICHIARAZIONE DELL’INVIATO SPECIALE
DELL’ONU per la Siria, Geir
Pedersen, che chiedeva per Idlib una
soluzione che garantisse la
sicurezza dei civili e chiedeva di evitare
una campagna militare a
tutto campo, e su un eventuale rinvio delle
operazioni
– Se
Pedersen ha i mezzi o la capacità di
risolvere il problema senza una
campagna militare a tutto campo, va bene.
Perché non risolve lui il
problema? Se ha un piano chiaro, noi non
abbiamo obiezioni. È molto
semplice. Potrebbe andare in Turchia e dire
ai turchi di convincere i
terroristi, o chiedere alla Turchia di
separare i civili dai
militanti. Che i civili stiano in un’area e
le milizie in un’altra.
Il terrorismo non lo si combatte
teorizzando, facendo affermazioni
retoriche o predicando. In quanto al rinvio,
se avessimo aspettato
una decisione internazionale – e con
internazionale intendo
americana, britannica, francese e di quelli
che stanno con loro –
non avremmo mai liberato nessuna parte della
Siria. Queste pressioni
non hanno nessun impatto. A volte calcoliamo
le circostanze
politiche; come ho detto, diamo
un’opportunità all’azione
politica in modo da non dare adito a
pretesti, ma quando tutte queste
opportunità si esauriscono, l’azione
militare diventa necessaria
per salvare i civili, perché non posso
salvare i civili se sono
sotto il controllo delle milizie. La logica
occidentale è
deliberatamente e dolosamente capovolta.
Dice che bisognerebbe
fermare le operazioni militari per
proteggere i civili, come se che i
civili stiano sotto il dominio dei
terroristi costituisse una forma
di protezione. In realtà è vero l’opposto:
l’intervento
militare ha lo scopo di proteggere i civili,
mentre lasciare i civili
sotto il dominio dei terroristi significa
fare un servizio ai
terroristi e rendersi complice
dell’uccisione di civili.
SULLE
RELAZIONI CON LA RUSSIA e sulle voci
di chi pensa che i russi
stiano rallentando le operazioni per un
accordo segreto con la
Turchia
– Noi, i russi e gli iraniani siamo
coinvolti nella
stessa battaglia militare e nella stessa
battaglia politica. Parliamo
continuamente tra di noi per verificare se
le circostanze consentono
di procedere in un’operazione. In diverse
occasioni un’operazione
già concordata è stata rimandata a causa
degli sviluppi militari o
politici. Questo dialogo continuo è normale.
Ci sono questioni che
osserviamo noi in ambito nazionale, ce ne
sono altre che osservano
gli iraniani in ambito regionale e ci sono
quelle che osservano i
russi in ambito internazionale. Abbiamo un
approccio integrato basato
sul dialogo.
Inoltre, abbiamo contatti con i civili nelle
aree
interessate. Cerchiamo in ogni modo di dare
ai civili la possibilità
di spostarsi da quelle aree verso le nostre
per salvare vite umane;
per di più, quando è possibile, una
soluzione politica, e a volte
siamo riusciti a trovarla, può risparmiare
vite di soldati siriani,
che è una priorità che non dobbiamo
trascurare. Per cui sono
numerosi gli elementi, ed sarebbe difficile
approfondirli ora, che
influenzano una decisione.
SULL’ANNUNCIO
DI PUTIN della fine della grandi
operazioni militari in Siria
–
La Russia è stata al nostro fianco quando
abbiamo liberato Khan
Shaikoun e l’area circostante. Fine delle
operazioni militari non
significa fine della lotta al terrorismo. In
realtà, le grandi
battaglie sono quasi finite, perché la
maggior parte delle zone ora
si arrendono volontariamente o richiedono
solo operazioni
circoscritte. A Khan Shaikoun, che sulla
mappa poteva sembrare una
battaglia importante, in realtà c’è stato un
collasso da parte
dei militanti. La dichiarazione dei russi
che Idlib deve tornare
sotto il controllo dello stato siriano e la
loro determinazione a
combattere il terrorismo non sono cambiate.
SUL
DESTINO DEI TERRORISTI DI IDLIB
– Ce ne occuperemo come
abbiamo fatto sempre nel passato. Uno
potrebbe dire: ma nel passato
c’erano aree della Siria dove veniva
permesso ai terroristi di
ritirarsi, ora non ce ne sono più. Per cui,
dove dovrebbero andare?
Se non se ne tornano in Turchia – e se alla
Turchia questa pozione
non piace, è un problema suo che non ci
riguarda – gli rimangono
due opzioni: o rientrare nello stato siriano
e risolvere le loro
controversie, o affrontare la guerra. Non ci
sono altre scelte, né
per noi né per loro. Queste sono le uniche
due opzioni.
SULLA
NOTIZIA DI INCONTRI CON I TURCHI trapelate
su alcuni media
–
Ci sono stati probabilmente due o tre
incontri, a Kasab, in Siria, e
qualcuno ancora in Russia. Ma non sono
serviti a niente. Si sperava
di arrivare a una soluzione rispetto al
ritiro concordato ad Astana
dalla de-escalation zone di Idlib, ma non
c’è stata. Sono stati
tutti incontri trilaterali, con la Russia in
qualità di mediatore e
testimone, in quanto non ci fidiamo dei
Turchi.
SU
QUALI SAREBBERO I SUOI SENTIMENTI se
dovesse sedersi a un tavolo con
i turchi, oggi, dopo l’aggressione
– Se mi chiedete come
mi sentirei personalmente, se dovessi
stringere la mano a una persona
del gruppo di Erdogan o a qualcuno che
rappresenta la sua ideologia,
non ne sarei onorato e ne sarei disgustato.
Ma dobbiamo mettere da
parte i nostri sentimenti personali quando è
in ballo l’interesse
nazionale. Se un incontro potesse portare a
dei risultati, direi che
tutto quello che viene fatto nell’interesse
nazionale va fatto.
Questa è la responsabilità dello stato. Però
non mi aspetto che un
incontro possa produrre alcun risultato
oggi, a meno che non cambi la
situazione per i turchi. Poiché i turchi del
tipo di Erdogan sono
opportunisti e appartengono a
un’organizzazione opportunista e a
un’ideologia opportunista, i risultati ci
sarebbero solo se si
trovassero sotto pressione per questioni
interne o esterne, o magari
per aver fallito in Siria. Solo allora
potrebbero esserci risultati.
ISRAELE
La
domanda delicata a questo proposito è: i
turchi sono occupanti, per
cui se si ammette la possibilità di
incontrare i turchi, che oggi
sono occupanti esattamente come gli
israeliani, questo implica che si
ammette anche la possibilità di incontrare
gli israeliani? È una
questione delicata, ma è stata posta.
– È stata effettivamente
posta quando abbiamo cominciato questi
incontri: è lecito incontrare
gli occupanti di Afrin e di altre zone o
quelli che, anche se non
occupano, sostengono il terrorismo e sono
nemici della nazione? “La
differenza tra loro e Israele è che noi non
riconosciamo la
legittimità dell’esistenza di Israele come
stato. Non riconosciamo
l’esistenza del popolo israeliano. Non
esiste nessun popolo
israeliano tranne quello che esisteva
diversi secoli prima di Cristo,
che oggi sono dispersi nella diaspora e sono
venuti a occupare una
terra cacciando via i suoi abitanti. Invece
il popolo turco esiste ed
è un popolo confinante, con cui abbiamo una
storia in comune. […]
Erdogan all’inizio ha cercato di tirarsi
dietro il popolo turco e
di creare ostilità verso il popolo siriano,
per poter avere mano
libera. […] Ripeto che ci sono persone, non
politici ma persone
all’interno dell’esercito turco e della
difesa, che sono contro
Erdogan.”
Ma
Israele è presente
– Israele è sempre presente. Può essere
assente dai discorsi, perché stiamo
combattendo contro i suoi proxy,
i suoi valletti o le sue marionette, contro
alcuni militarmente
contro altri politicamente. Sono tutte
marionette che servono Israele
direttamente o tramite gli americani. Dal
momento che la battaglia
sul campo è con queste forze, è normale che
parlando si nomino
queste forze e non Israele. Ma Israele in
realtà è il partner
principale in quello che sta succedendo, e
ne trae vantaggio.
COMITATO
COSTITUZIONALE
– L’ “altra parte” [la cosiddetta
“opposizione”] ha chiesto questo comitato
per anni e poi l’ha
criticato, perché pensava che il governo
siriano si sarebbe
rifiutato di crearlo. Perché sono abituati a
creare ostacoli e poi
dare la colpa al governo siriano. Abbiamo
superato questi ostacoli
facendo concessioni su questioni che
consideriamo di forma, ma senza
cedere sulle questioni fondamentali. Il
comitato costituzionale e gli
esiti che potrebbe produrre in seguito
saranno usati come base per
attaccare e colpire la struttura dello stato
siriano. Questo è
quello che l’Occidente pianifica da anni, e
noi lo sappiamo. Per
questo motivo era escluso che facessimo
concessioni su questioni
fondamentali e su posizioni specifiche
legate agli interessi della
Siria. Altri dettagli erano insignificanti,
tipo il fatto che si
siano camuffati sotto l’ombrello della
cosiddetta opposizione
moderata. In molti casi hanno proposto nomi
di persone affiliate al
fronte al-Nusra e noi li abbiamo respinti
per questo motivo, perché
erano terroristi. Ma alla fine qualcuno
l’abbiamo accettato, il che
potrebbe sorprendere. Abbiamo deciso che il
risultato sarebbe stato
comunque lo stesso: la formazione è la
stessa, l’affiliazione è
la stessa, il padrone è lo stesso. I segnali
su quali decisioni
prendere verrebbe dalla stessa fonte, per
cui che differenza fa?
Questo è solo un esempio. Ce ne sono molti
altri, ma non abbiamo
fatto concessioni su questioni di sostanza.
Pedersen
si aspetta che il comitato costituzionale
porti a una soluzione
definitiva della crisi siriana, e a elezioni
parlamentari e
presidenziali sotto la supervisione dell’ONU
secondo la Risoluzione
del Consiglio di Sicurezza 2254, con la
partecipazione degli
espatriati.
– Che il comitato prepara il terreno per una
soluzione definitiva non è vero. Dire questo
significa ignorare la
presenza dei terroristi. Come può il
comitato costituzionale
risolvere il problema con i terroristi
ancora qua? La soluzione parte
dal colpire i terroristi in Siria. Parte dal
fermare le interferenze
esterne in Siria. Qualunque dialogo tra
siriani e siriani può
completare, contribuire e sicuramente
giocare un ruolo, ma non può
sostituire la prima e la seconda condizione.
Se pensano che la
risoluzione 2254 dia a qualunque entità,
internazionale o altro,
l’autorità di monitorare le elezioni,
significa che stanno
tornando all’era del mandato. Vorrei
ricordare che la prima parte
della risoluzione parla di sovranità della
Siria, la quale è
espressa esclusivamente dallo stato. Le
elezioni saranno tenute sotto
la supervisione dello stato siriano, dalla A
alla Z. Se vorremo
invitare qualunque altra presenza – un corpo
internazionale,
specifici stati, organizzazioni, società,
individui e personalità –
sarà comunque sotto la supervisione dello
stato siriano e sotto la
sovranità dello stato siriano. Il comitato
costituzionale non ha
niente a che fare con le elezioni ma solo
con la costituzione. Se
pensano di tornare ai giorni del mandato,
questo succederà solo nei
loro sogni.
Pedersen
ha detto che il fatto di aver accettato di
formare il comitato
costituzionale significa implicitamente aver
riconosciuto l’altra
parte e aver preso un impegno condiviso
davanti al popolo siriano di
cercare di dare una nuova costituzione alla
Siria. Ma alcuni non sono
d’accordo con questo riconoscimento
implicito dal momento che
l’altra parte del comitato non rappresenta
il popolo siriano e non
è stata eletta dal popolo siriano.
– La questione è valida,
almeno dal punto di vista legale. Ma prima
specifichiamo chi sono il
primo e il secondo gruppo. Alcuni credono
che il primo gruppo sia
formato da rappresentanti dello stato
siriano o del governo siriano.
Non è così, il primo gruppo rappresenta il
punto di vista del
governo siriano, ma il governo siriano non
fa parte di questi
negoziati né di queste discussioni. Il
governo sostiene il gruppo
perché crediamo che condivida il nostro
punto di vista. Questo non
significa che il governo sia parte dei
negoziati. Legalmente, noi non
facciamo parte del comitato costituzionale e
il comitato non implica
il riconoscimento di nessuno da parte del
governo.
Il primo gruppo
appartiene alla Siria, i suoi membri vivono
in Siria e provengono da
tutti i segmenti del popolo siriano; così
come esiste uno stato che
ha le stesse posizioni, che è eletto dal
popolo siriano e gode del
supporto della maggioranza del popolo.
Il secondo gruppo da chi è
stato nominato? Dalla Turchia. Perché la
formazione del comitato ha
richiesto così tanto tempo? Per un anno
intero, abbiamo negoziato
con la Turchia, attraverso i nostri
stati-garanti, la Russia e
l’Iran. Il secondo gruppo non è stato
nominato da nessuna
componente siriana; alcuni di loro
rappresentano i terroristi e la
maggioranza rappresenta gli stati che li
hanno imposti; cioè la
Turchia, e ovviamente gli stati che le
stanno dietro, l’America e
gli altri. L’altro pezzo, come ho detto,
rappresenta i terroristi.
Quindi che cosa dovrei riconoscere? Che i
terroristi siano patrioti,
o che persone nominate da altri, agenti di
altri siano patrioti.
Diciamocelo francamente. La realtà è che c’è
un gruppo di
patrioti che dovrà incontrarsi con un gruppo
composto di agenti di
stati esteri e di terroristi, semplice. Ma
per essere diplomatico e
non far arrabbiare nessuno, lo chiamo
“dialogo tra siriani e
siriani”. Ma è solo una questione di
passaporto. L’appartenenza
è un’altra questione e sappiamo bene la
risposta, discorso
diplomatico a parte.
Questo
comitato cosa otterrà? Una costituzione
completamente diversa, una
discussione sulla costituzione o degli
emendamenti ad alcuni articoli
della costituzione?
– Verrà fatto un tentativo di dirigere il
lavoro del comitato in una certa direzione.
Questo è certo e ne
siamo totalmente consapevoli, e non lo
permetteremo.
La nostra
idea è che quando si emenda un articolo
della costituzione e lo si
sottopone a referendum, si ottiene una nuova
costituzione. Non c’è
una vera differenza tra emendare una
costiutzione e scriverne una
nuova, perché niente definisce cos’è una
costituzione
completamente “nuova”. Ma questa è la
teoria. Quello che ci
interessa è che tutto quello che produrranno
gli incontri di questo
comitato che sarà in linea con l’interesse
nazionale, anche se si
trattasse di una costituzione completamente
nuova, l’approveremo.
Mentre se verrà proposto un emendamento
anche di un singolo articolo
che andrà contro l’interesse nazionale, ci
opporremo. Per cui, per
non perderci nei sofismi, dobbiamo
concentrarci sulle implicazioni.
Sappiamo perfettamente quale gioco
giocheranno loro. Puntano a
indebolire lo stato e a trasformarlo in uno
stato che non possa
essere controllato dall’interno e che di
conseguenza sia
controllato dall’estero. Il gioco è chiaro,
è quello che sta
accadendo in paesi confinanti di cui non è
necessario che faccia il
nome. Questo non succederà; loro ci
proveranno e noi non
accetteremo. Questo è il riassunto di mesi,
e forse più, di
dialoghi futuri.
SITUAZIONE
ECONOMICA
Ci sono aree ancora occupate che non hanno
un
impatto rilevante sull’economia siriana
perché non erano integrate
nel ciclo economico e di sviluppo del Paese.
Altre invece ce l’hanno,
tra queste ci sono le aree agricole. Oggi la
Siria importa merci che
prima della guerra esportava e, poiché
vengono importate attraverso
vie traverse per aggirare le sanzioni, i
costi sono più alti.
Ci
sono stati miglioramenti, ma il flusso di
rientro dei profughi è più
significativo della parziale ripresa
economica, per cui questi
miglioramenti non vengono percepiti. Il
problema oggi è reintegrare
gli ex profughi nel ciclo produttivo.
La crisi della benzina è
stata provocata dalle sanzioni. Il problema
è che lo stato stesso è
sotto sanzioni, per cui non può importare.
Importa utilizzando altri
canali. La maggior parte delle volte ci
riusciamo, altre volte no,
per motivi che sono fuori dal nostro
controllo. In quanto
all’elettricità, impianti e infrastrutture
sono continuamente
sotto attacco. Siamo riusciti a riprenderci
di alcuni pozzi di gas, e
questo ha migliorato la situazione riguardo
all’elettricità, ma la
richiesta di energia da parte dei profughi
rientrati e delle botteghe
che hanno riaperto sono molto maggiori
dell’elettricità che siamo
stati in grado di ripristinare.
Le sanzioni hanno un impatto sulle
entrate dello stato in dollari o valuta
pesante. Questo infuisce sul
tasso di cambio, che a sua volta influisce
sui prezzi. Le entrate
statali sono diminuite anche in conseguenza
del calo delle
esportazioni e dell’assenza di turismo.
Nessun turista visita un
paese in guerra. I paesi da cui dipendiamo
per le esportazioni stanno
contribuendo alle sanzioni, in un modo o
nell’altro. Ciò
nonostante, siamo riusciti a identificare
dei canali non ufficiali
per le esportazioni, il che aiuta a far
entrare un po’ di valuta
pesante. Poi c’è la componente della
speculazione, parte della
quale riguarda la Siria, e parte della quale
avviene fuori della
siria.
Il gioco della speculazione funziona così:
la moneta
siriana cala, la gente compra dollari nella
speranza di salvare i
propri risparmi, ma questo fa calare ancora
più in fretta e più
gravemente la moneta, producendo un
ulteriore innalzamento dei
prezzi; per cui quello che la gente pensa di
salvare convertendo la
moneta siriana in dollari lo perde a causa
dell’innalzamento dei
prezzi. In tutto questo lo stato può
intervenire, ma ha entrate
limitate ed enormi richieste. A causa
dell’innalzamento dei prezzi
di beni di prima necessità come grano,
petrolio, carburante e altri,
bisogna trovare un compromesso tra
l’esaurire i dollari con la
speculazione o spenderli per le necessità
fondamentali. Se si
esauriscono i dollari, significa non poter
avere grano e petrolio,
questa è la realtà in cui ci troviamo. Le
nostre entrate non sono
quelle di una volta e le nostre priorità si
sono incentrate su armi
e munizioni.
Naturalmente lo stato dispone di strumenti
per
cercare di controllare il tasso di cambio.
Per esempio è un miracolo
che il tasso di cammio, che prima della
guerra era tra i 40 o 50 più
alti, nove anni dopo si aggiri ancora
intorno a 600. Ci si aspettava
che la nostra moneta crollasse alla fine del
2012, e se non fosse
stato per metodi particolari, e segreti,
l’avrebbe fatto.
Ma
guardiamo altri paesi nella regione. La lira
turca, per esempio, ha
perso il 2% del suo valore negli ultimi
giorni, a causa di una
decisione presa dal congresso americano. I
paesi sono totalmente alla
mercé di queste fluttuazioni. A dispetto
della nostra situazione,
noi non soccombiamo del tutto. Questi altri
paesi non devono
combattere e difendersi da una guerra,
eppure fanno fatica a
sostenere la loro moneta, la quale si regge
su misure politiche e
finanziarie estere. La soluzione alla crisi
non è la compravendita
dei dollari, ma è l’economia. Se riusciamo a
far ripartire il
ciclo economico, doteremo le autorità
finanziarie e la società di
strumenti per migliorare le condizioni e
ridurre la dipendenza dal
dollaro. Le piccole e medie industrie, su
cui si fonda l’economia
siriana, ci aiuteranno a ridurre anche la
dipendenza dalle
importazioni e quindi la pressione sulla
moneta siriana. La soluzione
sta nell’accelerare il ripristino di servizi
e strutture statali
per supportare i progetti ed è quello che
che stiamo facendo. La
risposta è lenta, perché c’è una forte
pressione sugli
investitori perché non investano in Siria.
REGIME
Descrivono
sempre la Siria come un regime. Non parlano
di stato. Il loro
obiettivo è farci apparire come una gang,
una giunta militare.
Invece uno stato ha principi fondamti, una
costituzione, regole,
controlli trasparenti. Noi siamo uno stato,
non uno sceiccato, come
latri paesi. Il nostro stato ha la sua
costituzione e le sue leggi.
RUOLO
DEI MEDIA
I media hanno un ruolo cruciale e vanno
sostenuti
perché sono uno strumento importante per
migliorare la scietà.
Sono, per esempio, il nostro strumento più
importante nella lotta
alla corruzione. La corruzione coinvolge
molti settori, coinvolge il
rapporto tra lo stato e il popolo, e i
rapporti tra diversi settori
all’interno dello stato. I media sono
presenti in ogni angolo della
società e per questo dovrebbero guidare il
dialogo sulle riforme
necessarie per combattere la corruzione. Lo
stato ha convocato legali
esperti per studiare le carenze lgislative,
ma gli esperti non
necessariamente hannno una visione
d’insieme.
Le leggi sono solo
parte del processo. L’altra parte è la
visione. Chi ha questa
visione d’insieme? I rappresentanti dello
stato da soli non ce
l’hanno. Ci sono dettagli che non sono in
grado di vedere, per
esperienza e posizione. Qualunque individuo
della società, in virtù
della sua appartenenza a uno specifico
ambito, non è in grado di
vedere la soluzione per intero, ma ne vedrà
solo una parte. I media
possono farci incontrare per discutere la
soluzione. Dall’altra
parte, vediamo che sui social media la
discussione è caotica. Il
ruolo dei media nazionali è di allontanare
questa discussione dalla
superficialità, le personalizzazioni, la
vendicatività e le
manipolazioni dall’esterno. I media possono
creare le condizioni
per un dialogo serio, un dialogo maturo, un
dialogo nazionale e di
conseguenza produttivo. Personalmente
ripongo grandi speranze in voi
perché siate – come lo siete stati – parte
della battaglia
contro il terrorismo, contro la corruzione e
contro ogni pecca che
rischia di portare il paese indietro invece
di spingerlo avanti.
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