[Disarmo] SIRIA : altra intervista TV siriana ad Assad - 30 ottobre



 

https://www.sana.sy/en/?p=177331&fbclid=IwAR3IhOSQBVfG28p9tJMEmdaGNN5PZ7v4FlNN7qE5DylgH3smC0YqNA5dUhU


Intervista al presidente al-Assad

per le televisioni di al-Sourya e al-Ikhbarya

31-10-2019


L’agenzia siriana SANA ha pubblicato la lunghissima intervista rilasciata dal presidente siriano Bashar al Assad alle emittenti nazionali al-Sourya and al-Ikhbarya.

Da questo testo, che è un in parte una traduzione in parte un riassunto della trascrizione in inglese curata da SANA, sono stati omessi alcuni passaggi che riguardano questioni interne alla Siria. Questioni che sono state sbandierate a fini propagandistici da chi ha voluto questa guerra ma su cui in realtà noi non abbiamo diritto di parola.

Una delle principali ragioni per cui la Siria è stata aggredita è che è schierata contro lo stato di Israele. Le possibili ragioni di ciò sono diverse e sono sicuramente inscritte nella sua storia.

La Siria è un paese antico, con un passato importante e una forte identità nazionale che probabilmente le hanno permesso di resistere culturalmente, oltre che politicamente, alle ingerenze occidentali più di altri paesi ex coloniali.

Questa identità si fonda, tra le altre cose, sulla memoria ancora tramandata di un’epoca antica in cui l’intero Levante (Siria, Libano, Giordania, Palestina) costituiva un’unica regione denominata Grande Siria. Ancora oggi il Partito Socialista Nazionale Siriano, che opera sia in Siria che in Libano, ha come progetto la rifondazione di quella entità.

Il partito Baath, che nasce ancora prima di Israele, oltre che socialista è panarabista, e per il panarabismo Israele è un nemico naturale.

Con la sua aspirazione alla purezza etnica, in realtà Israele è un nemico naturale anche di quel “mosaico” di culture e religioni di cui i siriani vanno molto orgogliosi.

La propaganda di guerra ha abituato l’opinione pubblica occidentale a giudicare realtà di cui poco sa e poco comprende con gli strumenti che noi abbiamo forgiato per misurare il nostro mondo.

In realtà, la storia della Siria è lunga e complessa e sarebbe interessante approfondirla...


Sintesi e traduzione a cura di Roberta Rivolta



I punti salienti dell'intervista:


AL BAGHDADI
Sull’uccisione di al Baghdadi, Assad dice che – contrariamente a quanto dichiarato da Trump – la Siria non è stata affatto coinvolta. Gli USA hanno ringraziato diversi paesi (Russia, Siria, Iraq, Turchia e i curdi) solo per acquistare credibilità ed essere riconosciuti come avversari del terrorismo. “Noi non abbiamo bisogno di questo riconoscimento. Siamo noi che combattiamo il terrorismo. Non abbiamo relazioni e non abbiamo avuto contatti con nessuna istituzione americana”.
Dice anche che gli schermi radar non hanno registrato nessun velivolo nel giorno dell’operazione e quindi non si sa neanche se l’operazione c’è stata veramente o no. Visto che, tra l’altro, gli USA non hanno mostrato il corpo, come hanno fatto con bin Laden e a differenza di quello che hanno fatto con Saddam Hussein.
È risaputo che al Baghdadi è stato nelle prigioni americane in Iraq e che l’hanno lasciato uscire proprio perché giocasse questo ruolo. Per cui può essere rimpiazzato in qualunque momento.
“La politica americana non è diversa da Hollywood, si basa sull’immaginazione. Neanche sulla fantascienza, sulla semplice immaginazione. Per cui uno può prendere la politica americana e vederla a Hollywood o può prendere Hollywood e guardarlo attraverso la politica americana. Credo che tutto quello che concerne questa operazione sia un trucco.” Baghdadi o persino l’ISIS potranno essere ricreati sotto altri nomi ma con lo stesso scopo. “Il regista dell’intero scenario è sempre lo stesso, gli Americani.”

ACCORDO RUSSO-TURCO
“I principi dei russi sono stati chiari per tutta questa guerra, perfino prima dell’inizio del sostegno all’esercito nel 2015. Questi principi si basano sulla legge internazionale, sulla sovranità siriana e sull’integrità territoriale della Siria. […] Tuttavia, la politica russa tiene conto della realtà sul terreno. Questa politica ha ottenuto due cose: il ritiro di gruppi armati da nord verso sud in coordinazione con l’esercito siriano, e l’avanzata a nord dell’esercito, nelle aree non occupate dai turchi. […] Questo accordo è temporaneo, non permanente. […] Bisogna distinguere tra obiettivi finali o strategici da una parte, e approcci tattici dall’altra.”
E poi spiega il motivo per cui l’accordo è positivo: una recente proposta tedesca immediatamente sostenuta dalla NATO prevedeva di riportare la sicurezza in questa regione sotto l’egida internazionale. Questo significa che l’area sarebbe finita fuori dal controllo dello stato siriano e questo avrebbe reso la separazione una realtà di fatto. Con questo accordo, i russi hanno fatto leva sulle aspirazioni territoriali turche per estromettere gli USA e abortire l’appello all’intervento internazionale lanciato dai tedeschi per favorire gli americani. Non è tutto, perché non spinge i turchi ad andarsene immediatamente, ma limita i danni e apre la strada alla liberazione della regione in futuro.

TURCHIA
L’esercito turco all’inizio della guerra ha collaborato con l’esercito siriano, fino al colpo di stato di Erdogan contro l’esercito.
La Siria cercherà di rasserenare le relazioni con la Turchia, con l’aiuto degli alleati Russia e Iran, ma se Erdogan non se ne vorrà andare, l’unica scelta possibile sarà la guerra.
“Quando Erdogan dice di aver deciso di attaccare o di averlo comunicato agli americani, è perché cerca di presentare la Turchia come una superpotenza fingendo di prendere lui le decisioni, ma sono tutte sceneggiate decise tra lui e gli americani. All’inizio della guerra, a nessuno è stato permesso di intervenire, perché gli americani e l’occidente credevano che le manifestazioni si sarebbero propagate e avrebbero deciso l’esito. Le manifestazioni non si sono propagate come volevano loro, così sono passati all’uso delle armi. Quando le armi non sono riuscite a decidere l’esito, sono passati alle organizzazioni estremiste dei terroristi, con la loro folle ideologia, per decidere l’esito militarmente. Non ci sono riusciti. E qui arriva l’ISIS con il compito, nell’estate del 2014, di disperdere gli sforzi dell’esercito siriano, cosa che è riuscito a fare. E a quel punto è arrivato l’intervento russo. Quando tutte le altre opzioni sono fallite, è stato necessario far intervenire la Turchia per rovesciare le carte; questo è il suo ruolo..”

RUSSIA
Assad respinge l’ipotesi che la partenza degli USA dal nord della Siria, con conseguente invasione nel nord della Turchia e successivo accordo russo-turco, sia stato il frutto di un piano congiunto di Stati Uniti, Russia e Turchia. “Gli accordi dei russi sono sempre pubblici. L’accordo russo-turco è stato annunciato immediatamente… […] Non c’è nessun piano nascosto nelle politiche russe, il che ci dà garanzie.»

TRUMP
“Per quanto riguarda Trump… dico che è il miglior presidente americano, non perché le sue politiche siano buone, ma perché è il presidente più trasparente. Tutti i presidenti americani perpetrano ogni genere di atrocità e crimini politici e tuttavia vincono il premio nobel e si presentano come difensori dei diritti umani e dei nobili e unici valori americani, o dei valori occidentali in generale. La realtà è che sono un gruppo di criminali che rappresenta gli interessi delle lobby americane, cioè delle grandi aziende petrolifere, delle industrie di armamenti eccetera. Trump parla in modo trasparente, dice che quello che vogliono è il petrolio. Questa è la verità sulla politica americana, almeno dalla Seconda guerra mondiale in poi. […] Di cosa abbiamo bisogno di più rispetto a un avversario trasparente? La differenza è solo nella forma, ma la realtà è sempre la stessa.”

CURDI
O meglio “gruppi curdi” perché, come dice Assad dire “curdi” è “scorretto”, non stiamo parlando dell’intero segmento sociale.
Gli accordi con le SDF prevedono l’ingresso dell’esercito siriano nelle loro zone, ma la sua presenza non può limitarsi alla protezione e al supporto militare. Lo spiegamento dell’esercito siriano è espressione della presenza dello stato siriano, e quindi di tutti i servizi che devono essere forniti dallo stato. L’accordo è stato concluso e molto regioni sono state raggiunte ma non tutte. Inoltre, ci sono questioni che vanno affrontate, ci sono gruppi armati che non cederanno le armi immediatamente. “Le nostre politiche dovranno essere graduali e razionali, e dovranno tenere conto di tutti questi fattori. Ma l’obiettivo finale è tornare alla situazione precedente, con il pieno controllo dello stato.”
Gli chiedono come faranno i siriani a convivere con i curdi dopo tutto quello che è successo: dopo che hanno attaccato lo stato siriano, i cittadini siriani, l’esercito siriano. Hanno giocato un ruolo sporco e sono stati i proxy dell’America per tutta la guerra.
Risposta: “Quello che è accaduto durante questa guerra è stata una distorsione di concetti; dire che questo gruppo ha una certa caratteristica, negativa o positiva, non è né oggettivo né razionale. E neanche patriottico. Tra i curdi ci sono stati agenti e proxy dell’America. Questo è vero, ma ci sono stati casi simili anche tra gli arabisia nell’area di Jazeera che in altre parti della Siria. Lo stesso vale per quasi tutti i segmenti della società siriana”. Il problema, dice, “è stato che un gruppo di curdi si è eletto a rappresentante non solo dei curdi, ma degli arabi e di altri segmenti della società nella regione di Jazeera. Gli americani, attraverso il loro sostegno con armi e soldi – ovviamente i soldi non sono americani, vengono da alcuni stati del Golfo – hanno aiutato a imporre l’autorità di questi gruppi su tutti i segmenti della società, portandoci a credere che in quell’area fossero tutti curdi. In realtà noi abbiamo a che fare con i vari partiti curdi. In quanto ai curdi stessi, la maggior parte di loro ha mantenuto un buon rapporto con lo stato siriano, sono sempre stati in contatto con noi e hanno proposto idee genuinamente patriottiche. In alcune delle aree in cui siamo entrati, la reazione dei curdi non è stata meno positiva, meno gioiosa e felice della reazione degli altri. Per cui, questo giudizio non è corretto. Sì, molto semplicemente, possiamo ricominciare a convivere gli uni con gli altri. Se la risposta fosse no, significherebbe che la Siria non potrebbe mai più essere stabile.”
Domanda: Ma qual è il problema dei curdi, già da prima della guerra?
Assad ricorda che la Siria ha sostenuto i curdi per decenni, pagando anche forse il prezzo di questo sostegno nel 1998, quando si è scontrata militarmente con la Turchia per causa loro. “Di che cosa accusano lo stato siriano? Lo accusano di essere sciovinista, e a volte accusano il partito Baath di essere sciovinista, nonostante il censimento del 1982 non sia stato condotto sotto il partito Baath, che all’epoca non era al potere. Ci accusano di privare questo gruppo dei suoi diritti culturali. Supponiamo che quello che dicono sia vero. Posso io, come individuo, essere di mente aperta e chiusa allo stesso tempo? Non posso. Può lo stato essere aperto e tollerante, e intollerante e chiuso allo stesso tempo? Non può. Prendiamo come esempio l’ultimo gruppo che si è unito al tessuto siriano: gli armeni. Gli armeni sono un gruppo patriottico per eccellenza. Questo lo si è visto senza ombra di dubbio durante la guerra. Questo gruppo ha le sue associazioni, le sue chiese e, cosa più delicata, ha le sue scuole. E se tu vai a una cerimonia armena, a un matrimonio o un altro evento… cantano le loro canzoni tradizionali ma cantano anche canzoni nazionali e politiche. Esiste una forma di libertà maggiore di questa? Gli armeni siriani sono, tra gli armeni di tutto il mondo, quelli che si sono dissolti di meno nella società. Si sono integrati, ma non si sono dissolti nella società siriana. Hanno conservato tutte le loro caratteristiche. Perché dovremmo essere aperti con loro e chiusi con gli altri? La ragione è che ci sono progetti separatisti. Ci sono mappe che mostrano un Kurdistan siriano come parte di un Kurdistan più grande. Ora, è nostro diritto difendere la nostra integrità territoriale e diffidare dei progetti separatisti. Ma noi non abbiamo problemi con la diversità in Siria. Al contrario, la diversità dei siriani è ricca e bella e si traduce in forza. […] ma la ricchezza e la diversità sono una cosa e separare e frammentare il paese sono tutt’altro, è tutto il contrario. È questo il problema.”

Ma il problema, gli chiedono, non è solo con i curdi, ci sono gruppi di popolazione che hanno vissuto per anni in aree fuori dal controllo dello stato siriano:
– Il problema, risponde Assad, riguarda soprattutto i bambini e in seconda battuta i giovani. Questa generazione non conosce il significato dello stato e della legge. È vissuta sotto il controllo di gruppi armati. Ma l’impatto peggiore e più pericoloso l’hanno subito i bambini, che in alcune aree non hanno neanche imparato l’arabo e hanno imparato a scuola concetti sbagliati, estremisti, contro lo stato e la patria. Concetti elaborati fuori dalla Siria. Inoltre, come reintegrare a scuola ragazzi che non hanno mai appreso le materie scolastiche previste dal curriculum? Il ministro dell’educazione e il ministro della difesa stanno studiando la questione e verranno adottate misure per reintegrare queste persone nel sistema dello stato siriano.

SULLA DICHIARAZIONE DI TRUMP di lasciare le truppe in Siria lungo i confini giordano e israeliano e a protezione dei pozzi petroliferi
– “A prescindere dalle sue dichiarazioni, la realtà è che gli americani sono occupanti, che si trovino a est, a nord o a sud […] Ancora una volta, non ci devono interessare le sue dichiarazioni, ma dobbiamo relazionarci con la realtà. Quando avremo finito con le altre aree, sulla base delle nostre priorità militari, e raggiungeremo zone in cui c’è presenza militare americana, non mi metterò a fare l’eroe e a dire che manderò un esercito ad affrontare gli americani. Stiamo parlando di una superpotenza. Abbiamo la capacità di farlo? Credo che questo sia chiaro a tutti i siriani. Scegliamo di resistere? Se ci sarà una resistenza, il destino degli americani sarà lo stesso che hanno incontrato in Iraq. Ma questo necessita un pensiero popolare che è l’opposto di quello degli agenti e proxy, un pensiero popolare patriottico che possa generare atti di resistenza. Il ruolo naturale dello stato in questo caso sarebbe fornire tutte le condizioni e il supporto necessari alla resistenza popolare contro l’occupante. Mettendo da parte la mentalità americana colonialista e commerciale, che promuove la colonizzazione di certe aree per i soldi, il petrolio e altre risorse, non dobbiamo dimenticare che i principali agenti che hanno portato qui gli americani, i turchi e gli altri sono stati siriani che hanno agito da agenti degli stranieri: siriani traditori. Affrontare tutte le altre questioni significa occuparsi solo dei sintomi, mentre noi dobbiamo affrontare le cause. Dovremmo occuparci di quei siriani e cercare di […] restaurare il patriottismo, restaurare un pensiero condiviso e assicurarci che non ci siano siriani traditori. Assicurarci che tutti i siriani siano legati alla patria, e che il tradimento non sia più considerato una questione di opinione, un pensiero diverso su questioni politiche. Dobbiamo essere tutti uniti contro l’occupazione. Quando raggiungeremo questo traguardo, vi assicuro che gli americani se ne andranno spontaneamente perché non avranno modo di restare in Siria.”

SULLA VISITA ALLE TRUPPE AL FRONTE
– Faccio di queste visite ogni tanto nelle aree considerate calde e pericolose, perché questi eroi stanno portando avanti il compito più difficile ed è naturale per me pensare di andare a visitarli. La visita a Idlib è stata motivata in particolare dal fatto che il mondo sembrava pensare che la questione siriana si riducesse tutta a quello che sta accadendo a nord, e che il problema ora fosse diventato un’incursione dell’esercito turco nel territorio siriano, dimenticando che tutti quelli che combattono a Idlib in realtà fanno parte dell’esercito turco, anche se si chiamano al-Qaeda, Ahrar al-Sham etc. Vi assicuro che quei combattenti sono più vicini al cuore di Erdogan dello stesso esercito turco. Questo non dobbiamo dimenticarlo, perché politicamente, e in particolare pensando alla Turchia, la battaglia principale è Idlib perché è correlata alla battaglia nel nord-est. Con quella visita volevo sottolineare che quello che sta succedendo nel nord-est non deve distrarci dall’importanza di Idlib nella campagna militare generale.

SULLE SUE DICHIARAZIONI SU ERDOGAN durante il discorso ai soldati a Idlib
(
https://www.adnkronos.com/…/assad-erdogan-ladro-sta-rubando…)
– Ho detto che Erdogan è un ladro, fin dall’inizio si è messo a rubare di tutto in Siria. Per cui è un ladro. Non lo stavo insultando, lo stavo descrivendo. È un aggettivo e la descrizione è oggettiva. Come lo chiami uno che ruba fabbriche, raccolti e infine terra? Benefattore? È un ladro, non ci sono altre definizioni. Precedentemente, in un discorso davanti al parlamento, avevo detto che è un criminale politico. Esercita i suoi crimini politici su ampia scala. Mente a tutti, ricatta tutti. È un ipocrita e lo è pubblicamente. Non stiamo inventando un epiteto, lui si definisce da solo attraverso i suoi veri attributi. Per cui l’ho solo descritto.

SULLA DICHIARAZIONE DELL’INVIATO SPECIALE DELL’ONU per la Siria, Geir Pedersen, che chiedeva per Idlib una soluzione che garantisse la sicurezza dei civili e chiedeva di evitare una campagna militare a tutto campo, e su un eventuale rinvio delle operazioni
– Se Pedersen ha i mezzi o la capacità di risolvere il problema senza una campagna militare a tutto campo, va bene. Perché non risolve lui il problema? Se ha un piano chiaro, noi non abbiamo obiezioni. È molto semplice. Potrebbe andare in Turchia e dire ai turchi di convincere i terroristi, o chiedere alla Turchia di separare i civili dai militanti. Che i civili stiano in un’area e le milizie in un’altra. Il terrorismo non lo si combatte teorizzando, facendo affermazioni retoriche o predicando. In quanto al rinvio, se avessimo aspettato una decisione internazionale – e con internazionale intendo americana, britannica, francese e di quelli che stanno con loro – non avremmo mai liberato nessuna parte della Siria. Queste pressioni non hanno nessun impatto. A volte calcoliamo le circostanze politiche; come ho detto, diamo un’opportunità all’azione politica in modo da non dare adito a pretesti, ma quando tutte queste opportunità si esauriscono, l’azione militare diventa necessaria per salvare i civili, perché non posso salvare i civili se sono sotto il controllo delle milizie. La logica occidentale è deliberatamente e dolosamente capovolta. Dice che bisognerebbe fermare le operazioni militari per proteggere i civili, come se che i civili stiano sotto il dominio dei terroristi costituisse una forma di protezione. In realtà è vero l’opposto: l’intervento militare ha lo scopo di proteggere i civili, mentre lasciare i civili sotto il dominio dei terroristi significa fare un servizio ai terroristi e rendersi complice dell’uccisione di civili.

SULLE RELAZIONI CON LA RUSSIA e sulle voci di chi pensa che i russi stiano rallentando le operazioni per un accordo segreto con la Turchia
– Noi, i russi e gli iraniani siamo coinvolti nella stessa battaglia militare e nella stessa battaglia politica. Parliamo continuamente tra di noi per verificare se le circostanze consentono di procedere in un’operazione. In diverse occasioni un’operazione già concordata è stata rimandata a causa degli sviluppi militari o politici. Questo dialogo continuo è normale. Ci sono questioni che osserviamo noi in ambito nazionale, ce ne sono altre che osservano gli iraniani in ambito regionale e ci sono quelle che osservano i russi in ambito internazionale. Abbiamo un approccio integrato basato sul dialogo.
Inoltre, abbiamo contatti con i civili nelle aree interessate. Cerchiamo in ogni modo di dare ai civili la possibilità di spostarsi da quelle aree verso le nostre per salvare vite umane; per di più, quando è possibile, una soluzione politica, e a volte siamo riusciti a trovarla, può risparmiare vite di soldati siriani, che è una priorità che non dobbiamo trascurare. Per cui sono numerosi gli elementi, ed sarebbe difficile approfondirli ora, che influenzano una decisione.

SULL’ANNUNCIO DI PUTIN della fine della grandi operazioni militari in Siria
– La Russia è stata al nostro fianco quando abbiamo liberato Khan Shaikoun e l’area circostante. Fine delle operazioni militari non significa fine della lotta al terrorismo. In realtà, le grandi battaglie sono quasi finite, perché la maggior parte delle zone ora si arrendono volontariamente o richiedono solo operazioni circoscritte. A Khan Shaikoun, che sulla mappa poteva sembrare una battaglia importante, in realtà c’è stato un collasso da parte dei militanti. La dichiarazione dei russi che Idlib deve tornare sotto il controllo dello stato siriano e la loro determinazione a combattere il terrorismo non sono cambiate.

SUL DESTINO DEI TERRORISTI DI IDLIB
– Ce ne occuperemo come abbiamo fatto sempre nel passato. Uno potrebbe dire: ma nel passato c’erano aree della Siria dove veniva permesso ai terroristi di ritirarsi, ora non ce ne sono più. Per cui, dove dovrebbero andare? Se non se ne tornano in Turchia – e se alla Turchia questa pozione non piace, è un problema suo che non ci riguarda – gli rimangono due opzioni: o rientrare nello stato siriano e risolvere le loro controversie, o affrontare la guerra. Non ci sono altre scelte, né per noi né per loro. Queste sono le uniche due opzioni.

SULLA NOTIZIA DI INCONTRI CON I TURCHI trapelate su alcuni media
– Ci sono stati probabilmente due o tre incontri, a Kasab, in Siria, e qualcuno ancora in Russia. Ma non sono serviti a niente. Si sperava di arrivare a una soluzione rispetto al ritiro concordato ad Astana dalla de-escalation zone di Idlib, ma non c’è stata. Sono stati tutti incontri trilaterali, con la Russia in qualità di mediatore e testimone, in quanto non ci fidiamo dei Turchi.

SU QUALI SAREBBERO I SUOI SENTIMENTI se dovesse sedersi a un tavolo con i turchi, oggi, dopo l’aggressione
– Se mi chiedete come mi sentirei personalmente, se dovessi stringere la mano a una persona del gruppo di Erdogan o a qualcuno che rappresenta la sua ideologia, non ne sarei onorato e ne sarei disgustato. Ma dobbiamo mettere da parte i nostri sentimenti personali quando è in ballo l’interesse nazionale. Se un incontro potesse portare a dei risultati, direi che tutto quello che viene fatto nell’interesse nazionale va fatto. Questa è la responsabilità dello stato. Però non mi aspetto che un incontro possa produrre alcun risultato oggi, a meno che non cambi la situazione per i turchi. Poiché i turchi del tipo di Erdogan sono opportunisti e appartengono a un’organizzazione opportunista e a un’ideologia opportunista, i risultati ci sarebbero solo se si trovassero sotto pressione per questioni interne o esterne, o magari per aver fallito in Siria. Solo allora potrebbero esserci risultati.

ISRAELE
La domanda delicata a questo proposito è: i turchi sono occupanti, per cui se si ammette la possibilità di incontrare i turchi, che oggi sono occupanti esattamente come gli israeliani, questo implica che si ammette anche la possibilità di incontrare gli israeliani? È una questione delicata, ma è stata posta.
– È stata effettivamente posta quando abbiamo cominciato questi incontri: è lecito incontrare gli occupanti di Afrin e di altre zone o quelli che, anche se non occupano, sostengono il terrorismo e sono nemici della nazione? “La differenza tra loro e Israele è che noi non riconosciamo la legittimità dell’esistenza di Israele come stato. Non riconosciamo l’esistenza del popolo israeliano. Non esiste nessun popolo israeliano tranne quello che esisteva diversi secoli prima di Cristo, che oggi sono dispersi nella diaspora e sono venuti a occupare una terra cacciando via i suoi abitanti. Invece il popolo turco esiste ed è un popolo confinante, con cui abbiamo una storia in comune. […] Erdogan all’inizio ha cercato di tirarsi dietro il popolo turco e di creare ostilità verso il popolo siriano, per poter avere mano libera. […] Ripeto che ci sono persone, non politici ma persone all’interno dell’esercito turco e della difesa, che sono contro Erdogan.”

Ma Israele è presente
– Israele è sempre presente. Può essere assente dai discorsi, perché stiamo combattendo contro i suoi proxy, i suoi valletti o le sue marionette, contro alcuni militarmente contro altri politicamente. Sono tutte marionette che servono Israele direttamente o tramite gli americani. Dal momento che la battaglia sul campo è con queste forze, è normale che parlando si nomino queste forze e non Israele. Ma Israele in realtà è il partner principale in quello che sta succedendo, e ne trae vantaggio.

COMITATO COSTITUZIONALE
– L’ “altra parte” [la cosiddetta “opposizione”] ha chiesto questo comitato per anni e poi l’ha criticato, perché pensava che il governo siriano si sarebbe rifiutato di crearlo. Perché sono abituati a creare ostacoli e poi dare la colpa al governo siriano. Abbiamo superato questi ostacoli facendo concessioni su questioni che consideriamo di forma, ma senza cedere sulle questioni fondamentali. Il comitato costituzionale e gli esiti che potrebbe produrre in seguito saranno usati come base per attaccare e colpire la struttura dello stato siriano. Questo è quello che l’Occidente pianifica da anni, e noi lo sappiamo. Per questo motivo era escluso che facessimo concessioni su questioni fondamentali e su posizioni specifiche legate agli interessi della Siria. Altri dettagli erano insignificanti, tipo il fatto che si siano camuffati sotto l’ombrello della cosiddetta opposizione moderata. In molti casi hanno proposto nomi di persone affiliate al fronte al-Nusra e noi li abbiamo respinti per questo motivo, perché erano terroristi. Ma alla fine qualcuno l’abbiamo accettato, il che potrebbe sorprendere. Abbiamo deciso che il risultato sarebbe stato comunque lo stesso: la formazione è la stessa, l’affiliazione è la stessa, il padrone è lo stesso. I segnali su quali decisioni prendere verrebbe dalla stessa fonte, per cui che differenza fa? Questo è solo un esempio. Ce ne sono molti altri, ma non abbiamo fatto concessioni su questioni di sostanza.

Pedersen si aspetta che il comitato costituzionale porti a una soluzione definitiva della crisi siriana, e a elezioni parlamentari e presidenziali sotto la supervisione dell’ONU secondo la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2254, con la partecipazione degli espatriati.
– Che il comitato prepara il terreno per una soluzione definitiva non è vero. Dire questo significa ignorare la presenza dei terroristi. Come può il comitato costituzionale risolvere il problema con i terroristi ancora qua? La soluzione parte dal colpire i terroristi in Siria. Parte dal fermare le interferenze esterne in Siria. Qualunque dialogo tra siriani e siriani può completare, contribuire e sicuramente giocare un ruolo, ma non può sostituire la prima e la seconda condizione.
Se pensano che la risoluzione 2254 dia a qualunque entità, internazionale o altro, l’autorità di monitorare le elezioni, significa che stanno tornando all’era del mandato. Vorrei ricordare che la prima parte della risoluzione parla di sovranità della Siria, la quale è espressa esclusivamente dallo stato. Le elezioni saranno tenute sotto la supervisione dello stato siriano, dalla A alla Z. Se vorremo invitare qualunque altra presenza – un corpo internazionale, specifici stati, organizzazioni, società, individui e personalità – sarà comunque sotto la supervisione dello stato siriano e sotto la sovranità dello stato siriano. Il comitato costituzionale non ha niente a che fare con le elezioni ma solo con la costituzione. Se pensano di tornare ai giorni del mandato, questo succederà solo nei loro sogni.

Pedersen ha detto che il fatto di aver accettato di formare il comitato costituzionale significa implicitamente aver riconosciuto l’altra parte e aver preso un impegno condiviso davanti al popolo siriano di cercare di dare una nuova costituzione alla Siria. Ma alcuni non sono d’accordo con questo riconoscimento implicito dal momento che l’altra parte del comitato non rappresenta il popolo siriano e non è stata eletta dal popolo siriano.
– La questione è valida, almeno dal punto di vista legale. Ma prima specifichiamo chi sono il primo e il secondo gruppo. Alcuni credono che il primo gruppo sia formato da rappresentanti dello stato siriano o del governo siriano. Non è così, il primo gruppo rappresenta il punto di vista del governo siriano, ma il governo siriano non fa parte di questi negoziati né di queste discussioni. Il governo sostiene il gruppo perché crediamo che condivida il nostro punto di vista. Questo non significa che il governo sia parte dei negoziati. Legalmente, noi non facciamo parte del comitato costituzionale e il comitato non implica il riconoscimento di nessuno da parte del governo.
Il primo gruppo appartiene alla Siria, i suoi membri vivono in Siria e provengono da tutti i segmenti del popolo siriano; così come esiste uno stato che ha le stesse posizioni, che è eletto dal popolo siriano e gode del supporto della maggioranza del popolo.
Il secondo gruppo da chi è stato nominato? Dalla Turchia. Perché la formazione del comitato ha richiesto così tanto tempo? Per un anno intero, abbiamo negoziato con la Turchia, attraverso i nostri stati-garanti, la Russia e l’Iran. Il secondo gruppo non è stato nominato da nessuna componente siriana; alcuni di loro rappresentano i terroristi e la maggioranza rappresenta gli stati che li hanno imposti; cioè la Turchia, e ovviamente gli stati che le stanno dietro, l’America e gli altri. L’altro pezzo, come ho detto, rappresenta i terroristi. Quindi che cosa dovrei riconoscere? Che i terroristi siano patrioti, o che persone nominate da altri, agenti di altri siano patrioti. Diciamocelo francamente. La realtà è che c’è un gruppo di patrioti che dovrà incontrarsi con un gruppo composto di agenti di stati esteri e di terroristi, semplice. Ma per essere diplomatico e non far arrabbiare nessuno, lo chiamo “dialogo tra siriani e siriani”. Ma è solo una questione di passaporto. L’appartenenza è un’altra questione e sappiamo bene la risposta, discorso diplomatico a parte.

Questo comitato cosa otterrà? Una costituzione completamente diversa, una discussione sulla costituzione o degli emendamenti ad alcuni articoli della costituzione?
– Verrà fatto un tentativo di dirigere il lavoro del comitato in una certa direzione. Questo è certo e ne siamo totalmente consapevoli, e non lo permetteremo.
La nostra idea è che quando si emenda un articolo della costituzione e lo si sottopone a referendum, si ottiene una nuova costituzione. Non c’è una vera differenza tra emendare una costiutzione e scriverne una nuova, perché niente definisce cos’è una costituzione completamente “nuova”. Ma questa è la teoria. Quello che ci interessa è che tutto quello che produrranno gli incontri di questo comitato che sarà in linea con l’interesse nazionale, anche se si trattasse di una costituzione completamente nuova, l’approveremo. Mentre se verrà proposto un emendamento anche di un singolo articolo che andrà contro l’interesse nazionale, ci opporremo. Per cui, per non perderci nei sofismi, dobbiamo concentrarci sulle implicazioni. Sappiamo perfettamente quale gioco giocheranno loro. Puntano a indebolire lo stato e a trasformarlo in uno stato che non possa essere controllato dall’interno e che di conseguenza sia controllato dall’estero. Il gioco è chiaro, è quello che sta accadendo in paesi confinanti di cui non è necessario che faccia il nome. Questo non succederà; loro ci proveranno e noi non accetteremo. Questo è il riassunto di mesi, e forse più, di dialoghi futuri.

SITUAZIONE ECONOMICA
Ci sono aree ancora occupate che non hanno un impatto rilevante sull’economia siriana perché non erano integrate nel ciclo economico e di sviluppo del Paese. Altre invece ce l’hanno, tra queste ci sono le aree agricole. Oggi la Siria importa merci che prima della guerra esportava e, poiché vengono importate attraverso vie traverse per aggirare le sanzioni, i costi sono più alti.
Ci sono stati miglioramenti, ma il flusso di rientro dei profughi è più significativo della parziale ripresa economica, per cui questi miglioramenti non vengono percepiti. Il problema oggi è reintegrare gli ex profughi nel ciclo produttivo.
La crisi della benzina è stata provocata dalle sanzioni. Il problema è che lo stato stesso è sotto sanzioni, per cui non può importare. Importa utilizzando altri canali. La maggior parte delle volte ci riusciamo, altre volte no, per motivi che sono fuori dal nostro controllo. In quanto all’elettricità, impianti e infrastrutture sono continuamente sotto attacco. Siamo riusciti a riprenderci di alcuni pozzi di gas, e questo ha migliorato la situazione riguardo all’elettricità, ma la richiesta di energia da parte dei profughi rientrati e delle botteghe che hanno riaperto sono molto maggiori dell’elettricità che siamo stati in grado di ripristinare.
Le sanzioni hanno un impatto sulle entrate dello stato in dollari o valuta pesante. Questo infuisce sul tasso di cambio, che a sua volta influisce sui prezzi. Le entrate statali sono diminuite anche in conseguenza del calo delle esportazioni e dell’assenza di turismo. Nessun turista visita un paese in guerra. I paesi da cui dipendiamo per le esportazioni stanno contribuendo alle sanzioni, in un modo o nell’altro. Ciò nonostante, siamo riusciti a identificare dei canali non ufficiali per le esportazioni, il che aiuta a far entrare un po’ di valuta pesante. Poi c’è la componente della speculazione, parte della quale riguarda la Siria, e parte della quale avviene fuori della siria.
Il gioco della speculazione funziona così: la moneta siriana cala, la gente compra dollari nella speranza di salvare i propri risparmi, ma questo fa calare ancora più in fretta e più gravemente la moneta, producendo un ulteriore innalzamento dei prezzi; per cui quello che la gente pensa di salvare convertendo la moneta siriana in dollari lo perde a causa dell’innalzamento dei prezzi. In tutto questo lo stato può intervenire, ma ha entrate limitate ed enormi richieste. A causa dell’innalzamento dei prezzi di beni di prima necessità come grano, petrolio, carburante e altri, bisogna trovare un compromesso tra l’esaurire i dollari con la speculazione o spenderli per le necessità fondamentali. Se si esauriscono i dollari, significa non poter avere grano e petrolio, questa è la realtà in cui ci troviamo. Le nostre entrate non sono quelle di una volta e le nostre priorità si sono incentrate su armi e munizioni.
Naturalmente lo stato dispone di strumenti per cercare di controllare il tasso di cambio. Per esempio è un miracolo che il tasso di cammio, che prima della guerra era tra i 40 o 50 più alti, nove anni dopo si aggiri ancora intorno a 600. Ci si aspettava che la nostra moneta crollasse alla fine del 2012, e se non fosse stato per metodi particolari, e segreti, l’avrebbe fatto.
Ma guardiamo altri paesi nella regione. La lira turca, per esempio, ha perso il 2% del suo valore negli ultimi giorni, a causa di una decisione presa dal congresso americano. I paesi sono totalmente alla mercé di queste fluttuazioni. A dispetto della nostra situazione, noi non soccombiamo del tutto. Questi altri paesi non devono combattere e difendersi da una guerra, eppure fanno fatica a sostenere la loro moneta, la quale si regge su misure politiche e finanziarie estere. La soluzione alla crisi non è la compravendita dei dollari, ma è l’economia. Se riusciamo a far ripartire il ciclo economico, doteremo le autorità finanziarie e la società di strumenti per migliorare le condizioni e ridurre la dipendenza dal dollaro. Le piccole e medie industrie, su cui si fonda l’economia siriana, ci aiuteranno a ridurre anche la dipendenza dalle importazioni e quindi la pressione sulla moneta siriana. La soluzione sta nell’accelerare il ripristino di servizi e strutture statali per supportare i progetti ed è quello che che stiamo facendo. La risposta è lenta, perché c’è una forte pressione sugli investitori perché non investano in Siria.

REGIME
Descrivono sempre la Siria come un regime. Non parlano di stato. Il loro obiettivo è farci apparire come una gang, una giunta militare. Invece uno stato ha principi fondamti, una costituzione, regole, controlli trasparenti. Noi siamo uno stato, non uno sceiccato, come latri paesi. Il nostro stato ha la sua costituzione e le sue leggi.

RUOLO DEI MEDIA
I media hanno un ruolo cruciale e vanno sostenuti perché sono uno strumento importante per migliorare la scietà. Sono, per esempio, il nostro strumento più importante nella lotta alla corruzione. La corruzione coinvolge molti settori, coinvolge il rapporto tra lo stato e il popolo, e i rapporti tra diversi settori all’interno dello stato. I media sono presenti in ogni angolo della società e per questo dovrebbero guidare il dialogo sulle riforme necessarie per combattere la corruzione. Lo stato ha convocato legali esperti per studiare le carenze lgislative, ma gli esperti non necessariamente hannno una visione d’insieme.
Le leggi sono solo parte del processo. L’altra parte è la visione. Chi ha questa visione d’insieme? I rappresentanti dello stato da soli non ce l’hanno. Ci sono dettagli che non sono in grado di vedere, per esperienza e posizione. Qualunque individuo della società, in virtù della sua appartenenza a uno specifico ambito, non è in grado di vedere la soluzione per intero, ma ne vedrà solo una parte. I media possono farci incontrare per discutere la soluzione. Dall’altra parte, vediamo che sui social media la discussione è caotica. Il ruolo dei media nazionali è di allontanare questa discussione dalla superficialità, le personalizzazioni, la vendicatività e le manipolazioni dall’esterno. I media possono creare le condizioni per un dialogo serio, un dialogo maturo, un dialogo nazionale e di conseguenza produttivo. Personalmente ripongo grandi speranze in voi perché siate – come lo siete stati – parte della battaglia contro il terrorismo, contro la corruzione e contro ogni pecca che rischia di portare il paese indietro invece di spingerlo avanti.


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