30 anni fa con la caduta del Muro
di Berlino una nuova stagione di libertà si apriva per la Germania e
l’intera Europa, che con la sparizione della Cortina di Ferro e
successivamente con la dissoluzione dell’URSS vide la fine della Guerra
Fredda
di Emilio Asti
Testimone di importanti avvenimenti
che hanno avuto un forte impatto mediatico a livello mondiale, il 1989
ha rappresentato un periodo cruciale per l’Europa e il mondo. In
quell’anno anche la Cina fece parlare di sé con la ribellione degli
studenti che nella famosa piazza Tien An Men a Pechino diedero vita a
massicce dimostrazioni per la democrazia, poi brutalmente represse
dall’esercito.
Il crollo del Muro nel Novembre di
quell’anno fu un evento che nessuno riuscì a prevedere. Nell’estate del
1987 a Berlino Ovest si era svolta, organizzata dal CARP, movimento
studentesco a carattere internazionale, una grande manifestazione per
l’abbattimento del Muro al motto di “Die Mauer muss weg”, ossia il Muro
deve scomparire, che, alla luce di quanto avvenuto poi, è venuta ad
assumere quasi un significato profetico. Chi allora avrebbe potuto
immaginare che nel giro di poco tempo il Muro, barriera simbolo della
divisione tra Est e Ovest, che pareva destinato a durare ancora a lungo,
sarebbe crollato?
Eretto nel 1961 con il fine di
impedire l’esodo verso Ovest – dal 1949 circa due milioni e mezzo di
persone si erano trasferite a Berlino Ovest -, ufficialmente chiamato
“Vallo di protezione antifascista” dalle autorità della Germania
comunista, il Muro, che fu anche fonte d’ispirazione per un’abbondante
produzione letteraria e cinematografica, divideva in due la città,
separando famiglie ed amici e tagliando molte strade ed alcune linee
ferroviarie e metropolitane. Costantemente sorvegliato da guardie
armate, che avevano l’ordine di sparare a vista sia di giorno che di
notte contro chiunque cercasse di scavalcarlo, il Muro, la cui lunghezza
nel tratto cittadino misurava oltre 43 km, era in realtà un insieme di
fortificazioni e sbarramenti estremamente sofisticati, rinforzati poi
nel corso degli anni, atti ad impedire qualsiasi tentativo di fuga; già
al solo osservarlo inibiva ogni desiderio di scappare, ma nel corso
degli anni persino diverse guardie di frontiera disertarono a Occidente.
Il doloroso ricordo delle vittime dei tentativi di fuga, tra cui anche
alcuni bambini, è mantenuto vivo in un museo, che racconta le vicende di
coloro che cercarono di scappare a Ovest, utilizzando mezzi di ogni
tipo, dal momento che era estremamente difficile lasciare la Germania
comunista con mezzi legali.
Con uno status giuridico molto
particolare Berlino rappresentava l’espressione di due opposte visioni
ideologiche. Passare dal settore occidentale a quello orientale,
attraverso un rigido e lungo controllo al Check Point Charlie, unico
punto di attraversamento per gli stranieri, equivaleva a passare da un
mondo all’altro. A Berlino Ovest, che, circondata dal territorio della
Germania comunista, viveva in un clima di costante tensione, dominava
uno stile di vita occidentale, con eleganti negozi, locali lussuosi ed
infrastrutture moderne, ma anche con tutti i problemi tipici del mondo
occidentale. Capitale della Germania comunista, denominata “Deutsche
Demokratische Republik”, Repubblica Democratica tedesca, indicata come
DDR, Berlino Est era una città austera, con molti cartelloni di
propaganda politica, imponenti palazzi e grandi viali percorsi da scarso
traffico, ma con penuria di locali pubblici, simile in ciò ad altre
capitali comuniste. Nonostante l’apparenza di modernità e di ordine,
quale vetrina della DDR di cui era uno dei principali poli industriali,
appariva evidente l’assenza di pluralismo politico ed economico, oltre
ad una certa uniformità nella vita quotidiana dei suoi abitanti.
Poco dopo la II Guerra Mondiale la
Germania si trovò divisa in due Stati rigidamente separati dalla Cortina
di Ferro. La “Bundes Republik Deutschland”, Repubblica Federale
Tedesca, con capitale Bonn e la Repubblica Democratica Tedesca,
rappresentavano due realtà molto diverse tra loro, con profonde
differenze politiche e sociali. Mentre la Germania occidentale, ancorata
politicamente all’Occidente, garantiva il pluralismo politico e la
libertà economica, la Germania comunista, incorporata nel Patto di
Varsavia, era retta da un regime oppressivo in linea con i dettami di
Mosca, che imponeva ai cittadini un rigido inquadramento ideologico di
stampo marxista-leninista, limitando anche la pratica religiosa. La
cosiddetta STASI, abbreviazione che indicava il “Ministerium für
Statssicherheit”, ossia Ministero per la Sicurezza dello Stato,
organizzazione modellata sul KGB sovietico, che contava su una
vastissima rete di informatori a cui nessuno poteva sfuggire, monitorava
i comportamenti di tutti i cittadini 24 ore su 24, vigilando su ogni
aspetto della loro vita; alcuni furono costretti a spiare anche
familiari ed amici. Già da piccoli i bambini erano educati
all’obbedienza alle direttive del Partito dominante e all’indiscussa
lealtà verso lo Stato e successivamente venivano inquadrati in
organizzazioni politiche caratterizzate da un’impronta militaristica al
fine di preparare giovani animati da forte spirito patriottico. Tutti i
mezzi di comunicazione erano controllati dallo Stato e qualsiasi
espressione letteraria ed artistica era soggetta a censura, anche al
fine di contrastare le influenze occidentali, considerate perniciose per
la società. Rispetto alla Germania occidentale il tenore di vita della
popolazione, soggetta a varie privazioni, era molto più basso, ma la
propaganda ufficiale, che raffigurava il mondo occidentale in termini
estremamente negativi, forniva un’immagine idilliaca della situazione
del Paese, ben lontana dalla realtà.
Il ricordo di quel giorno di
Novembre del 1989, una data molto importante nella storia della
Germania, in cui, sotto la pressione di un’imponente manifestazione
popolare, venne meno la separazione tra le due parti di Berlino, è
ancora presente nella mente di tutti i tedeschi. Le immagini televisive
mostrarono una folla festante, con scene di gioia da una parte e
dall’altra. I tedeschi dell’Est, vissuti per oltre 40 anni sotto un
regime dittatoriale che, salvo rare eccezioni, non permetteva loro di
recarsi nella Germania occidentale, assaporavano la libertà a lungo
sognata, potendo così ricongiungersi con i loro familiari ed amici. Con
il crollo del Muro venne finalmente ristabilita la libera circolazione
nella città, la quale tornò ad essere la capitale ufficiale della
Germania, ora una delle capitali europee più dinamiche e
all’avanguardia, oltre ad essere la città tedesca con la più alta
percentuale di residenti stranieri. Per un visitatore straniero che
giunga ora a Berlino riesce difficile immaginare che 30 anni addietro
questa città era rigidamente divisa in due parti da una lunga ed
invalicabile barriera.
Un tratto di Muro lungo oltre 1 km,
chiamato East Side Gallery, interamente dipinto con graffiti realizzati
da artisti di svariate nazioni, è ora la più lunga galleria d’arte
all’aperto del mondo, ammirata da molti artisti. Frammenti del Muro, un
pezzo del quale è stato posto persino sulla strada d’ingresso del
santuario mariano di Fatima, vengono venduti come souvenir in una città
di nuovo unita con i suoi problemi e le sue speranze.
La Germania tornò ad essere un solo
Stato, ma socialmente rimase divisa. Gli abitanti della ex DDR hanno
dovuto imparare a vivere in un altro sistema sociale, alle cui regole
riusciva loro difficile adattarsi. Dopo decenni di forzata separazione
la convivenza tra i tedeschi dell’Est, alcuni dei quali rimpiangevano
diversi aspetti della vita nella DDR, e quelli dell’Ovest all’inizio non
è stata facile e ci vollero diversi anni per colmare il divario tra
loro. La riunificazione, che ha comportato lo smantellamento di numerose
occupazioni nell’industria e nel settore agricolo nel territorio
dell’ex DDR ha comportato costi elevati ed ancora sussistono alcune
disparità tra le due zone della Germania. Queste parole di Helmut Kohl,
primo Cancelliere della Germania unita illustrano bene la situazione che
il Paese si trovò ad affrontare: [...] “Per descrivere la situazione in
cui ci trovammo dopo la caduta del Muro, faccio volentieri il paragone
con l’attraversamento di un pantano. Questa immagine è sicuramente la
più azzeccata: ci trovammo, per così dire, impantanati fino alle
ginocchia, la nebbia oscurava la vista e sapevamo solo che il sentiero
sicuro da percorrere si trovava da qualche parte. Ma dove esattamente?
Procedevamo a tentoni, passo dopo passo, fino a raggiungere l’altra
sponda sani e salvi.” [...]
Il crollo del Muro, simbolo della
divisione tra Est e Ovest, che aprì la strada alla riunificazione della
Germania, pareva chiudere un’epoca di rigida contrapposizione ed
inaugurarne un’altra di libertà e cooperazione. La Germania finalmente
unita ritrovò la sua giusta collocazione in Europa, in cui, riconosciute
le colpe del passato, pare destinata a svolgervi un ruolo di maggior
rilievo, sebbene susciti ancora la diffidenza da parte di molti, che
guardano con preoccupazione all’accresciuto peso della Germania negli
affari internazionali.
Da più parti si disse che con la
caduta del Muro di Berlino fosse finita la terza guerra mondiale, venne
meno infatti la divisione dell’Europa sancita al termine della II guerra
mondiale e prese corpo la speranza di un’Europa senza più divisioni, in
cui tutti i suoi abitanti potessero vivere in pace e libertà. Purtroppo
la fine della Guerra Fredda non ha significato la scomparsa dei
conflitti e delle tensioni nel mondo. Chiuse dietro la cortina di ferro
le nazioni dell’Europa orientale, i cui regimi, obbligati a servire gli
interessi di Mosca, che si comportava come una potenza coloniale, non
potevano gestire liberamente la propria politica estera. Uno dopo
l’altro i regimi comunisti, che non godevano del consenso popolare e
soffrivano un processo di disgregazione interna, caddero sull’onda di
imponenti manifestazioni di massa, grazie anche alla saggia decisione di
Gorbaciov di permettere alle nazioni del Patto di Varsavia, in cui loro
malgrado furono inglobate, di scegliere liberamente il proprio destino,
anche se la sua politica non risultava gradita a diversi capi
comunisti, tra cui anche quelli della DDR, timorosi di perdere il
proprio potere.
La fine dei regimi comunisti
dell’Europa orientale preludeva al crollo della stessa URSS avvenuto due
anni più tardi, che cambiò profondamente non solo la geografia politica
europea, ma anche gli equilibri mondiali. Dopo la scomparsa della
Cortina di Ferro e la dissoluzione del blocco militare ed economico
sovietico l’Europa orientale ritrovava la libertà, ma al contempo
riemergevano antichi problemi e spinte nazionaliste che il comunismo
aveva solo congelato e nascosto.
Con l’abbattimento della Cortina di
Ferro una nuova fase si apriva per l’Europa, ma già a pochi anni di
distanza molte speranze si erano raffreddate. All’entusiasmo per la
ritrovata libertà è poi subentrata la disillusione, dovuta
principalmente all’aumento delle disuguaglianze economiche, accompagnato
da un periodo di confusione politica ed economica. Sulle macerie
lasciate dal comunismo non è stato semplice costruire un nuovo sistema
in grado di garantire il benessere dei cittadini ed inserirsi nelle
dinamiche del mondo attuale.
La storia ha più volte dimostrato
che è impossibile sopprimere definitivamente l’anelito alla libertà, che
è innato nella natura umana. Anche se lento e disseminato di ostacoli
il cammino verso la libertà non potrà essere arrestato. Nessun muro ha
potuto fermare il corso della storia, che pare procedere verso la
realizzazione di un mondo di libertà e pace, nonostante alcuni fatti
paiono dimostrare il contrario. Non bisogna dimenticare che tuttora in
diverse parti del mondo vi sono ancora muri e barriere che da lungo
tempo dividono popoli e nazioni, ma la caduta del Muro di Berlino ha
dimostrato chiaramente che ciò che ora sembra impossibile domani potrà
non esserlo più.
Nell’epoca attuale l’Europa, che
pare aver dimenticato le proprie radici cristiane, deve ritrovare la sua
vera identità ed assumersi la responsabilità di mostrare la strada
verso un futuro di pace attraverso una politica basata su valori che
possano garantire un autentico progresso nel pieno rispetto dei diritti
umani di ogni individuo, al di là di qualsiasi fattore etnico e
religioso.
FONTI
"Voci di Pace" una rivista quadrimestrale a cura degli Ambasciatori di Pace della UPF (Federazione Universale della Pace).