[Disarmo] C’ERA UNA VOLTA IL MURO DI BERLINO.



4 novembre 2019

C’ERA UNA VOLTA IL MURO DI BERLINO. UN’ANALISI NEL 30º ANNIVERSARIO DEL CROLLO

30 anni fa con la caduta del Muro di Berlino una nuova stagione di libertà si apriva per la Germania e l’intera Europa, che con la sparizione della Cortina di Ferro e successivamente con la dissoluzione dell’URSS vide la fine della Guerra Fredda


di Emilio Asti
Testimone di importanti avvenimenti che hanno avuto un forte impatto mediatico a livello mondiale, il 1989 ha rappresentato un periodo cruciale per l’Europa e il mondo. In quell’anno anche la Cina fece parlare di sé con la ribellione degli studenti che nella famosa piazza Tien An Men a Pechino diedero vita a massicce dimostrazioni per la democrazia, poi brutalmente represse dall’esercito.
Il crollo del Muro nel Novembre di quell’anno fu un evento che nessuno riuscì a prevedere. Nell’estate del 1987 a Berlino Ovest si era svolta, organizzata dal CARP, movimento studentesco a carattere internazionale, una grande manifestazione per l’abbattimento del Muro al motto di “Die Mauer muss weg”, ossia il Muro deve scomparire, che, alla luce di quanto avvenuto poi, è venuta ad assumere quasi un significato profetico. Chi allora avrebbe potuto immaginare che nel giro di poco tempo il Muro, barriera simbolo della divisione tra Est e Ovest, che pareva destinato a durare ancora a lungo, sarebbe crollato?
Berlino, già capitale della Germania nazista, gravemente danneggiata durante la II guerra mondiale, terminato il conflitto venne posta sotto la tutela delle potenze vincitrici e divisa in vari settori, sino ad oggi ha vissuto momenti di forte tensione. Dal 1948 al ’49 Berlino Ovest venne sottoposta da parte sovietica al blocco di tutti gli accessi stradali e ferroviari, costringendo gli alleati occidentali ad instaurare un ponte aereo per garantire i rifornimenti alla città, che in quel momento rischiava di divenire la scintilla di un nuovo conflitto mondiale. 
Eretto nel 1961 con il fine di impedire l’esodo verso Ovest – dal 1949 circa due milioni e mezzo di persone si erano trasferite a Berlino Ovest -, ufficialmente chiamato “Vallo di protezione antifascista” dalle autorità della Germania comunista, il Muro, che fu anche fonte d’ispirazione per un’abbondante produzione letteraria e cinematografica, divideva in due la città, separando famiglie ed amici e tagliando molte strade ed alcune linee ferroviarie e metropolitane. Costantemente sorvegliato da guardie armate, che avevano l’ordine di sparare a vista sia di giorno che di notte contro chiunque cercasse di scavalcarlo, il Muro, la cui lunghezza nel tratto cittadino misurava oltre 43 km, era in realtà un insieme di fortificazioni e sbarramenti estremamente sofisticati, rinforzati poi nel corso degli anni, atti ad impedire qualsiasi tentativo di fuga; già al solo osservarlo inibiva ogni desiderio di scappare, ma nel corso degli anni persino diverse guardie di frontiera disertarono a Occidente. Il doloroso ricordo delle vittime dei tentativi di fuga, tra cui anche alcuni bambini, è mantenuto vivo in un museo, che racconta le vicende di coloro che cercarono di scappare a Ovest, utilizzando mezzi di ogni tipo, dal momento che era estremamente difficile lasciare la Germania comunista con mezzi legali.
Con uno status giuridico molto particolare Berlino rappresentava l’espressione di due opposte visioni ideologiche. Passare dal settore occidentale a quello orientale, attraverso un rigido e lungo controllo al Check Point Charlie, unico punto di attraversamento per gli stranieri, equivaleva a passare da un mondo all’altro. A Berlino Ovest, che, circondata dal territorio della Germania comunista, viveva in un clima di costante tensione, dominava uno stile di vita occidentale, con eleganti negozi, locali lussuosi ed infrastrutture moderne, ma anche con tutti i problemi tipici del mondo occidentale. Capitale della Germania comunista, denominata “Deutsche Demokratische Republik”, Repubblica Democratica tedesca, indicata come DDR, Berlino Est era una città austera, con molti cartelloni di propaganda politica, imponenti palazzi e grandi viali percorsi da scarso traffico, ma con penuria di locali pubblici, simile in ciò ad altre capitali comuniste. Nonostante l’apparenza di modernità e di ordine, quale vetrina della DDR di cui era uno dei principali poli industriali, appariva evidente l’assenza di pluralismo politico ed economico, oltre ad una certa uniformità nella vita quotidiana dei suoi abitanti. 
Poco dopo la II Guerra Mondiale la Germania si trovò divisa in due Stati rigidamente separati dalla Cortina di Ferro. La “Bundes Republik Deutschland”, Repubblica Federale Tedesca, con capitale Bonn e la Repubblica Democratica Tedesca, rappresentavano due realtà molto diverse tra loro, con profonde differenze politiche e sociali. Mentre la Germania occidentale, ancorata politicamente all’Occidente, garantiva il pluralismo politico e la libertà economica, la Germania comunista, incorporata nel Patto di Varsavia, era retta da un regime oppressivo in linea con i dettami di Mosca, che imponeva ai cittadini un rigido inquadramento ideologico di stampo marxista-leninista, limitando anche la pratica religiosa. La cosiddetta STASI, abbreviazione che indicava il “Ministerium für Statssicherheit”, ossia Ministero per la Sicurezza dello Stato, organizzazione modellata sul KGB sovietico, che contava su una vastissima rete di informatori a cui nessuno poteva sfuggire, monitorava i comportamenti di tutti i cittadini 24 ore su 24, vigilando su ogni aspetto della loro vita; alcuni furono costretti a spiare anche familiari ed amici. Già da piccoli i bambini erano educati all’obbedienza alle direttive del Partito dominante e all’indiscussa lealtà verso lo Stato e successivamente venivano inquadrati in organizzazioni politiche caratterizzate da un’impronta militaristica al fine di preparare giovani animati da forte spirito patriottico. Tutti i mezzi di comunicazione erano controllati dallo Stato e qualsiasi espressione letteraria ed artistica era soggetta a censura, anche al fine di contrastare le influenze occidentali, considerate perniciose per la società. Rispetto alla Germania occidentale il tenore di vita della popolazione, soggetta a varie privazioni, era molto più basso, ma la propaganda ufficiale, che raffigurava il mondo occidentale in termini estremamente negativi, forniva un’immagine idilliaca della situazione del Paese, ben lontana dalla realtà. 
Il ricordo di quel giorno di Novembre del 1989, una data molto importante nella storia della Germania, in cui, sotto la pressione di un’imponente manifestazione popolare, venne meno la separazione tra le due parti di Berlino, è ancora presente nella mente di tutti i tedeschi. Le immagini televisive mostrarono una folla festante, con scene di gioia da una parte e dall’altra. I tedeschi dell’Est, vissuti per oltre 40 anni sotto un regime dittatoriale che, salvo rare eccezioni, non permetteva loro di recarsi nella Germania occidentale, assaporavano la libertà a lungo sognata, potendo così ricongiungersi con i loro familiari ed amici. Con il crollo del Muro venne finalmente ristabilita la libera circolazione nella città, la quale tornò ad essere la capitale ufficiale della Germania, ora una delle capitali europee più dinamiche e all’avanguardia, oltre ad essere la città tedesca con la più alta percentuale di residenti stranieri. Per un visitatore straniero che giunga ora a Berlino riesce difficile immaginare che 30 anni addietro questa città era rigidamente divisa in due parti da una lunga ed invalicabile barriera.
Un tratto di Muro lungo oltre 1 km, chiamato East Side Gallery, interamente dipinto con graffiti realizzati da artisti di svariate nazioni, è ora la più lunga galleria d’arte all’aperto del mondo, ammirata da molti artisti. Frammenti del Muro, un pezzo del quale è stato posto persino sulla strada d’ingresso del santuario mariano di Fatima, vengono venduti come souvenir in una città di nuovo unita con i suoi problemi e le sue speranze. 
La Germania tornò ad essere un solo Stato, ma socialmente rimase divisa. Gli abitanti della ex DDR hanno dovuto imparare a vivere in un altro sistema sociale, alle cui regole riusciva loro difficile adattarsi. Dopo decenni di forzata separazione la convivenza tra i tedeschi dell’Est, alcuni dei quali rimpiangevano diversi aspetti della vita nella DDR, e quelli dell’Ovest all’inizio non è stata facile e ci vollero diversi anni per colmare il divario tra loro. La riunificazione, che ha comportato lo smantellamento di numerose occupazioni nell’industria e nel settore agricolo nel territorio dell’ex DDR ha comportato costi elevati ed ancora sussistono alcune disparità tra le due zone della Germania. Queste parole di Helmut Kohl, primo Cancelliere della Germania unita illustrano bene la situazione che il Paese si trovò ad affrontare: [...] “Per descrivere la situazione in cui ci trovammo dopo la caduta del Muro, faccio volentieri il paragone con l’attraversamento di un pantano. Questa immagine è sicuramente la più azzeccata: ci trovammo, per così dire, impantanati fino alle ginocchia, la nebbia oscurava la vista e sapevamo solo che il sentiero sicuro da percorrere si trovava da qualche parte. Ma dove esattamente? Procedevamo a tentoni, passo dopo passo, fino a raggiungere l’altra sponda sani e salvi.” [...]
Il crollo del Muro, simbolo della divisione tra Est e Ovest, che aprì la strada alla riunificazione della Germania, pareva chiudere un’epoca di rigida contrapposizione ed inaugurarne un’altra di libertà e cooperazione. La Germania finalmente unita ritrovò la sua giusta collocazione in Europa, in cui, riconosciute le colpe del passato, pare destinata a svolgervi un ruolo di maggior rilievo, sebbene susciti ancora la diffidenza da parte di molti, che guardano con preoccupazione all’accresciuto peso della Germania negli affari internazionali.
Da più parti si disse che con la caduta del Muro di Berlino fosse finita la terza guerra mondiale, venne meno infatti la divisione dell’Europa sancita al termine della II guerra mondiale e prese corpo la speranza di un’Europa senza più divisioni, in cui tutti i suoi abitanti potessero vivere in pace e libertà. Purtroppo la fine della Guerra Fredda non ha significato la scomparsa dei conflitti e delle tensioni nel mondo. Chiuse dietro la cortina di ferro le nazioni dell’Europa orientale, i cui regimi, obbligati a servire gli interessi di Mosca, che si comportava come una potenza coloniale, non potevano gestire liberamente la propria politica estera. Uno dopo l’altro i regimi comunisti, che non godevano del consenso popolare e soffrivano un processo di disgregazione interna, caddero sull’onda di imponenti manifestazioni di massa, grazie anche alla saggia decisione di Gorbaciov di permettere alle nazioni del Patto di Varsavia, in cui loro malgrado furono inglobate, di scegliere liberamente il proprio destino, anche se la sua politica non risultava gradita a diversi capi comunisti, tra cui anche quelli della DDR, timorosi di perdere il proprio potere.
La fine dei regimi comunisti dell’Europa orientale preludeva al crollo della stessa URSS avvenuto due anni più tardi, che cambiò profondamente non solo la geografia politica europea, ma anche gli equilibri mondiali. Dopo la scomparsa della Cortina di Ferro e la dissoluzione del blocco militare ed economico sovietico l’Europa orientale ritrovava la libertà, ma al contempo riemergevano antichi problemi e spinte nazionaliste che il comunismo aveva solo congelato e nascosto.
Con l’abbattimento della Cortina di Ferro una nuova fase si apriva per l’Europa, ma già a pochi anni di distanza molte speranze si erano raffreddate. All’entusiasmo per la ritrovata libertà è poi subentrata la disillusione, dovuta principalmente all’aumento delle disuguaglianze economiche, accompagnato da un periodo di confusione politica ed economica. Sulle macerie lasciate dal comunismo non è stato semplice costruire un nuovo sistema in grado di garantire il benessere dei cittadini ed inserirsi nelle dinamiche del mondo attuale.
La storia ha più volte dimostrato che è impossibile sopprimere definitivamente l’anelito alla libertà, che è innato nella natura umana. Anche se lento e disseminato di ostacoli il cammino verso la libertà non potrà essere arrestato. Nessun muro ha potuto fermare il corso della storia, che pare procedere verso la realizzazione di un mondo di libertà e pace, nonostante alcuni fatti paiono dimostrare il contrario. Non bisogna dimenticare che tuttora in diverse parti del mondo vi sono ancora muri e barriere che da lungo tempo dividono popoli e nazioni, ma la caduta del Muro di Berlino ha dimostrato chiaramente che ciò che ora sembra impossibile domani potrà non esserlo più.
Nell’epoca attuale l’Europa, che pare aver dimenticato le proprie radici cristiane, deve ritrovare la sua vera identità ed assumersi la responsabilità di mostrare la strada verso un futuro di pace attraverso una politica basata su valori che possano garantire un autentico progresso nel pieno rispetto dei diritti umani di ogni individuo, al di là di qualsiasi fattore etnico e religioso.

FONTI
"Voci di Pace" una rivista quadrimestrale a cura degli Ambasciatori di Pace della UPF (Federazione Universale della Pace).

Franco Avati
Emerito Fondatore dell'A.I.F.: AVATI INTERNATIONAL FOUNDATION

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