Re: [Disarmo] Fwd: tre testi su armi italiane alla Turchia



grazie Elio, rilancio


Il giorno ven 18 ott 2019 alle ore 10:59 Elio Pagani <disarmo at peacelink.it> ha scritto:

---------- Forwarded message ---------
Da: pierangelo monti <monti.pierangelo at libero.it>
Date: ven 18 ott 2019, 10:19
Subject: tre testi su armi italiane alla Turchia
To:



Export di armi italiane nel dataroom di Milena Gabanelli

https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/export-armi-turchia-dove-perche-violiamo-leggi-italiane-dell-onu/57dbf612-ef70-11e9-9951-ede310167127-va.shtml



Come abbiamo armato Erdogan

17 ottobre 2019 Di Maurizio Simoncelli
Fonte: Città Nuova https://www.cittanuova.it/come-abbiamo-armato-erdogan/


La Turchia, quarta potenza Nato, si muove da una posizione di forza verso i Paesi occidentali. Le enormi forniture di armamenti non hanno condotto ad alcuna influenza sulla politica di Ankara



L’attacco turco ai curdi siriani sta mettendo in evidenza le contraddizioni politiche di governi che per anni hanno rifornito di armi e munizioni il governo di Erdogan, pensando che il suo autoritarismo potesse essere tenuto a bada con posizioni concilianti e morbide rispetto alla diffusa repressione dei diritti umani sia contro gli oppositori politici sia contro le minoranze interne.

I finanziamenti accordatigli per accogliere i profughi dalla crisi siriana e per non farli venire in Europa si sono mostrati ben poca cosa, al punto che “il sultano” li sta usando oggi come ulteriore minaccia verso il Vecchio Continente, che trema all’ipotesi dell’arrivo di milioni di profughi dall’ennesima guerra mediorientale.

Erdogan è cosciente della sua posizione di forza, data anche la collocazione geopoliticamente importante di Ankara, che controlla gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli e sul cui territorio transitano diverse pipeline, tra cui la nota TAP. Le proteste diplomatiche dell’UE, le minacce di azioni economiche da parte statunitense, il dissenso russo non sembrano scalfire per ora l’azione turca.

Le forze armate turche rappresentano la quarta potenza militare della NATO, con 700 mila uomini, con un migliaio di aerei, 3.200 carri da combattimento, 9.500 mezzi corazzati e 194 navi tra fregate, cacciatorpediniere e altre.

Le Türk Silahlı Kuvvetleri (forze armate turche) sono state abbondantemente rifornite nel corso dell’ultimo decennio per un valore di quasi 7 miliardi di dollari relativamente ai maggiori sistemi d’arma (aerei, navi, mezzi corazzati, artiglieria ecc.).

Gli USA hanno venduto alla Turchia interi arsenali, tra cui 100 caccia F-35A Lithening-2, 69 elicotteri multiruolo Sikorsky UH-60 Black Hawk, 125 RIM-116 Rolling Airframe Missile missili per la difesa aerea, 107  missili AIM-120 Advanced Medium-Range Air-to-Air Missile aria-aria a medio raggio e l’elenco potrebbe ancora continuare.

La Germania ha venduto, tra l’altro, ben 350 carri armati Leopard-2A4  e 6 sottomarini Type-214. La sola Italia ha rifornito Ankara, tra l’altro, di ben 68 elicotteri da combattimento A129 Mangusta (assemblati o prodotti su licenza direttamente in Turchia), 6 aerei ATR 72MP  per la lotta antisommergibile e per il pattugliamento marittimo, 8 cannoni navali Super Rapid 76mm, 16 cannoni navali Compact 40L70, 8 cannoni Oerlikon 25 mm (tutti sistemi d’arma della Leonardo ex-Finmeccanica, ad eccezione della privata Oerlikon).

Pertanto, le recenti dichiarazioni di alcuni governi europei (tra cui Francia, Germania, Italia, Olanda, Finlandia, Spagna, Austria e Belgio) in merito all’embargo di armi ad Ankara appaiono inadeguate, seppur necessarie. Inadeguate per tre motivi: il primo consiste nel fatto che gli arsenali di Ankara sono talmente riforniti che un blocco dell’invio di armi e di munizioni non scalfisce la potenza di fuoco delle sue forze armate, almeno nel medio periodo, garantendo piena libertà d’azione nella campagna “Fonte di pace”.

Il secondo è relativo ai tipi di embarghi dichiarati che, ad oggi, sembrano per lo più riguardare eventuali contratti futuri ancora da firmare, mentre verrebbero onorati quelli già in corso: in poche parole, le armi e le munizioni verrebbero ancora inviate fino a scadenza contrattuale. Il terzo emerge dal consueto ordine sparso con cui si muovono i partner europei: non un accordo comune chiaro e preciso, ma lasciato all’autonoma decisione nazionale, a rappresentare ancora una volta la fragilità e la lentezza politica dell’Unione.

In poche parole, gli si sta dicendo che per la prossima guerra (alcuni e forse) non gli daranno le armi e le relative munizioni. Per ora quelle contrattualizzate gli arriveranno.

Sono minacce che lasciano il tempo che trovano. Anche le sanzioni economiche ventilate dalla Casa Bianca, se applicate, avranno forse un effetto in un tempo certamente successivo alla guerra di conquista del Kurdistan siriano.

È il caso che, a parte queste dichiarazioni “minacciose” ad uso dell’opinione pubblica, ci si interroghi sui rapporti con il regime di Erdogan e sulla sua permanenza all’interno della NATO, avendo il coraggio di rischiare anche che Ankara approfondisca l’attuale, esile feeling con Putin, a cui già si è rivolta da tempo, ma con esiti alterni (va ricordato l’abbattimento del  caccia Su-24 russo nel novembre 2015, a cui Mosca rispose accusando Erdogan e la sua famiglia di contrabbandare il petrolio dell’ISIS).

Oggi la Russia sembra addirittura volersi interporre militarmente tra le forze armate di Assad, ora alleate dei curdi, e quelle turche, a colmare un vuoto che invece la comunità internazionale avrebbe dovuto tempestivamente ricoprire.

Ancor più i cosiddetti governi democratici dovrebbero interrogarsi sulle disinvolte esportazioni di armi e di munizioni, nonché sugli accordi di cooperazione e di assistenza militare con regimi quali quelli di Erdogan, ma anche di Al Sisi in Egitto o della monarchia saudita, per volerci limitare alla sola area mediterranea.

Ancora una volta le forniture di armi e gli accordi di cooperazione militare non rappresentano alcuna forma di condizionamento di tali regimi, che anzi vedono nei governi democratici una grande disponibilità non solo a violare sistematicamente normative internazionali come la Posizione Comune 2008/944/PESC  dell’UE e il Trattato sul Commercio degli Armamenti  (2014), ma anche a chiudere più di un occhio in cambio di lucrosi commerci non solo di armamenti, ma anche di materie prime e quanto altro.

 

Forniture di maggiori sistemi d’arma alla Turchia 2010-2018 (milioni di $) (Fonte: SIPRI 2019)

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Totale


Canada

3

12

9

4






28


Cina

35

35

35







105


Danimarca



9







9


Francia




15

8





23


Germania

126

40

28

13

50

14

2

26

30

328


Israele

69

22

9


17

15




132


Italia

5

13

168

35

69

32

139

89

181

731


Olanda

13

42

38

67

38



13

30

240


Norvegia


12








12


Russia

16









16


Arabia Saudita


62








62


Corea del Sud

181

206

198

165

6

6

6

6

6

778


Spagna




135

229

73


146

146

729


Gran Bretagna

25









25


USA

11

335

1.009

363

1.110

301

185

146

293

3.751


Totale

484

779

1.500

796

1.526

441

331

425

685

6.968


 

Export italiano di materiale d’armamento alla Turchia 2011-2018 (milioni di  €)

Fonte: elaborazione IRIAD su dati MAECI

 

2018

2017

2016

2015

2014

2013

2012

2011

TURCHIA

362

266,1

133,4

128,8

52,5

11,4

43,4

171


Comunicato Stampa - 16 ottobre 2019

Rete Disarmo: "Di Maio non blocca forniture di armi in corso verso Turchia: si sospendano fino a termine istruttoria”

Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha firmato l’atto interno ministeriale che bloccare le vendite future di armi alla Turchia, avviando nel contempo un'istruttoria sui contratti in essere (così come annunciato in Parlamento). 
Rete Disarmo chiede che tutti gli invii di armi siano sospesi fino al completamento delle istruttorie su ciascuna autorizzazione e auspica che questa procedura porti comunque al blocco complessivo della vendita di armi. Unica modalità realmente efficace di contribuire a fermare il conflitto in corso in Siria

“Riteniamo necessario che tutte le forniture di armi dall'Italia alla Turchia vengano sospese con effetto immediato fino a completamento dell’istruttoria su ciascun contratto e su ciascuna autorizzazione” è la richiesta della Rete Italiana per il Disarmo a commento della firma da parte del Ministro degli Esteri Di Maio di un atto interno ministeriale che blocca tutte le future autorizzazioni di vendita armi ad Ankara.

“Ci auguriamo che l’atto interno alla Farnesina concretizzato oggi preveda questa fondamentale clausola, che rappresenta l'unica garanzia che nuove armi italiane oltre a quelle già consegnate in passato non vengano d'ora in poi utilizzate contro le popolazioni curde” si legge nella nota della RID.
Una decisione di blocco totale e immediato, senza quindi dover mettere in campo istruttorie e verifiche sul passato, si sarebbe già potuta e dovuta prendere fin da ora anche nel rispetto del dettato Costituzionale (art. 11), della legge 185/1990 che regolamenta le esportazioni di armamenti e delle norme internazionali (Posizione Comune UE e Trattato ATT) sottoscritte dall’Italia”.
Fin dallo scoppiare della crisi al confine tra Turchia e Siria la Rete Italiana per il Disarmo ha sottolineato come sia inaccettabile la continuazione del copioso flusso di armi verso la Turchia, destinataria negli ultimi 4 anni di 890 milioni euro di autorizzazioni per materiale militare e verso la quale nello steso periodo sono partite consegne per 463 milioni di euro di controvalore. Le notizie di stampa odierne che riportano di consegne ancora in corso per contratti autorizzati ben 3 anni fa dimostrano come lasciare aperta la porta all’invio di armi già autorizzate prima di oggi renderebbe inefficace e inutile qualsiasi decisione sull futuro. Relegando quindi l’atto odierno del Ministero degli Esteri ad una mera funzione simbolica.
“Ci aspettiamo inoltre che l’atto controfirmato dal Ministro Di Maio venga reso pubblico e messo a disposizione di Parlamento e cittadinanza per poterne verificare la portata e l’impatto reale - commenta Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo - e facciamo appello al Ministro affinché non si faccia influenzare da chi, anche in questi giorni, ha rallentato o impedito una scelta politica forte e doverosa come quella dello stop all’invio di armi alla Turchia sulla base di fantomatici problemi formali che in realtà non esistono. E che comunque sarebbero facilmente superabili con assunzioni di responsabilità forti da parte del Governo”.

 


sui cartelli al Presidio a Ivrea 16/10/19 : Basta vendere armi ai guerrafondai - Boicotta cose turche - Fuori l'Italia dalla Nato - Intervenga l'ONU


 


 

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