[Disarmo] Fwd: Perché dubitare della sicurezza delle navi nucleari da guerra?- da Augusta: Punta Izzo: la Sirena e l'incanto avvolto dal filo spinato
- Subject: [Disarmo] Fwd: Perché dubitare della sicurezza delle navi nucleari da guerra?- da Augusta: Punta Izzo: la Sirena e l'incanto avvolto dal filo spinato
- From: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
- Date: Mon, 8 Jul 2019 18:16:39 +0200
Da: <alfteresa at libero.it>
Date: lun 8 lug 2019 alle ore 17:23
Subject: Perché dubitare della sicurezza delle navi nucleari da guerra?- da Augusta: Punta Izzo: la Sirena e l'incanto avvolto dal filo spinato
To: <semprecontrolaguerra at googlegroups.com>
Da: Gianmarco
Catalano [mailto:catalanogianmarco at virgilio.it]
La navigazione nucleare sotto la lente del diritto internazionale
Perché dubitare della sicurezza delle navi nucleari da guerra?
Una tesi di laurea in diritto internazionale mette in luce l'assenza di una regolamentazione internazionalmente accettata per le navi militari a propulsione e capacità nucleare. Sia sotto il profilo della sicurezza che della responsabilità per danni in caso d'incidente nautico-radiologico
7 luglio 2019
Gianmarco Catalano
Con questo lavoro di ricerca si è inteso indagare la disciplina di diritto internazionale marittimo concernente le navi latu sensu nucleari (ossia, a propulsione e capacità atomica o trasportanti materiali radioattivi), allo scopo di verificare l'esistenza di un regime speciale dedicato alla navigazione di questa tipologia di naviglio all'interno delle acque soggette alla sovranità di uno Stato straniero. In parallelo, si è cercato di determinare - sulla base dell'analisi del diritto positivo - l'ampiezza e la consistenza dei poteri d'intervento degli Stati costieri, tenuto conto degli elevatissimi rischi ecologici e per la vita umana che i movimenti di tali navi inevitabilmente producono.
Dallo studio delle fonti di diritto convenzionale è emersa, in primo luogo, la totale assenza di regolamentazione internazionalmente accettata, sia sotto il profilo della sicurezza che della responsabilità per incidenti, con riferimento alle navi militari a propulsione e capacità nucleare. Ciò è dimostrato essenzialmente da due fattori:
1. L'espresso esonero di tali navi dagli speciali safety requirements dettati dalla Convenzione SOLAS sulla salvaguardia della vita umana in mare;
2. La mancata entrata in vigore della Convenzione di Bruxelles del 1962 sulla responsabilità degli operatori di navi nucleari, a causa del veto posto dalle due principali potenze nucleari del mondo, cioè degli Stati Uniti d'America e della ex Unione Sovietica.
Si aggiunga che, come si apprende dall'analisi dei pochissimi accordi bilaterali reperibili, le potenze atomiche, in primis gli Stati Uniti, sono solite non estendere ai propri alleati le informazioni tecniche relative ai loro vascelli, così da rendere di fatto impossibile l'espletamento di un'autonoma safety evaluation da parte dello Stato costiero a tutela dei propri interessi sovrani.
Da un'analisi comparativa delle legislazioni nazionali dei principali Stati rivieraschi interessati dal transito o dalla sosta di navi nucleari straniere (soprattutto della regione latinoamericana, nordafricana e dell'estremo oriente), è stata riscontrata una diffusa diffidenza e talvolta un espresso rifiuto, nella prassi marittima, ad accogliere navi militari atomiche o vettori marittimi di materiali e rifiuti radioattivi nei propri porti o, in taluni casi, nelle proprie acque territoriali.
Al riguardo, anche attraverso un confronto tra le poche e non più recenti posizioni dottrinali e giurisprudenziali in materia, è stata compiuta una valutazione circa la legittimità delle variegate posizioni di questi Stati "riluttanti" ad accogliere naviglio nucleare, in particolare sotto la lente di due fondamentali Convenzioni di codificazione del diritto del mare e dei rispettivi lavori preparatori: ossia, la Convenzione di Ginevra sul mare territoriale e la zona contigua del 1958 e la Convenzione di Montego Bay del 1982, la cui negoziazione è stata caratterizzata da una costante tensione tra due tendenze contrapposte: da un lato la piena libertà di navigazione (rivendicata dalle potenze marittime), dall'altro l'istanza di tutela dell'ambiente marino e degli interessi costieri (avanzata da molteplici Stati rivieraschi).
Ebbene, alla prova della disciplina convenzionale or ora
richiamata, è risultata pacifica la piena sovranità dello Stato
costiero nel consentire o negare l'accesso delle navi straniere nucleari nei
propri porti, seppur
nel rispetto di due principi fondamentali e universalmente validi:
1. La parità di trattamento tra le navi dei rispettivi Stati di
bandiera, principio
sancito dalla Convenzione di Ginevrà del 1923 sul regime internazionale dei
porti marittimi;
2. L'obbligo secolare di soccorrere e garantire l'ingresso delle navi che versano in situazione di pericolo;
Più complesse, invece, le conclusioni cui si è giunti con riferimento all'istituto del diritto di passaggio inoffensivo nel mare territoriale. In proposito, sulla base della Convenzione di Montego Bay e del diritto consuetudinario vigente, possiamo giudicare illegittima la posizione di quegli Stati costieri che subordinano alla previa autorizzazione il passaggio nel proprio mare territoriale delle navi a propulsione e con capacità o carico nucleare, in quanto - per citare le parole della Corte Internazionale di Giustizia - "l'esigenza di un'autorizzazione preventiva al passaggio è la negazione stessa dell'esercizio del passaggio a titolo di diritto".
Al contrario, in polemica con le posizioni finora espresse da taluni autorevoli studiosi, possiamo ritenere legittima la richiesta di una notifica preventiva del transito, quale ragionevole misura di compromesso tra la libertà di navigazione e l'esigenza di tutela dell'ambiente marino - entrambi divenute due principi cardine dell'ordinamento internazionale - nell'interesse, quindi, sia dello Stato costiero che della comunità internazionale nel suo insieme.
Allo stesso modo, possiamo considerare fondata la peculiare postura anti-nucleare fatta propria dal Giappone - contraria all'ingresso in acque territoriali e interne di navi cariche di ordigni atomici - in quanto argomentata attraverso un'interpretazione estensiva dell'art. 19 par. 1 della Convenzione di Montego Bay, ossia del concetto di pregiudizio alla pace, al buon ordine o alla sicurezza dello Stato costiero.
Nel complesso, tuttavia, occorre evidenziare la sostanziale inadeguatezza dell'attuale disciplina convenzionale a circoscrivere con certezza lo spazio di discrezionalità riconosciuto allo Stato rivierasco nell'individuare fattispecie di passaggio inoffensivo pero i propri interessi sovrani, ulteriori rispetto a quelle codificate nell'elenco contenuto nell'art. 19 par. 2 della Convenzione di Montego Bay.
Da qui l'esigenza di una riforma dell'istituto del diritto di passaggio inoffensivo.
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In allegato, il lavoro di ricerca è liberamente consultabile e scaricabile.
INDICE:
Capitolo I
DEFINIZIONI
1. Le navi a propulsione nucleare 3
2. Le navi adibite al trasporto di materiale radioattivo 8
3. Le navi dotate di armi nucleari 13
Capitolo II
PANORAMICA DELLA DISCIPLINA DI DIRITTO MARITTIMO
1. La navigazione nucleare 20
2. Segue. Il trasporto di armi nucleari 39
3. Il trasporto navale di materiali radioattivi 40
Capitolo III
LA NAVIGAZIONE IN ACQUE STRANIERE E
I POTERI DELLO STATO COSTIERO
1. L’apertura dei porti alle navi straniere 46
2. Segue. Il regime di ammissione delle navi nucleari commerciali 50
3. Segue. La prassi concernente le navi nucleari da guerra 52
4. Il passaggio inoffensivo nel mare territoriale 56
5. Segue. Il pregiudizio alla pace, al buon ordine o
alla sicurezza dello Stato costiero 64
6. Segue. Il regime di transito delle navi nucleari: dalla Convenzione
di Montego Bay alle più recenti tendenze evolutive 70
7. Segue. L’opposizione del Giappone al transito di navi nuclearmente armate 80
https://www.peacelink.it/disarmo/a/46659.html
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Lettera aperta a Luca
Zingaretti
Punta Izzo: la Sirena e l'incanto avvolto dal filo spinato
"Provi a immaginare cosa penserebbe oggi Giuseppe Tomasi di Lampedusa se sapesse che quel luogo fonte di ispirazione è inaccessibile e deputato alle operazioni militari"
8 luglio 2019
Valeria Paci (docente di Lettere)
Augusta, 8 luglio 2019
sono una docente di lettere entusiasta dell’evento che si è tenuto qualche giorno fa in occasione della recita del racconto “La Sirena” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa presso il Teatro greco di Siracusa, proprio lì in quelle stesse pietre edificate dai Greci già dal V secolo a.C. e che anche il grecista senatore La Ciura avrebbe tanto apprezzato.
Mi rivolgo a lei, che considero un siciliano d’adozione, perché credo che grazie alla frequentazione con Camilleri e all’interpretazione di un personaggio siciliano quale il commissario Montalbano, abbia ben compreso la complessità, i paradossi e la bellezza della sicilianità e possa accogliere il significato di queste mie righe. La Sicilia: spina meravigliosa come possono esserlo le piante di fico d’India quando fioriscono, compiaciuta della sofferenza e del dolore, isola di secolare bellezza, triangolo fascinoso e magico, più si muove più resta immobile.
Le scrivo da Augusta che è il luogo di ispirazione del racconto “Lighea”, come lo aveva originariamente intitolato l’autore. Come ben sa, prima di narrare il suo incontro con la Sirena infatti, La Ciura chiede a Corbera: “Sei stato mai ad Augusta, tu, Corbera?” Vi ero stato tre mesi da recluta; durante le ore di libera uscita in due o tre si prendeva una barca e si andava in giro nelle acque trasparenti dei golfi. Dopo la mia risposta tacque; poi, con voce irritata: “E in quel golfetto interno, più in su di Punta Izzo, dietro la collina che sovrasta le Saline, voi cappelloni siete mai andati?”. “Certo; è il più bel posto della Sicilia, per fortuna non ancora scoperto dai dopolavoristi. La costa è selvaggia, è vero, senatore? Completamente deserta, non si vede neppure una casa; il mare è del colore dei pavoni; e proprio di fronte, al di là di queste onde cangianti, sale l'Etna; da nessun altro posto è bello come da lì, calmo, possente, davvero divino. È uno di quei luoghi nei quali si vede un aspetto eterno di quell'isola che tanto scioccamente ha volto le spalle alla sua vocazione che era quella di servir da pascolo per gli armenti del sole”.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che considera l’autobiografia un elemento imprescindibile nella scrittura, prestò effettivamente servizio militare ad Augusta e frequentò la zona di Punta Izzo, come testimonia anche una lettera che nel 1916 la madre, Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò, inviava al figlio “volontario di un anno” laddove scrive: “Però desidero di sapere di maniera certa se anderai a Punta Izzo”. Lui stesso ebbe poi a dire che “nell’inferno della guerra e poi nella memoria i mesi passati ad Augusta brilleranno così potentemente da oscurare i bagliori della guerra”. Non a caso dunque, l’indicazione di Punta Izzo nella lettera della madre ritorna come il luogo dell’incontro con la Sirena.
Questo luogo evanescente e magico evocato dallo scrittore pertanto esiste realmente e il mare qui dove vivo è proprio “del colore dei pavoni”, ma la zona in questione è interdetta ai civili perché è stata data in concessione alla Marina Militare che in passato ha realizzato un poligono di tiro e tutt’oggi ne vieta l’ingresso.
Provi a immaginare cosa penserebbe oggi Giuseppe Tomasi di Lampedusa se sapesse che quel luogo fonte di ispirazione è inaccessibile e deputato alle operazioni militari. Lui che, come dichiara in un altro dei suoi racconti, “I luoghi della mia prima infanzia”, provava sconcerto anche per l’uccisione di due pettirossi (“questa scena mi fece orrore; il sangue mi piaceva, si vede, soltanto metaforizzato in inchiostro di stampa”).
Provi a immaginare cosa può significare per una docente trovarsi a parlare con i propri alunni di letteratura, di autori siciliani, di poesia e dover stare a guardare da lontano un sito che è stato dichiarato dalla Regione siciliana “luogo dell’identità e della memoria siciliana” tutt’oggi circondato dal filo spinato.
Aggiunga a questo che Augusta per via degli interventi umani è diventata un’isola senza mare, è un grande porto industriale e militare e sorge in prossimità di uno dei poli petrolchimici più grandi d’Europa e provi a immaginare cosa può significare per noi che ci viviamo avere la Bellezza a un passo e non poterne godere.
La restituzione di questo tratto di costa che è rimasto intatto e che ha tantissimo valore dal punto di vista non solo letterario, ma anche archeologico, geologico e naturalistico per noi abitanti di Augusta è non solo l’incarnazione di un sogno, il sogno che possa diventare un Parco Letterario fruibile da tutti, ma rappresenta anche una forma di risarcimento per tutto ciò che negli anni ci è stato tolto.
Non si vive di soli porti commerciali, indotti provenienti dal polo petrolchimico e basi militari!
L'anima ha bisogno di essere nutrita dalla Bellezza e dalla Cultura. Auspichiamo pertanto che questo sito di notevole rilevanza culturale possa in un futuro prossimo essere bonificato e restituito a chiunque voglia perdersi nella contemplazione del Bello.
Certa che abbia compreso lo spirito di questa mia missiva, la ringrazio per avermi ascoltata, le porgo i miei cordiali saluti e mi auguro che un giorno potremo ascoltarla recitare “La Sirena” proprio in quel luogo magico che ha ispirato Giuseppe Tomasi di Lampedusa: Punta Izzo ad Augusta.
Con stima
Valeria Paci
(Coordinamento Punta Izzo Possibile)
Note: "Punta Izzo Parco Naturale e Culturale", firma la petizione:
https://www.peacelink.it/disarmo/a/46660.html
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