COMUNICATO
STAMPA
14
Aprile 2019
Porti
aperti alle navi che trasportano bombe?
La nave saudita «Bahri Yanbu», carica di armi
che rischiano di essere utilizzate anche nella guerra in
Yemen, sta cercando di attraccare nei porti europei per
caricare armamenti destinati alle forze armate della
monarchia assoluta saudita. Dopo aver caricato munizioni
di produzione belga ad Anversa, ha visitato o tentato di
visitare porti nel Regno Unito, in Francia e Spagna, e
dovrebbe attraccare nel porto italiano di Genova a
partire dal 18 maggio prossimo. La nave partita
dagli Stati Uniti, passata per il Canada prima di arrivare
in Europa, ha come destinazione finale Gedda, Arabia
Saudita, con arrivo previsto il 25 maggio. È perciò reale
e preoccupante la possibilità che anche a Genova possano
essere caricate armi e munizionamento militare; ricordiamo
infatti che negli ultimi anni è stato accertato da
numerosi osservatori indipendenti l'utilizzo contro la
popolazione civile yemenita anche di bombe prodotte dalla
RWM Italia (con sede a Ghedi, Brescia, e stabilimento a
Domusnovas in Sardegna).
Esiste quindi il fondato pericolo che i porti
italiani accolgano gli operatori marittimi che
trasferiscono sistemi di armi e munizioni destinati a
paesi in conflitto: armi che possono essere usate – com’è
già accaduto – per commettere gravi violazioni dei
diritti umani e che anche secondo i trattati
internazionali firmati dal nostro Paese non dovrebbero
essere consegnate.
Bombe che alimentano le guerre che a loro volta
alimentano le migrazioni che, a parole, tutti vorrebbero
prevenire aiutando le popolazioni “a casa loro”: una vera
follia.
La vicenda del cargo saudita «Bahri Yanbu»
rischia ora di diventare un caso internazionale,
coinvolgendo anche le autorità italiane. La nave, partita
all’inizio di aprile dal porto di Corpus Christi, USA, per
poi arrivare a Sunny Point, il più grande terminal
militare del mondo, il 4 maggio ha imbarcato ad Anversa –
secondo alcune organizzazioni della società civile belga –
6 container di munizioni. L’8 maggio avrebbe dovuto
entrare nel porto di Le Havre per caricare 8 cannoni
semoventi Caesar da 155 mm prodotti da Nexter, ma ha
dovuto rinunciarvi per la mobilitazione dei gruppi
francesi di attivisti dei diritti umani, contrari
alla vendita di armi che potrebbero essere impiegate nella
guerra in Yemen. Si è quindi diretta verso il porto
spagnolo di Santander, dove è giunta per uno scalo non
previsto, presumibilmente per aggirare l’azione legale
avviata dagli attivisti francesi. Anche qui si sta
registrando la mobilitazione di varie associazioni della
società civile – tra cui Amnesty International, Oxfam,
Grenpeace, Fundipau – che si sono appellate alle autorità
spagnole.
La «Bahri Yanbu» appartiene alla maggiore
compagnia di shipping saudita, la Bahri, già nota
come National Shipping Company of Saudi Arabia, società
controllata dal governo saudita, e dal 2014 gestisce in
monopolio la logistica militare di Riyadh. Anche la
tipologia della nave, una delle 6 moderne con/ro multipurpose
della flotta Bahri, ha una chiara vocazione militare,
adatta al trasporto sia di carichi ro/ro e heavy-lift
speciali (ovvero anche mezzi militari fuori norma), sia di
container.
Le nostre associazioni hanno ripetutamente
chiesto ai precedenti Governi e all'attuale Governo Conte
di sospendere l'invio di sistemi militari all'Arabia
Saudita ed in particolare le forniture di bombe aeree MK80
prodotte dalla RWM Italia che vengono sicuramente
utilizzate dall'aeronautica saudita nei bombardamenti
indiscriminati contro la popolazione civile in Yemen.
Riteniamo che queste esportazioni siano in aperta
violazione della legge 185/1990 e del Trattato
internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato
dal nostro Paese. Il Trattato sul commercio delle armi
(ATT) impone a tutti i paesi coinvolti nel trasferimento
di attrezzature militari (cioè anche nel transito e nel
trasbordo) verso Paesi coinvolti in conflitti armati di
verificare (art. 6.3) se le armi trasferite possano essere
impiegate per commettere crimini di guerra o violazioni
dei diritti umani e di conseguenza di sospendere le
forniture (art. 7).
Secondo i rapporti dell'UE sulle esportazioni di armi, gli
Stati membri dell'UE hanno emesso almeno 607 licenze per
oltre 15,8 miliardi di euro in Arabia Saudita nel 2016. I
principali esportatori europei di armi convenzionali verso
l'Arabia Saudita includono Regno Unito, Francia, Spagna,
Italia e Bulgaria. Tra il 2013 e il 2018, l'Arabia Saudita
rappresentava circa la metà delle esportazioni militari
del Regno Unito e un terzo di quelle del Belgio. Altri
paesi - tra cui Svezia, Germania, Paesi Bassi e Norvegia -
hanno sospeso o iniziato a limitare le vendite di armi
alla coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dagli EAU.
In Italia, nonostante il presidente del Consiglio,
Giuseppe Conte, lo scorso 28 dicembre abbia affermato che
«il governo italiano è contrario alla vendita di armi
all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella
guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di
formalizzare questa posizione e di trarne delle
conseguenze», nessuna sospensione è stata ancora
definita e le forniture di bombe e sistemi militari sono
continuate anche in questi mesi ammontando ad un
controvalore di 108 milioni di euro nel solo 2018 (come
risultante dai dati ufficiali governativi elaborati
dall'Osservatorio Opal di Brescia).
Le associazioni pertanto invitano le
autorità competenti a non mettere a disposizione della
nave Bahri Yanbu lo scalo di Genova.
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