La Convenzione sulle armi chimiche. Le armi chimiche hanno lo scopo di mettere fuori combattimento il nemico, come tutte le armi, ma hanno natura subdola e si differenziano dalle armi nucleari, alle quali spesso sono erroneamente associate. Queste armi si diffondono nell’aria e uccidono per soffocamento e i loro effetti non sono strettamente connessi a esplosione. Le armi chimiche, solitamente, uccidono per asfissia. Il 29 aprile 1997 sono state bandite dalla comunità internazionale con un’apposita Convenzione delle Nazioni Unite e, dopo l’uso devastante che se n’è fatto durante la prima guerra mondiale, si è giunti, oggi, all’adesione di ben 193 Stati del Mondo a tale Convenzione. Tra gli altri firmatari, Israele non ha ancora ratificato la Convenzione, solo firmata nel 1993.
L’ OPAC vigila per la totale eliminazione. Secondo l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), il 98% della popolazione mondiale vive sotto la protezione della Convenzione e il 96% delle scorte dichiarate dagli Stati possessori sono state distrutte. L’OPAC rileva che ben il 96,80% delle scorte di armi chimiche dichiarate al mondo è stato distrutto, a fronte di un totale delle scorte dichiarate di agenti chimici di ben 72.304 tonnellate.
Ancora molti i Paesi possessori di armi chimiche. Nonostante questo impegno internazionale, le armi chimiche sono state utilizzate anche in tempi recenti in Siria, in Iraq (ad opera dell’IS), in Malaysia (con l’assassinio del fratello del leader nordcoreano Kim Jong-un), nel Darfur (Sudan) e anche in Gran Bretagna (qui per avvelenare l'ex spia russa Sergej Skripal e la figlia Yulia). La Libia ha chiesto nel 2016 all’OPAC assistenza per la distruzione delle armi chimiche, sia per il deterioramento dei serbatoi di stoccaggio, sia per il timore che i pre-cursori delle armi chimiche (i componenti base) possano cadere nelle mani di terroristi.
Africa, Medio Oriente. Dall’inizio della guerra siriana (marzo 2011), le armi chimiche sono state utilizzate in diverse zone del Paese, provocando ben oltre 1000 vittime, già stimabili per approssimazione inadeguata. E questo, non per mancanza di rispetto verso i morti: le vittime di armi chimiche, quasi più che per altri tipi di strumenti di distruzione, sono difficilmente calcolabili. Anche il Sudan, ha vissuto la barbarie delle armi chimiche, con un numero di morti che si aggira tra i 250 e i 1300 (in particolar modo tra il gennaio e il settembre del 2016) nella disperata zona del Darfur, devastata da una guerra civile che dura, tra tregue e recrudescenze, nel 2003. Questo genere di armi sono state usate, ancor prima anche nel conflitto tra Iraq e Iran (soprattutto nel 1988), dal Giappone durante la seconda, ma in modo davvero barbaro durante la prima guerra mondiale. I Paesi che ancora ne posseggono, poi, sono ancora molti: Albania, India, Iran, Libia, Corea del Nord, Russia, Siria e Stati Uniti.
La paura del terrorismo. Il timore maggiore nella comunità internazionale è oggi connesso più all’eventuale possesso da parte di formazioni terroristiche che a un eventuale uso in un conflitto tra stati, data l’alta adesione alla Convenzione e le numerose ispezioni effettuate dall’OPAC. “Le armi chimiche - commenta Maurizio Simoncelli, Vicepresidente dell’Archivio Disarmo - sono di distruzione di massa proprio perché colpiscono quantità indifferenziate di persone (compresi i civili) e non solo obiettivi militari. Questo è il motivo per cui, insieme alle armi bio-batteriologiche, sono state messe al bando dalla comunità internazionale, anche se a volte alcune forze armate, anche di Paesi sedicenti civili e democratici e non solo di quelli cosiddetti “canaglia”, le hanno usate e le usano tuttora”.